Omnibus - anno I - n. 39 - 25 dicembre 1937

f1 A FIGURA di Aldous Huxley è ambigua. Scrittore di romanzi e di saggi, i maligni potrebbero insinuare che come scrittore di saggi fa pensare. che la sua vera vocazione sia quella del romamderc e come romanziere quella dello scrittore di saggi. Uomo di cultura versato in parecchie scienze che furono e sono una tradizione della famiglia (il padre fu un naturalista insigne e anche scienziato è il fratello Julian) non pare che consideri la cultura e la scienza come ·fini e tutt'al più se ne serve per infiorare di spunti e di paradossi i suoi ro- . inanzi e le sue novelle. D'altra parte rtista non è ; i suoi libri, specie gli ultimi, hanno un tono didattico; Mario Praz, non a torto, lo chiama un predicatore laico paragonandolo a Lawrence : soltanto, quest'ultimo possedeva uno strumento verbale ricco e poetico che manca allo scolorito e piatto Huxley. Né egli riscatta gli scarsi ioni formali con la sapienza della costru • zione e l'imponenza dei personaggi. Malcostruiti, con tecniche prese a prestito dal cinema, come in Point counter point e in quest'ultimo Eyeless in Gaza, i romanzi di Huxley sono pieni di personaggi allusivi, approssimativi, ricalcati su persone viventi; i quali non riescono a staccarsi dai loro modcJli e dànno continuamente al lettore l'impressione sconcertante di non trovarsi di fronte ad eroi ùi 1omanw bensì a sfocate fotografie d.i persone di famiglia. Con la sua comp: .1ciuta freddezza e il suo pratico in~cresse per le teorie sociali e politiche, Huxley avreb• be potuto forse diventare uno scrittore del genere di Swift. Un satirico gelido e tagliente. Ci provò con Brave new world. Ma g,i difettavano la rigidità e il risentimento swiftiano; e anche quella sadica pazienza che fa di Gulliver un bell'esempio di flemma applicata all'odio. Impaziente e scntimf"ntale nonostante le sue apparenze di freddo sperimentalismo, non seppe dare che un libro brillante ; nel quale il suo moralismo si rivel~va letterario e poco profondo. Questa enumerazione delle qualità chf" difettano allo Huxley potrebbe continuare. Ma più utile sarà determinare ciQ che fra tanti apporti è veramente suo. Tirate le so~me, resta in Hux1ey il pittore, il critico e il portavoce di una certa società. Il suo mondo è quello degli intellettuali, della_ società cosmopolita che vive fra la Riviera, Parigi e l'elegante quartiere di Mayfaìr. t il mondo di Bloomsbury il quartiere latino di Londra, degli « highbrow > os.sia dei raffinati, degli aristocratici che si dilettano di arte, di ~nsiero e di · politica. Un mondo tipicamente inglese e liberale; anche se a molti inglesi ANNI FA si ragionava del romanzo italiano come d'un genere letterario indispensabile a una nazione moderna. Se però sia dovere civile degli autori italiani adoperarsi a opere narrative è un altro conto: è da vedere piuttosto se esista veramente una nostra letteratura narrativa. Per intanto, si può ammettere, anche se ì romanzi usciu in questi ultimi tempi si possono contare sulle dita d'una mano, che nvn mancano gli autori italiani di cose narrative. Da parte nostra, non si deve chiedere di più: la cronaca d'ogni anno porta non pochj titoli di volumi che racchiudono romanzi e racconti. E una diecina di nomi, noti anche al pubblico più distratto, si possono sempre fare. Comunque, è certo che nel gran discutere di cose narrative avvenuto anni fa, si seguiva più che altro l'ambizione di dare all'Italia quelle opere che sono caratteristiche delle moderne letterature anglosassoni e francesi. Avveniva nuovamente quel che accadde nella nostra letteratura nel secolo XVI Il per la tragedia. Come l'Italia di quel secolo voleva una tragedia mode.ma, visto che l'avevano Francia e Inghilterra, cosl quella contemporanea par considerare il romanzo. Sta a vedere quali saranno gli ultimi effetti di tale onesta infatuazione. Intanto, il romanzo vuole essere in Italia quasi un problema, e i problemi si sa che riguardano sempre situazioni difficilmente solubili. Si è ricercato nella nostra storia lette• raria una tradizione narrativa da Boccaccio a Manzoni; si sono andati a leggere narratori lontani forse per sempre dall'animo nostro; mentre poi quasi si è giunti a dare tutto Leopardi prosatore p~r un poco di Svevo. E, in fondo, in parrà, troppo cosmopolita, J primi romanzi di Huxley, che .sono anche i migliori, Antic Hay, Crome Yellow, Those barren leaues, descrivono appunto questo mondo. Huxley par disprezzare questa .società soprattutto per la sua impotenza a por rimedio ai mali di cui è affiitta; si sente che il peccato massimo dei suoi eroi è quello di essere velleitari e chiacchieroni, ma scarsamente conclmivi : però ci appartiene e prudentemente non se ne distacca: Huxley non ha mai fatto incursioni tra gli operai e i borghesi. t il mondo degli oziosi; se le Corti usassero ancora sarebbe un mondo di cortigiani. Nel Settecento li avrebbero chiamati libertini, E Hux.ley stesso con la gelidità del suo stile e quel suo procedere per idee e paradossi è scrhtore libertino. Ma il mondo attuale è troppo tragico perché si possa sorridere fino in fondo. I libertini ignorava11<.;quale diluvio avrebbe scatenato la loro frivola e spensierata coerenza. Aldous Huxley ~ un libertino in pieno diluvio. Donde l'agro e affannoso patetico che pesa e compromette quasi ogni sua opera. Eyeless in Gar.a (dal verso di Miiton: « Eye/ess in Gar.a at the mili with Slaves >) come lo dice la notizia pubblicitaria è la storia di un uomo che cerca di percorrere fino al tonnine il cammino della più completa libertà. Una specie di e Educazione sentimentale > alla rovescia. 11 libro è autobiogra. fico, la storia del protagonista, Anthony Beavis, è la storia di HuxJey, storia morale piuttosto che carriera, e la conclu• sione a cui si giunge nelle ultime pagine è la conclusione stessa a cui è per• venuto l'autore nelle sue riAes.sioni e nelle sue reazioni di fronte al mondo attuale. Attentissimo sempre alla moda o, se si preferisce, all'attualità, Huxley vi ha introdotto molti fatti e molti argomenti che nei suoi primi libri mancavano : il razzismo, il comunismo, il pacifismo, la guerra e la responsabilità degli inteliettuali. Per questo il libro offre un interesse-immediato, discorsivo, addirittura giornalistico. Huxley cerca di dare il senso della gravità e vanità dell'agire umano invertendo i termini temporali, mescolando i capitoli sull'infanzia con quelli sulla maturità. Come avviene a chi riandando alla propria vita salti da un'epoca all'altra secondo gli impulsi della più svogliata memoria. Il risultato non è forse quale Huxley si aspettava: a parte alcuni curiosi ravvicinamenti, viene la tentazione di disfare i quinterni del libro e mettere tutti i capitoli in ordine di tempo; dal 1902, anno in cui muore la madre dell'eroe ancora bambino, al 19'.l4, anno in cui si dichiara la sua vocazione di pacifista: ne verrebbe fuori tanta esagcraz.ionc non si è fatto altro che mettere in rilievo come la prosa tradizionale più illustre finisca per essere d'im• paccio a un romanziere moderno. Quel voltare le spalle ai nostri prosatori pil! illustri, non sìg'lificava, d'altra parte, sprezzarli: era piuttosto stabilire confusamente come essi appartengano alla storia letteraria e niente più, e che sono forse esempi di prosa letteraria soltanto. Non si trattava che di posizioni polemiche, le quali perché prese non solo da scrittori, ma talvolta persino da dilettanti di problemi letterari, arrivavano a certa presuntuosa esagerazione. La cronaca letteraria di quest'ultimo trentennio è piena di gente volenterosa di fare punto e a capo. Come se il mondo dovesse cominciare nuovamente ogni giorno. Non è una cronaca fatta da letterati tranquilli; ma da dilettanti di cose letterarie, smaniosi, più che di lavorare, di trucorrere piacevolmente, e non senza emozioni, il tempo in salotti, in r'edazioni improvvisate, o addirittura fra le pagine di piccole riviste. Ma l'infatuazione pare pusata. Siamo forse di nuovo al punto di prima? f:: certo che non esiste nessun problema del roman~ italiano; mentre non mancano quegli autori che di tempo in tempo dànno alle stampe volumi narrativi, di romanzi o di novelle. AJ più, c'è di vero questo: l'ultima generazione degli scrittori italiani è di scr'it• tori che vogliono essere romanzieri. Anche il saggio, che pareva essere il genere letterario italiano d'oggi, si va definendo nella critica o nella lirica. Ogni secolo va sempre dietro a quelle illusioni che sono i generi letterari. Avviene, insomma, nella nostra letteratura quel che accade da tcmpO in altre letterature: lo scrittore è IL POETA-UIPIEOATO: "UNA OAPANNA, IL TUO OUORE E LA OESBIONE DEL QUINTO" un romanzo assai normale. Quanto ai personaggi, come è stato già osservato, non esistono se non come portavoci di diverse teorie e modi di vita. Huxley è molto abile e accurato, rie!,CC a tro• vare l'equivalente fisico di ogni tendenza e non c'è ragionamento che non si accompagni con una annotazione descrittiva. Soltanto, non riesce a darci che dei caratteri grafici, ricomposti, ricostruiti, ma non vivi e creati ineffabilmente. Ai quali, anche per la tec• nica confusa del libro non è possibile interessarsi davvero. r( libro oscilla tra un· argomentare scettico ed elegante in cui hanno buon giuoco la cultura e l'agilità mentale di Huxley e una velleità di effetti drammatici e propagandisticì. Il personaggio principale, ossia Huxley stesso, sa benissimo quello che non vuole ; ma è alquanto incerto quanto a quello che vuole. Huxley sente quanto sia vano in un mondo tanto violento certo stoicismo passivo in cui si rifugia la maggior parte degli intellettuali ; e vorrebbe che esso si facesse sangue, unità, azione. Ma Huxley è romanziere e non c'era per lui altra via di provarci la bontà delle sue idee che darcele in concreto in personaggi vivi ed esemplari. Ciò non gli è riuscito. Questo fallimento oltre alla sua arte travolge anche il suo pensiero. ALBERTO MORAVIA quasi sempre autore di romanzi. Se ciò accada con guadagno o con scapito, lo ve~ chi viene dopo di noi. Tenendo cosl la cronaca di un'annata letteraria, è evidente che i romanzi italiani non sono pochi. Che ieri ne siano usciti di più, è un altro conto; ma a noi non interessa affatto la letteratura amena narrativa che ha per massima eroica • un volume l'anno•. Ci interessano piuttosto quegli scrittori per i quali l'arte del narrare non sarà. mai un fatto frivolo o industriale. L'industria dei romanzi potrà fiorire lo stesso: può essere fiorente anche in un paese dove non esiste un vero romanziere. Forse gli scrittori italiani si impegnarono al romanzo, con zelo pari a quello d'oggi, al tempo del nostro naturalismo meridiom•le, fra Verga, la Serao, De Roberto, Capuana. Ma allora, accanto a loro, c'era la poesia di Carducci, Pascoli e -d'Annunzio: i romanzieri non erano i soli a tenere il campo, e, in ordine di quella che si può dire la gerarchia letteraria, venivano secondi. Ora le cose stanno diversamente: il nuovo naturalismo italiano è forse pili prepotente, e non ha, d'altra parte, quasi nulla a che fare con quello di Verga, di Capuana, della Serao, di Dc Roberto, esaurit.osi con Pirandello. Non pochi narratori contemporanei sono consapevoli di ,questo fatto; tanto che, mentre ogni opera narrativa di qualche merito fu sempre naturalista, oggi si fa gran parlare di superamento del natura~ lismo. Ma tale superamento non è invero una esigenza della nostra cultura contemporanea, semplicemente perché una cultura non può imporre ciò che inquieta l'intimo degli scrittori. Che qualcuno, fatto un esame di coscienza, trovi lontano I A RIVISTA praghese Pritomnost {Pre• 1Q senza}, che si occupa con cura partico. lare, e con una certa predilezione, di tutto quello che avviene nella U. R. R. S., non ha potuto fare a meno di render di pubblica ragione un curioso particolare che turberà le idee a più d'uno dei suoi lettori. Una delle conseguenzedc:!patto fra la Cecoslovacchia e l'Unione, naturale: corollario, com'è risaputo, del patto franco-sovietico, è stata la~decisione di consolidare i glà stretti legami che uniscono la cultura dei due paesi: cd infatti in questi giorni è stata solenne• mente inaugurata a Mo1ca una mostra ufficiale d'arte boema. Come vuQle un senso elementare d'ospitalità e di cortesia diplomatica, in questi casi l'organizzazione è sempre affidata, senza nessuna riserva, alle autorità culturali della nazione invitata; e tale consuetudine pareva fosse anche questa volta fedelmente seguita. Ma, come si sa, la Ruuia è attualmente un vero e proprio con.artimento-stagno spirituale, e così, subito dopo l'inaugurazione, le gerarchie dell'arte bolscevica si 10no accorte che certune delle opere esposte recavano dei microbi capaci di suscitare le più pericolose infezioni, e sono corse immediatamente ai ripari. Anzitutto, e non è stato gran male, hanno fatto staccare dalle pareti i quadri immensi di Svabinsky, una specie di Sartorio cèco, gran dilettante del nudo femminile, cd appau!onato di sfondi decorativi e floreali, giustificando il loro operato con l'affermazione che un'arte cosiffatta era e immorale >: e la cosa stupisce, perché finora non s'era mai avuto notizia che nella società del procurato aborto e del libero amore fossero possibilidegli eccessidi puritanismo alla maniera anglosassone. Evidentemente il povero Svabinsky è la prima vittima straniera della nell'animo suo (,Jel modo di guardare le cose del mondo, è un altro conto. Forse si tratta di un autore datosi a raccontare non per vocazione, ma seguendo l'andazzo dei tempi: la sua inquietudine sarà cosi proficua soltanto se lo condurrà a esprimersi in maniere per lui più legittime. Comunque, il nostro naturalismo è molto lontano da quello francese, fra Balzac e Flaubert. li nostro romanzo sta intento al vero più per cavarne una impressione lirica che un documento sociale e psicologico. Vale forse per alcuni dei nostri romanzieri ciò che Manzoni scrisse allo Chauvet: • L'essenza della poesia non consiste nell'inventar fatti: niente è più facile e volgare di questo nel lavoro dello spirito: esige poca riAessione e poca immaginazione,. E Manzoni concludeva: • Creare fatti per adattarvi sentimenti, ecco la gran• dc impresa del romanzo,. Vale almeno per coloro che, raccontando, non fanno altro che seguire la storia intima dei loro personaggi. I racconti e i romanzi, pieni di avvenimenti e di particolari pittoreschi, solo formalmente sono romanzi e racconti: o vogliono essere favola racchiudente una sua morale, o restano opere solamente di piacevole e bizzarra lettura. Un narratore fa soprattutto la storia dei suoi personaggi. Cosl per Palazzeschi, sia che scriva racconti o romanzi. Palazzeschi, quest'anno, ha pubblicato una raccolta di novelle: li palio dei buffi. Sono novelle che almeno all'apparenza appartengono a una tradizione toscana, dove le figure valgono solo per certi evidenti caratteri esterni. Ma non è che apparenza. Palazzeschi non è autore di bozzetti: i suoi personaggi, in fondo, sono in minor numero di quello che non sembri. E romanziere sarà colui che, in tutte le sue opere, non fa altro che narrare le storie di personaggi pochissimo numerosi e vari. Queste novelle di Palazzeschi, alcune delle quali scritte avanti Sorelle Moterasti, sono un po' come appunti per romanzi. t cosi che la loro vivacità lirica appare nuova parola d'ordine staliniana che esorta al ris.anamcnto dei costumi e della famiglia. Ma ben più interessante e significativa è apparsa l'esclusione dalla mostra di molte delle tele di Spala, uno dei più autentici pittori boemi del presente, che predilige a tutti i generi fiori, nature morte e paesaggi, e che ncll'ane del suo paese occupa un posto simile a quello tenuto nella nosua pittura da Carlo Carrà. Per lui la ragione della con• danna è stata ben diversa, cd infatti l'accusa rivoltagli è stata quella di e formalismo >. Per chi sa che le ultime parole d'ordine della politica letteraria cd artistica sovietica sono l'c antiformalismo > e la e fattografia > (sic), l'episodio apparirà compl'enribile e servirà di conferma a quanto è già noto suUe condizioni di schiavitù spirituale in cui lavora l'a.rtista in regime sovietico. Se la no. tizia dovrà dirci qualcosa di nuovo, eua se mai potrà illuminarci sul fatto che quelle catene che prima opprimevano quasi sol• 1an10 i prosatori e i poeti, vale a dire gli artigiani della parola, gravano attualmente anche sugli artefici finora considerati più innocenti, e la:sciati più liberi, perché portati ad esprimersi in lince, in forme e in colori. Ma la più amara sorpresa ~ tocca:a proprio a quel gruppo d'artisti praghesi che da anni civettano col comunismo e la rivoluzione. Un pittore cd una pittrice, Styrsky e la Toycn, che appartengono all'avanguardia più estrema della capitale, e che seguono le orme del surrealismo francese, videro le loro opere messe addirittura in quarantena, e re. legate in una sala annessa alla mostra, ben chiusa da una solida chiave. Un bello spirito potrebbe forse osservare che è giusto che una simile sorte sia capitata a un'arte che pretende d'eucre ermetica: ma ciò che più conta è la conclusione generale suggcmaggiore assai di quella del romanzo; ma, nel romanzo, i motivi lirici di Palazzcschi erano come calati in una forma per cosl dire più definitiva. Vi erano personaggi come Remo, le tre sorelle, e Palle che dicevano in maniera nc.,n equivoca in quale modo Palazzcschi vede e sente le cose di questo mondo. Veramente la storia d'un romanziere è quella dei suoi personaggi. Cosl per Moravia, che, quest'anno, ha pubblicato un volume di lunghi racconti. Nell'imbroglio, Moravia ci dà quasi la somma dei suoi sentimenti e dei suoi risentimenti. Quest'ultima raccolta può dapprima sconcertare e metterci in allarme come se Moravia tentasse strade diverse da quelle solite. Il racconto d'apertura, • La provinciale•, ha figure e modi tradizionali della nostra letteratura narrativa di venti anni fa. Ma • La provinciale ,, anche se apre il volume, non è altro che un'esercitazione letteraria. La prosa, al solito, scopre le carte: vi è un Moravia più sciatto del solito, al contrario di quanto avviene nei racconti che seguono. La prosa di Mora• via mira a composizioni in cui il racconto non conosce abbandoni o riposi: se c'è una prosa insieme antimpressionista e anticronistica, è la sua. Una prosa che vuole composizioni senza scorci, senza passaggi rapidi, e bravure stilistiche. Nell'Imbroglio si ripetono molti motivi del Moravia degli lndijftrenli e delle Ambizioni sbagliat~. E veramente si ripetono con grande novità. Vi si ritrovano Carla, Michele, magari Merumeci; ma specialmente in alcune P,31'tidel racconto • L'architetto,, e dell'altro che intitola il volume, risulta che diversa sarà la toro sorte, e diverso anche il giudizio che verrà fuori dalla narrazione. D'altra parte, credo che per un romanziere non possa esserci pericolo grande quanto la varietà. La nostra narrativa di quest'anno h:a opere certo secondarie, o almeno non eccezionali, nell'arte di chi le ha scritte. Cosi Riccardo Bacchelli, che ha que• st'anno pubblicato Iride, un tentativo di rita da quc:sto e cur,ioso accidente >, e cioè che la nuova e democrazia > .bolscevica, e con es.sa la neo-borghesia burocratica staliniana, non sopporta sotto nessuna forma l'arte d'eccezione o d'avanguardia. 11 colmo è stato ad og:ii modo raggiunto dall'ultimo caso. Più d'una volta, in Omnibus e altrove, ho avuto l'occasione di parla.re del e D. 98 >, il teatrino praghese diretto da F. Burian, e l'ho presentato come uno dei più intelligenti tentativi di rinnovamento del• l'arte del palcoscenico che si stiano attuando in Europa. Nelle mie esposizioni non ho mai mancato d'accennare che, così nel repertorio come nella messinscena, il e D. 98 :t è una filiazione del teatro russo, e delle esperienze di quella rcgla d'avanguardia, capitanata da Meyerhold: filiazione che nelle loro pole• miche, anche politiche, Burìan e i suoi compagni hanno avuto sempre la sincerità, o i1 - cattivo gusto, d'ostentare. Ora il loro zelo ~ stato mal compensato, perch~, senza alcuna motivazioqe, le autorità sovietiche hanno rifiutato, e,rima ancora che l'esposizione ii aprisse, tutto il materiale documentario presentato dallo stesso teatrd ! L'epuratione intestina, eJCguita da Stalin in corport uili, all'interno del partito e nelle alte gerarchie dello Stato ha provocato in tutte le relazioni degli osservatori stranieri la ripetizione d'un'idea comune e d'una frase fatta, quella che le rivoluzioni divorano i loro uomini, come le madri di certe specie di animali fanno con le proprie creature. Come fra l'altro lo dìmostra la sorte di Meyerhold, precipitato dal suo piedistallo e sconfessato ufficialmente, dopo essere &lato per tant'anni l'unico nume del palcoscenico russo, qualcosa di simile sta avvenendo nel campo della letteratura e dell'arte. Ma certo nessuno si sarebbe a.spettato che avrebbero incorso negli stessi rigori anche gli artisti stranieri, non esclusi coloro che nutrono cn. tusiasmo e simpatia per l'esperienza runa. R. P. romanzo psicologico; cos) Piero Gadda, col suo romanzo mondano Fesla da ballo, cosi Enrico Pca col romanzo li foresti~o, che forse altro non è che uno dei suoi soliti racconti nascosto in una cornice che non lo fa giungere a essere romanzo; cosl Curzio Malaparte con i suoi racconti Sangue, spesso prossimo al saggio o al diario; cosi Marcello Gallian con le ultime opere narrative. Romanzi poi che s\·clano impegno !et.tera.rio più che narrativo, sono Genti! nel tempo di Bontempelli, li baci.o di Lesbia di • Panzini, 1 poveri sono matti di Zavattini, che nei luoghi migliori e più intensi è prossimo alla lirica. Di Pirandello, è uscito un volume di novelle, Una giornata, e di Marino Moretti un romanzo: Anna degl, elefanti; ma queste sono opere quasi diremmo d'ordinaria amministrazione Jet• teraria. Merita, al contrario, dare un cenn< a opere di autori più giovani o per le meno 'più nuovi: a romanzi come Lo. ros, rossa di Quarantotti Gambini, Raccontc militare di Alessandro Bonsanti, Richiam, di Armando Meoni i a raccolte di raccont come li dialogo dei mastimi sistemi di Tommaso Landolfi, Angelici dolori di Anna Maria Ortese, Qualctmo si diveru di Dino Terra, Passeggiata sul colle di Giovanni del Pizzo. Con discreta generosità, non pochi autori italiani li possiamo chiamar narratori; ma molti, anche se apparentemente si adoperano al romanzo, altro non seguor' che quella recente tradizione letter:c!a italiana che ha dato le cose miglio• m brevi saggi, in poemetti, in prose 1;1ch~, in cronache, in diari. Quanti sno m Italia i romanzieri per forza? No• merita stabilirlo: è certo che, in ogni J,.tc.raturai quando vi operano tre o qu.,.tro autor1 voltisi al racconto, non per ooda ma per intima vocazione, si vedrar,\O intorno a , loro, fino a confonderli, unti altri eh~, in tempi diversi, àvrebber-' indirizzato diversamente le loro cserc'èazioni letterarie. ARRIGO BENEDETTI

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