I ~; CANDO, in una botteguccia di ~) via Forìa, a Napoli, posi le mani I~ sulle Av,noture d; Andrea Mane- " gt!ruva, libro fino a quel momento a ml· ignoto, e ne scòrsi rapidamente qualche pagina, e ne ammirai, incantato, i rozzi e ingenui disegni, mi persuasi sùbito che non avevo perduto la mia giornata e dissi al vecchio Patarino: • Questo lo prendo•. E il Patarino, mediocre libraio, ma abilissimo rivendugliolo, cioè assai esperto nel notare i segni del risvegliato interesse nei clienti, mc ne chiese soavemente un prezzo esorbitante. Letto, poi, il libro da cima a fondo, superando 1\ disgusto di uno stile fiorito e ampolloso, le avventure che vi trovai descritte erano tali e tante, e così incredib1li, che pensai, con la naturale diffidenza dei b1bliofili, essere il Mnngeruva un personaggio fittizio, un M unchhausen o un baron de Crac siciliano, partorito. in pieno romanticismo, dalla fantasia del misterioso Giorgio V••• che figura come l'editore delle memorie. Ma, poiché nel libro erano parecchi riferimenti a fatti storici, con precisazioni di luoghi e di date, il controllo non sarebbe stato difficile, e 10 lo tentai subito. avendone il magnifico risultato che il prodigioso l\1angeruva era realmente Csistito, non solo, ma che una parte dei fatti da lui raccontati - quelli relativi alla rivoluzione del 1820 e '21 -erano ineccepibilmente esatti. Perché dubitare delle altre avventure, pur se ne manchi i'9facjlc controllo? Il Mangcruva potrà, se mai. esagerare alcun poco nel vantare la sua forza e le sue gesta, e foDe i suoi sentimenti, ma l'ossatura del suo racconto rimane pienamente attendi- · bile. A Palermo, come m'informano cortesi amici siciliani, perdura ancora la memoria di quell'uomo singolare e della sua forza straordinaria, e nel locale Museo del Risorgimento è serbata la sua canna americana, che doveue essergli arma terribile nelle mani; ma, come S('lvente accade, il trascorrere degli anni ha deformato, nella opinione pubblica, la fisionomia del perSonaggio, e mentre si colorisce sempre più di leggenda il ricordo della sua fon.a e del suo ardire, cade nell'ombra la parte migliore della sua vita: la partecipazione ai moti del 1820, l'arresto, la condanna, la fuga, le avventure con i liberali di Spagna, l'esilio marocchino, ecc. Rinarrare, dunque, la vita del Mangeruva è, sé non mi sbaglio, opera utile come contributo alla conoscenza della storia, così varia, degli italiani nel mondo; e, diversamente dalla generalità delle opere utili, anche divertente per i lettori. Ma, prima d.i accingermi alla narrazione, mi sarà consentito di fornire un'accurata scheda bibli'lgrafica del libro: ai lettori non bibliof,h è permesso di saltarla a piè pari. Avventurt di A. MANCBRUYA I o I tJiaggi efatiche I del nooello Alcide sidliano. Palermo, stamperia di M. A. Console I 1847. In-So, pp. 368--,--4 innumer. per l'indice e l'errata, con alcune vignette in legno intercalate nel testo e un ritratto fuori testo inciso in rame e firmato G. di GioI.a reazione del '48 dovette trovare in- "cnduto e giacente presso il tipografo un considerevole stock delle A1Jvtnture mangeruviane, che si dovette stimar prudente non mettere in circolazione. E soltanto nel '62, a unità d'Italia compiuta, il tipografo pensò di poterlo utilmente sfruttare, e mise fuori quelle copie spacciandole per'Una seconda edizione. In realtà si tratta sempre della prima a cui si è appena mutato il frontespizio (accorgim<:nto editoriale di tutti i tempi: anche del nostro). Il nuovo titolo suona tronfiamente così: Straordinan· av1Jenimet1ti del 'Esule Siciliano 0t•vtro Storia dt'lla sua nascita; educazione, n:i- luppo, forze t falli derivanti A- mori, Congiure, Patimenti; Fuga da Palermo, Condanna a mortt, Viaggi, Duelli, opera di ANDREA MANCERUVA con ritratto dell'Autort t vig,ittte intercalate nel ttsto. Stconda edizio,it 11 Palermo stamperia di M. A. Console 1862. VcrSo la fine del secolo, venne fuori una nuova edizione del libro, con l'aggiunta di due capitoli conrenenti il racconto della parte sostenuta dal Mangeruva nella rivoluzione del '48. Eccone il titolo, ancora una volta rimaneggiato; Avvtnture e vita politica, civilt t militare di A,.... DREA MASCEAUVA . o viaggi tfaticht del celebre Alcidt siciliano I co11aggiunte intdilt alla pn'ma partt pubblicata, t la continuazio,ie sino a che visse I scritta dallo sll!sso. Corleone Uff. tip. diretto da Giuseppe Bottalla 1891. ln-4° picc., pp. 541 + 5 innum. per l'i~dice e l'errata, testo ìnquadrato, figure fuori testo. JI titolo è ripttuto sulla copertina, mirabolante sìnfonia litografica in rosso e giallo. Editore dell'opera, nell'edizione originale, figura, come ho già detto, un Giorgio v•••, che non mi è riuscito identificare: piccolo problema che abbandono a qualche volenteroso Melzi siciliano. Egli, il v•••, racconta, nella introduzione, come, nel 1826, trovandosi esule nel Portogallo, rinvenisse galleggiante presso la spiaggia di Villanova de Milfnntes un sacco di tela PUNIZIONE DEL "TOLLA 1 ' da vele incatramato, contenente, fra altri oggetti e lettere, un cartolare dal titolo AVtltnture di An.dua .Mangeru.va da Palermo; come si mettesse alla ricerca del Mangeruva, di cui era stato amico, e poi, riuscite vane le indagini, pervenisse alla conclusione, avvalorata dal rinvenimento del sacco, che Andrea doveva esser perito in un naufragio; come, nel 1844, trovandosi a Parigi, ammirasse in casa di un banchiere « un elegante tavolinello, il cui piano pareva a prima giunta di marmo bianco nel cui centro era con btll'ordine e con squisita perfezione di djsegno e di colorito maestrevolrnente effigiato Napoleone a cavallo ... composizione di certa scagliola o mastice dura levigata e brillantissima•, e vi leggesse, in microscopico scritto, A. Mangtrttva da Palermo /tee - Pon'gi !834; come, riprese pertanto le investigazioni, venisse a sapere che Andrea, graziato fin dal 18361 da Parigi era ritornato nella nativa Palermo; e come, ivi raggiuntolo, ne ottenesse l'autorizzazione di pubblicare non solo il manoscritto ripescato sulle spiagge portoghesi, ma anche la continuazione che egli, il Mangeruva, aveva gi.lli apprestata. Ora non è chi non veda come tutta questa storia si regge malamente in piedi, mentre deve trattarsi di un dei soliti artifizi letterari per dare più forte sapor romantico a un racconto già. di per sé stesso ultraromantico. E poiché lo stile della introduzione è affatto identico,, nella sua insopportabile enfasi, a quello del testo, vien fatto di pensare o che il Mangeruva è tutt'uno con il misterioso Giorgio .v•u, o che egli, piuttosto che una redazione già pronta per la stampa, fornisse al v•••, e forse a viva voce, gli elementi sommari per comporre il libro ( 1). Sia come sia, per noi tutto ciò ha scarso interesse, dal momento che la nostra ammirazione e la nostra curiosità sono stimolate dai fatti in sé e non certo dal modo come sono stati raccontati nel libro del 1847. Tanto premesso, si può, finalmente, iniziare la incredibile narrazione. Andrea Mangeruvc. (2) nacque in Palermo, da Francesco e da Marianna Scardillo, la notte di Natale del 1787: divezzato a sei mesi, per novella incinzione materna, si temette forte per la sua esistenza, mentre invece egli doveva dive11iretal uomo la cui muscolare robusttzza straordinariame11tt at1ù1seil mam·mo grÒdopostibile della forza umana (3). A cinque anni, con il fratello maggiore Carlo, prese a frequentare le scuole normali, sotto 12. guida del canonico Giovanni Agostino de Cosmi, una delle più eminenti figure della cultura siciliana del secolo XVIIT, filologo e filosofo, seguace di Locke, pedagogista msigne (1726-1810). A dieci, merci le savie cure dell'ottimo padre Paolo di Giooan11i era arrivato a spiegare con somma facilità e franchezza Cictro11e, Tertnzio e Tacito e gli allri classici prosatori latini ai quali intmdtva sempre con dtcisa predilezione a pr,ferenza dti poeti, giacchi a dirla schietta e che messer Apollo t le sante 11111st gli perdonino la sua ertticale buaggine, quella benedtlta poesia no,z gli andava proprio gran fatto a sangue. Fu, appunto, intorno ai suoi djeci anni che un incidente con i compagni lo fece consapevole della sua incredibile forza. Nominato imperatore, fu provocato dal ciabatti110 (cariche scherzose fra gli alunni di una stessa classe), che, fra l'altro, osò tacciarlo di pusillanimità; accettò quindi la sfida, e l'avversario, a nome Stefano Onofrio, ruppe furiosamentfut!'t:~~c~~ 1 ~a~:~~naet;~aAs:~i;,a•a;';r:ò l'Onofrio con ambe le mani stretto stretto al cinto così ch'ei mise gtmendo un lamento, t 1olltt1atolocome piuma ofestuca al disopra della sua testa lo buttò cinque o sti pasti. più in là attraverso le panche. La vittima, ferita al capo, a un braccio, a una gamba, stette un pezzo in pericolo di mone, e ci vollero parecchi mesi perché rccupcra'5e l'ì,1tera sanità delle malmtnate sue membra. Conscio, oramai, della sua forza, il piccolo Alcide decise di coltivarla e disciplinarla, dedicandosi corpo e anima alla ginnastica: la scherma, la lotta, il pugilato, la cor,a, il nuoto, l'equitazione divennero i suoi prediletti esercizi: unico inconveniente, lo sterminato sciupinio dti povtri vestiti. Ma non tutto il suo tempo era dedicato ai ludi sportivi, ché gran pane della ricreaZf6)ne era destinata alla lettura, prediligendo egli le avventure degli antichi paladini, di cui si sentiva sodale. Al dodicesimo anno, sentendo irresisti• bile la vocazione per la e11.rrieradelle armi, chiese e ottenne dal padre di studiare scienze matematiche e disegno, per poter essere dipoi ammesso in qualche corpo scelto del genio o dell'artiglieria. Il padre Innocenzo Arancio, già insegnante di fisica sperimentale nell'università di Catania, lo erudì nella geometria e nel calcolo; mentre nell'ateneo palermitano seguiva i corsi del fisico abate Scinà e del celebre astronomo Piazzi. Avviato da un Agatino Sozzi (4) alle arti del disegno, vi riutcì egregiamente (dice lui), tanto che la matita e il ptnntllo salvarono ptr l11nghia,ini la sua indipendenza. Ma i progetti militari furon d'improvviso dismessi, per la morte del Mangeruva padre: il giovinetto si trovò ad esser capo di famiglia, ché il fratello primogenito Carlo s'era imbarcato da due anni e non se n'erano più avute nuove. Ben presto un'altra occasione diè modo al Mangeruva di sperimentare la :.ua forza sconfinata. Rccavasi egli, una sera, in casa del Sozzi, che era anche esperto suonatore di • chitarra francese• e soleva radunar nel suo studio gaie brigate: si era messo, il nostro, tutto lindo e azzimato, con calzoni corti e calze di seta di un colore bianco rosato, e, passando innanzi ·alla chiesa dei Fatebenefratelli, dove si stava costruendo un condotto, fu costretto, per il terreno fangoso, a compiere una serie di acrobazie, affinché quelle delicate calze non si maculassero. Teneva colà banco di vendita un friggitore di • guastelle •, omacciot1t di smisurata statura e di forza no11 me,w smimrata, smargiasso, ma/creato, accauabri'ghe per eccellenza, uomo notus in Judea sovram,ominato il Tolla. Costui, osservato il damerino, che sgambettava nella belletta, volle prendersi giuoco di lui in maniera veramente bestiale: si recò al 11aso lt dita t soffiandostlo in quello sconcio modo troppo familiare alle plebi d'ogni paest, gli scaricòaddosso co,i cosi retta direzione quella stra,1a ma artiglieria di sporcizia, cht 11n intero polpaccic delle sue roste c.alzttte ,re fu lulto q11antosozzammle imbrodolato. Al sudicio affronto il Mangeruva sente ribollire il suo giovane sangue di paladino i,, fieri e si avanza minaccioso verso il Tolla, gridandogli: « E chi t'insegna, lercio cialtrone, usare Jali sconce villanit a chi passa tranq11iilope' fatti suoi? Non sai tu che ancorchi si sntlletto e mingherlino quale io ti sembro sarti forst da tanto d'insegnare 11 d()t)ereanche a ,m informe e scl11fosoanimalaccio par tuo?,. Vojlliamo sperare che le parole non siano state precisamente queste, altrimenti ti frijlgitore sarehhe stae vi rimane radicata (5). Due anni dopo. nel 1806, il duca di Sperlinga, don Saverio Oneto, sentì raccontare che il Mangeruva, nella sera della festa di santa Rosalia, s'era divertito a porsi, nel bel mez;,,0 del corso, dietro alcune carrozze d'affitto, e le aveva con la sola fou:a del s110braccio 11nadopo l'altra traUtn11te, quando proprio i po,.;eri ronzini si studiavano alla meglio a soste11crtl'imolito lor frollo, per cui i cocchieri imbestialiti a q1ul brusco restio si affaticatJa,io indarno a mt,iar giù a/l'impazzata colpi di frusta e indiavolati gi11racchia111tnti. Al duca, avvezzo ai suoi bravi e vigorosi cavalli, parve tal fatto incredibile, onde a un tal Camardelli, che aveva assistito a quella fant'astica scena e ne garentiva l'autenticità, propose una scommessa, che il Camardelli acceuò, prima ancora di aver consultato il Mangeruva: tanto era sicuro del successo. La prova ebbe luogo in uno dei primi giorni di novembre, presente un enorme pubblico, ché già l'annunzio della strabiliante gara crasi diffuso per la città. Il duca abitava nel proprio palazzo appena fuori porta Maqueda, ed era condizione della scommessa che Andrea avrebbe dovuto trattener la carrozza avanti la badia del Monte. Occorre dire che la scommessa fu vinta dal Camardelli? Non appena la carrozza, trainata da due superbi stomi guidati dal duca in persona, ebbe svoltato l'angolo del portone, il Mangeruva - e si che i cavalli andavano di buon trotto - abbrancò il montatoio del servitore e all'istante fermò l'equipaggio. Invano il duca incitò con la ANDREA M'ANOERUVA tholaiou di O. di Olouul) to accoppato, prima ancora che dalla forza fisica, dall'inaudito eloquio del suo avversario! Il brutale colosso alza, allora, il poderoso pugno sul capo del giovane, ma non fa in tempo a vibrarlo, ché si sente afferrato per la cÌntura, sollevato in aria e scagliato con violenza nel condotto stradale, dove si rivoltola nel fango emettendo lamentosi grugniti. I compagni del Toila, superato il primo momento di stupore, si lanciano a loro volta all'assalto~ Mangeruva li attende a piè fermo, abbranca per la vita il primo che gli si para innanzi, se ne serve come proiettile e lo lancia sui cinque o sei che lo seguivano, e che, in tnl modo colpiti 1 cadono in mucchio uno sull'altro. Nessuno osa ritentar la prova, anzi gli stessi avversari, unendosi al popolaccio ivi radunato, acclamano il vincitore con frenetici battimani. La fama di Andrea Mangeruva è ormai poggiata su solide basi; non v'ha, in Palermo, chi non parli di lui e della sua incredibile forza e destrezza. Le avvcnrure si moltiplicano. Nel 18o4, il sarto del Mangeruva, Giuseppe Biagini, scommette trenta piastre (150 lire) che il suo cliente alzerà con una sola mano, dalla parte più sottile, e terrà parallela e orizzontale al terreno, la stadera grande della R. Dogana; e Mangeruva fa vincere la scommessa al Bìagini, riuscendo là dove non aveva potuto Gerolamo Battaglia, reputato il più forte di tutti i mattartlli (facchini del R. Ufficio doganale). Costoro non ammettono, però, che un uomo possa spiegare tal somma di forza e spargono la voce che il Mangeruva debba avere necessariamente nel braccio lo spirito di un qualche demonio: credenza che si diffonde nel popolino vo<:e la focosa pariglia, invano la colpi con due insoliti colpi di frusta, invano le bestie s'inarcarono e tesero, schiumando e nitrendo, tutti i loro muscoli: la carrozza rimase come inchiodata al suolo; anzi, quando al Mangeruva piacque, venne trascinata più di v~nti passi all'indietro. Mentre gli spettato~,, letteralmente sbalorditi, rompevano in fragorosi applausi, il duca scese d~lla carrozza e convenne, con buona grazia, della sua sconfitta, confessando che aveva dato ai due stomi doppia razione di biada. E modestamente il Mangeruva rispose: « Ed io dal mio canto, signor duca, vi do la parola d'onestuomo che io non avevo ~anco per ombra pensato agguerrirmi all'impresa con nessuno straordinario rinforzo giacché io non ho mangiato né più né meno che soltanto un intero filetto di bo\'C che è la mia solita quotidiana razione•· • Dio vi conservi l'appetito e bon prò vi faccia!• aggiunse il duca, meravigliato e mortificato allo stesso tempo. Ma poiché non può concepirsi Ercole senza On~ale, né Sansone privo di Dalila, ecco che il nostro eroe, fattosi oramai uo- ~o in tut~i i sensi della parola, s'innnmora d1 una giovane donna, Rosalia Salpietra vedova Muratori, e comincia a frequentarne assiduamente la casa. Un fratellino della vedova è un giorno malmenato da due cadetti di cavalleria: Andrea corre a farne le vendette incontra verso Porta Felice, i due codardi Rogantini, passa loro nel mezzo, li agguanta ad un tempo, uno colla ma,1 destra l'altro colla sinistra pel pello de/1',mifor,,,t, e stn.za lasciar loro il ttmpo ma11codi Ptmare a tirar fuori le sciabo/e lz solleva in aria p( r qu,.uw p,U SI può stendere lr bracoa t te11endoli,m pe:::::o dibattentisi così pe11zolanti e sgamhttta111i li agita ben bene con asprt scosse ùz qua r ;,, /i, per ogni verso ;,, quella guisa che atJrebb, potuto giocare/lare con due bander11ole,ora allo,ztana,u/oli ora portandoli a darsi msiemt di coi:zo comt due burattini, i,,si,ro a tanto che sembratogli poi ora di fi,iirla gridando loro ad alta voct che facessero tesoro dz q11e//asu.a lezione per essert' un'altra t:olta mt110 prepotenti e grtzdassi coi pot:eri ragazzetti di scuola, li butta {'1111 sopra l'altro a far, rm doppio rivoltolottt nella polver, in mezzo al lastrìco. Ma eguale for.ta non sa egli <"Sercitarc con Rosalia, che è gdosa, nel tempo stesso, e di lui, e della reputazione di lei. O egli la sposi o cessi dal frequentar la casa. Andrea è combattuto fra il dovere verso la madre e i minori fratelli, di cui è il sostegno, e l'amore che gli arde nel seno. Ma le donne, fra noi, q,mndo trattasi di matrimonio non co11osco11o0stacoli; esst si arrabt,t1a1tocolle ma11i e coi piedi. Abboccano tanto e poi ta,ito senza a,znaspicare, e sia p11rela piiì conf11sa r abbawffolata matassa del mondo, lascit1ttlefare che 1,011 tarderanno t'Ssemolto a trooarci il bandolo ecc. ecc. E infatti, dopo una serie d1 vicende che non è il caso di rinarrare, Rosalia si ebl,ç per marito il formidabile Andrea; ma do\•ette sacrifìèarvi. non fosse altro, il proprio graviccmbalo, ed ecco come. Dopo una di quelle scene di dispetti amorosi, che non esistono soltanto negli l,mamorati del Goldoni, Andrea lasciò mfuriato la casa della sun bella, e minacciò che non vi sarebbe ritornato la sera, rinunciando alle attrattive di una seduta musicale organizzata da Rosalia, che ern una eccellente cantatrice. Ma si sa bene quanto dùrino. negli amanti, i fieri propositi di allontanamento, definitivo o temporaneo che voglia essere. Sbo1litagli l'ira, la stessa sera Andrea si recò in casa Muratori, convinto che il concerto era stato rinviato e che avrebbe trovato Rosalia immersa nella mestizia e nelle lagrime. Trovò, invece, che si cantava e si suonava allegramente, e che parecchi invitati si godevano, in perfetta beatitudine, quei lirici concenti. Andrea, che era venuto con l'animo disposto al perdono e all'oblio, sol che avesse trovato la sua bella sconsolata e afflitta, divampò di nu0\'O sdegno quando vide che ella non aveva preso al tragico l'incidente della mattina. E che cosa egli facesse, allora, ci è detto in una pagina che è la quintessenza dello stile mangeruviano, e che non va sciupata con un pallido riassunto: • Se grande fu In mia sorpresa· nel trovare là dentro non solo i due invitati, ma anche altre quattro persone sconosciute, non minore certamente dovè essere quella di que' galantuomini al mio brusco modo di presentarmi sbatacchiando impetuosamente la bussola, e con una cera senza dubbio non poco rabbuffata e stravolta. E bisogna proprio dire che io m'avessi davvero l'aria di uno spiritato, perch~ senza poter certo coloro avere il più lontano sentore di quanto io avessi allora in animo di fare, vedermi e balzar tutti per istan• taneo moto all'impiè fu una cosa sola. Ma quando dopo un momento che muti ci guardammo l'un l'altro, determinatomi a compiere checché si fosse il mio progetto, eh~ il retrocedere per causa del numero impensato de' testimoni mi pareva viltà, stesi le mani sul gravicembalo, oh! allora si cominciò il parapiglia, perché ognuno presa la propria sedia la si pnrò in alto dinnanzi quasi ombrello. a schermo e difesa della propria testa, e correndo di su e di giù all'impanata rinculava muro muro per cercare di rincantucciarsi alla meglio. lo intanto nel bollor della stizza che m'annebbiava la vista credetti scorgere in quel.: l'unanime brandir delle seggiole un ostile apparecchio per dam1i con esse addosso, per cui afferrato prontamente per la estremità. della coda il disgraziato gravicembalo, e alzatolo agevolmente come una mazza lo scaraventai a casaccio dal lato loro a chi coglie coglie. Non era quello gli è vero uno di que' massicci e pesanti pianoforti del dì d'oggi, che allora in Palermo non per anco se ne aVCva idea, ma l'era pur sempre una nespola di un buon cantajo che prendeva l'estensione di più d'una canna, e buona sorte che que' mal capitati, e con essi la madre di Rosalia e Rosalia e l'amica che mi avevano seguito, furono tutti abbastanza destri e pronti a cogliere in tempo il punto di slanciarsi sull'uscio, spalancarlo e fug~ire, altrimenti ne avrei fatto pur troppo, chi sa Dio, qul'lle sanguinosa schiacciata sul far di quella del povero Aci sotto lo scheggiane di rupe lanciato da Polifemo. o l'altra operata col gran desco di pietra dal conte Orlando nella caverna dei masnadieri,. (co,11foua) GINO DORIA (1) Vnamenfe ti M&nHeNva avevi delle \'C:lle1tl. d, KJ'lllore. lnd1co <11.1a1ltre due euri~ opere d1 !1.11 che mi vengono ffj/n■lltc d1ll1 erudizione e dalla CQne- ::Ìia~a A;:,o7~n~ii~t•;~~~::b!:~~=r~o d~~a .!cll't!1:;~ 1nformu1on1 1u COie 1ic1l1a.ne: del chll' ali et,pt'imo va- •·a.mC"nte la mia ar111i1"dme: I - Tro-ria 111/ tr1t1ado 11m<o per app,,mJ,~t m ('«ti ltffl!)O a 1a,tnr r ~/HtrJlt(JrJI u"ia a,1110d, 1,w1u,o. ad 1110 dtl Co"n/to Tullia"°• Palermo 1834, 1n-8•. I I - ,Vu&1.omttt>dod1formar, m1tlui,a di t_,Q/,i,, ,m:a '"'"ta d1 "msu:a ltrt.'ertdou dt.Ut ,oJt. (IUQttropnm, ,.,. 1tolt dtll'm,t,,.tli<a. Palermo 1830, in-8•. Si ponr• mente, però, ali• d•ta dtl pnmo hbro. Nel 183,t il 1\ahngtruva Hl Q1,1le I P1ng1 ., onenne l'•odullo tolo due •nn1 dopo. (2) 1't1 doeumen1i •icili•ni. rifrnu d1l Laba1e, <. 1n quelli che ho rinYen1.11,nel R. Al"ChiYio di S11to di Napoli, " che unnno più innam:i indicati, il nome lo ■cntto vanamente: Manguui.a, Ma,v,a,111,.a, A1a11ft• ,,.o •. l\1rmttrua. Tn uno dei documenu napoleum i: 1p«1fka10 che , 1\l•nget\lva enno d'origine calabrnc: (3) I pa.ui in oon,.-o acmo te.tu•h dii libro, uh<o il tr•111pono dalla pnma 1!11 1erz1 penona (4) Il Cu1rcn nùnforma ehe l- n0to un p111ore O!i,·iq Sou1, fiorito 1n quel 1orno: m1 d1 ~n A;i:atino Soni non " hanno ,,ouxit. (5) 5cnve, ,n no11, G1or5eio V•••: • I mu.a>h d, c1.11.ono fonn11i tanto il tuo ••·11mbnccio che il bic, r~tcp~;e~rc~e n:1gl;o p~~":o:~t~;:,: :/ ,~;1; lea1re 11ret11mc:nte 11 polpaccio del bic1pile con ..n• fune n1.10,·1dell• tpessein di quu1 due linee d d1•- metro e 1lu.ndo euo Mi un inno 1•1nmbn.cc,.eome per ponare bnucamtnte la m•no ■Il• 1est1 fodurre in quel muu:olo 11le 1.ia.ntanea prom1nc:n; e dura 1e.a1one, d• (n ti che I■ fune ,i 1peu.1ue ac•Jn inno. E come del braccio, lo 1l..,.to d1cui del m .. colo ruto e del ruci1le della co.ci•. • Nella •·enion(' n ■li•na dc:111 Dootna d~ la.,o d1 \\"alltr Scott fau1 dal 1ic1liano Douor in,thcllo in u~• noia alla pq-ma 12. td.1:tione d1 Palc:rr<O 1821, tro,:u, CUilo il fenomeno della 1tr.ordinari forza del M•n• KefU\'I 11 quale di PIÙ l'h• tr,umc,,• •ali llelll IUOI li1rh, finto m.,chi che femm,ne cx'Uno ne hl perduto (1\ qu•le a,•ea mc:sao ,I !)Ome d". ucole) che 1ll'c:tà d1 nove me1i 1enev,1 fr• le bracci• m peso di 1ren11 rotoh •.
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