Omnibus - anno I - n. 39 - 25 dicembre 1937

Sa.nt'Agata, dicembre. • ENCHf. le altre arti esistano nel presente e nel futuro direi ~ che la musica è piuttosÌo im- ~q pegnata nel passato. L.1 l'lua potenza evocativa va ben lontano _da noi! torna indietro, ci rapisce, e no1 ne 'itamo trasportati volta per volta al di là di ogni espressione. [n questo senso retroattivo Verdi è ìl musicista per ccccllcnza. ' Nessuno è più f>Opolare più sconvolgente di lui. ' L'intera razza umana pende dalle corde dt·lla sua chitarra. ~I suo genio si rivela seni:a preamboli. 01 colpo, come gli sorge dentro. E nelle sue opere c'è musica d'ogni prezzo, d'ogni misura, per tutte le borse e per tutti i livelli so<:iali. Poi, verso la fine dei suoi melodrammi, è uno schianto : la commozione 'ipczza i cuori di pietra, e le lacrime caldP piovono dirottamente. Verdi tira avanti senza circonlocuzioni. Non sa di etichetta, non ha il mazzo delle chiavi d'oro, non ha il carnet delle formule magiche : con un colpo di spalla butta giù le porte, calpesta la legge, i divietì e, in cambio appaga l'istinto. ' I suoi difetti e le sue qualità hanno radici profonde nella nostra terra. E~tirpare i primi vuol dire distruggere anche le seconde. Ma quanta consapevolezza in lui. Uditelo. e Non bisogna esagerare», scriveva Verdi. « nella smania di voler ogni cosa pcrfrua. perché sl corre il perÌcolo di c-ompiere ben poco o di non compiere nulla. La natura, la sincerità di un maestro si rivela mantenendo pressoché intatto ciò che gli è mcito spontaneamente dal cervello, moho meglio che tormentando instancabilmente ciò che egli ha fatto. Anzi, nell'alternativa di rose un po' basse con altre elevate, queste s'avvantaggiano di più nel contrasto. Co non istento a credere che c1.lcuni poeti abbiano calcolato su simili effetti >. Così, serenamente, Verdi riconosceva rhe la sua opera resterà per sempre incompiuta. Siamo sulla via di Sant' Agata dove OmnibuJ ci ha mandato in pellegrinaggio. La campagna, in questa stagione, è disseminata di alberi spogli e stecchiti. e•~ ,'aria dolce delle buone e hrumose giornate d'inverno. Ecco Sant'Agata fra la nebbia. E pioppi molto alti che van su nella nebbia, e salici ossuti che annunziano la vicinan7.a del Po. Qua e là, nel torpore, ca.solari dai vecchi muri p0rosi.._ Curiosa sensazione di periferia. La campagna giace, per così dire, con l'acqua alla gola. Dorme quasi affo- _R"ata. Come non immaginare Utrillo, alle inferriate del manicomio. contemplare ,1ue.,.to paeo;aggio o;paruto e malinconiro? F. pen,;iamo, da questi luoghi, al sacro rc~piro dei corali di Verdi, alla vcemen;,4 dei suoi concntati tradotti in di'i(.:gni larghi, cc;atti, al realismo e alla < oncrctr;,.za di questo grande uomo. Gli imcgnanti del Conservatorio di '.\1il.:1nodi,.or;croche egli non aveva atti1udini pa la muo;ica, e che non possccfrva akuna abilità. :\'on aveva che dtl ,genio. Troppo poco 1x-r dei profc,.~ri e elci critici. lJna gran buona fede patriottica gonfia. gonfia quei ,;uoi corali "mi,urati e provinciali. Bu-.',('to. Questi ~To<;,,p,,a;iesi, o piccole rittà, han dei viali. dalla 'ltazione alJ'ahitato. che non fini'icono più, e hi- ~gna farli a piedi : coi piedi nel fango dove serpeggiano e guanano. senza c·a,care. do7.zinc di ciclisti intabarrati. contadini per lo più, col na,;;o roo;w e il cappellaccio sugli occhi. ~: un giornc estivo. e nei campi non ,1 l;.wora. Un \ilcnzio diluito vigila a mezz'aria. Sciami di uccellini scivolano giù con volo incerto. ondeggiano, non sapendo <love p0,;arsi1 e ,i cacciano impauriti fra i rami di qualche alberello senza foglie, scomparendo in fila come un ventaglio che si chiude. Tutto quc:ito $Ccnario in dissoluzione par pieno di lividi fantasmi che o;vaoi- -.('Ono fra densi vapori. I.embi cenciosi di nebbia scendono ,ino a lambire le siepi. fl suolo non è più che uno specchio rotto. nero picrhiettìo di poznnghcre e di rivoli che: "''gucndo il pianeggiare del tern·no. ,;1 , t·r,ano gli uni negli altri. Qui c'è posto per i panoramici corali verdiani, dove dondola uguale la cadenza del buon senso del nostro bi• blico Ottocento. Camminiamo da più di mezz'ora verso Sant' Agata che è a tre chilometri da Busseto. Un torrente d'acqua piovana cola fra due profondi argini erbosi. t pieno di canne selvatiche e forse di anatre. Qualche cane da caccia corre, col muso in aria e la coda dritta, lungo le rive, verso il Po che deve essere colmo a straripare con questa stagione. Il piccolo campanile di Sant'Agata suona allegramente, alla rinfusa : è un concerto argentino nella nebbia del ci<'lo tutto ugualmente madido di caligine fino all'orizzonte. Le galline strepitano dai pollai, squassando le ali bagnate. Belle galline gra!lse da brodo, che fan conversazione fra di loro, ra1.zolando imperiosamente sulle concimaie. Giungono talvolta, al nostro orecchio, rotti e ovattati discorsi di ciclisti lontani. Poi, ad un certo punto, ecco !luonare una gro,;sa campana, quella di Busseto. Quei rintocchi lenti e funebri fan venire in mente il e misnere » del T rouator,. Invece, è proprio mezzogiorno in punto. Molte opere di Verdi vennero rappre,;c-ntatc {'inquant'anni fa per l'ultima volta. Non caddero, ma furono abbandonate. E non se ne parlò più. Non vennero sepolte, ché non erano mo,tc definitivamente, né vivc- o;cmbravano più eso;crc. Rim:1scro fuori rotta, in quarantena, Chiuse, aspcnando. E il t<'mpo non le ingoiò. Luisa ,\filler, I due Foscari, 1Wacbeth, Nabucco ... Erano ricc-he, nobili e saldl', nutrite di <1ucll;, vena inc,;auribile t~ popolaresca che distingue il miglior Verdi, e durarono pili della loro condanna. Armate di ferro e d'argento, con tutte le vrlc spiegate, sonanti come tante navi in partenza, queste opere bussctane e genovesi rientrano, una dopo l'altra, <;0ntuoo;amcnte in servizio, dopo cinquant'anni d'inedia, che non le di- ,;tn1'-«-ro né lr accasciarono. J\'on fu necc,.•mrio ritirarle a SC'CCO per le riparazioni d'uso. Non presentavano avarie o deterioramenti, né di fuori né di dentro: erano intatte. E più che nuove, apparvero. Rafforzate dalla stagionatura, e in istato di riprc-ndne il mare; passando in bilico perfetto, e galleggiando valide, maestosr e dolci dinanzi agli occhi stupiti del mondo, dt."1mondo moderno. Quc'lta fenomenale attualità e que~to adattamento ad ogni tempo e luogo della musica di Verdi, mi ricorda un episodio lontano della mia vita a Londra. Ero arrivato lassù con una giornata come questa, brumosa, silenziosa, invernale. Il tassì ~i aveva deposto in uno square deserto e buio. Eran le otto di sera. Cercavo un albergo nei pressi, e non si vedeva niente. Tutto chiuso. Sabato festivo. Queste son le ore terribili per chi rimane sul lastrico, a Londra. Sono le ore dei pasti. Si subisce la regola. La legge dei focolari non s'infrange in questa città ordinata: chi è dentro è dentro, e chi è fuori ci re~ta. La strada londinese in cui mi trovo, vapora e fumiga come una concimaia. La nebbia sale, turbina lentamente, si addensa e vela i lampioni. La nebbia infradicia tutto. Le fiammelle han guizzi di agonia, e i vetri si bagnano man mano: si bagnano di pianto. La strada diventa .un teatro, un teatro sprangato, sommerso, fra apparizioni natanti e dissolvenze feerichc. Ogni fomia "i stacca, naviga senza pc,o. sp,1riscc. Non ci sono più case, non ci son più muraglie, né cancelli, né cielo. Dall'alto, qualche raggio di Iure polverosa cola giù ~rpc,R"~iando come il gc,;w, in questa cupa marca caliginosa. A un tratto, tutta la 1.ona echeggia. C'è una voce : umana o divina? C'è un'arpa, nella nebbia; lo spleen, la nostalgia dell'ultima canzone della Trauiata di Verdi. La voce è d'una donna,.d'un ragazzo o d'una sirena; ma così forte, giovane. disperata, in questa colossale solitudine, chc- mi domando : è un concerto o un naufragio? Sono lì a due passi i musici ambulanti, italiani. Potrei quasi toccarli, ma non scorgo, aguzzando lo sguardo, che una rorida parvenza che ondeggia e sfuma, argentea, piramidale, forse l'arpa. f!. ançora il lembo di un povero scialle di lana. Spettri, fantasmi, sull'orlo dtl marciapiede. La ,;;trada, tutt:\ impregnata di mia• smi, da un capo all'altro trasecola, riechcg,~ia, e tace a lungo. Intanto qualche spiraglio si schiude, lassù, dove son gli abbaini: ombre bianche s'affacciano: fatue movenze. Dal ciclo invisibile piove a poco a poco; e comincia una caduta lenta di palanconi. Solennemente, <tJme in un incubo che s'allenta, tintinnano sull'asfalto le monete: son gli angeli delle soffitte, le camtric-re e i facchini di questi lt6tels di luss<>che buttano, senza interruzione, i loro risparmi ai misteriosi musici della ,;trada dc'-<'rta e sommc-rsa. non c'è nulla che ricordi il cattivo gu- ,to dell'Ottocento. La porta aperta sul parco ci dà un :icnso confuso di attesa e di presenza. Tutto questo parco ozioso, appisolato nella nebbia, è quasi più alto che largo, sì, d'una statura altrettanto incredibile quanto la sua vecchiaia : alberi venerabili e giganteschi daJla se.ora rugosa e durissima, che la mano stessa di Verdi piantò, forse cento anni fa; tortuosi viali coperti di foglie bagnate; solitudine signorile, una for.ta di terra antica e riservata, e l'odor grave e intatto dell'autunno immobile intorno alla villa del Maestro, dove tutto respira come se fosse ieri, e l'atmosfera eterna di lavoro e di pace dell'artista che l'abitò durante cinquant'anni. Una lunga pipa di schiuma, in un astuccio aperto e foderato di velluto rosso, sta sul pianoforte. « To', Verdi fumava, era un fumatore? >. « Oh, no >, mi dice la custode. e Nella sua prima giovinezza Verdi era di costituzione molto debole. Soffriva di mali di gola, e non fumava che qualche trabuco dolce, di \tanto in tanto, e con tutta la precauzione. e: Più tardi, la sua salute migliorò, diventò buonissima; e nell'età più avanzata, Verdi era robustissimo e molto resistente al lavoro ». Il suo mestiere di compositore, insieme a quello di contadino proprietario, le lunghe passeggiate sulle sue terre, ch'egli percorreva sovente a piedi e qualche volta in vettura per sorvegliare i lavori, gli avevano restituito completamente le forze del corpo e dello spirito. ' Verdi non ha mai avuto una decadenza. Fino a ottantasette anni godette di una salute straordinaria. «L'ho visto vecchio soltant~ sci mesi >, mi dice il dottor Carrara Verdi, suo nipote; e: cadde giù dopo la morte di Re Umberto, Non si riconosceva più. E, poco dopo, morì anche lui ». · È una gran fortuna che non ci sian cimeli, né alcuna messa in scena postuma, in questa bella casa. Tuno è allo stesso posto originale, di dimora semplice e tranquilla che funzion;,. Si a.spetta quasi che il padrone rientri dal giardino. Ci sembra davvero che, da \m momento all'altro, Egli possa rientrare col suo gran cappello di feltro, e la sua figura accigliata e benevola. · Sulle mensole ci son due statuette VERDI NEL 1885 Finalmente siamo a Sant' Agata, davanti alla villa di Verdi Traversiamo un ponticello. Ci viene aperto un cancello. Entriamo in un cortile. e un c-ane ci fa fc,;ta. La custode ci introduce nella vecchia c~a di Verdi, dove non c'è nessuno, dove tutto è conservato puntualmente, in bell'ordinc, e spolverato ogni giorno col piumaccio. Ci accorgiamo subito dj C5~erein una ca~a ancor viva e abitabilc1 non in un musco. Ecco la camera da letto col baldaCchino, il pianoforte di Verdi, la sua camicia da notte, i bei mobili neri. La rastrelliera. con i fucili da caccia. fn un angolo, i bastoni d'un gentiluomo di campagna, e. in tutto l'arrl'damento, di bronzo: Manzoni e Vittorio Emanuele; I f. Alle pareti, c'~ un ritratto di Crispi. Sotto campane di vetro, ci sono gustose lCrrecotte napoletane. « Sono tutte cose regalate >, mi dice la custode sottovoce. Tutto è rimasto tal quale dal giorno che se ne andò. E tutto qui lo aspetta, anche gli alberi nel parco. E cresce un po' l'inquietudine come se, dopo trentascttt' anni della sua assenza, dovesse ritornare da un momento all'altro. E sulla scrivania, c'è un cartoncino o;ulquale Verdi ha scritto con una calligrafia senza disinvoltura: e Un tcd<'sco che sa, sa troppo. Un ru<;,,,,;c;hoe sa, è un pericolo». BRUNO DARILLI D . I ACCADE di udir narrare talvolta singolari storie : questa l'ho sentita da un tale che, dopo aver tr~corso alcuni mesi di noviziato in un convento, era ritornato nel mondo, senza pronunziare i voti. Chi mi narrò la cosa era un giovanotto borghese che, spinto non so se da suoi dispiaceri personali o da una crisi di misticismo, aveva un giorno deciso di farsi frate e, come accade spesso in casi !iimili, la sua scelta era caduta su un ordine dalle regole molto seve;e. I buoni padri, naturalmente, avevano accolto la rapida risoluzione con diffidenza, e si eran riservati di sottoporre il neofita a varie prove. La prima, semplicissima, fu dettata dalle pretese di eleganza che trasparivano dai modi del novizio: gli imposero abiti ancor più rozzi e grevi di quelli che avrebbe dovuto p0rtarc in seguito. La seconda, di carattere più spirituale, trasse origine dalla paura pazza che il convento, buio cd cnonne, ispirava al giovane durante la notte : ebbe così l'incarico di al:,.arsi verso l'una, e di pulire e preparare la chiesetta dell'eremo. Di tutto il luogo sacro, la chiesa era quella che metteva addosso al catecumeno il maggior terrore, piena com'era di ornamenti macabri, di teschi coronati e di ossa in croce, e il dovervisi aggirare, a notte fonda, al tenue lume di due candele, era per lui motivo di angoscia grandissima. Souo agli altari eran posti, conservati in urne di vetro, i corpi mummificati di due frati morti in odore di santità 1 e se ne vedevano, attraverso i grossi cristalli, i volti oscuri e i ricchi paramenti che rivestivano le membra. Quand'era in chiesa, il giovane cercava Gi guardar le due arche il meno possibile. Una notte, mentre aveva appena cominciato il suo lavoro, al novizio parve sentire un rumore piuttosto strano, proveniente dall'urna del Beato Alfonso. Col cuore in tumulto si avvicinò, e vide che il Beato stava dormendo: il viso era in ombra, ma il petto si muoveva con ritmo regolare e, dal coperchio dell'urna, leggermente sollevato, si sentiva benissimo che il santo frate russava. Nono!ltante il terrore, il giovane ebbe abbastanza forza per chiudere il sarcofago e tirare il catenaccio, poi corse fuori a chiedere aiuto al fratello più vicino. Un miracolo aveva reso celebre il convento : molti secoli prima, il corpo di un Beato aveva ripreso vita e, sceso nella città vicina, aveva preannunziato pestilenze e guerre, predicando pçnitenza e digiuno, e tutta la popolazione si era convertita. I due religiosi tornarono in chiesa, e, visto che il Beato Alf?nso russava ancora tranquillamente, s1 attaccarono alla corda della campana, suonando a distesa, poi il frate si precipitò dal Padre Guardiano a raccontare la storia. Non !ii trattava di un miracolo, ma di un ladro che, entrato nel convento poche ore prima, aveva pensato di nascondersi nell'urna. Messo il corpo del Beato in un armadio, dove lo si trovò il giorno dopo, ne aveva indossate le vesti e si era sdraiato nell'arca, in attesa che tutto il convento fosse tranquillo; ma, con una incoscienza che si accordava benissimo col suo operalo, aspettando si era fauo sorprendere dal sonno. Svegliato di soprassaho dal suono della campana, egli cercò di uscire, ma trovò l'urna ben chiusa, e, preso dallo spavento di soffocare, si dicd1,_a• tirare gran pugni contro le pareti di vetro, facendo boccacce come un pesce in un acquario. J1 neofita non osava _muovcr~i, ma il frate, che dal Guardiano aveva avuto l'ordine di non lasciare uscir in ncssufl modo il Beato di chiesa, vigilando il portone, liberò la serratura dell'avello. Il malvivente allora uscì strillando dalla tomba e con le sottane rialzate, corse in sacre: stia. poi in uno stanzino ove si rinchiuse, pieno di paura e di rabbia, li frate aveva ormai ben compreso di cosa si trattava, e gli intimò di uscire minacciandolo per il suo sacrilegio : iÌ ladro, sp:iventato, resisteva gridando e bc,;tcmmmndo. L'intera comunità v<'nne, al lume delle torcie, salmodiando il miserere per la pace del Beato. E fu il Guardiano in persona a intavolar trattative t·on l'intruso, mentre l'inno veniva ripreso a gran voce in chiesa: ma a.d ogni minaccia e ad ogni richiesta di consegnare le vesti, il ladro rispondeva gridando : « Datemi le mie braghe>. I fratelli tennero consiglio, e infine decisero di rendere gli abiti al mariolo (li avcvan trovati in ,;;:-i.e-resticah) e li scambiò coi paramenti del Beato attraverso uno spiraglio della pcrticina: quanto al consegnarlo alle guardie, si pensò fosse meglio rinunziarvi a causa dello sçandalo che ne sarebbe venuto, e alla gazzarra clite gli anticlericali avrebbero pOtuto ricavarne. Così il ladro, ancor tremante, fu condotto alla porta. J1 Beato Alfonso riprese il suo posto e i frati passarono lunghe ore di preghiera e di espiazione. Quanto al neofita, 110n so se l'avventura avesse per lui valore decisivo per la sua vocazione : certo che lo ,:;pavento preso non !o las~iò per molti anni, e non rallegrò 1 suoi scarsi ricordi di vita monastica. MASSIMO ALDERINI

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==