• - -- ( PALCHEPTATRI IG)INI TI D Parigi, dicembre. I '.'lTELLET'TUALE è• colui che esercita le proprie facoltà intellettive•. Stando al vocabolario, questo aggettivo sostantivato dovrebbe essere sinonimo dì e uomo mentale•. La voce popolare invece gli dà valore peggiorativo: del pari la voce borghese e perfino la voce colta, oggi che il la usa prenderlo dal basso. Ascoltata, lodata, ma troppo vicina all'errore, la voce popolare ha forse sbagliato un'1dtra volta? ... Lo abbiamo creduto, lo abbiamo sperato, tenacemente, persistentemente, per ragioni personali e troppo ovvie da richiedere più ampie delucidazioni, fino alla sera del 22 corrente, in cui, affamati di spettacoli da sbranare e dh•orare crudi e sanguinanti, siamo entrati come lupi all'< Athtnéc •, che a dispetto del suo nome aaicizzante non è un'accademia, ma uno dti teatri più vecchiotti e antiquati di Pi.rigi. L'impressione era viva ancora nella Villt lumibt del crollo recente e definitivo della Società delle Nazioni, lo :aconforto immedicabilc. Come non credere a una logica surreale, all'armonia mirabile delle interferenze occulte?... La pii,e che rappresentavano quella sera all'•Athénée • era una pUce leghista, una comnedia di pretto spirito ginevrino. Chi dopo questo non ha capito ancora che si tratta di La gunrt d, Troie n'aura pas lieu di Jean Giraudoux, è indegno di approfondire i nessi strettiSS.mi che uniscono teatro intellettualista e Società delle Nazioni. Il francese ha preso Freud :ome medico curante, le inibizioni dell'istnto gli sono divenute altrettanto familiar quanto · il funzionamento del proprio [pparato gastrocntcrico. Da quando la sua coscienzt ha cominciato a parlare, i fatti gli dàmo ragione. Gli errori, le iniquità, le verg>gne che il francese cacciava nel comodo ripostiglio del subcosciente, ora tornano a galla a una a una, assieme con la mnaccia del prossimo e fatale rendiconto. Questo stato di angoscia cht , tecnici chiamano « psicosi di guerra •, il francese lo ricusa con disperazione, e ai fasti di Marte dice di preferire le umiliafoni, gli schiaffi: sissignore, gli schiaffi. Questo almeno sembra voler matifestare la commedia di Jean Giraudoux, ·appresentata la prima volta nel 1935, e ora ampliata e aggiornata in una nuo·a versior .:.. Ma siamo sicuri d'interpretare e vere intenzioni dell'autore? ... Nebbia e ,uio ci circondano. Ecco a che mena l'irrealismo dell:intellettuale, la sua anfibologia il suo concetto errata.dell'eleganza che gl vieta di prendere posizione, lo costringe dondolarsi rra il si e il no, gli fa veden della maestosa Verità l'ombra soltanto della natica sinistra. (S'intende che qui noi parliamo dll'intelletruale degenere, dcli'• intellettualsta •, e che per l'intellettuale non corrotb assentiamo con l'amico Brancati, nclladefinizione eccellente che dcll'intcllctuale egli ha dato nel numero precedent di Omnibus: • Verga e le statue•). Tante volte, nella seconda parte 'Clla commedia di Giraudoux, abbiamo clito che • la gurrrt de Troie (leggi: la pros!ma conflagrazione fra i popoli europei) n'~ra pas lieu •, e subito dopo • qu'elle ura lin, •, che alla fine non siamo riusci·' a capire su quale di queste due affermanni la verbosa e statica commedia si conc!Ue. O in questo• sl e no• Giraudoux ha nteso illustrare la presente perplessità dtla Francia e il suo non saper quali pesci Vgliare? ... Nel qual caso inaspettata OCQsione ci si offre di ammirare in Giradoux non il drammaturgo, ma, come vuee realtà, il fine diplomatico. Le iterazioni contradinorie erano pr<, nuociate con voce abissale da Louis Jou vet, attore favorevolmente noto anche i Italia la mercé soprattutto della sua atti vità cinematografica, patrono in Franci: del teatro intellettualista dei Giraudoux Jules Romains, Jean Sannent, ecc., e che, fra i tanti modi di recitare e di comportarsi sulla scena, ha scelto una stilizzata immobilità e una studiata e intelligente monotonia. Vorremo piantare una grana perché, nella Guerrt de TroU n'aura pas lieu, Troia è messa a fare la parte della Francia, quando tutti noi sappiamo, e per testimonianza, se vi piace, del pio Enea, che i soli e legittimi discendenti dei Troiani, e dunque di Venere, siamo noi? Vero è che come compenso all'appropriazione indebita, l'Italia, e forse per la prima volta nel cono della sua vita più volte millenaria, è rappresentata nella pe~ona del saggio e forte Ulisse. E non di un Ulisse democratico e scaltro alla Venizelos, ma di un Ulisse altissimo signore che, prima di fani sbarcare ali'• Ath~n~e •, è passato dalla Serenissima e si è vestito come un doge. Se vuol essere un complimento, caro signor Giraudoux, c'est pas de refus. ALBERTO SAVINIO VETRINA DI POTOOBAPO (tot, Egont) ~23&>? DEL VANTAGGIO T\AL GIANICOLO. lo spettacolo di Roll ma è imponenle, in qualsia.si ora del giorno. Il Gianicolo non meno di Villa Borghese potrebbe chiamare La 1ente che uuol pa.Jsarequalche o,a tranquilla, o uedere un aperto panorama. Ma è struito da scomode linu tranuiarie dalla parte di Viale del Re, mentre dall'altra di Sant'Onofn'o non ri può salire de !unto ripidi11ime strade. La satira di Sant'Onofrio con i uati conseruato,i Torlonia e tli ospili per < /1 malati poueri > è fra le più Jintolari strade di Rnma. Fortunatamtnu è ancora intatta ed è au1urabile eh, lo Jia per stm• pre. Comunque, il Gianicolo reJta diuiso dal centro. Non 1arebbe inutile un 1eruicio diretto di autobus da Piau.a Colonna. Giouerebbe molto ai forestieri che, altrimenti, finiscono col traJcurare una delte parti da cui si uede Roma, e i luothi belliSJimi della compagna romana lungo la 1trada di Fre1en1. Gioverebbe anche aì 10• mani che intendono dirigervi le ioro passeggiate, 1 L TEVERE si è in1roSJalo, minacciando il ponte Milvio, sommergendo parte dell'isola Tibuino, t Roma ha tra.Jcorso giorni d'attesa. La gente correua ndle rive del fiume, e vi si fermova a lunto, in atlesa di avvenimenti ucecionali. Il cielo era grigio, e giallo ad occident,, quando colava la sera. Molte linee tronuiarie tsstndo state deuiatt, si vedevano lunghiuime file di vetture, ferme, in otte,a ehtoeerti nodi stradali si sciogliessero. Ragaui e giovanortì ttntavano, sporgendosi sull'acqua del fiume, di afferrare i tronchi d'albero , gli altri rottami portati dalla corrente; qualcuno gridava di auer vi,to pa,,are, fra le onde terrose, la carogna d'un asino o d'una pecoro; insomma, i ,omoni per alcuni giorni hanno crtduto che una vera e grande minaccia fosse sulla città. E minaccia trac,• non era., e niente J accaduto di eccerjonale. Ma è destino che accada umpre cosi in città, come Roma, che da anni non conoscono i momenti in cui la nalura si fa veramente minacciosa. D'oltra parte, tra. il citlo invernale, cosi livido e chiuso, a metlere lo spavento ntgli animi, Quando poi ·1 cielo- si 4 rischiarato, t le a,çque hanno !)rincipiato a calore, tutti ti siamo avvisti li aver d6Sid,rato cose che non potevano rccadere. Il Ttvere è tornoto lranquilJo, e brac,i borghesi che per tonte sere hanno ondotto timidamente i fitli o ueder, la atura Jfrenoto, si sono limitoti a fare un ptetico tlogio a Ponte Milvio che ha resijto olla piena. Come se Ponte Mifoio fossi n'arehiteti1ua di iui. MASSIMINO o NEL BOSCO dove sarebbe dovuto sbucare il nemico, togliendoci un po' di visuale e dell'illusione di (are sul serio. li sole era già abbastanza alto e riscaldava i tronchi degli eucalipti bianchi. Vistò che il nemico cardava, andammo J; CITTÀ, a!l'~lba, presenta delle_ in tre O quattro a bussare dai frati per s~rprese. C1 si accorge, per esem- comprare un po' di cioccolata. Ci sdrapto, che .per rutta la notte un r:iu- iammo poi dietro un tronco, sull'erba ratore rimane solo a sorvegliare fn•dda a chiacchierare e a fumare. Erale io1p~lcatur~ irte delle. grandi case in \'amo ~icini alla strada, avevamo disposto costruzione: s1 deve annoiare molto. Ora, 1 moschetti a piramide come nei quadri appena è venuta la luce, s'è messo a la~ storici; i carrettieri ci ~ardavano con mevor~re tutto ~olo. Quando torneranno ~ raviglia. Ci sentivamo molto bellicosi e suoi compagni, troveranno un pezzo dt parlavamo fra noi come vecchi soldati, muro in più; lui non dirà niente e non raccontando frottole e calcando la voce p~en~erà un soldo pe~ q~cl lavoro stra~r- sulle parole da caserma. d.mano .. Le serve, poi, sa alzano presus- r ntanto la campagna si era svegliata e simo e si mettono alla finestra a guardare, il fumo usciva dalle case. Gli ufficiali ~i so~to al. turbante ~he, portano alla mat- guardavano col binocolo verso la Via Aptma, 1 gatti lamentosi. L attendente del ge- pia. Un fraticello si era affacciato da un nerale mio vicino di casa irrora d'acqua finestrino del suo convento. Noi ci spog~lata le piante di un giardi~ctt~ r~bbri- stammo un po' verso il limite del bosco, vtdente: ~a ~ol!o !reddo e gh st1valt dàn- a destra, in modo da non vedere più nesno fasttd10 at pted1. suno. Eravamo isolati dentro una buca Invano cerco l'ultimo nottambulo che del terreno; c'era intorno a noi molta rincasa; non vedo che spazzini e guardie terra appena arata, vuota di rumori e di giurate. L'adunata è in un vicolo stretto; una latteria già aperta fa molti affari. Arrivano i camii>n che dovrPnno porta.e i Giovani Fa.scisti in campagna, per la manovra. Ci mettiamo, finalmente, in fila per uno per ricevere il moschetto e le cartucce. ~ la prima volta che abbiamo delle cartucce, sia pure a salva. Partiamo divisi in plotone, sui camion rumorosi. La zona della manovra è una sorpresa assoluta. B proprio campagna, issolutamente deserta, odorosa e umida. Gli eucalipti non hanno ancora sentito il sole e se ne stanno rinchiusi nelle loro foglie. Noi non sappiamo bene che cosa dobbiamo fare. Vediamo un ometto che spacca della legna vicino a una casa e ci interessiamo del suo lavoro. Arriva un contadino per guardarci. Si pianta in mezzo a noi e ci dà fastidio: si vede benissimo che si è accorto che è la prima volta che iibbiamo un fucile carico in mano. Dopo una mezz'ora di attesa, venne un ufficiale a spiegarci la situazione. Un'altra coorte di Giovani Fascisti veniva dalla . Via Appia veno di noi e doveva conquistare due o tre strade che, da quel punto, portano verso il mare e verso Roma. Noi difendevamo la posizione appoggiandoci al bosco delle Tre Fontane. Quando avessimo sentito il suono di una tromba, avremmo dovuto smettere di combattere. Ci fu raccomandato, inoltre, di non sparare addosso a nessuno, ché le pallottole '\ ~ah'a, a poca distan7,a, sono micidiali. lÌu1hc1ale d1ss~ proprio micidiali, Fummo tutti presi da ardore guerresco. Entrammo nel bosco e ci buttammo per terra molto allegramente. Un gruppo d'ufficiali stava in piedi proprio sul punto da persone. Ad un tratto sentimmo dei colpi. Fu un fuoco intensissimo, che durò, sl e no, tre minuti. Avevamo un caricatore per uno, e tutti lo finirono subito. Noi cinque non vedemmo nessuno. Aspettammo ancora dieci minuti, poi ci muovemmo per vedere cos'era successo. Gli ufficiali stavano ancora in piedi in mezzo al terreno conteso e gli assalitori erano invisibili. Allora ritornammo al nostro posto e cominciammo a fare il tiro a segno contro gli alberi. Eravamo stati sfortunati a non poter com- . battere. Ci consolavamo con le grosse schegge di corteccia che saltavano via dai tronchi percossi, con uno strano rumore, dalle nostre pallottole di legno rosso. Quando avemmo sparato l'ultimo Colpo, vedemmo spuntare di corsa, da dietro un ~ialzo, una ventina di nemici. Correvano verso di noi con le baionette inastate e strillandoci delle insolenze. Ci ricordammo dell'ordine di ritirarci e cominciammo a.. correre con quelli sempre dietro. Intanto i nostri si erano messi a difendere il margine della strada. Arrivan:i-mo in mezzo a loro come bolidi. I nemici si fermarono dietro agli alberi affacciandosi ogni tanto con la testa. Squillò la tromba C'\la manovra ebbe termine. I colpi di moschetto, ci accorgemmo, avevano chiamato molta gente intorno a noi. Ci unimmo, amici e nemici, per la rivista, comprammo altra ciocCÒlata e ci ripulimmo gli stivali pieni di fango. Non sentivamo più il freddo e non eravamo stanchi. Cosl ripartimmo a piedi per Roma, mentre gli ex-nemici, che del resto avevano fatto tanto più strada di noi, se ne salirono sui nostri camion. M. C. QUAD B. O D1 AOTOR E I Oion1111,I Bau.bta lfuptro clroondato dal 11101 111.t, lgll ( ILSORCNIOELVIOLINO ) DAMIIABl1 ~ 'W~Uì~l La piccola $wjoma in lo ma1gio,, di Mozart è un rendec-uou1 Jcgr, ·iuimo di m,u.chere .ettecentesch<-, un accorrere in punta di piedi di hgure tenebrose e ilari, un.~ p<1ntomima, una danza piena di intrighi t· Ji cortesie. Durante il secondo ttmpo, le cose viceversa diventano gravi, dolci, serie e soavi. Si tratta di tenerezze, di baci, di .sparizioni dietro i tendaggi, di amplessi ru~aci, e poi di lunghi sguardi mel:mcouicam~ntc neri che bruciano, còmc dannati, Ja1 fori delle maschere, e d'una danza tenac'-, silenziosa, sorveglia~, attraverso muti de,u1eri e finzioni astutissime, di una moltitu.!ittt galante che, a poco a poco, riu1<.endo a farla in barba, rientra di nascouo 1el ),JO porto di riposo e di morte. Mentre, nel Minuetto, uo'ahra sezion'- di ballerini entra in scena. Questa voha è urta squadra di veri cori(ei, regolati profe»ìonisti, comparse dimostrative, che e.seguono puntualmente a gruppi i loro inchini, i paui spettacolari, i movimenti aggraziati t' indifferenti della storica danza. Qui il genio di Mozart funziona con la regolarità d'una macchina da cucire. L'ultimo tempo, infine, è una specie di collaborazione dei diversi elementi figurativi di qucua sinfonia. La conclusione, virtuosa e dirci quasi tirata via, d'un uomo al quale il proprio genio finitee ~r stufarlo. Molìnari dires.se questa sìnfonia di Mozart con la ticurezta pac...ta di chi ~a che questa volta non perderà l'autobu,. E in quanto alla piccola orchenra, sceha, uno per uno, fra i più bravi ~cli'« Adriano •• l'esegui t.on la massima chiarezza possibile, senza fretta. senza scuciture, perrctta, t"quilibrata; d'acchito. Ed ora, ecco Schumann col suo Concnio in la minore per violoncello e orchestra. Un concerto romantico a oltranza; basti dire: Schumann e il violoncello. Qui parla il linguaggio sconvolto, 5C non sragionato addirittura, del tragico musicista tedesco. Chiome al vento, sangue, s-upplicazioni e Autti irti di spuma. Tuttavia, senta troppa fantasia letteraria, ma piuttosto con quel Gemiil musicale che ondeggia st'nu peso, in ogni verso, qua e là nelle opere di questo autore. La forma conserva i .suoi di• ritti, coi temi, le tonalità, l'itinerario, i ritorni e le cadcnu obbligate del « concerto > C'OSÌ detti') clHJico. L'« adagio> è tutto un discorso strenuo e sincero del violoncello, che cerca di reprimere a due mar;ii il cuore che gli salta dal petto. Qui il violoncellista Emanuel Feuerman venne fuori con tanta foga da trascinar scco l'orchestra, Molinari e il pubblico insic~c. Tutto è bello e buono in Schumann quel che è corto e improvvi,ato, La sua i1pirazione si driua capriccio.sa come il serpente per mordere il frutto proibito. Schumann ha il canto subitamente in gola, e la modulazione imprevista, sulla quale non può durare. Quando .si mette :::;~P:, ci::~~~scc::a,c~::;:prau:~~ ::av~:ci:~ ne va, la sua ragion d'essere vien contradetta e distrutta. Il suo canto non è un'idea. Vit-n dal cuore, n!=>ndal cervello, e la manipolazione del suo sentimento gli è fatale. Tirando in lungo, rovina tutto e ci spinge a fuggire prima ancora che finisca di perdersi lui stes•o nel suo lavorio ... La S<"conda parte del programma conten.-va due pezzi di prima esecuzione, scelti a Sanu. Cctilia nella quarta rassegna di musica comemporanca: quello di Fraz:zi intitolato Prtludio magi'co, e un frammento sinfonico di Montani, Dhikir. ti lavoro di Frazzi è pregevole, inconsistente e sottile come l'umore meteorologico di una brulla giornata. ('11ndensazione d'inccrtezzc. Tutto quel che c'è di vago e distrutto nr:ll'aria oscura d'inverno, va e viene inquietamente, senta amalgama né direzione. t:. un « preludio > breve, e lieve, ancora allo stadio atmosferioo, che finisce delitatamcnte in melodia dolcissima. L'istrumentale, del ruto, è una piccola opera d'arte. Il brano di Montani, invece, non fu trop~ po felice. Declamatorio, magniloquente, avventato, chiamava a giudizio un po' tutti: Piu.etti, Meyerbeer, il Tristano, Garibaldi, Don Carlo,, il maestro Ve»ella, e il Signor Bonaoentura. Insomma, in altre occasioni, il maestro Montani ha scritto qualcosa di meglio. Alla fine, qualche fuchio fece accorrere l'autore, il quale s'inchinò bonariamente al pubblico, come per dire: grazie lo steuo. l';hiudeva il programma un Concuto di Weber per violoncello e orchCJtra, dove il tedesco Feuennan trionfò in lungo e in largo, fin che volle e gli piacque, durante una buona mezz'ora. B. B. LEO LONGANESJ - Direttore responsabile S. A. EUITRU.:E "OMNIUUS" • MILANO RIPKOUUZIUSI F.!SE(,UITI. COS MATERIAl.f. FOTOGRAFICO • 1 1-:RRASIA •· PwH1it11d: o\g.,nzi• G. Urt--..::hi• Milano, Via ~.,l"l'li 10 Ttl. 20.!I07 , Pa.rigi. -56, Ru" ~·•ubour!I S.i,int-HonOC"4:
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