Omnibus - anno I - n. 37 - 11 dicembre 1937

gam~a sinistra e poche ore dopo morì. Segui un processo. Due uomini che erano stati testimoni della flagellazione e delle altre torture, morirono in circostanze mjsteriose, prima che avessero deposto. Si disse che si fossero suicidati. li processo fu una farsa indegna e tutti gli imputati furono assolti. Il caso sembrò straordinario : non già per la bestiale fer(?Cia del delitto, ma perché c'era stato un processo. St~ie a base di pece e di piume, o di sparizioni di persone, erano allora tra le cose più comuni. Non si facevano ncp• pure indagini per fatti di così poco conto. In un anno, in un solo Stato, l'Oklahoma, furono perpetrate più di 8oo aggressioni criminose. Caso tipico quella della signora Pearl Hayter, che fu svestita e marchiata con acidi. Caso ancora più tipico, quello del greco Petropol : una bella notte, in casa di questo disgraziato comparvero venti uomini mascherati, che lo obbligarono a seguirli, lo condussero in un bosco e, col pretesto che egli non pagava le cambiali, lo bastonarono finché perdette i sensi. Risultò, poi, che il greco non doveva pagare akuna cambiale ; e che, invece, alcuni degli uomini mascherati erano suoi debitori per 4.~50 dollari. Essi intendevano, a forza di bastonate, indurlo ad andarsene per po• tere, così, non pagare. · Questi casi sono tratti tutti dalla letteratura criminale dell'Oklahoma. Ma altri Stati furono teatri di gesta non meno orribili. Nel Texas, le bastonature, le rapine, gli assassini del K.K.K. sono frequenti. Un funzionario di una cittadina fu e spedito > perché osò invocare la legge contro i membri del Klan. Nella Luisiana, cinque uomini furono rapiti e, più tardi, furono ritrovati legati insieme con fil di ferro in mezzo a un fiume. Nel giugno di quest'anno, una banda di Kla,umen, a Tampa, assali un organizzatore dei lavoratori e lo percosse a· morte, ecc. Si pctrebbero citare innumerevoli altri cas1. Ma a che prò? Quelli che abbiamo ricordati possono bastare a far ca• pire al lettore italiano quale onorata società sia il Ku Klux Klan; l'associazione di cui è membro a vita il giudice della Corte Suprema Hugo L. Black. Si spiega, dunque, facilmente la veemenza con cui è stata condotta la pòlemica per lo scandalo Black. Nei suo articoli sulla Post-Ga1;ette di Pittsburg, il giornalista Ray Springlc accusò il neo-giudice di aver prestato il giuramento del Klan nella «Klavcma:> (nel gergo dell'associazione) di Robcrt E. Lee, Klan N. 1, in Binningham, nel ,923; di essere diventato, nel 1925, Gran Dragone dell'Alabama i di essere stato sostenuto dal Klan nell'elezione del 1926. Costretto a dare delle spiega• 7ioni, il giudice Black ris;onobbe di essere stato, un tempo, membro del Klan; ma affermò d'essersi dimesso e di non farne più parte da molti anni. Subito il giornalista replicò che le dimissioni erano state una burla; che, dopo le elezioni del 1926, Black aveva riaffermato la sua fedeltà al Klart in una adunata o - come si dice nel gergo del Klan - in una e Klonvocazione > tenuta dal grande Stregone dell'Invisibile Impero, Hiram W. Evans; e che, in quella occasione, gli era stat~ rilasciata una tessera d'onore, con cui era stato nominato membro z vita del Klan; e per tagliar corto a ogni dubbio, pubblicò in fac-sim_ile i documenti della sua appartenenza al Gran Klan dell'lnvisibi1e Impero. La polemica è finita all'americana. Black è rimasto al suo posto. Qualche settimana fa, la Suprema Corte ha respinto il ricorso contro una sentenza della Corte dello St~to di Alabama, con cui erano st~ti inflitti varì anni di prigione. L'uso della Suprema Corte vuole che i giudfoi non prendano parte alle aecisioni alle quali abbiano un interesse personalt. La sentenz..1.notava, seri:za commen/o, che l'ex Ku Klux Klanner Hugo_La Fayettc Black e non aveva preso ;arte alla discussione e alla decisione. >. Ed è tutto. Ma Black resta al suo sto. Tutt'al più, da ora innanzi, si as~rrà quando si tratterà di giudicare suç,i associati. E non è chi non apprezzj la somma delicatezza di una simile condotta. La morale è che ogni paese ha i giudici che si merita. In cambio, un bel mattino, il· giornalista Ray Springle ha trovato che, dinanzi alla sua casa, era stata bruciata una croce. Nella simbologia de~' Jn. visibile Jmpero, questo significa minaccia di morte. ROBERTO CAMPAGNOLI ANNOJ, N, 37, li DIOElCBRE1938--IVI OMNIBU~ SETTIMANALEDI ATTUALITA POLITIOAE LETTERARIA EBOE IL SABATO IN li•l8 PAOINE ABBONAMENTI l1.aUa e Colo11t,a111110 L. 4.2, semntre L. 22 El uro 1 &11no L. 70, umeatre L, 36 OGll NUMERO Uli Lllll Mu.o,orittl, dlugnl • fotogr~•• anohe n uou pubblioui, o.on 1f rnnt11l1oono. Dlr1110111: Roma • Via del Sudario, 28 Telerouo N. 661.636 lmlll!Jlliltradont: Kilano • Pla11a Carlo Erba, 6 Ttlefono N, 24,808 l♦t. li.on. E4Jtrlce " ODIBUI " · MUuo LA OBOOE DI KORTE DEL KU X:LU:I IL.Ali QUANDO IL DUCA e la Duchessa di York (gli attuali Sovrani d'Inghilterra) visitarono l'Esposiiionc Coloniale di Parigi, ebbero per guida il Maresciallo Lyautcy che offri agli augusti ospiti un tè sulle rive di un laghetto del bosco di Vincer.nei. A un1 certo m0ment& la Duchcsaa, di cui ~ no note la grazia e la squisita finezza, si rivohc a Lyautey: « Signor Maresciallo, voi che riuscite in tutto quel che intraprendete; voi che avete organiu:ato questa bella esposizione, potttstc fare qualcosa per mc?>. e Con gioia, Altezza >, rispose il Mare• sciallo sorpreso e un po' interdetto. « Ecco ... Ho il sole negli occhi ... Potreste farlo scomparire? >. Non appena la Duchessa ebbe finita la frase, una nuvola coprl il sole e l'ombra avviluppò le rive del laghetto. E la Duchessa, sorridendo: « Cra1.ic, signor Maresciallo >. Ella aveva veduto la nuvola avvicinarsi al sole. FEROIN'ANDO MARTINI diceva di Gio• litti, già molto vecchio, e il cui spiri\Q ormai in decadenza aveva raramente spunti felici: « t, un vecchio ca.stello dove 3.ppare ogni tanto qualche spirito >. LA SIGNORA di StaCI domandava un giorno a Napoleone quale fosse secondo lui la prima. donna del mondo. e Quella che fa più figli>, rispose l'imperatore. «MONSIGNORE>, disse un sollccitatorc al signor di Talleyrand, « Vostra Eccellenza mi ha graziosamente promesso di fare qualcosa per me: il tal posto è vacante>. «Vacante! > rispose l'ex-vescovo. e Ebl><:ne, cosa volete che ci faccia? ... Sa~ piatc bene che quando un posto è vacante vuol dire che è già stato occupato >. IL COMICO napoletano Fontanella ebbe in Francia molta fortuna con le donne. Una duchessa lo riceveva, ma soltanto di notte. Una \--.Ohasì presentò di giorno, come per fare una visita. La gran . dama, che aveva molti visitatori, seccata della venuta dell'attore, gli disse: « Signore, che cosa siete venuto a cercare qui? >. « li mio berretto da notte>, rispose il comico. GIOE, al ritorno del suo ultimo viaggio in Russia, si meravigliava della poca pulizia dei Russi. « Perché dovrebbero avere cura d'un corpo che non gli appartiene?> gli rispose Stravinski. L'AVVOCATO Marchand, uomo di spirito e di buon senso, diceva: « Si corre gran rìschW> di dar di stomaco nel vedere come l'amministrazione, la giustizia e la cucina ,i preparano>. DUE BAMBINE giocano in America: « Tu >, dice una, e farai da mamma, ed io da padre. TÙ fa vedere che vuoi divt:n• tare' attrice cinematografica, cd io avvcle• nerò i bambini >. TRE FRANCESI che si trovavano all'osteria, in un pomeriggio d'inverno, dopo lunghi discorsi oUosi finirono col farsi queste strane domande: « Chi vorresti essere? > chiese il primo: « Eden, Stalin o Roosevelt? >. e Io >, rispose il secondo, e vorrei essere Roosevelt. E tu? >. « Io invece vorrei essere Eden >. Il ten:o, con aria distratta e annoiata, taceva. « E tu? > gli domandarono gli altri due. e Chi vorresti essere? >. e Giovannino! > rispose. « E chi è Giovannino? >. « L'amante di tua moglie •, esclamò, rivolto all'amico più anziano. UN POVERETIO molto male in arnc• se si presentò a un funz.ionario di una 10cicti di protezione. Le nuove leggi sulla mendicità, disse, lo avevano privato degli aiuti della 1ua parrocchia e lo avevano riJL GIORNO in cui il cannone tuonò per dotto a un tale c1trcmo di miseria che, se annunciare a Parigi che la Duchessa d'Or- non veniva aiutato subito, sarebbe stato coléans aveva dato alla luce un figlio, e per stretto a rare una cosa che la sua anima le strade il popolo esultava, Alfonso KMr, aborT~va. che auisteva alla manifestazione di gi,1- Il funzionario gli diede cinque scellini, bilo, d~sc a un amido: e Come ~no COJ'lt Jtlc•. dopo una _commoven~ paternale sul tenti i parigini, ora ci°)e-l"hannourT pAt.fit,t dcvcrc degli uomini di non abbandonarsi di più da insultare e da cacciar via >. alla disperazione, gli domandò quale fosse FRANKLIN si compiaceva di ripetere un'osservazione del suo negro al quale •aveva spiegato, mentre era a Londra, che cosa fosse un gentiluomo. « Padrone >, gli diceva il negro, « tutti lavorano in questo paese; l'acqua lavora, il vento lavora, il fuoco lavora, il fumo lavora, i cani lavorano, il bue lavora, il cavallo lavora, l'uomo lavora, tutti lavorano meno il maiale; mangia, beve, dorme, e non fa nulla tutto il giorno; il maiale è dunque il solo gentiluomo dell'Inghilterra>. MATILDE SERAO, parlando di Enrico Ferri, ch'era reputato u.n maestro di cloquenia, disse un giorno: e SI, trova facilmente le frasi grosse, ma quando le ha tro• vate è costretto a cercare quel che ci deve mettere dt:ntro >. UN MARITO, in Francia, diceva alla moglie: « Credo che nella nostra città ci sia uo uomo solo che non sia becco >. e E chi è? > domandò la moglie. « Non lo conosci? > rispose il marito, « Ho un bel cercare >, disse la moglie, e ma, sul scrio, non lo conosco >. - Vedet.e, lo oh• ho l'aria di lltl. •br.o, .. - Ebbene 1 - Ebbene, lo 10110, la cosa che aveva intenzione di fare, se non lo avcucro aiutato. e Avrei lavorato>, ri~se l'uomo con un sospiro profondo andandosene. IL COCCHIERE del re di Prussia rovesciò un giorno la carrozza. Federico diventò furibondo. e Ma sì >, gli disse il COC• chicrc, « è una disgrazia; e voi non avete mai perduto una battaglia? >. PARLANDO della legge contro l'analfabetismo, Teofilo Gautier disse: « La scrittura è una triste invenzione. Un uomo che abita, per esempio, a Pechino e che non sa 1crivcre, è uno sciocco soltanto a Pechino. Mentre, con una s.ola lettera indirizzata a Parigi, lo stesso uomo può esser sciocco a Pechino e a Parigi >, UNA PARIGINA si querelava contro un giovane accusandolo di seduzione, ma il suo avvocato non trovava sufficienti le prove addotte. Ella use! dallo studio dell'avvocato molto triste; ma l'indomani mattina si presentò tutta trionfante: «Avvocato>, disse, « una nuova prova: m'ha sedotta un'altra volta stamattina >. PREMESSA ffi ELL'ULTIM~ numero, abbiamo rias: llJ sunto e ampiamente commentato 1 primi articoli della serie che Walter Lippmann ha pubblicato in Tlu New rork Herald Tribun,. Il lettore ricorderà che abbiamo rilevato l'errore fondamentale del Lippmann, consistente nel fatto che egli concepisce le potcnv. autoritarie in atteggiamento di « sfida > di fronte alle potenze democratiche. Noi crediamo che le potenze autoritarie non sfidino, né aggrediscano le democrazie, ma solo difendano il loro diritto all'esistenza. Abbiamo riJcvato, altrcsl, quanto 1ia erronea l'affermazione del Lipp• mann che i tre paesi a regime autoritario debbano costruire i rispettivi imperi sulle rovine degli imperi preesistenti: l'inglese, il francese, l'olandese. Ci sembra sia abbastanza difficile dimostrare che l'impero ita- . li.ano in Etiopia o l'ltnpero nipponico in Manciuria o in Cina siano stati costruiti sulle rovine dell'impero inglese. E, alla fine, abbiamo messo in eviden:ta quanto arbitra~ rio sia il metodo del Lippmann di attribuire ai paesi a regime autoritario fini e programmi, di cui è poi anche troppo facile dimostrare il carattere pericoloso per la pace del· mondo. Per lui, gli Stati autoritari vogliono « manovrare > di fronte alle dcmocrat.ie fino al punto di ridurle ad una condizione di completa impoten:za. Ora questo non è, e non è mai uato il pro• posito dei pae,i totalitari. Essi vogliono vivere e vogliono che le democrazie li lascino vivere; e sono risoluti a combattere con chi tenti di impedire loro il conseguimento di scopi vitali. E abbiamo ricordato un vecchio articolo del Lippmann, in cui gli scopi della Germania venivano compendiati nella riforma del trattato di Versail!CJ e si riconosceva la necessità che si rendcs.sc giustizia alla Germania procedendosi alla revision, dell, frontiue. Oggi la Germania non domanda tanto. Oggi la Germania si accontenterebbe di molto meno. E il Lippmann afferma che cua « sfida >, che essa aggrediacc, che essa vuol ridurre in cenere gli imperi inglese e francese. La contraddizione ci sembra flagrante. REQUISITORIAAHTI-DEMOCBATICA ® UESTE NOSTRE critiche crediamo opportuno richiamare oggi, prima di cominciare a ria.ssumcre l'ultimo degli articoli del Lippmann. Come il lettore vedrà, esso consiste in una vera e propria requisitoria contro le democrazie: più esattamente, anii, in una duplice requisitoria. Agli occhi del Lippmann, le democrazie sono 'egualmente colpevoli di essere state ingiuste e ingenerose ieri e di essere vili e impotenti oggi. « Quando erano onnipotenti, mancarono di magnanimità; ora, che sono sfidate, mancano di coraggio >. La diagnosi ci sembra esatta, soprattutto neUa prima parte. 1 popoli italiano e tedesco proclamano instancabilmente da quasi un ventennio la ingiustizia del•Trattato di Versailles. Ma il Lippmann vorrebbe che le dcmocraz.ic, come dice lui, « resi1tesscro >: e cioè si opponessero con le armi alle richieste dei paesi a regime totalitario. Questo è un voto del Lippmann, un suo desiderio personale, che non inficia in alcun modo la giustezza della diagnosi. Epperò potremmo prescinderne. Potremmo, cioè, ritenere la diagnosi e buttar via i voti del Lippmann. Ma non possiamo fare a meno di rilevare la stridente, la patente contraddizione, in cui il Lippmann incorre, sia come spetta• tore - sedicente obiettivo - delle vicende in1crnazionali, sia cpmc cittadino americano, Egli riconosce che le democrazie furono ingiuste ieri, e vorrebbe che prendessero le armi, oggi, per perpetuare l'ingiustizia. Si può essere più incocttnti di cosl? Ché o la situaUone intemaUonalc viene discussa sul terreno del giusto e dell'ingiusto, e allora quel che era ingiusto ieri è ingiusto anche oggi, e chi aveva il dovere di riparare all'ingiustizia ieri lo ha ancora oggi. O, invece, la si esamina dal punto di vina e forza >, e cioè si sostiene che le democrazie debbano resistere solo perché hanno la fona di resistere; e allofa, poiché, Cl'>Tllesi è detto, quel che era ingiusto ieri è }'arimcnti ingiusto oggi, si viene a riconoscere che sono le democrazie a « sfidare> e le dittature a combattere contro l'ingiustizia. L'incoerenza diventa ancora più evidente se si scende al caso concreto. La Germania chiede le colonie. Lippmann riconosce che fu ingiusto togliergliele nel 1918; riconosce che fu ingiusto ieri non restituirgliele; ma che vorrebbe oggi? Che le dcmocraUe affrontassero una guerra mondiale per non restituire le colonie alla Germania. Per colmo, poi, secondo la sua opinione - sebbene, in questo punto, egli non sia del tutto esplicito - l'America dovrebbe prender parte alla danza: e cioè dovrebbe Kendcre in campo anch'essa e mettere le sue risorse di uomini e di ricchezze a disposizione delle democrazie europee e affrontare una nuova guerra mondiale: per che cosa? Perché l'Inghilterra e la Francia potes.sero tenersi le colonie cx-tedesche. Basta, come si vede, configurare il caso concreto per intendere l'assurdo e l'immoralità dei voti del Lippmann. STATOD'ANIMODELLEDEMOCRAZIE (ii\ VESTA lunga premessa ci dispensa ~ dall'intercalare nel testo del pubblicista americano note o commenti. Gli cediamo senz'altro la parola e lo lasceremo andare avanti lino alla fine senza interromperlo. Solo metteremo in corsivo alcuni riconoscimenti che egli fa, e che ci sembrano particolarmente degni di nota. « Per conto mio, son venuto via dall'Europa con l'impressione che n~ la Gran Bretagna, né la Francia siano, fino a que• sto momento, realmente animate dalla volontà di resistere al pericolò che hanno di fronte. M'è sembrato che, a paragone con la mobilitazione senza tregua di uo• mini e di materiali e con la predicazione di una morale militare, che si fanno in Germania e in Italia, le democrazie occidentali siano stupefacentemente distratte, compiacenti, amanti del vivere lieto, e pie• ne di desideri. « Certo, esse si armano. Ma mentre ne• gli Stati totalitari ogni cosa è completamente subordinata allo sviluppo della po• tenza militare, nelle democrazie non è cosl Certo, questo rende, oggi, la vita nei paesi democratici molto più piacevole. Ma la passività delle democrazie è mortalmente pericolosa, e se Mussolini e Hitler dovessero giungere alla conclusione che le democrazie 1iano realmente cosi in decadenza, come cui professano di credere, sarebbe un affare molto serio. « Sarebbe serio se Mussolini e Hitler avessero ragione. Non sarebbe meno scrio se avcucro torto. Perch~ k le democrazie 1ono in decadenza, l'avvenire del Vecchio '.\-fondo è nelle mani di popoli guerrieri ... E se, al contrario, le democrazie non sono in decadenza, allora è possibile ad ogni momento che i dittatori facciano un gioco molto grosso e tentino un colpo cht; incontri una inupeuata :esistenza: e allora l'Eùropa sprofonderebbe in una guerra generale. OBAIIDECOLPADELLEDEMOCRAZIE [Y.1 ENO di vent'anni fa, gli inglesi e l1JJ i francesi erano i padroni dell'Europa. Meno di vent'anni fa, Inghilterra, Francia e Stati Uniti - le tre grandi Potenze atlantiche - esercitavano un'indiscussa supremazia in tutto il mondo. Oggi, tutte e tre sono state cacciate dall'Oriente, e, in Europa, Gran Bretagna e Francia sono incerte se possano ancora difendere le lince vitali dei loro imperi. e Non si spiega questo mutamento rivoluzionario nella bilancia della potenza mondiale con l'avvento dei dittatori. Le dittature tedesca e italiana furono concepite e create proprio nel periodo in cui le democrazie erano onnipotenti in armi, per prestigio, in commercio e in finanza. Il jtJtto evid,nte è che t, democracie occidentali, finché ebbero lo polenca Jupr.ma, non si conciliarono i popoli dell'Europa &entrale; ed ora, che non hanno più quella polenta, ora che sono Jlate Juperate dai loro formidabili rivali, le democracie non ,-anno se possono affrontare il riuhio di difendersi. « Datl'armiJtit.io fino all'avvento di Hitler, le nor.ioni occidenialì, inclusa l'America, abusarono della loro potenr.a, mancando al dovere d'essue tiuste e liberali. Dall'av• oento di Hitler in poi, non hanno potuto /ore conetuioni; ed ora hanno pa1.1ra di resistere alle domande che ven1ono l• Q fatti. Quando erano onnipotenti, manca• rono di ma1nanimitd; ora che sono sfidale, mancano di rùol1.1teu;a. e Ciò che le democrazie desiderano, è di rimanere indisturbate nel godimento dì tutti i loro possessi .. Esse amcrcbbc:-o con• servare quel che hanno: non solo le loro colonie e le loro dipendenze, ma anche i t l 1 loro monopolt e le loro preferenze; e vor- ~ rebbcro non dover mai difendere quel che • ~anno. Cosi si persuadono facilmente a fare le piccole concessioni, che la politica del 1 Segretario Cordcll Hull prevede; e, per il resto, desidererebbero tenere il mondo in ordine ricordando che sarebbe altrettanto nobile, quanto conveniente per esse, che tutti i trattati fossero abitualmente rispettati. Vorrebbero placare i loro avversari predicando buoni sentimenti e intimidendoli con minacce rettoriche. RElLISIIO DELLE"DITTATURE" f.Y.l A, PIACC)A o non piaccia, le pollJJ tenie " sfidanti " sono realiste e • seriz.a pietà. Non c'è modo di soda;llfarle con promesse o di combatterle con ~ dilcorsi. Le potenze " sfidanti " sono preparate a combattere per le loro necessità di esistenza. Sono persuase d'aver diritto a tutto ciò che pouono prendere. (Si rinvia il ldtore all'avvertenca eh, si è /alta al principio). Perciò non possono essere tenute a bada con omelie, chiunque sia che le pronunci ; e sono troppo astute e troppo coraggiose per lasciarsi "bluffare". « Quando, per esempio, sentono il Presidente degli Stati Uniti minacciare di "quarantena " coloro che violano i trattati, cue possono essere impressionate 50lo dal fatto se Roosevelt intenda istituire realmente la " quarantena " e sostenerla con tutta la fon:a militare degli Stati Uniti, Quanc!o constatano, invece, che egli si affretta a promettere agli elettori americani che non rarà niente che implichi rischio di guerra, la parola " quarantena." non ha valore cd è moneta per uso scenico. « Poiché non possiamo ingannare i paesi " sfidanti " almeno non inganniamo noi stessi. Viviamo in un mondo in cui grandi nazioni militari tendono a:la conquista. Le democrazie sono potenzialmente più forti ~elle dittature, ma esse sono più molli, più mdulgcnti verso se stesse, più confuse ... « Perciò è non solo inutile, ma pericoloso, parlare di sanzioni e di " quarantene " e di allrc misure provocatorie, quando chi ne parli non voglia affrontare il rischio finale della guerra. Non c'è niente di peg. gio di una politica di met.ze misure e a mezzo cuore nei momenti decisivi. Non c'è niente di peggio che minacciare il Giappone quando le minacce non sono seriamente concepite. Non c'è niente di peggio che ostacolare il Giappone senta voler combattere con esso. e Parole provocatorie, senza sincerità di proposiù, possono condurre solo a questa conclusione: che le potenze minaccianti saranno umiliate e le potenze minacciate sa• ranno esasperate e riporteranno trionfi diplom3.tici, i quali accresceranno la loro po• tenza militare ... e li cuore del problema della guerra e della pace è se le dcmocrat.ie intendano resistere o cedere; e la politica delle dittature sarà guidata da quello che esse credono sia la reale intenzione delle democrazie. Se le dcmocraz:.ic intendono realmente resistere e vogliono sinceramente che non se ne dubiti, sono ancora abbastanza forti, e possono ristabilire la pace facendo concusioffl· JOJtanr.iali. Ma se le democrazie non intendono resi5tcrc, allora esse perderanno, pa»o passo, una posit.ione dopo l'altra, il loro posto nel mondo, e saranno ri- ~acciatc ancora più profondamente in un 1 isolamento precario e pieno di paura>.

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