REDENZIONE lii (ci;I ERGIO Michele Eisenstein è sul ~ punto di ritornare in seno alla santa madre chiesa sovietica che lo aveva scomunicato la prim;vera scorsa coi suoi fulmini più violenti. Co-. me è nato, - e anche noi ne demmo notizia su questo giornale, - colui che fo fino a ieri il padreterno del cinema russo e, per molti anni, l'oracolo delle chiesuole più intransigenti del cinema europeo, e stato sul punto di essere mandato ad assaporare le delizie della Siberia, e forse peggio. Un uomo dell'autorità di Eisenstein non si batte se non, sul terreno dell'eresia ideologica, ed e quest? un terreno che bisogna lavorare e dissodare per lunghi anni prima che se ne possano raccogliere i frutti. Non si può dire da un giorno all'altro a un uomo come Eisenstein, temperamento polemico di una virulenza terribile, non si può dirgli dunque cosi all'improvviso: e Alla gogna, borghese!>. t necessario insinuare l'accusa lentamente, senz'averne l'aria 1 e durant~ un lungo periodo di tempo, creare 11sospetto a lunga scadenza, perché al momento buono l'accusa capitale di eresia abbia probabilità di appa~re giusta e inevitabile. In questa tattica, la stampa sovietica è maestra. Per Eisenstein la cosa era facilitata dalle origini e dal temperamento dell'uomo. Al contrario della maggior parte dei suoi colleghi più famosi, un Dovccnko, un Pudovkin, personalità espresse si può dire dalla rivoluzione, Eisenstein dalla rivoluz.ione fu soltanto assorbito quando essa scoppiò. Egli era il tipico rampollo della borghesia ricca e coltivata della Russia zarista. Suo padre era ingegnere civile e il ragauo fu educato nelle migliori scuole, prima dello scoppio della guerra. Intellettuale e artista fin nel midollo, egli non capì dapprima che cosa stava accadendo nel paese quando la rivoluzione prese fuoco. E mentre la guardia rossa teneva il suburbio di Pietrogrado contro l'annata di Komilof, egli discuteva dei problemi dell'arte e della vita nei camerini mal riscaldati dei teatri della capitale assediata. Come per molti altri intellettuali e artisti, le barricate e i truci reparti armati di operai e le prime selvagge esplosioni di odio e di fanatismo furono per Eisenstein spettacoli romantici e pittoreschi, e una manna per la sua fanta.sia e il suo talento. Questa posizione un poco dilettantistica nei riguardi della rivoluzione, questa sua compiacenza a fissare, più cti . qualsiasi altro documento rivolu2..tonario, il ritmo e i1 colore della rivolta, rimarrà la posizione fondamentale di Eisenstein, e naturalmente, - quando l'aria sarà cambiata, - quella che gli procurerà i maggiori fastidi da parte di una classe dirigente che ha imparato a odiare questi sentimentali• ;;mi trotskisti. Quando le barricate furono tolte, e ,.j disse al popolo che era tempo di passare dalla guerra rivoluzionaria al lavoro rivoluzionario 1 gran parte di quel colore era già svanito. E così si spiega come gli artisti, e non soltanto quelli del cinema, ricorressero così spes• so ai. fatti del 19i 7 con elegiaca noltalgia. Quando l'industrializzazione e la collettivizzazione presero un passo spedjto, esse produssero nuovi eroi e nuovi modelli di eroismo retorico. Gli artisti tentarono di mettersi al passo con i tempi, e alcuni ci riuscirono. Eisenstcin aveva prodotto nel i918 La.,oraaala Potemkin, il classico dei cla.s1ici del cinema rivoluzionario. Il suo secondo film d'impegno fu Ottobre, ~una rivoluzione del '17, così come Poltmkin era basato su quella del •905. ForltC i pezzi grossi di Mosca fiutarono fin da allora in Eisenstein uno spirito indipendente. Certo è che la 'itampa criticò senza riguardi il lavoro. e: li compagno Eisenstein si compiace troppo a fotografare, con effetti di dubbia efficacia, le colossali statue equestri di Pietrogrado e si preoccupa ben poco degli operai che le hanno finalmente buttate giù >. Eisenstein, quando lesse le critiche, capì che bi.sognava cambiare registro. E fece La linea generale. In questo film cercò di esprimere il fermento nuovo recato dall'industrializzazione agricola e si può dire che i1 protagonista della pellicola sia il trattore. Il film non piacque a nessuno. I suoi contadini sembravano tutti patriarchi tolstoianj; j suoi trattori, che per ragioni estetiche egli faceva passare disinvoltamente in lunghe file indiane sulla linea dell'orizzonte, fecero sorridere i contadini e indignarono i critici : e Il compagno Eisenstein evidentemente non è stato mai in campagna, perché scambia l'aratura di un campo per la semina 1 con il tra.sporto al mulino di mille quintali di farina. Dove mai ha visto un centinaio di trattori che arano un campo in fila. indiana? Dal punto di vista estetico non si può negare che l'effetto è apprezzabile, ma dal punto di vista della propaganda è disastroso >. Nel frattempo, la fama di Eisenstein fuori dei confini della Russia era andata aumentando sempre più, finché gJj fu offerta da alcuni compagnj ame-- OBJ.BLEB LJ.UOHTOY 1N UY~ BOElU Dl Ulf PJL)( JiBl KABI DEI.IBUD ll!E WEBT 00IIE É ricani la possibilità di dedicarsi a u11 grande film in America. Le traversie di quell'opera, Lampi sul Messico, sono note; Eisenstein non riuscì ad adattarsi a Hollywood, che non riuscì ad adattarsi a lui. JI compa~o Upton SincJair, che aveva trovato I fondi per la produzione del film, cominciò col litigare con Edoardo Tisse, il fedele operatore di Eisenstein fin dai tempi di Potem/cin, e finì per litigare col Maestro. E un bel giorno, lasciando in retaggio soltanto alcuni chilometri di negativo e alcune dichiarazioni di profondo disprezzo per la volgarità mercantile degli uomini di Hollywood in specie, e in ~enere degli americani, iJ figliol prodigo ritornò a casa. Trovò musi un po' duri, ma in breve la sua avventura borghese fu dimenticata, o si finse di dimenticarla. e gli fu dato nuovo lavoro. Per due anni, a cominciare dal 19351 girò e rigirò sequenze su sequenze di un film intitolato: La pianura di Bez,hin. Quest'opera costava già due milioni di rubli, nella primavera scorsa, quando il Comitato Centrale del Partito Comunista intervenne, distrwse H ne~ativo girato, e scomunicò Eisenstem come impenitente simbolista e formalista. Eiserutein aveva scelto uno scenario basato sulla vita di Pavlik Morozov, un ragazzo di dodici anni entrato da tempo a far parte della leggenda sovietica. Questo Pavlic aveva informato la Ghepeù dei misfatti di suo padre, un kulak, cioè un ricco proprietario terriero. Il kulak, dopo aver ucciso il figlio, fu a sua volta fucilato dalla Ghepeù e, in seguito a questj fatti così edificanti, al piccolo delatore fu eretta una statua in ogni città e in ogni angolo della Russia. Nel film, i contadini di Eiscnstein e portavano barbe così lunghe da farli ~:~r!f~{~~e n:1 ~e~~~:e dd~,t'is~;~~~ri; politica. Alcuni effetti speciali di luce davano l'impressione che sulla testa di Pavlick ci fosse come un'aureola. Il film era pervaso, da un capo all'altro, da un simboli5mo mistico che, sempre secondo iJ verbale, costituiva un insulto a un ragazzo morto per una rivolu• z.ione che fu fatta proprio contro il misticismo. e Per i russi, Pavlic Morozov è ancora un ragazzetto del popolo che mangiava e sputava semi di zucca, e non ci vogliono aureole_ sulla sua testa! >. Eìsenstein s'inquietò, protestò, urlò, arrivò persino a minacciare. Gli amici gli consigliarono di stare tranquillo, ma egli non se ne dette per inteso. Dovunque, persino nei pubblici ritrovi, si mise a fare dell'ironia sugli abusi della burocrazia artistica di Mosca. Un bel ~!~;~h~nn!1P~fficf;dlet :a~~~~ 1~o~~~ nista che si occupa delle comunicazioni più rapide con la Siberia, aveva sentito fare il suo nome. Eiscnstein capì, e pochi giorni dopo, vale a dire meno di un meJe fa, quasi tutti i giornali dcll'U.R.S.S. pubblicavano una lettera aperta da lui indirizzata alla direzione del Partito. t uno dei soliti e mea~ culpa > cui siamo abituati da tempo, un'autorcquisitoria che si potrebbe spiegare, - come le autoaccuse così strabilianti dei più recenti processi moscoviti, - tenendo presenti le contraddizioni classiche della psicologia slava, se non ci fosse a portata di maKAE WEST 00Ki: J.PPJ.BE no una spiegazione molto più semplice anche se più comune : l'istinto di conservazione. • e Il mio errore >, scrive Eisenstein, e: aveva le sue radici in una illusione peculiare all'intellettualismo individualistico. e un'illusione che può avere le più tragiche conscgueni.e, e che Lenin e Stalin non si sono mai stancati di denunciare. Consiste nella pretesa che un artista possa creare un'opera effettivamente rivoluzionaria, basandosi sul suo solo intuito e sulla sua sola ispirazione. Anche l'opera d'arte ormai non è che la somma delle ispirazioni di molti ; è iJ frutto, vale a dire, di una ispirazione collettiva. Fu quella illu- ~ione a tentarmi; e cosl lasciai correre la mia immaginazione, con le disastro• se conseguenze che tutti sanno. Nel girare Potemki11, assistito da un gruppo di artisti che, per autorità, erano sul mio stesso piano, ero costretto a dar vita concreta e particolare anche ai simboli. Nella Pianura di Bezhin, che ho avuto la somma presunzione di gi• rare da solo, fidandomi della mia sola intelligenza così facile alle borghesi suggestioni del bello puro, mi son fatto prendere la mano dal simbolismo patetico e astratto; e quello che doveva essere un fortissimo film sulla lotta di classe in un villaggio russo, è diventato un pasticcio mistico e sentimentale, d'impronta borghese e reazionaria. e Il padre è diventato un Abramo del Vecchio Testamento, che sacrifica suo figlio Isacco. Un punto di partenza sociale assolutamente f al.so non poteva che portare a un'intc.rpretazione psicologicamente falsa. Il problema psicologico di un padre che uccide suo figlio è diventato il centro dell'attenzione, eclissando il vero problema centrale del film : la lotta dei kulaki contro la collettivizzazione della terra. Il mio errore e la mia presunzione mi fanno nausea; ma sono dovuti al fatto che avevo, negli ultimi tempi, perduto contatto con la realtà socialista. Il mio viaggio in America, il mio lavoro d'insegnante in una scuola cinematografica e l'abitudine di lavorar sempre solo, m'hanno tradito. e Ma la critica mi ha salvato >1 egli conclude, e: la critica severa e positiva che ha accolto il mio ultimo aborto. E:. stata la critica bolscevica1 cioè il cameratismo della stampa bolscevica a salvarmi, perché tendeva non a distruggermi, ma a riformarmi. Forse sono ancora in tempo per questo. Il Partito, l'industria sovietica del cinema e la collettività dei compagni Ja. voratori 1 vorranno certamente aiutare un compagno, che ha smarrito la sua strada, a ritrovarla>. Non c'è bisogno di eccessivo acume per sceverare, in questo documento, il cumulo di menzogne che contiene. Non è vero che Eisenstein non cretja più alla creazione individuale, perché è un artista, e dunque non può non crederci; non è vero che sia grato alla critica, perché ha sempre giudicato i critici sovietici come una massa di deficienti; non è vero che la critica tendesse a riformarlo e non a distruggerlo, perché aveva il solo scopo di rovinarlo. Ma la pelle, dicevano i soldati in guerra, è numero uno. E evidente• mente Eiscnstein tiene ancora alla sua. A. D. (N1701'1 FILH) LA1'1116 DEIUi &11111:1 'ii)RECEDEVA,lo spettacolo un cartone Lr animato di Wah Disney, proiettato e: a richiesta generale >: i cento spettatori, spani malinconicamente p~r la sala, ridevano e si divertivano a seguire le precipitose vicende di un gallo che riconquistava a beccate, contro il 1uo rivale, l'amore di una gallinella che l'avev,- .prima tradito. Per dicci minuti, tutti furono rallegrati da quella visione (cuosa, e dimenticarono che nella sala faceva un gran freddo. Soltanto un amico che era seduto accanto a mc, e che aveva già visto tre volte quel cartone animato, pareva annoiarsi e sbadigliava. Dopo qualche minuto d'intervallo, finito il cartone animato, lo schermo 1'illumin~ di nuovo, e la grande aquila occupò fremente tutta la tela, mentre una ben nota musica invadeva la sala. Era il film Luce. Cerimonie in Polonia, cerimonie in America, il varo di una nave, una partita di caldo, cerimonie in Italia. Allri dicci minuti tra1cor1cro co,l. Poi sullo ,chermo furono proiettate alcune scene d'un prossimo film: Anìmt sul mar,, con gli attori Gary Coopcr e Gcorgc Ra(t. « Che bravi a1tori >, disse il mio amico, cessando di sbadigliare, « bisogna venirci ... Sento un gran freddo. Sarebbe meglio rimettersi il cappotto >. Ci alummo entrambi e infilammo il cappotto. Mettemmo anche il cappello, visto che dietro a noi le pol• tronc erano vuote. Intanto, sullo schermo, la presentai.ione di Anim, sul mar, era terminata. e Ora ci siamo >, mormor~ l'a.s;nico soddisfatto, guardando l'orologio. Sullo schermo apparvero guerrieri antichi e scene di lotta, Una ragazza veniva circondata dai guerrieri e trascinata via a forz.a. Intervenivano altri guerrieri antichi. La ragazza implorava aiuto. Il capo guerriero beveva in un "bariletto che la ragazza :~i:,rg::~ ~a st ~ao:;/· d~;rn, 1 :,l: ;;~t1 un film sui marmi di Carrara? >. Soltanto quando sullo schermo comparve il nome di un famoso liquore, riusci a capire che li trattava d'un film di pubblicità. Qualcuno nella sala fischiava, e batteva le mani. Erano passati altri cinque minuti. Finalmente, gli ottanta spettatori •parsi per la sala re- ' spiraron di sollievo: lo tchermo 1'era illuminato di nuovo. Stouro ali, undici, apparve scritto sulla tela. Era la prcsentat.ionc di un film di prossima programmaùone, diretto da Oreste Biancoli, e interpretato da Francesca Braggiotti, la cx Sofo,.. nisba di Scipion,. Can1,1ers, corse, poliziotti in motocicletta, tuffi in piscina, telefonate. e Bene >, disse l'amico, c. sembra un film allegro, bisogna venirci >. Altri cinque minuti erano trascorsi. Qualcuno s'era alzato dinanzi a noi e si allontanava nel buio. Un suono forte e solenne ricmpl improvvisamente !a sala. Sullo sfondo della montagna si itàgliarono, nello schermo, tre figure che suonavano la tromba. Poi, sovrimprcs.sa, sempre sullo sfondo delle montagne, la scritta: La fosJo d•tli Anttli; poi i.I nome dell'autore del soggetto, C. V. Ludovici; poi i nomi degli sceneggiatori, Alexandcr e Bragaglia; poi quello del montatore, Poggioli; poi quelli j:legli assistenti operatori, degli architetti e degli scenografi; poi quelli degli attori. Infine, il nome del regi.sta, C. L. Bragaglia. Lo spettacolo adesso cominciava. E infatti comincib. I cinquanta o sessanta spettatori ch'erano rimasti nella sala assistettero, con molta attent.ionc e ri1pctto, alla vicenda che veniva loro raccontata. Soltanto i°I mio amico, che nonostante il cappotto sentiva ancora froddo, dava segni di malumore: s'era infilato anche i guanti, s'era aiuto il bavero sul collo e avc\·a affondato le mani nelle tasche. e Al• l'uscita bisogna bere un ponce caldo >, mormorò con un sospiro. Poi cominciò a sbadigliare cosl forte, che qualcuno davanti a noi 1i voltò stupito. < A che ora finirà? > mi domandò dopo qualche momento. c. Siamo ancora al primo tempo >. Ricominciò a sbadigliare, ,i sfilò un guanto, si soffiò il naso, cercò una posit.ione più comoda sulla poltrona, e infine accese una sigaretta. e Ho smes.so di fumare le " Tre Stcl• le " perché sono troppo forti ; ora fumo le "Dopolavoro">, diuc. Benché parlasst sottovoce le sue parole risuonavano nella sala scmidescrta. e Silenzio>, (ccc qu..lcuno dalla seconda galleria. L'amico tacque. I suoi sbadigli però divenivano sempre più angosciosi. Vidi nell'ombra i suoi occhi inumiditi di lacrime. e: M'a non segui la vicenda? > gli domandai. e: Certo, ma non ho capito ancora chi è Piè >. Gli spiegai che Piè {cioè Pietro) era i! protettore di Domè (cioè Domenico), e che Domè era fidanzato di Luisa, ma si capiva che anche Piè era innunorato di Luisa. Siccomt· però Piè era un uomo onesto, e aveva promesso al padre di Domè, il giorno in cui quegli era morto, d'auistcre a proteggere Do~ come un figlio, ora soffriva indicibilmente per questo amore che faceva di lui, Piè, un rivale del suo quasi figlio Domè. A un certo punto, però, Domè moriva sotto una frana, e Piè poteva cosl sposare la ex-fidanzata di Dom~. e: Ho capito >, fece il nostro amico. Poi mi suuurr~ che aveva visto Sa,ototo, ma il film non gli era piaciuto; anche Jcan Har• low non gli era piaciuta: era troppo grana. Veno mezzanotte e un quarto, lo spctla• colo finl. Circa una trentina di spettatori erano ancora nella sala, e ora si avviavano verso l'uscita, camminando di traverso tra le poltrone. < Che te ne pare di questo film? > do• mandai appena fuori al mio amico. « Dr.- v'esser molto bello >, rispose, e: andiamo a bere un ponce caldo>. Anche fuori faceva un gran freddo. Le strade erano qua1i deserte, e soltanto qualche taul scivolava ve• loccmcntc sull'ufalto umido. Entrambi era• vamo melanconici, senta saperne la ragio• ne. e Io non voglio più andare al cinematografo >, diuc a un certo punto il mio amico: e che triatcu.a queste serate >. MARIO PANNUNZIO
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