J. quelli delle genti che popolano il resto della vallata, dedite alla pastorizia e all'agricoltura, e in cui la vicinanza di uno specchio lacustre abbastanza ampio e pescoso non ha instillato alcuna familiarità con l'acqua. Nelle epoche posteriori alla frana, le buone terre incolte non dovevano mancare, quindi sarebbe anche inverosimile supporre che la comunità si sia fissata qui Ìn seguito ad un eccesso di braccia disponibili.. per cui, esc,lusi i grandi motivi, il fatto non può avere che· una spiegazione particolare, anzi strettamente locale. Ma nel vilh,ggio nessuno sa nulla. Il mio vecchio1 cd altri vecchi interrogati, mi hanno soltanto confermato, con la loro solita fra.se, ch'cssi non avevano fatto altro che imitare quanto avevano veduto fare dai loro padri ed avi. A parte ciò, buio assoluto, ed in mancanza d'ogni tradizione più chiara, non so spieganni il fatto che in un modo del tutto ipotetico, giustificandolo con l'attaccamento al luogo dei ,opravvissutì alla catastrofe geologica. Del resto può darsi. I pendii della montagna rimasta in piedi offrivano, come oggi, la risorsa di -qualche pascolo e di qualche bosco agli scampati. Essi rimasero e iniziarono, forse dopo secoli1 l'opera di bonifica, con una tenacia e una costanza assurde. L'impresa non fu certamente collettiva, come lo dimostra la grande varietà nel• l'estenl>ione degli appezzamenti, ma individuale, e naturalmente sempre più ardua e faticosa man mano che aumentava la distanza dalle rive del lago. Antieconomica, si direbbe oggi, e certamente essa lo fu e lo è tuttora, secondo i criteri correnti nel mondo. Col compenso ricavato dal lavoro occorrente per fare il campo, che il mio vecchio amico ha divisato che non su• pera i cento rhetri quadrati di superficie, egli potrebbe acquistare il decuplo e forse più di buon terreno altrove. e. vero. E i giovani del villaggio lo sanno, e ridono di lui e dei ~i J.ltri vecchi fedeli al loro e on sempro /al cusst noi>. Lo ritengono un men• tecatto, uno al quale gli anni hanno aHeggerito il cervello, e anche il suo figliolo ultimo, quello da cui si fa aiutare, lo schernisce, pur obbedendolo. Ma chi ha torto? E questo è il punto al quale volevo arrivare, punto ove la mia ragione incomincia a confondersi e a non distinguere più. Considerando l'opera che il mio vecchio amico ha affrontato per aumentare di pache spanne la sua prdprietà, an(he a me viene da sorridere, ma se penso che tutta la terra da cui la gente del villaggio trae il suo pane quotidiano è stata ottenuta con lo stesso modo, e che nel corso dei secoli questa piccola comunità ha potuto non scio durare e vivere, ma prosperare e · crescere di generazione in generazione, certi dubbi mi a11salgono.Questi dubbi sono certamente dovuti alla mia ignoranza nelle materie di codesta specie, ma infine, paragonando il risultato qui <"onseguitoda un pugno di uomini 1 con tutti quelli falliti dal mondo attuale, seguendo altri criteri e altri sistemi1 non posso combattere il sospetto che siamo noi nell'errore, con tutte le nostre tco• rie e la nostra scienza1 mentre la strada giusta deve essere quella che il mio vecchio amico testardo e tenace si osti• na a battere. Ora non voglio fare il processo al nostro mondo moderno partendo da questi indizi minuscoli i mi limito solo ad osservare quanto è caduto sotto ai miei occhi, e le cose che ho scoperto mi hanno talmente appassionato da indunni a rimanere qui, per cercare di penetrare a fondo la vita di questo piccolo nucleo di umanità che la civiltà co11ten~poranea sfiora appena oggi. Forse ne caverò un romanzo, forse nient'altro che il piacere di gu- 'itarc gli straordinari sapori delle frutta, del pane, del latte, della carne che si produc<' in questi luoghi, senza concimi chimici e metodi razionali di coltura o d'allevamento. .\1a a proposito 1 m'ero dimenticato di raccontare che nel villaggio, fino a pochi anni or sono, venivano accesi ..cttanta focolari. Poi, quando i giovani incominciarono a trovare che era ,mtieconomico fàre i campi come li facevano i loro vecchi, i focolari pre• ~ro a spegnersi ad uno ad uno. Oggi ne vengono accesi quaranta soltanto, e ci sono altrettante case disabitate. B vero che sono povere, umili case; ma coloro che le hanno abbandonate, ne hanno forse trovate altrove di più belle e: ricche? TITO A. SPAGNOL ARNOI, li', 36, 4 DICEMBRE1937-IVI I IINIBU TRA I POPOLI della terra forse il turco è quello che ha trasmigrato di più, di paese in paese, venendo fin dalla Mongolia. In seguito l'islamismo, al quale i turchi si convertirono soltanto verso l'ottavo secolo, non fece altro che aiutare quella loro natura avventurosa. Se prima combattevano ed emigravano in tribù disordinate e spinte da oriente verso occidente soltanto dalla fame, in Maometto trovarono una ragione della loro manìa di guerre. In una simile so•• cietà guerriera, il posto della donna è quello della generatrice di figli, o dell'amante. Di qui nasce la poligamia, che è un considerare l'altro M:sso ~ .. tanto fisicamente. La prima conscgucn1..a è che alla donna turca mancherà fino alla rivoluzione kemalista il senso della famiglia. Non esistendo la famiglia in Turchia, è venuta c~ì a man• care nel paese una architettura civile, vale a dire non pubblica ma domestica. La donna turca non ha intelligenza, non ha comando, non ha patrimonio; forse non ha nemmeno l'anima. Se co• me moglie potrebbe nobilitarsi con la maternità e con la partecipazione alla vita comune, come amante deve vivere rinchiusa, sorvegliata e nascosta. li solo suo scopo è di piacere a un uomo. Così nasce l'harem, e insieme l'uso del velo, dei cosmetici, della depilazione: quelle usanze e abitudini, insomma, che fanno della donna turca non una sposa, ma una concubin;.1. ' Ma il giorno 2 settembre 1925 doveva essere fatale per la donna turca. L'Assemblea legislativa risolse un pro• blcma al quale la Turchia non era affatto pronta: si decise l'abolizione del velo1 e fu imposta al paese. Sebbene le ricche famiglie di CostantinoPOli e di Smirne mandassero già le figlie nei collegi di Francia 1 di Gcnnania e della Svizzera per un'educazione europea, tuttavia si trattav~, di una moda nata in seguito al movimento dei Giovani Turchi e praticata da pochi. Una mo• da che le fiere donne d'Anatolia, da EskiM!kir a Erzurum, da Sansum a Conia, consideravano pcricolosa1 quando non addirittura un tradimento alla religione e alla razza. La decisione del· l'Assemblea spaventò le piccole donne dell'interno. La tradizione parve violentata; tutto all'indomani doveva apparire diverso, e si rivelò improvvisa-. mente una Turchia di cui nessuno sospettava l'esiste01..a.Cadeva anche urlo dei tanti luoghi comuni della letteratura occidentale. Da centinaia di anni ~i era letto che la donna turca era la SETTIMANALEDI ATTUALITÀ POLITIOAE LETTERA.RIA ESCE lL SABATO J.N' 1i.-16 PAGINE pii, bella del mondo; ma l'abolizione del velo mostrò improvvisamente che le cose non stavano esattamente così. Abolito il velo e, di conseguenza, moli dificato l'abbigliamento femminile, cad• dero molte illusioni. La turca apparve grassa, tozza, sgraziata nel corpo: inc• 11:============li ,;prcssiva1 pallida nel volto. Si videro. ABBONA ?d EH TI gli effetti di secoli trascorsi nei gi• Ittllt.•Ckiloult1 anno L, 4.li 1 11meur1 L. lHI ili necci, fra cuscini, letti, tappeti, a gamEtt.eroi anoo L, 7o, Nmeatre L. 36 be incrociate tutto il giorno. Segregata OGJt JfDKIBO DX.l r.tKA dalla gelosia di un uomo, la donna lluo,orlul, dlugoi • fot.ogra6e, aooh turca perdeva la virtù femminile del 111 u11 p11bbHeatJ, 11011 • 1 rutltal,ooao, gusto. Tolto alla donna lo stimolo della i Dittdou: 1 1 1 civetteria, della invidia e di possibili RomT.i.To~o d~~ :e°1~isg, 28 infedeltà, non fa meraviglia che non I .laalabttulont: curasse il suo corpo1 non praticasse gin11- ..._ hllll,.•.u~.~llrl~o,~,~No~t,s'.:~llll6 "~:__1·11 ;:,~!~a~im:bb:gng~~~:;ie~~Jaza ;;;~i~:n~ ~ ......... alla noia tremenda delle giornate senza scopo. Cadde il velo, e apparve un mondo vecchio e sciocco. L'abolizione del velo rc~ta il provvedimento più grave della rivoluzione kemalista. lt vclo significava il dogma, il dovere di non chiedere più di quanto la religione e i costumi non COjlcedes-- sero da anni. Tutto venne in seguito con facilità : i deputati in frac, la chiusura delle dcrvisccrie 1 l'adozione del codice penale italiano e del c~icc civile sviz7,ero al posto del Corano, ch'era stato l'unica legge religiosa e temporale; l'introdu7.i.pne del calendario europeo e dell'alfabeto latino, la SOStit"..i• zione della domenica al venerdì come giorno frstivo1 l'obbligo dell'insegnamento, il sistema metrico decimale, l'abolizione delle onorificenze e dei titoli nobiliari, il voto delle donne e la loro eleggibilità al parlamento e ai municipi 1 l'imposizione di un cognome, la sconsacrazione delle moschee e la laicità della repubblica. Rivoluzione grandissima come si vede, che volle aver subito il suo fondamento sulla solidarietà delle donne. Infatti, le donne turche, passato il primo istante di smarrimento, non potevano che ~ere solidali con Kemali le- . •gando a lui la loro sorte. Il Ga{i sapeva come una rivoluzione, che vuole cambiare faccia a un paese, non possa mettersi contro le donne. In un viaggio elettorale, compiuto nel 1923 a Smirne, Brussa, Balikcsir, città ancora tradizionaliste, Kemal aveva detto esplicitamente : < La donna è metà di ogni gruppo sociale. Se questa metà viene negletta, la Nazione subisce un danno irreparabile e fatalmente decade>. La donna era la cittadella del conservatorismo musulmano; Kemal, imegn:mdole la vanità 1 seppe farne l'animatrice delle sue riforme. Come ,i sa, Kemal ebbe all'inizio della sua azione politica due nemici e due fronti: uno, all'interno, rappresentato dal sultano e dal califfo. e gli fu · facile combatterlo trattandosi di il>tituzioni già vecchie e in sfaccio; un altro, esterno, rappresentato dalla Grecia, e fu in tale occasione che le donne scpJ>ero mostrare il loro patriotti'-mO, Quando si dovette combattere contro le truppe str:-miere per rendere imj>ossibilc quel piano ambizioso dei francc.si1 secondo cui la Grecia doveva costin1ire, con capitale CostJ.ntinopoli, w1 impero d'oriente, e quando il nemico giunse al fiume Sakaria, estrema posizione che difendeva Ankara e la sua acropoli, le donne turche furon tutte col generale Kemal. Portavano viveri, baga~li, munizioni: curavano i feriti, si spingevano perfino a combatten: nelle prime lince. Si volle tutto d'un colpo sostituire alla concubina la sp~a. Né si volle procedere per gradi : si andò avanti con provvedimenti poco adatti a conciliarsi con le condizioni storiche e geografiche che potevano essere d'ostacolo. Le donne della borghesia dovettero im• parare a tenere il coltello, la forchetta., e come si conversa, e come si accoglie un ospite. Le mogli dei ministri e dei generali dovettero imparare a ballare, a parlar in francese, e infine a ragionare un poco di letteratura, d'arte e di politica. Quelle donne grasse e pigre si recarono alla scuola di danza, di lingue, di belle maniere. La parola d'ordine era: parità fra i due sessi. Si aprirono alla donna gli uffici, le pro• fcssioni, perfino le cariche pubbliche. Si ebbero col)ì avvocatesse 1 medichcssc, e signore ingegnere, deputate, poliziotte. I comitati di beneficen7..a, la Croce Ros5a, lo sport divennero di moda : si credette candidamente al progresso dell"umanità con lo stesso entusia.smo con cui si erano salutati in occidente la prima scintilla elettrica, il primo treno a vapore, la prima carrozza senza cavalli. La turca ormai può dirsi più bella di quella d'un tempo.. La vita all'aria aperta, la pratica dello sport, la dieta, hanno messo la donna turca in condizione di ritrovare i lineamenti classici della razza, così nobili e leggiadri, i quali erano stati corrotti da secoli di vita meschina e soltanto bassamente fisica. Certo non soho mancate conseguenze impreviste. La grande e subitanea libertà conce-wt alla donna, la sua vita nei campi sportivi, negli uffici, nelle università., la lettura di romanzi e riviste, giunti dalla Francia e dall' America a tonnellate, e destinati a formare la nuova educazione femminile, hanno prodotto un cameratismo fra i sessi che in Turchia, per condizioni diverse di clima e di ambiente, non si esaurisce in cordialità e in simpatia platonica. Forse, anzi, è soltanto oggi che, nelfa donna turca, nasce una vera e propria sensualità. Proprio oggi si parla così di e problema sessuale > che prima era senz'altro ignorato. Nessuno medita più il versetto del Corano : « O voi che credete, non vi accingete alla preghiera quando siete ebbri, ma attendete di poter comprendere quello che dite, né quando ~ictr in stato di impurità, almeno che non siate in viaggio, finché non abbidte fatto l'abluzione; però, quando siete malati o in viaggio, o venga alcuno di voi dalla latrina, o abbiate toccato donne, e non trovate acqua, allora prendete drlla buona sabbia fine e pulita e stropicciate con essa le. \"Ol)trefacce e le vostre mani ; certo D10, condonatore e ìndulg_cnte, non vuole imporre a voi alcun gravame, bensì vuol purificarvi e rendere com• plcta la sua grazia verso di voi, affinché voi siate riconoscenti >. Forse il Corano teneva conto _della geografia più di quanto non facciano le leggi kcmaliste. • 11 nuovo ordine della vita turca non è nato secondo una idea, ma secondo imprecise ambizioni, che solo all'esterno h:rnno aspetto di ideologia. Tuttavia, mentre la vecchia Turchia non mancava di uno stile, quella d'oggi è un insieme di Russia, America, Francia. C'è da dire, caso mai, che la donna ha oggi una funzione nella vita turca che non potrà non avere conseguenze. Si rivela forse pili ricca di valori umani di quanto non si mostri un uomo. Fanatica per la rivoluzione, Kemal può sempre contare su di lei. La donna turca, che è all'apparenza tanto ~pregiudicata, mostra la sua ingenuità in certa continua meraviglia verso le cose del mondo. Ha. insomma, gli entusiasmi e le capacità di sacrificio proprie della ~ente giovane. L'osservatore straniero, davanti alla donna turca 1 non può che restare sconcertato; ancora non è possibile prevedere ncmrncn da lontano quale tipo di donna possa ndsccrc dalla società moderna turca, anch'essa d'altra parte in formazione. GIUSEPPE LOMBRASSA PBEIIEBSA (c;J UL PROBLEMA della guerra e del- ~ la pace del mondo, che tiene sospe,i tutti gli animi, vengono ogni giorno pubblicati in tutti i pae,i libri, 1tudi, articoli innumerevoli. Sarebbe imponibile tener dietro a cosl uermina1a letteratura; ma può riuscire utile renderti conto di come considerino il terribile problema alcuoi fra i più perspicaci 0ue,-vatori stranieri, anche se il loro pensiero sia da criticare o da re1pingere, com'è ne-Ila maggior parte dei casi. Un americano, soltanto perché americano, e cioè quali che siano le sue opinioni politiche, considererà sempre questo problema da un punto di vista diveno dal nostro, cosl come noi italiani, semplicemente pcrchl italiani, lo guarderemo con occhio diverso dal suo. Cercando di capire il loro punto di vista, noi aggiungeremo qualche cosa alle nostre conoscenze: per• ché il problema della pace del mondo non è soltanto quello che è, ma anche quel che gli uomini vedono in cuo. Noi iniziamo, perciò, da oggi, la pubblicazione in riassunto di alcuni fra gli ..criui più significativi pubblicati 1ull'argomento. Cominceremo da quelli di un americano: Walrcr Lippmann, apparsi recentemente in The New York H.,ald Tribune. Continueremo con quelli di un giapponese, il co• mandante Tota Ishimaru (l'autore del fa. mo10 libro: ]apan maut fi1ht Britain) e di un inglese, il marche&e di Lotflian. Limiteremo i commenti al minimo indispcn..ahile e, alla fine, trarremo qualche conc.lusione. Per quel che riguarda gli articoli di Lipp• mann, che riassumiamo oggi, avvertiamo che cui sono fondati su una premessa interamente erronea: e cioè che le tre Potenze totalitarie intendano e sfidare > (challenie) le democrazie, o che accampino contro di es~ rivendicazioni territoriali. Ora, per quel che concerne l'Italia, è noto che essa. do• po la conquista dell'Etiopia, dichiarò di essere intN:mente soddisfatta; niente pretende dalla Francia, come niente pretende dall'Inghilterra. Per quanto riguarda la Germania, è noto che cua domanda alle due dcmocra:r:ie la restituzione ,folle colonie, che già furono sue. Queste colonie le furono tolte sulla base dell'a»unto che la responsabilità della guerra fosse tutt..l della Germania. e che la Germania si fos1e dimostrata incapace di colonizzare. Come riconosce un buon patrio1a inglese, Lord Lothian, neuuno, og~i, turcbbe per buone liffatte proposizioni. Se la premena è caduta, cade la conseguenza. Il trattato è l'ingiustizia, l'Unruht, e la rivendicazione tedesca delle colonie è conforme a giustizia. t assurdo dire che e sfidi :t qualcuno '-hi rivendica un suo diriuo. Questo basta a fare intendere subito che lo 11eritto del Lippmann è da rtsp'ngere in toto. Lo riassumiamo per confutarlo. COMESOROOllOI llVOVI IMPERI m ER CHIARIRE il mio pensiero :t, Lf' Kri"'e il Lippmann·, e ammetterò che i tre grandi stati nazionalisti, Giappone, Germania e halia, si siano impegnati nell'impresa di fondare nuovi imperi: un impero asiatico in Oriente, un impero germanico nell'Europa centrale e orientale, un nuovo impero romano sulle sponde del Mediterraneo e in Africa. Questa è un'ipotesi legittima. t capi di quei tre paesi pro• damano che quc,ta è la loro intenzione. E dimostrano, con quel che fanno, la verità di quel che dicono. e E:. anche vero che i nuo,•i imperi possono c1serc creati 1010 sulle rovine dei vecchi imperi - quelli della Gran Bretagna, della Francia e dell'Olanda - e con la distru• :i.ione di quell'ordine intcrnu.ionale, che si è andato evoJ,.,tndo fra la cadu1a di Bona• parte e l'avvento dei suoi odierni succes10ri. Quel c.he accade in Estremo Oriente ci dimostra che cosa accadrebbe in Europa se i tedeschi e gli italiani riusciuero a rcalizurc le loro ambizioni imperiali. Nessuno pensi che queste loro ambizioni siano fantasia o opera comica: sono altrettanto vere quanto quelle di Giulio Cesare o di Napo. leone Bonaparte, e devono esser prc1e sul scrio quanto quelle. Per la realizzazione degli imperi di Hitler e di Mussolini, la Francia deve esser ricacciata al di là delle sue frontiere e la Gran Bretagna deve es.sere confinata nelle sue isole >. E qui dobbiamo inserire una breve nota. !'\on è vero, non è affatto vero che i · · . , possano sorgert solo iulle rovine dei vecchi imperi. Ptr quanto il mondo sia piccolo, non lo è a tal punto che i popoli giovani e e non abbienti > non pos· sano soddisrare il loro bisogno di terre e di materie prime senza abbattere o depredare gli e abbienti >. Del resto, più che le af. fermaz.ioni• generiche, valgono i fatti. L'J. talia ha fondato un impero senza sottrar~ nulla ai e ,.,cechi imperi >: l'Etiopia non era colonia inglese, né francese, né olan• dcse. 11 Giappont ha costituito un impero senu togliere nulla ai e \et".chi imperi>: il ~anciukuò e la Cina del Nord non erano colonie inglesi, né france.si, né olandesi. Infine la Germania chiede la restituzione delle colonie, che furono sue ; e vuole che siano riconosciuti alcuni diriui alla minoranza tedesca che vive sotto la Cecoslovacchia. Anche se fosse vero che la Germania abbia queste e pretese > e anche se esse venissero interamente soddisfatte, i tre e vecchi imperi > rimarrebbuo intatti. 11 punto di vista del Lippmann sarebbe accettabile solo ammeuendo per vera una premcna implicita nel suo ragionamento: che l'impero inglese sia dovunque sono interessi inglesi; che l'impero francese sia dovunque sono interessi francesi; ccc, Poiché, per quasi un secolo, l'Inghilterra e la Francia sono state le sole nazioni esportatrici di capitali e poiché quasi tulli i paesi hanno fatto ricorso, in pauato, al capitale inglese e francese e, più recentemente, al capitale àmcricano, ne deriverebbe che tutto il mondo sarebbe una immensa co• Ionia inglese, francese e americana. Secondo una sifTatla concezione, l'Etiopia era di pertinenza dell'Inghilterra e, in parte, della Francia. perché gli inglesi avevano ottenuto qualche conceuione mineraria e i francesi ave,.,ano costruito la ferrovia di Gibuti ; la Cina era una colonia inglese perché gli inglesi avc,.,ano investito a Sciangai, a Hong.Kong e altrove alcune centinaia d1 milioni di s1erlinc; e cosl di scguit~ possano giungere, e quanto rapidamente, bile al mondo, perché tutto è stato comprato dal capitale delle democratie ricche. Questa concezione è assurda e antistorica. Da tempo immemorabile infatti il mondo non è stato ma.i di chi lo ha comprato, cd è stato sempre di chi lo ha conquistato. Che, poi, gli Stati totalitari intendano e ricacciare la Francia di là dalle sue frontiere :t e e confinare la Gran Bretagna nelle sue i10)e :, è pura fantasia e il Lippmann sarebbe nella impossibilità di indicare un solo documento a sostegno delle sue ipote• si. (1 passi antifrancesi di Mein K~m~f 10n.o stati soppressi da un pezzo e, qu1nd1, tacitamente rinnegati dall'autore). IL PREZZODELLAPACE Lb A PACE che è esistita in Europa d1d '9:$3 in poi >, continua Lippmann, e~ 1tata comprata con l'abbandono d1 unJ. serie di posizioni franco-britanniche: l'una dopo l'altra. Que,ta spec.ie di pace J>O: trebbe continuare per un certo numero d1 anni, perché la Gran Bretagna e la Francia hanno ancora da perdere: hanno ancora posizioni che pos,ono, l'una dopo l'altra, abbandonare. E, ciò che è più importante, una pace siffatta potrebbe non terminare mai in una grande guerra. Se continuasse abbattanza a lungo, il presti• gio, la potenza e le basi militari dell'influenza inglese e francese nel mondo an• drcbbcro in pezzi, si dissol,.,crebbcro e sarebbero liquidate senza guerra. e Sono interamente con,.,into che proprio queuo sia ciò che Mu110lini e Hitler han• no in mente e che cui, quando parlano della decadenza. delle dcmocru.ie, intcn• dono - e sperano di aver ragione di pen• sarlo - che la Gran Bretagna e la Francia abbiano perduto la volontà di difendere la loro posizione storica nel mondo. Mussolini e Hitler ,pcrano, io credo, di evitare una grande guerra e di rcaliz:zarc le loro ambizioni manovrando con la Fran• cia e la Gran Bretagna fino a ridurle in uno ttato di impotenz.a. e Ed è possibile che Mussolini e Hitler abbiano perfettamente ragione su que,to che è il punto cruciale dell'intera situazione. Perché, mentre la foria potenziale della Gran B1ttagna e della Francia è di gran lunga maggiore di quella della Germania e dell'Italia, i dittatori, mi sembra, hanno ragione di ritenere che una morale guerriera e una organizzazione disciplinata e accentrata ,possano prevalere 1ulla mera ricchezza materiale. < Germania e Italia non hanno grandi riserve, ma hanno una grande potenza di H· .salto, mentre Francia e Gran Btt:tagna han• no grandi riserve, ma que1te riserve non 10no realmente mobilitate e utili. Qualcuno mi ha detto, e, a mio avviso, con grande discernimento, che mentre b. German · ..6 e l'Italia souo nazioni in armi, la Gran Bre1agna e la Francia 10no scmplkemtnte nazioni che honno armi. e La diplomazia italiana e tedesca con• sistc 10pra1tutto nel mettere continuamente a11a prova la volontà della Gran Bretagna e della Francia di fare uso della loro mag• giore forza. In due occasioni decisive, l'affare della Renania e quello dell'Etiopia, Hitler e Mus101ini dimostrarono di a,.,cre a,•uto brillantemente ragione nella loro intuì• zione che la Gran Bretagna e la francia non avrebbero resistito. Poi le hanno meuc nuovamente alla prova in lspagna e nel Mc• ditcrranco. Ed è assai probabile che cni ste11i non abbiano idea di fino a qual punto possano giungere, e quanto rapidamente, nello sfidare le democrazie. e Cosi, senza guerra, i ditta1ori conseguono gli obiettivi di guerra. Ogni loro colpo, che sia coronato da successo, rende. più dif. fieile e più costosa l'eventuale resistenza delle democrazie. Oggi, che la Renania è "militarizzata" meglio di quanto fosse in passato, è diventato più difficile difendere l'Europa centrale. E se il Portogallo. la Spagna nazionalista e le Baleari cadono nell'orbita della potenza italo-tedesca, diventa più difficile la difesa delle posizioni anglofrancesi nel Mediterraneo Questi successi politici bilanceranno, in una misura consi• dtrevole, il ,,a\ore del riarmo inglese e francese>. LIPPMANN 1933 • LIPPMA!IN 1937 ~ ANCHE qui dobbiamo aggiungere L!J un breve commento. L'analisi cht fa il Lippmann della situazione europea, consta di due parti: di constatazioni e di previsioni. Per quel che è previsione, non abhiamo ni<"nte da dire. e possibile che le democrazie resistano, cd è pouibile che non re• sistano. Noi non facciamo mestictt: di pro• feti. Lasciamo, perciò, allo ~crittore anttri• cano la responsabilità delle sue opinioni Ma per quanto ha tratto ai fatti già accaduti, l'interpretazione che ne dà il Lipp· mann è del tulio arbitr.aria E, per confutarla, ci basterà ricordare quel che egli ste»o scriveva qualche anno fa. A paragonare i suoi articoli di qualche anno fa con i nuo\i, si resta stupefatti di constatare come egli sia ahrcuanto mutevole pen~torc, quanto perfetto prosatore. Qualche anno fa, dunque, egli affermava che da quando i trattati di pace erano stati imponi alle nazioni vinte, l'Europa si tra di,·isa in tre campi: i difensori dell'ordine esistente, con a capo la Francia ; i re, ilionisti, con a capo la Germania e, fino a un ceno punto, l'Italia; e il partito della conciliazione, con a capo la Gran Bretagna. E, secondo lui, l'America era e do,·eva l'sscrc ravorevole a una graduale revisione dei trattati. e Una diplomu.ia competente in Europa e negli Stati Uniti deve, con l'aiuto dell'Jtalia, trovare un mez70 per preservare la pnce. Questo meu:o implica necessariamente il riconoscimento eh, una ,euitione delle Jrontiue i nece,saria. 1 difensori dell'ordine di cose tsisten1e non possono conserv3r• lo eternamente intatto. Essi de\'ono sceglie• re fra una graduale e pacifica revisione o una esplosione finale. Poiché un'Europa rigida non può essere un'Europa 1ìcura ... >. Come si vede, Lippmann 1933 riteneva necessaria persino una revisione delle frontiere, e cioè una re,.,ìsionc delle clausole più intangibili dei trattati. Fino a oggi, niente di tutto ciò è stato fatto. La Germania ha ripristinato il 1ervi2io militare. Ha e rimilitarizzato > la Renania. Ma le frontiere non sono state 1occate. Dunque, le dittature hanno fauo e ottenuto molto meno di quello che Lippn1ann nel 1933 riteneva giusto e necessario che ottenessero. Ciò non ostante egli ,•cde oggi nella loro politica una e sfida :t permanente alle democrazie. E che direbbe se le dittature chiedessero oggi quel che egli concedeva nel 193:$: una revisione delle frontiere? La sola conclusione legittima è che Lipp. mann o non capi,.,a la situazione europea nel 1933 o non la capisce o~ai.
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