,.,. - • °9 - il "-, - -- ( ILSORCNIOELVIOLINO) . ~ SC!IPIII.' CHI I:: SCARPINI? Il pianista del q:iorno. Forse il migliore che sia uscito da Santa Cecilia. Jl brio tondeggiante e fragile del Concerto i,1 Mi bemolle suonato da lui è proprio quello di· un Mo7.art à la coque. C'è il candore e la contentezza della prima colazione in vestaglia. La dinamica del giovane pianista è il un pelo d'esser giusta. (I .!>UO tocco è una vera galanteria. F«--,co, cristallino, liquido. Partico• larmcnte quello della mano destra. Essendo le sue mani sorelline di latte, di cui l'una meno civettuola si nasconde dietro l'altra. E, però, il breve tratto scoperto della cadenza « a solo • Scarpini, da signore, si affretta a traversarlo senza attirare l'attenzione, cavandosela in un modo pulito, direi quasi elegante. Ma nell'Adagio, Scarpini cambia il pa~ più d'una volta; vale a dire che qui l'andatura non è troppo sicura di sé. Le battute, i quarti d'aspetto sono ~arsi, e la scarsità guasta un po' l'ef. fotto, l'architettura del pezzo. E, del resto, in questo vezzo di pre. cipitarc sulla pausa l'attacco, sono in due d'amore e d'accordo: lui e il suo accompagnatore. Scarpini, proprio lui, non usa, o quasi, ,crv1n.i dei pedali : sembra un sogno1 invece è gratissima realtà. Sull'inizio del primo tempo, Scarpini ci aveva fatto notare l'eccellenza del ,uo tocco: qualità d'oro, vi dico, d'uno ,tilc superiore, che egli andava per• dcndo e ritrovando man mano con una volubilità sorprendente. Seduto al pianoforte come un gio• · catore al tappeto verde, Scarpini ora vince ora perde. Il suo giuoco è sempre corretto, la i;ua bravura non fa dubbio. Perché c1uest'altema vicenda di alti e bassi in un musico sì temprato, come lui. che fa corpo col suo strumento? Vogliamo trarne di conseguenza che Scarpini perde la bmsola, e la ritrova ,ciupando distrattamente qua e là la i-ua bella ispirazione per una causa qua• lunquc, una causa più o meno evi• dente, che so io, pc:r esempio un nonnulla, oppure un vero incidente, come quello che l'altra sera ci ha fatto palpitare: una candela scoppiata, un tam• padario che brucia lasciando cadere sulla testa dei professori d'orchestra una pioggia di carboni inc-andcsccnti? Quel che a"!'-vcnnc, senza far danni, ali'« Adriano> durante il concerto di M~art. A BOTTEGA del semplicista si apre su di una piazzetta piena d'incredibile silenz.io: i passi e le voci vi risuonano come sul pavi• mento duro e pulito di un'enonne sala F J ora ben venga al podio il com• . pvsitore Medici col suo lavoro scelto per pianoforte e orchestra durante la quarta Rassegna Nazionale Contcmpo-- ranea. da ballo piena di echi. I negozianti, intorno, stanno sulla porta a osservare il raro passaggio di qualche persona estranea al quartiere, immobili, come statue vestite di camiciotti neri. Sulle porte dei negozi oscuri ci sono tutti quelli che servono alla vita: il calzo• laio e il fornaio, il droghiere con an• nesso spaccio di sale e tabacchi, e il .semplicista che guarisce gli ammalati con le sue erbe portentose. Anche qui si tratta d'un giovane, anzi di uno di quelli che, nei loro primi saggi, dànno la stura a una valanga di buone intenzioni, di cui c'è da temer tutto. Infatti siamo ancora alle prime bat• tute, e sembra il pezzo sia già finito prima di cominciare. Medici trova modo di ripetere di• nanzi al pubblico la stessa mos.setta tematica, dicci, cento, mille volte: pare il tic di qualcuno che s'allarma d'esser ~~~a~~i~nira da tremila impertinenti Il pubblico non l'accolse troppo bene. Il concerto, che s'era aperto con )a Suite in re maggiore di Bach, si chiuse magnificamente con la Rapsodia di Rachmaninov, per pianoforte e orchestra, su tema di Paganini nel quale, più che mai, si dimostrò il talento, il vi• gore e la foga del giovane concertista Scarpini. Insomma volere o volare fu un buon <:oncerto, nutrito di un bel programma. L'orchestra stessa che è sempre int0nata a meraviglia questa vvlta lo era più che mai. Chi le aveva dato quell'accordo per• fctto? Su quale diapason si erano chi• nati a origliare i professori prima di uscire alla ribalta? Non so. Forse dal solista avevano essi rac• colto quel la vivente? Ci sono delle giornate così. IJ barometro segnava domenica scorsa: « tendenza mu1icale >. E l'orchestra aveva trovato il tono e il tempo asso• luti, eterni, l'accordo, la legge iniziale dell'armonia. Insomma il la inestima• bile intorno al quale le altre., note si muovono a distanze misurate e la mu• ,ica intera gira astronomicamente CO· mc una notte stellata. Il direttore stesso era caduto in que• !ritostato di trance, e tutto andava d'in• rnnto, secondo il moto eterno. Quando Bernardino Molinari con l'ultimo gesto tolse la voce all'orchestra t.· la parola al pianoforte, la sala in un momento s'empì d'un uragano di grida, d'applausi, d'evviva. BRUNO BARILLI Questa del semplicista è la bottega più nascosta e più oscura di tutte le altre ; sotto la luce elettrica che rimane accesa dalla mattina alla sera, una ra• gazza sminuua con un coltellino dei pezzettini di legno bianco e, ogni tanto, solleva gli occhi verso la strada. La porta a vetri, sempre ben chiusa, con• serva a lungo nel negozio l'odore ama• ro e digestivo delle erbe e delle radici magiche che sono in vendita. La ragazza, intanto, taglia in pezzetti sempre più piccoli la sua scheggia di legno producendo un monotono tic• chettìo, guarda la lapide che sulla fac· ciata del palazzo di fronte ricorda Fe• lice Cavalloni, mastica una pasticca contro la tosse. Poi, con gesti stanchi, prepara una ventina di sacchetti pieni dei fiorellini gialli ..!ella camomilla. Ormai la conversazione con lei è av• viata bene, sotto l'egida protettrice e severa delle grandi scatole di cartone e di legno che occupano tlltte le pareti. Un bel cartiglio svolazzante porta ben chiaro il nome del contenuto di quelle scatole, nomi misteriosi e antichi, come bei nomi di donna. Fiore di tiglio, Soldo, Aloe, Radica di Angelica, Artemisia e Valeriana. Dando prova di una vera scienza in materia, 1a ragazza dà esaurienti spiegazioni su ogni nuovo nome che leggo. Enumera malattie e irritazioni come una studcn· tessa, parla dei poteri delle erbe e delle benemerenze dei semplicisti con la dottrina di un alchimista medievale, tira fuori persino il nome dj Paracelso e quello di Frate Dino da Panna che, nel 1910 o giù di lì, guariva ricchi e poveri con i decotti e le preghiere. Jntanto la porta a vetri si apre ed entra un vecchio signore dignitoso. Si siede su di una seggiola in mezzo al negozio senza togliersi il cappello e senza dire una parola. Ascolta con interesse la conversazione, con il bastone tra le gambe, il pastrano pesante tirato sulle ginocchia e il naso rosso dal freddo. Poi mi accorgo che la L'ERBORISTA DI PIAZZA RONDANINI AL POZZO DELLE 00RNA00HIE commessa finisce ogni sua frase con un : e Non è vero, signor Angf:lo? > e domando chi sia 11 signore dignitoso. e t il padrone >, dice la commessa. Il vecchio risponde al mio saluto con molta urbanità. Dunque, ecco l'erborista. f!. nato in campagna, molti anni fa, vicino ad un paese sperduto fra la Sabina e l'Abruzzo e, in principio, naturalmente è stato uno di quei ragazzi con il grembiulino blu della scuola elementare, le calze di cotone nero e la cartella uso cuoio messa a bandoliera. Aveva molti amici della sua età; la domenica, ser• "'iva messa dall'Arciprete del paese che regalava santini e confetti col filino di garofano in mezzo, e poi nel pùme• riggio assisteva alle partite a ruzzola dei grandi. Poi la sua vita divenne più movimentata. Giravano a quei tempi, per ; paesi di campagna, degli strani tipi, mezzi medici e mezzi stregoni, teste strambe, maniaci che si davdno al vagabondag• gio, offrendo ai contadini i numeri del lotto, le loro semplici ricette, gli csor• cismi e le benedizioni. Venivano chia• mati per guarire una vacca che da tre gioITli non mangiava più, per scacciare i diavoli dal corpo di un lattante inde. moniato e per predire il sesso di un na• scituro. L'ignoranza dei contadini li circondava di rispetto e di timore, t\ltti li riverivano anche se si lasciavano sfuggire qualche canzonatura, e monno• ravano con ammirazione dei poteri stranissimi di questi girovaghi. Erano tanto più amati, in quanto non pren• devano mai del denaro, anche per sfuggire a una possibile accusa di eser• cizio abusivo dell'arte medica; ma si contenta.vano di qualche manciata di farina, di un pollo magro o di tre o quattro uova. Le loro ricette erano semplici e antichissime, a base di erbe amare e di decotti ; consigliavano an• cora l'uso delle ragnatele per stagnare il sangue di una ferita e l'uso di bru• ciare i capelli di una persona nemica, per farla cadere ammalata. Fu appunto uno di questi vagabondi, infarinati di medicina e di magìa, che prese Angelo sotto la sua protezione. Era un uomo alto e grosso, con delle grosse labbra che si torcevano nel par. lare fra la barbetta nera e ruvida, il naso aquilino e la fronte stretta. Por• tava caizoni di 1"1>Cloed era ciociaro d'origine. Anche Angelo si legò le cio• cie· ai piedi e prese a camminare tra• scinato per la mano di paese in paese da quel grosso Giovanni. I due face• vano molti chilometri al giorno, senza mèta prestabilita e senza neppur sa• pere dove conduceva la strada che avevano presa. La notte donnivano nella stalla di qualche contadino : tutti, un po' per paura e un po' per bisogno, mostravano di ospitare volentieri il medico Giovanni. Le sue diagnosi e le sue cure erano addirittura sbalorditive per Angelo che veniva imparando il mestiere più per la sua attenzione e buona volontà che per le scarse parole e spiegazioni del suo rude maestro. Questi teneva tutti i suoi segreti nascosti in un sacchetto di velluto rosso che portava sempre ap• peso alla schiena e non rivelava al suo assistente nessuno dei poteri miracolosi delle erbe che andavano raccogliendo. Se le procuravano durante le !ore;,!un• ghe marce che si spingevano talvolta fino a toccare la cima delle alte mon• tagne di quella zona. Si fermavano sulle rive dei torrenti, si calavano con delle corde nelle fratte ombrose piene di spini e di rovi, spostavano le pietre della montagna per cercare un pian• ticella esile e miracolosa. Giovanni ne sentiva l'odore da lontano; allora si fermava col naso in aria e sbattendo le palpehre, fiutando il vento con tutte le sue forze finché non avesse scoperto da dove veniva precisamente l'odore dell'erba aromatica che gli sarebbe servita. Per quasi dieci anni continuò questa vita da vagabondo, camminan• do .sempre dall'Abruzzo alla Ciociari a, all'Umbria, seguendo i pecorai che vanno in Maremma e i venditori am• bulanti per tutte le fiere che si ten• gono periodicamente nei borghi e nei paesi. Un giorno, poi, Angelo si ri• trovò vicino al suo paese e incontrò il maresciallo dei Carabinieri. Aveva or• mai ventun'anni e dovette partire per fare il soldato. Giovanni regalò all'ami. co u.n pianeta della fortuna con i numeri del lotto e, senza parole, cambiò strada per non seguire il maresciallo che si tirava dietro il futuro sempli• cista un po' riluttante. Al reggimento Angelo B. fece un'al• tra conoscenza interessante nella per• sona di un sergente maggiore malato di reumatismi. Erano quelli gli anni in cui si vendevano con grande successo in Italia i libri del curato Neu• mann, specialis.ta in guarigioni otte• nute con i decotti e le erbe medicinali. Il sergente maggiore Petrone Carlo era un fervente seguace del buon parroco olandese e trovò un alleato ben ferrato nell'argomento nel nostro Angelo. Così, un bel progetto sorse fra i due e, quan• do Angelo B. fu congedato, anche il sergente maggiore diede le sue dimissioni. Con qualche migliaio di lire preleva• rono una botteguccia a Rçma, sede del loro reggimento, e cominciarono insieme il commercio delle erbe medi. cinali. La sera, nel retrobottega, leggevano insieme alcuni volumi di• mc• dicina che si procuravano nei negozi di libri usati, commentavano e discu• tcvano il testo del parroco Neumann. La domenica, andavano per i prati vi• rino a Roma e lungo il Tevere per raccogliere la loro merce; qualche volta prendevano il treno per arrivare · alla montagna. Angelo era il capo di queste spedizioni commerciali in cam• pagna. I primi anni le Cose andarono molto bene. Serg~nti e marescialli del vecchio reggimentd di Angelo e di Carlo ave• vano eletto il loro negozio come ritrovo comune. Venivano nelle ore di per• mc~ a trovare i due soci, ammira• vano la distinzione di Carlo e la scienza di Angelo, portavano la moglie e i bambini a salutare i due maghi del ne• gozio oscuro. Angelo intanto si andava dirozzando e acquistava l'aspetto di un vero cittadino; i marescialli che inse• gnavano a lui le buone maniere, d'al. tra parte si venivano convincendo del• le idee dei due erboristi e acquista• vano camomilla, fiori di sambuco e genziana. Si parlò perfino di fondare un circolo degli amici delle erbe. Ma, purtroppo, il parroco Neumann non seppe impedire la prematura morte dell'ex-sergente Petrone e il disperdersi degli amici sottufficiali. Angelo rimase solo a condurre avanti la bottega, si sposò, cambiò vari commessi e con''ti• nuò le sue gite domenicali. Per passare il tempo si procurò una rete per le farfalle e la domenica, in campagna, oltre a pensare al suo negozio inseguì i variopinti lepidotteri. Adesso ne ha una bella collezione ; ma, purtroppo, vede i clienti molto raramente. Le for. tune della erboristeria sono finite, an• che se Angelo ha saputo formarsi una vasta rete di corrispondenti in tutti i paesi vicini che gli inviano ogni setti• mana un pacchetto di erba secca. Non ha più voglia di andare in campagna 1 Angelo; le sue passeggiate adesso si spingono soltanto fino a via Marsala, dove approdano i torpedoni che fanno servizio fra Roma e i paesi vicini, per ritirare la sua merce. I guidatori e i corrieri che arrivano con quei grossi autobus conoscono tutti il signor An· gelo B. e, uomini volgari e bestemmia• tori come sono, si divertono moltissimo a mettere in burla ìl suo commercio. Angelo B., veramente angelico e inge• nuo1 non si accorge di nulla e sorride sempre con i suoi occhi azzurri che ormai si lasciano sfuggire qualche la• crima di vecchfaia, ripensando ai va• gabondaggi sotto il ciclo sereno, ai bo· schi fruscianti, ai torrenti, alle fontane del suo paese. Quando poi entra un cliente, il signor Angelo ~ compito e svelto come a trent'anni ; s'informa dell'uso che si farà della sua me"ce, consiglia volcn• tieri e chiacchiera con lucido spirito. Non ha del resto grandi bisogni né grandi speranze. Pensa al paradiso come a un gran prato pieno di erbe ri• gogliose e di fiori. MARCO CESARINI ( PALCHETTI ROMANI ) LEGBAMA .il LLORCHt Faust è per calani nell'inl;! fimo della sua i1pc:r.ionc nel cosmo, e scende nell'antro delle Madri, e da tiSO antro vede u.cire gli Urphu,om,n, -- i fenomeni delle origini, - e na per ve• nire al cospetto di coloro ~hc sono l'irn• perscrutabile principio di tutto, una grave angoKia lo anale, una sacra stupefazione. Cod noi. l lettori non assuefatti alle modulazioni ddl'ironia « seria >, scambieranno per CC• cesso o affettaiione ciò che non è se non espressione di stntimenti genuini. Ma CO• mc na.conderc che l'angoscia di Faust ci stringeva davanti al sipario chiuso, che come l'antro delle Madri era per rivelarci Irma cd Emma Cramatica non più 1tparate e isolate ciascuna nel proprio cerchio magi• co, ma riunite come le due Cacce dell'erma? Meno guardinga dell'attore, l'attrice cade più facilmente negli abissi dell'equivoco. In quanti siamo che uppìamo ~sisterc al fa. scino del dolort? li dolore è uno degli equivoci più groW, uno dei pericoli più turpi che guatino l'arti• sta, di qua e di là della ribalta. Nonché artisti, noncM uomini, ma popoli interi, intere civiltà sono state contaminate dal culto del dolo~. La superiorità del mon• do greco e latino sul mondo orientale, viene dall'eucrsi laS<:iato dominare questo dal do. lore, quello dall'averlo dominato. Molti credono che il dolore è profondo, che e solo > il dolore è profondo. Trae ori• gioe da questo dannosissimo errore quella triste, laida, iettatoria rappresentazione a ba.se di facce doloranti, occhi calamarati, p•Jpille revulsc, zigomi sporgenti, guance ca. ve, narici nere d'ombre, maoi scarne, malati, cadaveri, cimiteri, la quale cos1ituisce pur• troppo il tema dominante dei nostri e ar. tìsti •· Chi ha mai contestato a Eleonora Duse la potenza d'~spreuione, il fuoco dell'anima, lo « smalto • della voce? Solo che « la Si• gnora > non concepiva e stato di arte • al• l'infuori della soffcr"enza, della dedizione, dell'implorazione: tre (asi ddlo stesso com• plesso d'inferiorità. Che più? Per le grandi tloloranti la stessa gioia è un'c altra> faccia del dolore, e il riso una varianie del sin• ghiozzo. . Con(euiamo che l'orrore invincibìle che a noi ispira il dolori1mo, ci faceva diffidare e anche > delle Cramatica: soprattutto di Emma. Finché l'atto aecondo di l,a, douc uai! ci convinsc che il dolorismo di Emma Cramatica è un atteggiamento, un'affettazio. ne, una civetteria; e che di là dal dolori• smo vigila una (orza pronta a scattare, un fuoco, una e cattiveria > più vicina 11t'Turore della belva, che alla rauegnuionc di un'c anima bella>. Il ri"f sul quale abbiamo visto incontrar,i e combattere queslt atlete della rccita:r.ionc, è un vecchio dramm..,_ di Rosso di San Secondo: T,a vcsiiti cltt bollono. Nel terzo atto, l'autore c'insegna che e gli uomini sono marionette che un vestito rico.. pre >. Fornito di un'csperi~nu più che ma. tura, di un più meditato giudizio, come mai Rosso di San Secondo non avverte la neccs• sità di sopprimere quest'affumazione, o al• meno di modilicarla? La verità è che questi tre atti di Rosso di San Secondo sono una selva, nella quale due belve si aggirano e si cercano: Emma con la sua voce di violonc4"11o, Irma con la sua voce di viola. E nel terzo atto s'incontrano. Che dire? Malignamente, ci eravamo ~du1i nella seconda fila di poltrone. Nulla ci poteva sfug. gire, gesti, sguardi, sussurri, trucchi, del• l'incontro d1 Anna Orlova con Palaghea. Non ripeleremo del Cuoco, del potltoJ di Irma e di Emma: diremo della tecnica sol• tanto, della sden:r.a consumatissima, del con• trappunto perfetto, delle equilibratissime vo.- ci, della studiatissima armonina:ti.onc, del· l'arte di questo duetto che, come profondità, espressione, poesia, non trova l'egual~ ~ non nell'idillio stri1.1ian1c e infinito di Tristano e Isotta. Con la nuda voce, e senza canto, Irma cd Emma Gramatica sono riuscite a sostituire la musica di Wag-ner. ALBERTO SAVINIO CONCORSO PERMANENTE DI "OMNIBUS" perla narruione d.1un fatto qualaiul, realmente accaduto a obi acrtn. La. nanuiona non 4eve aupera.n la tre colon.nedel l'lomale,e deve HHN lllvta.ta. aorttta. a macchina, da una aola parte 4el rorllo. O,ni narrutone pubblicata., aecon4o l'ordtne 41 anho e d.'acc.itaatone, vetrl. compenaata. con Lln 600 (CUI.· quecento). • l 4atUloacrt\U non acce~ ta.U non •l reaUtu11cono. • Per la vali• :u:n~~U:~»~ 0::t :r:c»~tit:J~ auua bu■ta. ROMA LEO WNGANESI - DJrettore responsabile S. A. EOITIOl.:K ~ OMNIUU~ • • Mli.ANO Proprit.là •r1i•1k• e ltllf',..ri• risu-.1a. _ RIZZOLI & t: .. <\n. pu l'Ant1 della S1an1pa • Mll1M IUPRODU7.IONI EMiLUl1'E CON MA1ERIAl.t-; POTOGRAFICO • PERRA~IA •· l'11bblm/j, "-J"n1i1 G. Urt.Khi. Mil•no, Via "hlm 10 Ì"I. 211).l,07• Pariti, ~. Rin Faubour1 S1int-Honon'
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