Omnibus - anno I - n. 35 - 27 novembre 1937

I I j I NTRAI nella bottega del cav. Costa una sera che avevo bisogno di una piccola cornice. Fu il padrone stesso a farmi vedere c.iò che cercavo, ma, pur essendo gentile, sembrava che non ci tenesse molto a _concl~dcre I~ ~•cndita,-La bottega era p,e~a d, corn1c1, ve n erano negli angoli, .altre pendevano in grappoli polverosi dal soffitto, pacchi cli oleografie ingombravano il banco. Cercando, passammo nel retro, ch'era vastissimo e attrezzato come un laboratorio: su un grande tavolo centrale, un operaio stava saldando dei pezzetti di vetro con del filo di stagno, componendo una vetrata a colori. Chic~i a Costa s'egli si occupasse anche di simili cose. « ~ quest'? il mio vero lavoro >, rispose orgoglioso : « le comici sono un di più >. Lungo le par~ti del laboratorio si trovav,rno molti telai, vetrate in lavorazione, un pesantissimo paralume in ferro battuto e vetri colorati, coperto di polvere, uno stipo dello stesso modello : anche le lampade del negozio erano egualmente in mosaico di vetro. e Lei forse avrà visto •, mi disse il cavaliere, « le vetrate della chiesa di Sant'Alessandro. Le ho fatte io. Se le interessa, le mostro il catalogo•· Tirò fuori da un armadio, anch'esso con le porte in vetro, un enonn.e libro pieno di disegni acquerellati; era divenuto espansivo, come una persona che parla di ciò che gli è più caro. e Ecco qui •, disse, e come vede, tutto mosaico, pezzi di vetro del giu.sto colore, tagliati su misura e saldati assieme sul telaio. Lavori solidi che durar')o quanto la chiesa, e che si armonizzano con tutto >. Ogni disegno era, in genere, composto da un festone di fiori e foglie che circondava una cornice ornamentalt!: al centro di questa, un disco bianco. I motivi si rassomigliavano tutti. e Quando devo far la vetrata>, disse Costa, e io prima voglio vedere la chiesa, poi cerco sul catalogo la cornice più adatta, quella coi motivi che van d'accordo con quelli degli altari. Poi qui >, e indicò col dito il disco bianco, e ci metto il simbolo che vuole il parroco». Ddmandai di che simboli parlava. e Cc ne sono tanti. Eccoli qui >, e indicò nell'album, « grano e uva per le cappelle del Santiss.imo, il pellicano che uccide .se stesso per nutrire i figli, l'agnello pasquale, la candida colomba, la barca sui flutti procellosi guidata dalla stella, la coppa d'acqua che vuol dire abbondanza, e tanti altri, tutto quel che si vuole, insomma. Vede que- -,ta per esempio? L'ho fatta a Romairvnc Bolzaneto, quest'altra a San Martino di Paravanico, questa a Campomorone ... •·~ e: E i simboli li dipinge? >. e No, tutto mosaico in vetro, io non dipingo. Ogni tanto faccio dipingere qualcosa a Milano, ma, in genere, son dispiaceri. Una volta, per esempio, ho fatto fare una testa di Cristo: il parroco me l'ha mandata indietro dicendo che aveva gli occhi storti, invece era solo una luce che veniva dall'alto. Ma quello insiseteva, ed io, per non perdere l'affare, ho dovuto prendere un pittore di qui, far grattare gli occhi e rifarli con un'altra luce>. Mi venne in mente una piccola chiesa gotica della mia città, molto in disordine, che aveva bisogno di vetrate nuove, e la nominai a Costa : questi crollò le spalle: e Lo 5°✓, >, disse, « ho anche già fatto i disegni>, sorrise amaramente, e ma la chiesa è monumento nazionale e ci si è messa di mez7,0 la Sovdntendenza alle Belle Arti. Guardi cosa lascia fare la Sovrintendenza ! >. E accennò a una squallida finestra in semplici vetri bianchi, legati in piombo. e: Dicono che non si può dc• turpare e impongono quella roba lì, non lasciano modo di fare dell'arte •· Chiesi a Costa quante vetrate avesse messo assieme in vita sua. e Non so, certo molte centinaia •, rispose, e più di settanta chiese al completo, con un minimo di sette, otto finestre l'una, e un massimo di cinquanta, sessanta, se ci son le trifore. E poi tutti i lavori profani. Le faccio veder le fotografie>. :'\{a l'opera alla quale il cavalier Costa tiene di più non è né una fine- ~tra né un rosone, ma un paravento a tre pannelli ch'egli offrì in omaggio al Pontefice anni or sono: Sua Santità non solo gradì l'opera d'arte, ma volle destinarla alla sua biblioteca privata, e Guardi >, mi di.sse Costa, tirando fuori la fotografia, e nel pannello centrale c'è, sopra, l'agnello di Dio; sotto, il pt.-llicano; ìl tutto sonnontato dal Triregno e dalle Sante Chiavi: a destra la Croce, lo stesso a sinistra. Il te• laio è in noce antico. Eminenti prelati mi hanno assicurato che il paravento è sempre dietro alla poltrona di Sua Santità, in biblioteca. Quando il Papa è seduto, per un gioco di prospettiva par che abbia il Triregno in testa •· Messo ormai sul terreno delle confidenze, Costa. mi raccontò l'udienza privata avuta dal Santo Padre, e: Mia moglie ed io>, disse, e arrivammo in Vaticano assieme a centinaia d'altri pellegrini, ma appena un dignitario vide i nostri biglietti, ci affidò a un bussolante, e con questo attraversammo molti saloni : ho visto allora tanti ufficiali pontifici, ce n'erano vestiti da cosacchi e da lanceri, poi finalmente siamo stati fatti passare nella sala del Tronctto. Sua Santità si ricordò subito del paravento, ci diede la bene-dizione, poi mi disse che la mia opera era sempre vicino a Lui. Uscendo, il bussolante ci avverti di ricordarci bene di tale udienza, perché solo ai regnanti ne vengono accordate di simili. Andammo a far colazione in Piazza San Pietro e, mentre mangiavamo il dolce, vedemmo uscire quelli che erano entrati con noi al mattino : un frate ci chiese come avevamo fatto a farci ri• ccvcre così presto. t stata una bella giornata, peccato non ci sia potuto andare in divisa :.. Costa è, infatti 1 cavaliere del Pontificio Ordine di San Silvestro P--'la, e ha diritto di indossare una sP(!ciale uniforme. Tirò fuori un altro album, rilegato in velluto rosso, pieno di fogli dattilografati. e Son le copie dei documenti originali>, disse, « quelli li ho su a casa, in cornice>. Vidi così il breve che lo investiva cavaliere, poi il regolamento dell'Ordine. e Questa è la divisa •· disse il decorato, mostrandomi un figurino. Com'era detto nei documenti, si trattava di un abito a falda lunga, in panno nero, con feluca e spadino, e la croce bianca a cinque punte col nastro rosso e nero. e Pur• troppo non l'ho >, disse Costa, con rammarico, e dovrei spendere circa tremila lire, e poi quando la metterei? >. Per consolarsi, aveva fatto sovrapporre, con un trucco fotografico, la sua immagine a i.ma cartolina dei corpi armati pontifici, ma la testa era riuscita un po' storta, poi il corpo lungo e magro del figurino non somigliava al suo. e Però qua)i nessuno dei decorati ha la divisa •• aggiunse. e L'anno scorso, al raduno a Castel Gandolfo, eravamo quasi tutti in abito nero>. Jl garzone venne a chiamarle( ed io ripresi a sfogliare il catalogo. Nonostante le affennazioni di Costa, le sue vetrate non erano affatto, com' egli pretendeva, gotiche. romaniche o barocche : i motivi fondamentali di ogni stile si perdevano in un tono assolutam~nte floreale che dominava in ogni disegno. Festoni e simboli, cornici e ornamenti, dimostravano in modo molto chiaro che il cav. Costa, trent'anni or sono, ha fatto buoni studi di disegno ornamentale e geometrico, ha saputo ricavarne ottimi risultati, e da allora non si è più staccato dai suoi modelli. Del resto, il suo è un lavoro diligente e preciso, anche se non del tutto originale, e degno d'ammirazione come l'opera di ogni onesto artigiano : in fondo, che le sue vetrate siano specie di temi in classe di una scuola di disegno anziché creazioni di un artista estroso e incostante, è cosa di nessuna importanza. Queste finestrone a colori si intonano a meraviglia con le chiese parrocchiali in gotico ri• modernato o in falso romanico, con i candelabri in argentone, le statue di gesso dei santi 1 dallo sguardo languido e dai colori di fondant : i bravi parroci fanno economia e sognano di po• ter avere una vetrata per il rosone della chiesa, come desiderano le aureole di lampadine mignon per le sacre effigi. Il cavalier Costa non si atteggia a riformatore dell'arte sacra, a classico del vetro: è un coscienzioso lavoratore che ha, con la sua diligente opera, dato estasi artistiche a migliaia di fedeli dei santuari. MASSIMO ALBERJNI PALCHETRTOIMANI .~ VEVAMO appena finito di deplora- ~ re alcune scttimant fa da queste ~ medesime colonne lo sperpero che Alessandro De Stcfani fa delle proprie energie, le sue inconsiderate incursioni nel regno del futile, la sua intempestività nel licenziare opere affrettate e ben lontane dal punto giusto di cottuni., allorché ecco i muri della capitale pezzati una volta ancora di striscioni che aru1unciano un'altra novità di Alessandro De Stefani: la terza nel corso di tre mesi. Le creature che questo autore dai parti trigemini mette in giro sono tante, che il pericolo lo guata di riman,erc sul tardi dell'erà senza discendenza, Sc-1gnc-ur!prtnn·n-moi, prltc-n·c-::tetux quc-j'■ imc-:, f~re-■, p■ rtnts, ■mit, tt mu c-:nric-:mit mlmt D■ns lt m■ l 1riomph■nu, Oej■m■u ,·oir, Stigneurl l'étésans fltun ''trmeillu, Ca cage uns oi,uux, la roche uns abeillu, La m•ison un• tnfantsl E perciò la sen stessa in cui la compagnia Ricci-Adani portava per la prima volta alla ribalta dell'Ar~entina il CaJaNova a Parma di Alessandro Dc Stefani, noi pmdentemente andammo al Quirino, ove, dalla viva voce della compagnia Migliari, udimmo Un bacio e nulla più di Emerico Halasz. Abbiamo fatto male? I critici dei quotidiani ci assicurarono l'indomani che avevamo fatto bene. Al Quirino si respirava aria di famiglia. Allettato dalla bonarietà del programma, il pubblico che gremiva platea e gallerie era puro di reticenze intellettualistiche, innocentemente aperto ai godimenti semplici degli occhi e del cuore. Mancavano gli astri delle prime, i celebri sbafatori, i t1 portoghesi• di grido. :\1'.ain compenso le famiglie er.mo venute OONOtlTI1 LJ. SIONOR.l Ili PALCO t IL 800 AUTIBTA Ili STRADA. in forze, le ragazze sfoggiavano il cappellino nuovo, qua e là si notava una poltrona vuota, occupata da uno spettatore sotto i dicci anni. A giudicare dal nome, Emerico Halasz dev'essere nato sulle rive del Balaton, respira l'aria della puszta, pasteggia col To• kay. Non è il caso di giudicare se abbiamo guadagnato al baratto, ma il fatto si è che gli autori magiari hanno sostituito sulle nostre scene gli autori francesi Quand'è che a nostra volta sostituiremo i magiari? Un bario e r,ul/a piU è una commedia musicale. Tutte le commedie dovrebbero essere musicali. Fino all'avvento della commedia borghese, il teatro era inframmezzato di musiche. Poi la commedia perdette i suoi suoni, come, al passaggio dal mondo greco al mondo gotico settentrionale, le statue perdettero i colori. Grave colpa della commedia borghese aver inaridita la vena musicale del teatro, spenti i suoi div~rtissemmts, uccise le sue canzoni. Riuscirà il signor Halasz a riunimare ciò che è morto?... Bisognerebbe sapere come si traduce in ungherese: 11 Ci vuol altro!•. Rimarrebbe da risolvere il problema della cultura musicale degli auori. Ma è problema di facile soluzione. Di solito, imparano il canto solt.i.nto coloro che t1 hanno voce •. Errore! Tutti possono imparare a cantare. Tutti •dovrebbero• imparare a cantare, come s'impara a leggere e a scrivere, soprattutto gli atton. Il teatro è corale. Quel senso del ritmo è del sincronismo che così manifestamente manca alle nostr~ compagnie di prosa, esse non lo acquisteranno se non con la pratica del solfeggio e del canto. Signori capocomici, al piano! I membri di un'orchestra nera e ridotta ai minimi termini erano sparsi davanti al boccascena. I funebri lcgr..idi un pianofortino venicale giacevano sotto la buca del suggeritore. Di tanto in tanto, gli attori interrompevano i dialoghi del signor Halasz, venivano alla ribalta, e, la mano sul cuore, la gamba tesa come il pollo che si stira, facevano una cantatina. Eravamo seduti in prima fila. D'un tni.tto, la signora che stava alla nostra destra, colei alla quale per la vita e per la morte abbiamo dedicato il nostro cuore, ci sussurrò che • la tromba le sorrideva•· Fissammo con cipiglio l'insolente ... Sorriso non era il suo, ma quel rictus provocato dallo sforzo che il troni.bcttiere fa nel pronunciare ti te te• dentro il bocchino dello strumento, e trarne suoni metallici e squillanti. Finita intanto la cantatina e ripresi ì dialoghi del signor Halasz, il trombone lasciava tranquillamente gocciolare la saliva sulla nostra scarpa. Non diremo che Un ban·o e nulla più sia uno di quegli spettacoli che lasciano indelebili tracce nella vita d'un uomo, ma quando autore e interpreti sono omogenei e accordati, e riescono ciascuno per proprio conto a riempire il loro piccolo mondo, possiamo anche noi posarci una mano sul cuore e dire che • il capolavoro è raggiunto•. Se non basta, cantarlo. ALBERTO SAVINIO ~~<'i:>a DEL VANTAGGIO IN PIA,ZZA dei Pelle1rini c'è l'c Ospit.io d,i conualuunti e dei pelle,,i,ii •· Lo diu uniJ d1iara lapide rn met.t.0 alla facciata d'una piccola fabbrica, a lato della chiesa. Un'altr4 fopide informa come in quell'osphio morirono Goffredo Mameli e altri patrioti durante l'tJJ1edio di Roma. L'c 0spit.io dei conuafeuenti e dei pelle1rini • è ora 1n pesnmo stato. Occorre curarlo perché non diuen1a una delle tante caselle cade11ti dd rione della Retola, che pure è un rione molto illuJCre, Non si tratta di f,1re rrstauri; al solito, basta soltanto provuedue pu fitiene e per la stabilitti dri muri. l NUOVI QUARTIERI t le nuoue stra· de, sebb,me soriano pro.babilme11te Je· ,ondo un piano re1olatore, almeno i11 ap• paren,:.a si sviluppano in disordine. Siaml'I mo.tari a dieci minuti, fra tram e aulo• bus, dal Lario Tritone, e in giro c'è arùi da pìnnini. S1,ade che portano una ta,,a e un nome, restano per mesi impraticabili. 1tvuicina,ufosi l'inverno, le pio11e le fauno div,ntare colm, di fanzo. Chi esre di casa, va 4vanti a salti, da 1m 1u10 all'altro quasi si trattasse di inondat.ione. Come tià ha accennato 11n nos1,o collaborato,e, a Roma si ossiste ad uno strano fenomeno I quartieri sor1ono ocianti che il Governii• to,ato abbia provvedi.lo alla sistemat.ion,e dei u,ui;:i indispensabili; sembra che uen10.no su citramente a ca10. Mo c'è di più: oltre ai servi(i, occorre che si prouveda al loro decoro. Non ba.stano le piat.t.e poli10• nali con l'edificio postale: non i iiardinelti , 1, aiole fiorite. Tante slrade così squallide e monotane sarebbero molto più con· forteuoli u arbo,ate. Quasi pare che, pro• J:rio a Roma, si vo1lia user, pa,simoniosi quando si t,otta di piani,. Un criterio ur• banistico molto discutibile vuole che solo le artuie principali d'o111i quartier, siano 11.,borale, lasciando nude le altre uconda,ie. Non si capisce bene perchJ: come 1e le fronde faceuero manca,, l'aria, o come se le radici minacciasiero le /ondamen• la de1li edifici. E infine perché lanta pau• ra dei platani! Veramente non si comp,end, come ,i possano preferire a queste robuste piante tli esili t balneari 1i1li. MASSIMINO ( ILSORCNIOELVIOLIKO) &UABRIIRI <iìl.!ll"1J).IDUill~E:!r® N UA}{NIERI è un 1cmp1staccct'llcn- ~ te, ha l'intuizione infallibile del giusto movimento. L'attacco è un atto di po&sesso, sicuro, tranquillo e nu• bile. La sua misura è vera, naturale, pèr• fett,11,mentea piombo. Ecco finalmente qualcuno che t1e1w d coltello per il manico. E che sa :ioe;,,;1om1rc.• anatomicamente, senza la minima l'!:iltaiicne, il suo •quarto• d1 1i1nfonia. Sa dove sono i nervi, la curm:: c l'o:io.,,, della musica di Brahms. Che attenzione. che ordine chiaro c. p," fondo. che certezza scientifica nel :iou•, h1 voro. E quant.i &<ff1phcità. Proprio tutto quel che cSÌL:c l'opcrn dt I tarchiato, onesto e peloso cmnpo1111on•. che fu pani.gonato 3 un Ots<• Eccoli: Guamieri :i.egue Brahtn, tOllh un'ombra. L'orchestra segue Guarn1cn L'Adagio ha un'.i.ndatur.i.. Le b.1ttu1..·. una per una, son tanti pa:i.s1a,·anti Gli accordi son degli accordi: prol(rèltltl\ ! t;, simili a nuo"i punti di vist.i.che appa10110 lentamente alla vohata. Tutta la catena sinfonica :i.1s,·ol)!e folta direi quasi silenziosa, come una càlda foresta che migra con tutte le :iouerad1c1 Del pubblico presente Guarnicr1 nun s'impemierisce troppo, nt s1 OCtup.i.mai del così chiamato cfferto profoS)IOnak. Va per la sua strada, per la i.ua strada interiore. Rischiando qualche momento di sembrar noioso a coloro che vogliono eh.... il direttore d'orchestra faccia 1I prestigiatore, 11ballerino, il cloun, Guarnicri non si cura del pubblico L'ignora sinceramente. Non vuol che .._., sia niente di mezzo, e nessuno, fra lui c l'orchestra. Quando si po11ediritto dmanzi ,u suonatori, con quell'aria paterna e anuchevole, piena di cordialità. e di :iot1ma, tu vedi subito che non è un adulatore né un pignolo del solfeggio. Egli sorveglia la rotta, ma non battt: il tempo o quasi, se non c'è bisogno dt blilll· terio, Sa che i suoi uomini sanno, e sa che pc..,...,_ la direzione d'un complesso valoroso, come quello dell'Adriimo, nt,in 1,..,c.1rre, J1 tanto in tanto, che un piccolo colpo d1 barra, una virata dolce e stretta al timone. Si pub dire che Guarnieri collabora con l'orchestra. Fan della musica ms1eme. E.:co 1utt<> Egli si fida dei suoi. E ncllv stei.s1• 1empo che dirige, riconosce a ragione i dt• ritti artist1c1 dei suoi collaboratori. Ha suonalo anche lut una volta m mchcstra il violoncello, e sa quel cht' vuol dire sedere a quel posto 111 sott'orJim•. Insomma., è un uomo i.:hc capisce. Può essere forse stanco, i.\·o~liato. mtor• pidito e magari distratto: ma sempn• come lo è un artista. Il suo fondo è sincero, ncchis:umo: e le riserve auree, e i titoli più autt'nt1c1 :i.on là, dentro di lui, anche quando li !!I.sua dormire. Non ostante la sua , 1ta t,1rt,b~.1tae I., sua carriera d1ffic1le, egli è: un uomo armonioso, un tempcrament<, all'antica. Nei riguardi della musica. poi, Antonm Guarnu:ri è un pendolo sub spe<i" ai"ler11a, regolato a perpetuità. Segna 11 tempo, fatalmente, e non St,:"arra d'un secondo. Il suo tic-tac impercettibile nun la p1i.J rumore della sabbia d'una clei.s1dra. E la musica ne deriva meravigliosamente. Cosi come sabbia, o ccnt'rc di memorie. ne vien fuori leggera, impalpabile, per esempio, la gavotta segnata dal lcmpo dell'ldomtneo d1 Mozart. li programma dr qucs10 concerto comprendeva insieme Brah.mi. e :'Ylm:art,una sinfonia di Rossini, il No1tun10 di :vlartucci, e una composizione recente d1 Ildebrando Pizzetti: un po' ,uota. uh po· appas!lita, e rifritta: falsa Russia, e un po' Oriente, ma m economia. Tuttavia, diretto a !nodo, questo brano assume un contegno, scivola gradevolmente giù negli orecchi e tocca le anime indulw:enti.Gli applausi a Ildebrando Pizzetti non mancarono. Chiuse 11 bel concerto una rnagi:iotn1.le esecuzione del Preludio e Morte del Tnsta,10 e lsotla di \-Vagner che suscitò l'entusiasmo, anzi la rivoluzione. Guarnieri e l'orchestra dell'Adri;mo rimasero allibiti, subissati senza fine da un successo strepitoso. BRUNO BARILLl LEO L.ONGANESI • Direttor'°' re:t1>on!iablle ~1iiTitil1::-:(),1:,,1u~,.. \111. ,,1, l•mpl'ltlà nr1i-1i, .. ~ lf"th·,nri,1,1....,.,, -----•-- W.11./.01.1 l' l' \1•. pjt l'.\n, ddta '!.""l'• \1,1.,,.., Rll'J.1.01)1,;ZI0!',1 l~:-.IC:(,L!i7Ì; Ct;;--;-1.\1 Hl.I \l.J 1-'0TO<,W\:t"IC..:0 • ...EkW:"I.\•· l'ul,b/1<11• , .. ~11,,(:;, u:::-ch,. ,1,1a._,, . . \ i, ..,,.1,1 ltl. ~'0~7 • l':..rijl,. :.6, R:11< l-,, .. 1,.,.. ~ ,.,11,1.II,

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