ANNO J • N. 35 • ~OMA 27 NOVEMBRE .1937-XVJ Z, INO AL CONFLITTO etiopico l'au- -~;::~:ib[I~ ;~is:~:izi~:t v': ~7ics~: stcmi di scambio, che si reggevano sulla clausola dcli• naz.ionc più favorita, dal momento che tutti gli Stati, ad uno ad uno, senza eccezione, alzavano insuperabili bar• ricrc doganali. L'Italia (u l'ultima a mct• tersi su questa via. Né la manovra della sterlina del settembre 1931, decisa come me.no per un'espansione mercantile a carattere aggrcuivo, né i contingenti dclibc• rati dalla Francia nel dicembre successivo a scopo di ritonionc, né gli accordi di Ottawa del 19:p:1 né la politica di Roosevelt del 1933, valsero a distrarre l'Italia da una politica commerciale che prcsuppo• ncva la collaborazione economica fra gli Stati, la reciproca solidarietà in luogo dell'isolamento. Ancora nel 1934 il Gran Consiglio formulava un voto ammonitore contro un indirizzo che annullava quel minimo di unità economica nel quale Mussolini indicava il presupposto di qualsiasi efficace intes;. politica. Di fronte al prevalere dei protezionismi. che non di rado assumevano il carattere di veri e propri proibizionismi, l'Italia segul: ultima. Furono le sanzfoni, fu l'inqualificabile assedio economico di cinquantadue Stati contro di noi, che trasformò il senso dell'autarchia Essa non fu più una posizione interdipendente, ma auunse il valore di un imperativo. Nel discorso del Campidoglio del 23 marzo 1936 il Duce ne finava i termini scnia possibilità di equivoco. e L'au• tonomia politica, cioè la possibilità di una politica estera indipendente, non si può più concepire senza una correlativa capacità di autonomia economica, Ecco la lezione che nessuno di noi dimenticherà! •· Da quel giorno l'autarchia non era più una semplice ritonione, una posizione più o meno subita, ma un prog·ramma, una decisione meditata e voluta come tale. Tutta l'economia italiana do,•eva metteni su un piano autarchico, e Mussolini ne definiva in modo incomparabile i modi e gli obiettivi. Nessuna incertena. Il suo carattere totalitario e definitivo escludeva le mene misure e le transazioni. Fu un gran vantaggio anche dal punto di vista strettamente economico. L'autarchia puramente e difensiva > aveva un presup• posto provvisorio, perché era in funzione di quanto avrebbero potuto rare gli altri in un avvenire prossimo o remoto. Come tale, appariva un compromesso fra il vecchio e il nuovo. Di qui la neccuità di non andare fino in fondo, di non compromettere la possibilità di eventuali revisioni in rapporto alt'· i.ione altrui. Le decisioni del Duce hanno eliminato per sempre questo pericolo gravissimo. L'autarchia totalitaria ha una meta precisa e immutabile e nessuna e novità > potrà de• viarne il cono. Questa sicurezza, questa certezza negli obiettivi e permanenti > consente e impone di organizzare l'autarchia su basi rigorosamente economiche. t un pregiudizio nerasto, un errore che va su• bito dissipato, che l'autarchia debba fatalmente costituire una perdita secca sia pure m vista di altissime fit1alità politiche. Questo può euerc vero per alcune produzioni, - il che, poi, accade in qualsiasi regime economioo, - non per tutte. Ne consegue che l'autarchia deve, oltre tutto, euere conveniente anche da un pun10 di vitta strettamente utilitario, e comportare costi di la• voro non più gravi, per l'economia nazionale, di quelli che sarebbe stato n,ecessari~ sostenere per intensificare la produuone abituale fino al limite ric.hiesto ad ottenere all'Estero le materie prime indispensabili. Altra conseguenza: una complessa manovra di spostamento per linee interne della capacità di lavoro di tutta la nazione, un totale rinnovamento dei rapporti di produ• zione e di seambio. Qua inierviene la Cor• porazione mediante l'autodisciplina dei produttori che t possibile in quanto, e solo in quanto, l'interesse nazionale è auunto come 11 1upremo regolatore. Non v'è nulla da modificare alle diret· tive già fissate dal Duce alle Corporazioni ; non c'è che da ribadirle e da rafror• zarle. Neuun monopolio da parte dello Stato il quale, - 50no parole del Duce, - interviene solo là dove il 1uo intervento è ,richiesto dall'interl"ssc pubblico e dalla manchevoll"zza dell'iniziativa privata, ma non intende per nulla e a.uorbire tutte le innumerevoli, varie, mutevoli, compleu.c manifestazioni della vita economica di un popolo perché non vuole diventare clefan• tiaco e paralitico come accade nel bolscevismo•· A maggior ragione nessun monopolio da parte di privati, perché se è vero che la concorrenza anarchica porta ad esiziali di. uruz.ioni di ricchezza, è altrettanto vero che il monopolio ritarda ogni progresso tecnico, - negazione in radice dell'autarchia, - e si re,ola sui più alti costi di produt.ione con d .. nno costante dei consumatori e distruzione non meno grave di riccht'zza e di beni. Un colpo decisivo ai rn.onopoli, a1la tendenza sempre rinascente verso il privilegio, l'ha recato il provvedimento di pochi mesi ra che assegna alla Corporazione il compito di applicare la Legge sui nuovi impianti industriali. Quella è la via, e IU questa via si deve procedere inflessibilmente, perché è solo attraverso il controllo dei costi di produzione che la Corporazione può disciplinare stipendi, salari e prezzi. Corporazione significa preJCnza del Partito, interprete e garanzia dei consumatori, moderatore degli interessi divergenti delle categorie, presidio dei fini della Nazione nel suo divenire. 12 PAGINE UNA LIRA DOM:E:NIOA A MADRID SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE IL PROFE li l.LA BASE del governo di Nanchino J!. stanno le dottrine e la figura del dot• tor Sun-Wen, o, come lo chiamano gli europei, Sun-Yat-Sen. Sun-Wen, nato nel sud della Cina, a Chei-Wang, nel 1866, da padre cristiano metodì,1a, allevato a Honolulu in una scuola protestante inglese. studiò dapprima medicina a Hong Kong, poi, avendo partecipato ad un complotto contro l'Impero che già dava segni di decadenza, fu c01tretto a fuggire prima in America e in seguito a Londra. In questa città ebbe luogo uno degli episodi più drammatici della sua vita pur cosi movimentata. Attirato con un tranello nell'ambasciata imperiale cinei.e, dovette all'inten.·ento energico dl"l governo ingle,e, che guardava con sìmpatia alla ,ua attività filodemocratica, se potè salvare la vita e riacquistare la li~rtà. Questo avveniva nel 1896: anni lontani che vedevano in Europa, accanto alla corsa agli armamenti, il fiorire delle teorie rivoluzionarie più violente. Dal 1896 fino al 1911, Sun-Wen errò per l'America, l'Eurona, il Giappone, Giava, la Cocincina, sempre tenendosi in contatto con i centri rivoluz.ionari cinesi, specialmente quelli di Canton, sempre fisso nell'idea che per riformare la Cina si dovesse rovesciare l'Impero e inuaurare una repubblica democratica del tipo americano. La vita di Sun-Wen in quel periodo non dovette essere gran che diversa da quella di Lenin o di Kemal, o di tanti altri che, dopo la guerra, dovevano passare dall'attività clande!tina e rivoluzionaria alla responsabilità del governo. Viene il 191 1, e in un banale incidente, provocato da un affare di ferrovie, crolla finalmente il decrepito impero dei Manciù. Proclamata la repubblica, Sun-Wen ne è acclamato pre• 1idente. Ma ecco intervenire il larvato colpo di Stato del nordico e conscrva1ore YuanSci-Kai, il quale tenta di bni nominare imperatore. Scoppia un forte diuidio tra nord e sud, muore Yuan-Sci-Kai,Sun-Wen è capo del governo di Canton. Governo di breve durata dal quale i suoi nemici lo 1eacciano ben presto: Sun-Wcn torna alla sua errabonda vita tli congiurato. Intanto, per tutti @li anni lel!a ::~ .. ~-• gucna, la Cina è repubblica soltanto di nome, dappertutto spadroneggiano i cosid• detti War lords o signori della guerra, generali briganteschi, ciascuno con il suo e~rci\O e la sua provincia. Ma Sun-Wen torna a Sciangai, e i:iel 1 922, anno di espansione asiatica della Russia, entra in contatto con Borodin, l'agitatore, e Gallen, il generale. Il risultato è che le due parti vengono ad un compromesso: la Cina non sarà K1vietiuata, ma alcuni principt del comunismo, soprattutto quello della lotta contro le potenze imperialistiche, vcrr,mno applicati ; d'altra parte, in cambio di queue paniali concessioni, Sun-Wen riceverà dal Cominttrn aiuti ·d'ogni specie: orga• niuaz.ioni, armi, denaro, consiglieri. Il resto è noto. Cli eserciti di Canton, comunisti di nome, nazionalisti di fatto, guidati da vari generali tra i quali Ciang-Kai-Sn:k. sç:auarono ogni resistenza cinese e stranit'ra e conquistarono in breve tempo una buona parte della Cina. A questo punt,o però vari fatti, tra i quali le rivelazioni di qn agente rusKI e una per• quisizione operata da Ciang•Tso-Lin nell'ambasciata sovietica di Pechino, misero in luce i verf scopi dell'azione moscovita: e comunistizzare • la Cina e poi scagliarla (\,ntro l"Europa. Sun-Wen reagi a questo p~ricolo, abbandonando e sconreqando gli antichi alleati. Alle porte di Sciangai, Ciang-Kai-Scek, ormai capo dell'esercito, 1,1cnne ad un accordo con i banchieri, i conservatori e le potenze anglosaswni. 11 risultato dell'accordo fu la cacciata dei comunisti stranieri e la distruzione di quelli loca\i. S~~~~:ta;/:• n!~;o aann~e!~~':~•C~~l I~9:J~ morte comincia· la sua apoteosi. Cli si costruisce un mausoleo gigantesco in prossimitl. delle tombe dei Ming, ultima dinastia nazionale; Nanchino diventa la capitale della Cina come era sua \'olontà; a milioni di copie la sua effigie è diffusa in tutto l'Impero di mcuo. Avviene di lui lo stc»o che è avvenuto di Garibaldi o di Washing• 10n. Insomma, la sua persona e la sua opera sono le pietre angolari del nuovo Stato cinese. Quello che colpisce a prima vista, nella figura di Sun-Wcn, è quakoia di non completamente cinese. Già nella persona, con quel viso curiosamente privo di tratti mongoli, non forbo né stolido, come avviene spesso ai suoi compatriotti, ma singolarmt:nte calmo, mite e anche un po' mclénso, Sun-Wen fa pC'nsarc a un sangue misto o addirittura a un ruuo. Gli occhi non sono obliqui né stretti, ma grandi, fini, di un immobilità usorta e ostinata. Il naso pare profilato. Veste non la solita zimarra cinese, ma una specie di tunica da autista, abbottonata fino al collo, di panno tur• chino scuro. Ma soprattutto poco cinese, e comunque nuovissima per la Cina, è l'idea che egli si fa della sua missione. In un paese dove lo spirito individuale e familiare t tanto più forte di quello civile e nazionale, in un paese di paltts /amilias scettici e materialisti, Sun-Wen si presenta con un nazionali1mic fanatico e intransigente. Come è noto, tutta la sua opera scritta consta delle sedici conrerenze radunate sotto il titolo comprensivo •di / trt principt (in cinese: San Min Cliu /). Nelle prime sci conferenze, Sun-Wen parla del naz.i,onalismo, della necessità, cioè, di distrugge~ la potenza straniera in Cina, e crearvi uno spirito nazionale. Osserviamo, di passaggio, che in queste prime sci conferenze, piutto-
sto che di naz.ionalismo, si traua di vera e propria violenta xenofobia, Altre sci conferenze sono dedicate alta democrazia, secondo dei tre principt. Appare che l'ideale di Sun-Wen è oltremodo composito e confuso, essendo una mesoolanu di democrazia americana, liberalismo parlamentare inglese e despotismo di vecchia marca cinese. Finalmente le ultime quattro conferent,e parla.no di quello che tradurremo lettcr:llmente: la suuistenz.a del popolo (in cinese: Min Slienz, in inglese: Social Welfor,), e sono quelle· in cui è contenuto il socialismo di Sun-Wen. Il quale, pur rigettando le teorie man:istc, si mostra inclinato ora ad un socialismo di Stato, come lo pratìcb Bismarck, ora ad un'autarchia a fondo naz.iona1ista, ora ad un parziale comunismo agrario. Come si vede, le sue idee politiche cd economiche non sono molto chiare; anti, s. dire il vero, dànno una noiosa imp~ssione di autodidattismo e di appiccicatura. Ma quello che è chiaro, lampante, sempre presente (si parli di economia o di politica), è la panione nazionalista dello scrittore. ln verità, il naz.ionalismo xenofobo e irriducibile sembra essere, in tutte e sedici le conferenze, il solo fat~ solido, reale, sorretto da un sentimento adeguato, Sun-Wcn odia gli stranieri, tutti gli stranieri: questa ~ l'origine schietta del suo na.z.ionalismo. Ma per essere un economista, gli man. c:mo, oltre alta scienza, la sensibilità per i fenomeni sociali, e quello che chiamerà il IJcnio delle statistiche; per essere un teorico politico e un uomo di Stato, l'in• tuito empirico della realtà e la chiara pcrc.cz.ionc delle origini t dello spirito delle lc-ggi. Si sente che, fuori della sua xenofobia, egli annaspa in un mare di cogni• ~oni e di teorie rubacchiate ora a Marx, ora ai liberali inglcii, ora agli economisti americani, ora ad altri autori tra i più im• pensati, stocici, geologi, etnografi, razzisti, scienziati e dilettanti. Sun•Wcn aveva letto molto, ma musivamente e con una passione indiscreta e poco scientifica: donde il profumo di università popolare che emana dalle sue conferenze. Lasciamo stare i farfalloni molto frequenti: la Gran Bretagna è composta di tre isole: Inghilterra, Scoz.i.a (sic) e Irlanda; gli Stati Uniti sono stati il primo popolo ad avere un governo democratico (prima dclJa Grecia e della Sviuera); gli europei vogliono assorbire le razze di colore, l'hanno già fatto con i pcUirossc in America, lo stan'- no facendo con i negri dell'Africa e con gli Indiani, etc, etc.; non rileviamo neppure l'assurdità di molti paragoni e ravvicinamenti tra avvenimenti itorici di nature diverse; ma quello che rivela la faciloneria tendenziosa di Sun-Wcn è l'uso grandissimo e di10ncsto che egli fa delle statistiche per appoggiare le sue tesi. Tanto per dare un esempio: quando si tratta di magnificare il proprio popolo, Sun-Wcn parla di 400 milioni di cinesi; ma quando vuol mourare i danni anche demografici recati dagli stranieri alla Cina, parla di una diminuzione da 400 a s10 milioni: ora, 310 milioni è la cifra approssimativa data dall'inglese Rockhill circa quarant'anni fa. Inaomma, pur ripudiando il materialismo storico, Sun-Wcn, con la sua ingenua fe• dc nelle cifre 1tat.iniche e nel loro magico potere, mostra di «seme impregnato fino al midollo. Ma ~ inutile soffermarsi a parla~ del socialismo, della democrazia e della acienza economica di Sun-Wen. Altra è la verità. Sun-Wcn, nonostante tutto il 1uo peregrinare in terra 1traniera, nonottante molti suoi aspetti occidentali, era rima1to cinese. E, come tale, affatto estraneo · alle idee che in Europa ci fac• ciamo delle diverse forme di governo. li comuniamo gli era estraneo come il liberalismo e come anche, ove l'avesse eono- .ciuto, il fascismo. Un lettore attento, nelle sedici con(crcr.zc ehe costitui.cono il 1uo testamento politico, non tarda a rav. visarc, sotto le dichiarazioni di fede democratica e liberale e •le sfuriate contro i vecchi regimi imperiali, una costante e inconsapevole aspirazione a quello che chiameremo il despotismo democratico; a quello, ci~, che con diversi nomi ha governato la Cina per migliaia di anni. Prova ne si:1 la malcelata simpatia con cui parla di Hung-Hsiu-Chuan, il sanguinoso capo della tremenda rivolta dei Taiping, che di1truuc rncu:a Cina nel 1842: ora, HungHsiu-Chuan voleva appunto fondare una nuova dinastia e farsi proclamare imperatore, e ci sarebbe riuscjto senza l'intervento delle potenze anglosassoni e i cannoni del generale Gordon, D'altra parte, nonostante una vcnczaVone u(ficialc e fanatica pc:r Sun-Wcn, non si pub dire che la forma dell'actuale governo di Nanchin,o sia rispondente ai conccttf proclamati ne / tre p,incipt. Fatto un lungo giro attraverso la civiltà occidentale, i cinesi hanno ritrovato la Cina, con le sue qualità e le sue innumerevoli magagne. L'oligarchia di Nanchino non ha di occidentale che certi aspetti esteriori. In realtà, ci troviamo di fronte a un governo for1cmente centrali:nato e autori1ario, come erano appunto i vecchi regimi imperiali, ma, fatto solo apparentemente contradittorio e schiettamente cinese, ,carsamente influente, responsabile cd efficiente. L'inguaribile natura democratica (nel senso etimologico della parola) dei cinesi va benissimo d'accordo con que1tc forme di autocrazia orientale. Nell'antica Cina il governo imperiale era una specie di simbolo; i suoi mandarini, spani per le provincie, non esercitavano altro potere che quello di esigere il denaro delle gabelle; il popolo viveva assente dalle vicende politiche, in forme locali largamente autonome: le ghildc per l'organismo economico, la famiglia per quello sociale. D:1 allora, di nuovo, in fondo, non c'è che il nazionalismo che si è sempre servito delle idee po• litiche o religiose correnti per agire sull'anima del popolo. Il nazionalismo cinese è colorato di socialismo perché, al tempo in cui visse SunWen, il socialismo era la dottrina politica più diffusa e più recente. Ma presto o t:lrdi si dovrà riconoscere che il motivo fondamer,ta.le di tutta là rivoluiionc cinese è stato soprattutto la xenofobia. RENZO DIODATI NEL PROSSIMO NUMERO: ILNAUFRAGIO DELLMAEDUSA ; , ~ . r > ~-~\!/ - r~ 'lf ;. ,.; ~•,.I 11 Be rl61COa lmbudre n. all.nl oomploti.o oome 411.11to 1 per il prouimo ballo della poli.da un.I la pellioola di ~ne" I malgrado gli scandali, le rivolte e la corruzione, le squadre inglcai passavano comunque di vittoria in vittoria? Dlll'A■MlllAGIIATI t fuor di dubbio che la marina inglese fu, nel suo complesso, imbattibile per la catrema debolezza delle flotte avversarie, la francese e la spagnola. ~Jf~ ~; n~~ èC~~l c:e t!c~:~;:ra~~i ~ Wellesley riceve ogni anno dal pubblico erario più di 30 mila lire sterline. Paragonando tal somma alla pensione di cui gode il luogotenente di vascello Chambers, che ha perduto ambedue le gambe in battaglia, mi pregio far osservare che detta pensione corrisponde a 426 paia di gambe di luogotenenti imbarcati sulla ftotta di Sua Maestà, Scegliendo ad unità di misura la pensione accordata. al Comandante Johnson per il braccio che ha perduto in battaglia, osservo che la sinecura di cui è gratificato Lord Arden equivale alle braccia di 322 comandanti di Regie Navi. Signori della Camera, vi dico che col denaro che dal Tesoro annualmente si vena al Duca di Buckingham si possono fornire di vettovaglie di lusso i depositi di Chatham, Gibilterra, Shecrnes,, Helgoland, Cork, Malta e Capo di Buona Speranza. E rimangono ancora oltre cinquemila sterline da riversare nel Tesoro. Che io coli a picco se non siamo di fronte ad una vera iniquità. Provate a darle un altro nome, se vi riesce•. Queste parole rivolgeva al banco dei Ministri il deputato alla Camera dei Comuni per il ColJcgio di Westminster, Sir Thomu Cochranc, Conte di Dundonald, Cavaliere del Bagno, Captain R. N., l'audacissimo e Cochra.nc thc Unconquerablt •, poi ammiraglio. Dai banchi dell'opposizione egli si scagliava contro i malvenatori del denaro pubblico, contro le truffe perpetrate a danno della Marina da una coalizione diretta da una vasta oligarchia marittima composta di membri dei due rami del Parlamento, di ammiragli, capitani, industriali, proprietari di cantieri navali cd impresari di forniture. Sono rimasti famosi i e quaranta ladri •, appellativo dato a 40 vascelli a due ponti costruiti dai cantieri privati per conto dell'Ammiragliato. Basti pensare che tali vascelli erano stari chiavettati in legno anziché in rame. Il primo Lord dell'Ammiragliato, Jcrvis, era costretto a confessare che e i nostri cantieri puzzano di fradicio•· Racconta poi lo stesso Cochrane che, dopo un piovasco abbattutosi sulla sua nave, la tela delle gabbie di maestra e di trinchetto era diventata tanto sottile e trasparente che permetteva di prendere l'altezza del sole guardando attraverso la velatura! Trenta mano 1797: la squadra di Lord Bridport si àncora a Spithcad. Il I s aprile riceve l'ordine di salpare per riprendere la crociera: ma l'ordine non è eseguito. L'equipaggio della Royal Georgt, nave am~ miraglia, si rifiuta di recarsi al posto di manovra, sale sull'alberata e lancia l'urlo della rivolta, cui rispondono gli urrà minacciosi dei marinai di tutta la squadra. Cosi ha inizio l'ammutinamento quasi totale della ftotta inglese, che, per circa due mesi, tenne in sospeso gli animi e le sorti della nazione. I rivoltosi chiedono aumento di paga, razioni più abbondanti e meglio confezionate, una dinribuzione più equa delle parti di preda, vantaggi per i marinai feriti o invalidi, un più umano trattamento, L'Ammiragliato scende a patti; ma le trattative falliscono. Ai vascelli ancorati a Spithcad si uniscono quelli di Plymouth, poi quelli della flotta del Tamigi. e del Mare del Nord: su quasi tutte.le navi di Sua Maestà viene alzata la bandiera della ribellione, e le navi son mc3se in istato di difesa, pronte a far fuoco. Alle varee dei pennoni si preparano le ghie per impiccare i nemici della causa. A bordo di ciatcun vascello vien costituito un comitato di 12. membri, incaricato della polizia in• tema; due delegati per vascello, presieduti dal marinaio più scalmanato, si riuniscono a consiglio per la direzione della rivolta dell'intera armata. La flotta del Tamigi paralizza il traffico mercantile sul fiume, e minaccia di salpare e far vela per i porti dell'Irlanda, dove pure gli equipaggi si sono ammutinati. Già la coperta del Lo,v,lon è insanguinata. Ma la tragedia, con tutte le sue incognite, è evitata dall'Ammiragliato, dapprima con concessioni particolari alla squadra di Bridport, poi imponendosi con la minaccia e la forza a quelJa del Tamigi. Verso la metà di giugno, tutte le bandiere dei rivolto.si sono ammainate; la disciplina è ristabilita su tutti i va.scelli, mentre i principali responsabili vengono giustiziati. Giustizia senza misericordia è esercitata dall'Ammiraglio Jervis, poichi i germi sediziosi hanno raggiunto anche la squadra di Cadice. Jervis domina la rivolta sul nascere, con pugno di ferro e suprema impassibilità, Corti marziali cd esecuzioni capitali si susseguono. Al paragrafo r ,0 del e Regolamento di servizio• della Marina U\glete, semp~ ai ~ bei tempi di Nelson, si legge: et strettamente richiesto ai Comandanti delle navi e vascelli di Sua Maestà di seguire puntualmente la regola di non mai autorizzare femmine a bordo, salvo quelle che sono realmente le mogli di coloro ch'essc vengono a visitare, cd anche di non permettere che ingombrino la nave•· Il numero delle mogli. superava sempre quello dei man'ti. Non appena il bastimento si àncora, ecco affiancarsi uno sciame di imbarcazioni, cariche di appassionate donnine che, prescelte dagli uomini, salgono con essi a bordo e, previa una sommaria perquisizione al barcarizzo, scendono sotto copena in promiscua compagnia. Quivi, sulle navi più disciplinate, le femmine devono sottostare ad altra visit-a: quella del medico di bordo. Sotto coperta, nel ponte di corridoio, sono stivati uomini e donne in numero doppio della normale capienza del vascello. Alla sveglia, il nostromo, a un colpo e l'altro dì fischietto, doveva alternare il famoso richiamo e Mostra la gamba!• per poter distinguere le donne alla vista delle gambe nude, graziosamente spinte fuori dalle brande. Alla domenica, la ciurma femminile era passata in rivista, Questi gli aspetti del mondo marittimo di Sua Maestà Britannica, durante gli anni in cui l'Inghilterra conquistava il dominio del mare. Come mai, ci si può chiedere, B noto lo stato della marina francese durante e dopo la rivoluzione. La disciplina e la competenza sono sparite. La rivolta è un malanno cronico; ogni senso del dovere scompano. Gli equipaggi si rifiutano di combattere. Fughe, ghigliot• tina, fucilazioni hanno distrutto il corpo degli Ufficiali della Real Marina. Le navi in avarla non possono venir riparate negli anenali, dove regna l'anarchia e la penuria di legnami e cordami. Anche i generi di sussistenza vengono a mancare, a bordo e a terra. Si comprende come, malgrado tutti gli estremi sforzi tecnici e finanziari, Napo. Icone non riuscisse a risuscitare una ma• rina capace di battere gli inglesi. Napoleone e la Francia dovettero soccombere, sul mare, contro un nemico che era solo più addestrato. Quanto agli spagnoli, si dia la parola a Nelson, ch'ebbe, soprattutto, il merito dj capire 1•inrima dcbolcua delle ftottc rivali. e Gli spagnoli•, egli scriveva nel 1793, «fabbricano bei vascelli ma non fabbricheranno cosl facilmente gli uomini. La loro ftotta non ha che cattivi equipaggi e ufficiali peggiori •. Ed ancora nel J 7()6: • Si pretende che la Spagna abbia consentito a fornire alla Repubblica Francese 14 vascelli di linea pronti a prendere il mare. Suppongo che ai tratti di bastimenti senza equipaggio, chi il prenderli con tale personale sarebbe per la Repubblica il mezzo più sicuro per essere prontamente batnna •· Alla battaglia di Capo San Vincenzo gli spagnoli non avevano più di 6o-8o marinai per vascello. Il rimanente dell'equipaggio era formato da individui assolutamente estranei alla navigazione e al mare, reclutati nelle campagne e nelle prigioni. Se si aggiunge che allora e la caratteristica predominante della marina inglese•, come scrivc1uno storico navalc,-«fu l'innesto del tornaconto economico individuale sul vantaggio nazionale•, e che la corruzione dell'oro inglese aveva profondamente influito sul collasso della marina di Francia, non deve destare meraviglia che la flotta del Regno Unito, non superiore alle altre in coraggio cd accanimento, rimanesse allora padrona delle acque. ANTONIO CALEGARI Il gentrtle clneH I "~ggi~ • morire un po', ma ,,.,tare à morire ancor dl plb 11 L.l RUSSIAE 101 f."{1 ON siamo noi a proporci questo 1trano l.lJ quesito. Chi 1e lo propone è l'A,my ond No.v1 Re1ister. Per conto nostro, il problema non csi1te: per la ovvia comidcrazione che una guerra per terra fra due Stati ~ imponibile se cui distano alcune migliaia di chilometri l'uno dall'altro e se i pacai che si tro• vano in meuo non hanno alcuna voglia di mettere i loro territori a disposiz.ionc degli eventuali belligeranti come campi di battaglia. In questa ipotesi, quindi, un conflitto è possibile solo nel quadro di un conflitto generale. E allora il quesito, co1l come 3 formulato dall'Army and No.vy Re1is1er, è mal posto. Resia l'ipotesi di una guerra per mare. Teoricamente, una guerra per mare è sempre pouibilc, anche fra i paesi più lontani. Praticamente, una guerra per mare fra l'Italia e la Russia, al pari di una guerra per terra, e, sia pure, per ragioni più complcs!t'~, non sarebbe possibile che come parte di un confljtto più vasto; e quindi il quesito dovrebbe sempre essere formulato in modo diverso, f Lo strano è che l'arti.:olo dcli' A rmy ond Nav1 Rttisler riguarda principalmente le foru terrestri dell'Italia e della Russia, la preparai.ione dei due eserciti, gli armamenti, la capacità dei comandi, ecc. , Esso dimentica solo quel piccolo particolare cui abbiamo accennato: e ci~ omette di dire per dove pa,serebbc 1'c1trcito n1110 per attaccare l'Italia o l'esercito italiano per attaccare la Russia. Comunque, riproduciamo, qui di seguito, le opinioni e i giudizi dell'Arm,1 o.nd Nauy Re1ist,r, senza attribuire ad cui che un valore accademico. BIHCITO RUSSO: H EIIGIIA (i5! LI SCAMBI di note avvenuti recente- \!:/ mente fra la Russia sovietica e l'Italia fasci1ta, cosl l'A. f:I N. R11i11er, 1uggcri.cono una stima comparativa. fra la foru militare e le caratteristiche del personale milita.re dei due paesi. Per il mondo occidentale, l'esercito russo è, al pari del ruo pae1C, un cnignta. Jn. torno ad esso è una nebbia di mistero, che gli esperti militari non sono riusciti a di• radarc. Con una fon.a, probabilmente, di 1 milione e 6oo mila uomini fra ufficiali e soldati, uso è il più grande esercito del mondo in quest'epoca di grandi eserciti; cd esso è probabilmente tutto sulla linea di frontiera, fornito di armi e servizi: 1uuistenz.a, artiglieria, cavalleria, carri armati e aviazione. Per potenza di massa, esso do• vrcbbe, secondo tutte le regole del gioco, essere la piil imprcuionantc (orza militare del mondo. Ma è po1sibile che questo grande colosso abbia piedi di argilla. Le lotte interne, le interferenze politiche negli alti posti, il tradimento o la stupidità, che, a quanto pare, regnano in Russia, avvalorano l'opinione di coloro i quali affermano che l'c1ercito rosso, nonostante la sua maua, sia una macchina di guerra di dubbio valore, Il suo maggiore difetto ~ la mancanza di co• mandanti e di efficienti Stati Maggiori. E»i non esistono, né possono formarsi sotto il sistema militare sovietico. Accanto ad ognuno degli alti comandi ncll'c1ercito russo, c'~ un Commissario civile dei Sovieti, al quale il generale comandante deve sottomettere tutti gli ordini e tutte le istruzioni prima di impartirli ai suoi dipendenti. Se il e politico > approva, gli ordini vanno avanti. Se non approva, non vanno avanti. Con questo sistema nessuna foru militare pub agire efficacemente. Una valu1arionc dell'esercito italiano pub esser fatta in base alle sue recenti campagne. L' Ann1 and Nav1 Rezister rileva che taluni, soprattutto dopo la campagna etiopica, hanno sopra.stimato l'c1ercito italiano e altri, invece. lo hanno sottovalutato. Per esso, la verità è ccnamente nel mezzo: l'eicrcito italiano vale ccnamcntc assai più di quello che taluni credono. Comando e Stato Maggiore, nella campagna etiopica e in hpagna, hanno dimosirato di conoscere bene il loro compito. Il Maresciallo Badoglio, a giudiz.io dei militari, 'trtbbe -probabilmente il capo supremo in caso di guerra. Si notano tra gli alti ufficiali i marescialli Graziani e Balbo. 1 Sovieti non hanno uomini siffatti, che possano condurre i loro eserciti. Alla 1tima, dunque, la Russia, al p.lragone con l'Italia, risulta inferiore; ma si deve ricordare che i Sovicti hanno una riserva di uomini che supera di gran lunga quella di cui di1ponc l'Italia. Sia la Russia, sia l'Italia sono bene attrez.. zate per operu.ioni militari. L'Italia ha una larga superiorità sulla Russia per quel che riguarda la forza nava.lc. Ad eua non sa• rebbe difficile caccia~ dal Med}tcrraneo tutta la marina sovietica. Una volta aperte le ostilità fra i due paesi, u esse fossero possibili, i rifornimenti di guerra ru"i non potrebbero più raggiungcrt- la Spagna; e quuto probabilmente metterebbe rapidamente fine alla guerra civile in quel paese. In generale si crede che i Sovicti vendano le loro fornitu~ alla Spagna e ottengano in cambio l'oro 1pagnolo che fu confiscato allo scoppio delle ostilità, più di un anno fa. La marina runa è limitata, cd cua può essere utiliuata all'estero per trasporti dai porti del Mar Nero alla Spagna. Si ofluma eh.e Stalin si serva della tituatione medit,rranea pu uso interno e o.Ilo seopo di distrarre l'o.tlen,tion, del popolo do. una siluationc eritieo. CONPROIITISUPERFICIALI fiiJ QUI finisce il confronto. l!l E a metterne in c'tidenza il carattere accademico, basta la frase, che abbiamo stampata in carattere corsivo: e Una volta ape:te le ostilità, u esu fossero possibili ... >. Se non sono possibili, a che servono i confronti? Al contrario, un confronto potrebbe essere interessante se si panissc dall'ipotesi, tanto più probabile, di una conftagraz.ionc generale. E dovrebbe essere upa stima non già delle forze dei due paesi considerate isolatamente, ben1l dell'apporto di cui alle due eventuali coalizioni avvenc. Ma dovrebbe essere condotto con ben altra serietà, Pcrchl, oltre a tutto, il confronto, come lo (a l' Army o.nd Hav1 Re1ister (e tanto più abbiamo il diritto di rilevarlo in quanto caso è favorevole all'Italia), è di una scoraggiante superficialità, Tutto sommato, l'unica cou intelligente, che vi si legga, è l'affermazione contenuta nell'ultimo periodo: che Stalin si serva della questione mediterranea per uso interno. E ,i potrebbe aggiungere: se ne serve appunto perché un conflitto isolato italoru1so è impossibile. In Estremo Oriente, invece, ove la Ruuia ha tutta una immensa frontiera in comune con territori controllati da: Giappone, la Russia si guarda bene dal fornire armi alla Cina. E la dottrina imporrebbe al bolscevismo un intervento in Cina non meno a fondo che in hpagna. M2 la dottrina cesia dove comincia la paura. DISCORSI DBLL.l coaon ~ E GIORGIO VI d'Inghilterra ha doC?.) vuto tenere, a brevissima distanza l'uno dall'altro, ben due discorsi al Parlamento: il primo per la chiusura della seuionc pa,1..m. cntare 1936-1937; il secondo per l'apertura della nuova scuionc parlamentare, la prima del nuovo regno. Come è noto, l'attuale sovrano del Regno Unito non ha un eloquio molto spedito o, per dire più precisamente, incontra qualche difficoltà nel parlare. Sarà stato per questo, sarà stato semplicemente perché il costume e l'etichetta lo permette• vano, il primo dei due discorsi fu letto ai Lords e ai Comuni non da Sua Maestà, ma dal Lord Cancelliere, il Visconte Haihham. E questi, si noti, lesse l'augusto e b&• nale testo non già in nome o in vece del Re, ma come se egli fosse ttato proprio il Re in persona; e fu da tutti ascoltato come se fosse stato il Re a parlare, Con imperturbabile gravità, egli lcuc frasi come queste: • f!. stato con viva soddisfazione che Sua Maestà la Regina cd io, nella solenne occasione della nostra incoronatione, abbiamo ricevuto le prove della lealtà e dell'affetto dei nostri popoli e della loro devozione alla Corona .. , >, e riferendosi agli appannaggi votati dal Parlamento a favore della famiglia reale, ad esclusione del Duca di Windsor, ringrazib i Lordi !- i Comuni e per la provvisione che avete fatta per l'onore e la dignità della Corona > ccc.. e Le mie relazioni con le Potenu 1tranien:: >, assicurb il Vi.conte Hailsham, e con• tinuano ad cucre amichevoli >. Poi parlb dcll'intercue con cui i suoi Ministri hanno seguito gli avvenimenti di Spagna, del suo interesse agli avvenimenti d'Estremo Oriente, ecc.. L'altro discorso, quello del ~6 ottob~, fu invece letto da Sua Maestà il Re in pcnona, che riutel a vincere le sue difficoltà naturali e a pronunziare tutto il testo cor: poche e1itazioni. t.a Regina lo seguiva con estrema attcn:rione, Ma la solenne cerimonia fu preceduta da una piccola crisi di famiglia. E se torniamo su questi avvenimenti altrettanto solenni, quanto poco importanti, è appunto perché solo adeuo ci perviene la rivista americana in cui si racconta il piccolo retroscena. La Principessa Eli,abctta e la sorellina, la Principessa Margarct Ro1e, dovevano intervenire anche esse alla cerimonia dell'apcrttJra del Parlamento; ma la Principessa Elisabetta ebbe il capriccio di an• 'darvi, lei e la sorella, nella berlina reale, insieme col padre e con la madre. Le Loro Maestà risolsero la grave queuionc nel senso che c;ui non avessero il diritto di e privare > le loro piccole di una pane degli applausi e delle acclamazioni del pubblico. Ma all'ultima ora, ìl dio Cerimoniale prevalse. Fu comiderato che la Rtgina, la quale ha solo 37 anni di età, e potrebbe ancora avere un altro figlio >, che questo figlio potrebbe essere un maschio e diventerebbe Principe di Galles; in questo caso, la Principessa Elisabetta non sarebbe più crede al trono. Un profano potrebbe osservare che niente impedirebbe all'cvcn• tuale Principe di Galles di andare fra otto o fra dieci anni nella berlina reale all'apertura del Parlamento; e che una pa»eggiata, nella detta berlina, delle Principcs• sinc noo altererebbe certo l'ordine di successione al trono. Ma in materia di ceri. moniale, le cose non sono mai cosl semplici. E per la consideraz.ionc sopra esposta, la Principessa Elisabetta perdette la sua battaglia e dovette accontentarsi di andare alla cerimonia, insieme con la sorellina, nella berlina di Lady Helcn Graham, subito dopo quella reale. Incorreremo, forse, in errore; ma questo piccolo episodio, che fa brillare una luce di gratia infantile attraverso la plumbea gravità di un cerimoniale inflessibile e so• lcnnissiino, ci ~ sembrata l'unica cosa interessante della cronaca delle due cerimonie. A. G. AHHO~,·H8~5, 27~0~EIIBRE1937-IVI ~ MNIBU SETTIMANALDEIATTUALITÀ liii' POLITIOAE LETTERAfilA 'l 1 1! ESCE IL SABATO IN U-18 PAGINE 11111=========1 ABBONAMENTI Italia• Oolou.!tt 11110 L, U, 1em11tre L. 22 i;.t,ero 1 111110 L. 701 11m,ure L. 36 0011 rv•1ao ux, L11..1. lllt!I ?bnosorlui, dhegnl , fotognJi,, 1.noh, H 11011 po.bl:illcaù, non 1i restitailoo110. Dlndou: 1111 RomT,i,tt:o d:1:S: 1~sgg, 28 il lam.la.lstruteoe: Milan1';1!ioa:!aN?\taoirba1 6 i loc. &un, Edltrfu " OIDfiltll " • llllu.o I ~~111
rnu~mu®rn~il. ~~~~JT~~~~ @~~~u I A STORIA di Giuseppe Cenni è. breve. q,uest_o asso dc!l'aviationc lcg1onana appartiene a quel grur,po di undici allievi dell'htituto d'Arte di Panna che, appena diplomati 1 an'liché darsi alla vita dc-gli studi, delle modelle e dei caffè di provincia, preferirono diventare aviatori. e veramente strano che undici giovani, provenienti da un mcdc- ~imo Istituto d'Arte, siano stati còlti improvvisamente dalla stessa vocazione. Seguendo l'esempio di Adriano :\ 1lantelli, quei giovani comjnciarono a riunirsi tre volte per settimana al campo Natale Palli, dove su un fragile app.arccc~io. poterono fare i primi espc- ~11ncn11 d1 volo a vela. Poi, :Mantelli, 1I capo della compagnia, passò nell'aviazione militare. Gli altri non tardarono a seguirlo. Lasciato l'apparecchio del volo a vela, gli undici si trovarono pre~to a. lor~ ?gio nelle squadriglie, c quando 1 pnmt volontari italiani partirono per la Spagna, molti di essi si arruolarono. 1 tempi dell'Istituto d'Arte di Parma erano ormai lontani. Cenni ora è tornato a Parma per una breve licenza. Lo abbiamo trovato in casa di un comune amico, e in borghese non ha affatto l'aspetto di un così pericoloso avversario nel ciclo. t un ragazzo taciturno; con impaccio ci racconta le sue avventure spagnole « Nell'agosto del 1936 », ci rlice, « eravamo a ~,felilla ; tra il Marocco spagnolo e la costa della Spagna c'era soltanto un po' di mare azzurro, e nel piccolo porto nord-africano si prepara- ~a, con c~lma e con orgasmo insieme, 11 passaggio del T ercio al di là dello stretto. In quattro ufficiali e in otto sçttufficiali, formammo il primo nucleo di combattimento della Legione straniera. Si trattò di piccole operazioni. ~a ai primi di settembre passammo a Siviglia, dove proprio in quei giorni arrivò un secondo contingente di piloti,. fra cui il futuro premio Baracca, Adriano Mantelli. Tutti insieme formammo la Cucaracha: questo appellativo fu dato alla nostra squadriglia dai soldati quando videro le nostre acrobazie. La comandava il capitano Dcqual di Trieste, di ventisei anni; dei sottotenenti, il più anziano era Mantelli appena ventitreenne». Cenni, a questo punto, ci mostra un ~uo quaderno rilegato in verde, dove le pagine portano, a modo di rubrica queste indicazioni : in testa alla prim~ colonna: Flecha (data); in testa alla seconda: Piloto, e sotto il nome di battaglia di Cenni: Stella Victorio. La quarta colon~a serve per indicare le località, e la qumta le obse,uaciones, cioè uno ~hematico racconto dei combattimenti. Vi si legge, ad esempio : « Protezione del fronte di Toledo. Combattimento: 5 Bréguet, 2 Potcz, 4 Caccia. Abbattuti: 2 Bréguet, 1 Potez, 1 Devoitine. Stella : 2 app. : 1 Brég. 1 Potcz. Nella quarta colonna, ogni tanto, appare un segno rosso che significa una vittoria. Se ne contano tredici: dieci apparecchi abb:tttuti in volo, due incendiati a terra e un dirigibile all'ormeggio. li diario della prima metà di settembre parla di voli di protezione fatti con Bréguet e con C. R. 32. Il primo -.egno rosso è in data 16 settembre. Sul campo nemico di Anducar, Cenni incendia, con due puntate, due apparecchi da bombardamento pronti al volo. « Kon c'è maggior soddisfazione», dice sorridendo l'aviatore, dopo averci indicato nel quaderno le motivazioni ddl'impresa, « di sorprendere il nemico, mandargli tutto in malora, e lasciarlo a terra mortificato, come a uno cui sia morto l'asino per strada ». Il 20 settembre è il giorno del suo primo combattimento aereo. Le observacio,1es non portano alcun segno ros- \0. ma dicono: « L'n app. abb. dal scrg. .\lontegnacco. Stella mitragl. incepp. ». Ecco ciò che accadde. e Nel cielo di Talavera », racconta C{•1mi, « a quota 1500-2000, il sergente ~fontcgnacco ed io ci imbattiamo in tre Devoitinc rossi. Il sergente si accoda a un apparecchio che fugge a balzi, per <:vitare i colpi della mitragliatrice; ma Montegnacco non lo perde e l'insegue investendolo con raffiche. I due Devoitine cercano di liberare il loro compagno buttando~i sui due fianchi del ser- ~cnte. A mia volta, mi getto ora sull'uno, ora sull'altro, per rompere quella morsa, ma una palla, scoppiata in ttnticipo nella canna, m'inceppa la mi• tragliatrice. Non mi resta che aggredire con puntate e col rombo del motore. Intanto '.\1:ontegnacco, seguendomi nelle spirali, porta l'avversario verso terra e l'incendia. Punto verso l'alto, per affrontare gli altri due Devoitine, ma, approfittando del vantaggio di quota, fuggono>. Il 6 novembre è il giorno napoleonico di Cenni. Una ~quadriglia di cinque I I IL TENENTE GIUSEPPE OEliNI AL 0AJU0 Dl TLLAVBPJ. ,nB LJ. BEINl B0KBABDAIIENTJ NELLA VALLE DI S00ILL0 apparecchi, guidata dal capitano Sala, parte diretta a Gctafc. Cenni è dietro, per guardare le spalle. Ecco, all'improvviso, app~rire cinque apparecchi rossi, di cui tre da bombardamento. Il capitano Sala si butta. Improvvisamente, dalle nubi sbucano altri due caccia nemici, che si infilano in coda ai nostri. Cenni si lancia su questi, ma ecco ancora altri apparecchi rossi. "E:. tutto un inseguimento. Per un po', ci;iscuno cerca di liberare i compagni dal peso dei nemici : è un susseguirsi di ruote e di tuffi, senza scambiare un colpo. Ben presto il campo si allarga e qualcuno perde contatto. I rossi sono in numero molto maggiore. All'improvviso, Cenni è investito da raffiche che gli forano l'ala superiore e il serbatoio dell'olio. Tre apparecchi nemici e:ti sono dietro, ma riesce, con una spLrale stretta, a piantare collimatore e palle in un Devoitine. A destra, sotto, s'alza la scia di fumo di un altro apparecchio che precipita. Cenni lancia raffiche e l'avversario risponde: il duello si prolunga disperato. I due apparecchi si colpiscono. Ma il motore di Cenni e sternuta » e l'avvisatore dice che solo per dieci minuti ancora può volare. Una nube lo avvolge; punta sul campo e discende. Appena toccato terra, il motore si ferma. La benzina è finita. Gli apparecchi della Cucaracha sono tutti disseminati di fori: uno solo ne ha settanta. Cenni racconta con calma, poi mi porge il suo diario, un grosso quaderno fitto di minuta scrittura. Non ha più voglia di parlare, e m'invita a togliere alcune pagine che qui pubblichiamo. « Il 29 gennaio con quindici apparecchi andiamo a la Virgen de la Cabeza a buttar giù viveri o armi. Siamo sei caccia. Ci sono dei cumuli, dentro e fuori, perdiamo un po' contatto. Entriamo in una nuvola grigia : non si vede più niente. Non vedo neanche la coda del mio apparecchio. Sento come un urto, ma non so dove, e l'apparecchio mi perde quota ; alzo gli occhi, vedo due ombre: i miei compa~i che non sono più in linea di volo e s1 incrociano. L'altimetro segna .. 200 metri, punto i piedi e salto fuori. Sento lo strappo del paracadute e, subito o quasi, sono con i piedi nell'acqua. Mi metto a correre fra i sassi di un ruscello. Tutto si è svolto ìn un lampo, avevo perso la testa. Nascondo il paracadute. L'apparecchio brucia, non mi avvicino perché le palle cominciano a scoppiare. Sono certo in territorio nemico. Strappo le carte e i denari. « Per tre giorni giro su e giù per la montagna sempre in mezzo alle nuvole e alla sterpaglia. Vedo dei leprottini, sparo corf la pistola, ma più che altro per convincermi che non ~i può. Al terzo giorno mi vedono e mi prendono. Scappo, ma si fa presto a prendere uno digiuno. Sono tipi scmiselvaggi di cacciatori. Mi portano a Pantano dove bevo un po' di latte. Arriva un capitano che mi porta ad Anducar; mi offre sigarette. e Qui, il primo interrogatorio. Un maggiore rosso, un capitano francese, e un deputato socialista che, a differenza degli altri due, vuol prendermi con le buone. Ma yo no sé nada. lo non so niente. e Mi dicono che due aviatori nostri si sono sfracellati a terra lo stesso giorno della mia caduta. Temo siano i miei gre~ari. Mi chiedono quanti chilometri fa 1I C. R .. lo dico 250. Ma loro lo sanno e si arrabbiano. Poi mi rinchiudono in uno stanzino e una guardia si diverte a tormentarmi parlando di fucilazione. Dopo qualche giorno, mi portano con una macchina verso Valencia. Ad Albacctc restiamo senza benzina, e l'autista prima si procura un buono e poi la benzina; ma per far questo c'è voluto una giornata e un monte di discussioni. « In un'oslcria ci sono dei russi ubria- ~hi. Il tenente che mi accompagna va m bestia perché i russi tanno solo due o tre giorni al fronte, e poi li mandano indietro. e A Valencia mi mettono in una stanza di un palazzotto. Una guardia apre un uscio e, di là, seduto che mangia, c'è Pesce che era con mc nel ciclo de la Virgen. Resto di sasso, la porta si chiude senza che lo abbia chiamato. Finalmente riesco a parlargli, grandi meraviglie, e poi mi scrocca una delle poche sigarette. Ci accordiamo su quello che dobbiamo dire. « Il giorno dopo, all'interroga1orio, chiedono se sono fascista. Dico di sì, e che sono iscritto alla Milizia Universi- • taria di Parma. Vogliono sapere tante altre cose ma yo no sé nada . .Quante volte l'ho detto! E loro: "Usted no tiene cara de tonto, tierie que sauer algo" (Tu non hai la faccia da sciocco, ,ai dell'altro). «"Si Ustedes quieren que yo diga mt11tiras, yo puedo decir si no es la verdad que yo no sé nada". «" Vuestra uida depie11de de uuestras resquesta.s''. e Le guardie con Pesce mi mettono ~u un'auto; chiediamo dove ci portano, e loro : " A fare una passeggiata ". Qui .wrei giurato che ci facevano la pelle. .Mi legano le mani con una corda, e ~i parte. Invece siamo diretti ad Albacett·. Lo scampato pericolo ci ha messo allet;"ria, e troviamo il governatore, un vecchio mezzo sordo, mica cattivo, che ci fa passare un'ora divertente. Alle sue domande, rispondiamo solo che abbiamo appetito. Finalmente capisce e fa portare pane con salame. Ma se lo tiene vicino, sembra, per darcelo solo se sian.10 bravi. Poi, senza mai spazientirsi, ci rivolge una specie di rimprovero e ci manda via con un panino per ciascuno. « Da quel momento, abbiamo passato un mese in una cantina senza mai uscire. « Pesce era in una cella un po' di- .,1ante, poi arrivò all'improvviso il sergente Pelo, un altro della Virgen. « Immobilità e buio e sempre a pensare. « Da un'inferriata vedo i piedi della gente che passa. Quante scarpe ho vi~ ~to in quel mese; plù che in tutta la mia. vita! Perché delle per:.one non appariva altro. La loro personalità era concentrata lì. Mi provavo a ricostruire il r~sto, oppure dal genere del passo indovrnare 11 sesso e l'età. Mi piaceva che qualcuno si fermasse a discorrere lì sopra. Una volta sono passate due scarpette di vernice coi tacchi altissimi due caviglie sottili con calze di lusw: è 1 ~tato un attimo. Che impressione! Le ho sognate per una settimana... · « Pelo dormiva o questionava con le guardie, io cantavo o ero una bestia furibonda e Pesce, più tranquillo, ci calmava. « f\bbiamo avuto anche lunghe di- <;cuss,oni di politica con le guardie. I loro argomenti erano i soliti, quelli della stampa ros!:a. Cor. calma, e senza esagerare, li abbiamo convinti a non credere così stupidamente, e alla fine erano pe.rplcssi. Ho notato che tengono Franco m grande considerazione· infatti, Franco è un eroe nazionale. 'cred? che, dopo la vittoria, il popolo facilmente si convincerà. « Giunge la notizie della presa di Malaga. « Dopo due giorni, i nostri bombardano Albacete; vedo gli scoppi di due bombe .da ~50. Pensiamo che, per rappresaglia, 1 ro~si ci facciano la pelle. lnv~ce, continuano semplicemente a farci saltare qualche pasto. ~ ~ella cella vicina mettono un pazzo cn"'!male che ha a~mazza!o la moglie e. violentata la figlia. Gnda tutto il giorno. « Il p_rimodi m~rzo, ancora viaggio a Valen~!a, anc<_>ramtcrrogatorio; si rinnova I 1mpress1onedella fucilazione. Rima~iamo a Valencia al Carcel Modelo. ~ più pulito, c'è più luce, ma due mesi 1~ un? celletta sono troppi. Ho passato giorni come un pazzo, e que~ta era la sofferenza maggiore. « Riesco a vedere e comunicare con u? alti:-o aviatore che, avendo un po' d1 soldi, ci manda roba. « Due giornalisti dcli' Araldo di Salamanca, fatti prigionieri, ci fanno trovare un pacco nella cella. e Si apre il cuore alla speranza quando sappiamo che il generale Aranda ha proposto uno scambio di prigionieri. « Dopo tre mesi di prigionia, non ric?rdo b~ne come, ho avuto una camicia, e m1 sono finalmente cambiato. «-Al primo di aprile, faccio lo scherzo del pesce a Pesce. Gli dico che ci lasciano liberi; quello si mette a cantare; quando ha finito gli comunico la data. E diventato furioso. « Passa quasi tutto 11 mc,;,e di aprile ~enz~ ~randi novità, eccetto che uno si prec1f?lla dalla balconata, impazzito. é ~1 portano finalmente in cortile. Qui, ~0!10~0 tant! personaggi politici, f~a c~1 ~l nipote d1 Franco; molti ,;ono nnch1us1 da parecchi anni. C'è un professore cub~no senza una gamba, fervente ammiratore del Duce. « Il nuovo carcere è un antico conv~nto; parecchi prigionieri sono italiani .. Per un po' si sta in cella. Dal finestrmo, vedo muratori che fanno un mu~o. Ogni tanto smettono il lavoro e. d1~c~tono di politica. Lunghe dìscuss1oni, mtercalate da brevi pause di lavoro. Ho provato a fare un calcolo del prezzo del muro: una somma enorme! La cosa che più mi ha imoression~t?, d~.irant~ I~ prigionia, sulle abitud!n1. dei rossi, e proprio questa mania d1 discutere. « La pri~ionia si è fatta meno dura quando ci hanno lasciati insieme. Cc n'erano di tutti i fronti e di tutte le armi: Nei tre mesi di permanenza, ce ne siamo raccontate tante che si potrebbero fare trenta romanzi. « Un bel giorno mi hanno chiamato con altri aviatori. Le chiamate er,rno sempre motivo di apprensione. Un te~ nente ci ha condotti al porto e consegnati alla Croce Rossri Intcrna·lionalc. Questo voleva dire la Ebcrtà. « La nave inglese Maine ci ha portati a Marsiglia e, di là, siamo venuti a rifarci le ossa in Italia ». Questa è per sommi capi la storia della campagna di Giuseppe Cenn:. CARLO BRIZZOLARA l1~Ui@llt® DEL 1905 m in questo armadio>, disse il direttore del musco di Mosca, e noi teniamo in perfetto stato di conservazione l'unico esemplare di cittadino russo tipo 1905 >. « Figura di cera o mummia? > domandò seriamente un visitatore. e: No, caro compagno •• di,;;se il direttore con orgoglio calcando le parole, e: ::ii tratta di ·un aute~tico e perfetto esemplare di uomo dell'anno 1 905: un caso di sonno letargico che ha del miracoloso. Qucst'uo• mo svenne trent'anni fa, e finora non è rinvenuto. La cosa andò cosi: quest'uomo, nel. 1905, auicmc con certi dimostranti, fu "fermato" per errore e condotto alla sezione rionale di polizia. " Chi sci? " gli domandò l'impiegato di servizio. " lo sono, Vostra Grazia, uno scrivano della clas.se dodicesima e... non sono per niente uno di quelli". "Tu menti! Ti si leggono negli occhi le tue idee liberali. Parla: a quale partito appartieni?". E in cosi dire gli appioppò un pugno. Il malcapitato per la paura perdette i semi e, in seguito, il suo svenimento si trasformò in un sonno letargico. Ora lo vedrete ». Il direttore apri l'armadio, ma restò co• mc annientato: l'armadio era vuoto . e Scomparso! > gridò il direttore. « L'avranno rubato. t deplorevÒle ! >. « Impossibile! Oggi si son appunto compiuti i trent'anni. Si sarà forse svegliato, e in quello caso >, esclamò il direttore, e bisogna subito rintracciarlo >. Svegliato dal sonno letargico, l'uomo del t 90~ Gi palpò i piedi per vedere se c'erano ancora le soprascarpe, toccò l'ombrello, 1i soffiò il naso, uscl cautamente dall'armadio e scese indisturbato in istrada. « Difilato a casa! > borbottò. « Che penserà mia moglie? Che dirà il segretario? Passar la notte alla -&ezione... che vergogna! Vetturino, alla Tena 1';1:cscianskaja ! ». « Due rubli>. « Sci matto? 1 $ copechi! >. e Il matto ur.ai tu: >. «Bestia! Hai anche il coraggio di offc-ndcrc? ! Hai voglia di finire alla sezione?>. da:;i\c >.vuoi che mc ne faccia dei gcnL'uomo 1905 notò con cura il numero dell'impudente vetturino e pros.cgul a piedi. e: Compagno, da quale parte si va in via Dmitovska? > gli domandò un passante. e Cheee? ! > sibilò il risvegliato. e Per chi mi prende? A. quanto sembra, lei pensa che io appanenga al partito rivoluzionario liberale. Io non wno un compagno! ». « Allora, cittadino; scusi >. e Non sono nemmeno un cittadino, io >. e: Ma chi è allora, si può sapere? •· « Sono un impiegato della dodicesima ciane e porto le insegne dell'ordine di Sant'Anna di terzo grado. Se. per errore ~ 0 u::,o:t;:~va~ri:t~a:io,c 0 n:: c~:i!~f;;a~~o~ prova ... ». Il giovanotto sgranò gli occhi su quello strano tipo e si tirò in disparte. ' •· . -• « Ecco le conseguenze di quell'incidente deplorevole! > borbottò il rì.wegliato. Il poveruomo cacciò le mani nelle tasche e cominciò a canticchiare l'inno imperiale. e: Giornalaio! Due copie del Ruska10 Zn~meni >. e Eh?». e .Znameni Ruska10, dico, dammene due copie>. e Non ho questo giornale >. e No? Allora dammi il Novoje Vremja >. e Non ho neanche questo >. e Che cos'hai, allora? •· e Il giornale dell'o.peraio, la Pravda, La sie/la ,osstJ ». e Guarda, guarda, questo monellaccio! Vendi merce proibita? Aspetta, ti condurrò alla snione, birbante :t, L'uomo notò accuratamente i connotati e il numero del sedizioso venditore di gior• nali. e, facendo crocchiarc le soprascarpe, continuò la sua strada. Sulla facciata d'un grande edific.io lesse: « Comitato Moscovita del Partito Comunista Russo•· « Co•osl !.. Craz.ioso !.. Davanti agli OC· chi di tutti! Benissimo! Mi annoto anclle quCSIO >. L'uomo raccolse nel 'luo taccuino queste prove irrefutabili e pro1cgul la strada. < Compagno, posw ~cocnderc la sigaretta? > gli disse un uomo grasso, con una pelliccia di ca$10ro, fermandolo. e Oh... Giuro! Non ho rapporti con le organizzazioni segrete, coi circoli rivoluzionari,. coi gruppi politici, e non sono un compagno. Se ho pernottato alla sezione, è stato per un semplice equivoco... per un deplorevole errore ... •· L'uomo, inorridito, fece un salto indietro. Girata invano tutta ~lo~a, il di1cuorc del musco stava già per rinunciare alle ricerche, quando finalmente si imbauè nel prc2.ioso esemplare del suo musco. Il risvegliato stava in ginocchio in mezzo alla piaua ,-del Teatro, e, gemendo, ripeteva meccanicamente: e Sono un impiegato della dodicesima classe e non appartengo a nessun partito. Se ho punottato alla sezione, è stato per sbaglio... Dio salvi lo Zar! Per quanto riguarda il vetturino numero 492 1 e il gior• naia io numero 12 (biondo, sui 14 anni, occhi auurri, non ha segni particolari), posso attestare che sono mischiati nel movimento: soprattutto il giornalaio, che vende dei fo. gliacci rivoluz.ionari. E posso darvi l'indirizzo del Comitato Moscovita del Partito Comunista ... >. I pauanti si fermavano e gli davano uno o due copechi. Due settimane furono 'lpesc inutilmente dal direttore del musco per spiegare al suo uomo la nuova situazione della Russia. Al principio della tena settimana, l'uomo cominciò a capire. Al principio della quarta, durante un riposo pomeridiano, disse ai suoi colleghi: e: L'anno 1 905? Come no! Mi ricordo. Ho preso parte attiva al movimento r:vo~ luzionario. Sono Gtato anche arrestato. Per aver partecipato a dimostraz.ioni ... C'era da fare in quel tempo! Ma perchf parlare? Siamo vecchi rivoluzionari e, naturalmente, non godiamo la simpatia degli ultimi arrivati ... >. Si narra ch'egli tenne una brillant:ssima conferenza sui suoi ricordi del 1905. VALENTINO KATAJEV
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