spetti della Chiesa ortodossa. La stessa sera la folla rallentava il passo nelle strade e sostava ai crocicchi; ma i capi deWopposizione non diedero gli ordini che la gente si attendeva. Il momento critico era. superato. Si disse che i comandanti dell'opposizione erano senza esercito, e che lo avrebbero raccolto in .. provincia fra una domenica e l'altra. I funerali del Patriarca, per i quali erano state annunziate sanguinose rivolte e il principio di una lotta simile a quella di Spagna, non rivelarono che una modesta pattuglia di ragazzi pagati. Tuttavia1 in quei giorni, la fantasia popolare era stata talmente eccitata che bastò, durante il corteo, il crollo di una baracca perché la folla, impazzita di terrore, si precipitasse nelle vie laterali e nei giardini pubblici, abbandonando ìl feretro in mezzo a una strada de.~rta. I feroci guardiani che lo avevano scortato coi pugnali alla cintola e gli schioppi a tracolla, fuggfrono nonostante il loro leggendario aspetto di cacciatori di frodo. In pochi istanti, quei loro maestosi baffi, attorcigliati all'antica come ferri battuti, perdettero ogni autorità. Sulla spavalderia di quei baffi, l'opposizione aveva fatto assegnamento, come pure sull'imponenza delle barbe e delle capigliature dei vescovi e sulle loro tuniche viola, gialle e celesti. Il corteo era· stato,allestito con gusto medioevale : corone di spine, stendardi laceri, mitrie dorate. Un gigantesco monaco, i cui occhi roteavano come macigni, recava il vessillo stracciato la settimana avanti durante uno scontro. Un coro basso si scioglieva dai petti bizantini dei pope, sotto un ciclo leggermente coperto, fra i singhiozzi delle donne isteriche. I giornalisti, pregati di insistere sull'avvclcnamcnto, non se lo fecero dire due volte. 1'.{a come mai ·U Patriarca era morto lo stesso giorno della ratifica del concordato? Non si era forse voluto con premeditazione impressionare il popolo? Per quale scopo il go• verno avrebbe avvelenato il Patriarca, quando proprio dalla sua morte gli cr,rno venuti i maggiori fastidi? Inco• mincia,ono a circolare altre voci che accusarono il vescovo Dossitei di aver preparato il veleno per .diventar lui il Patriarca. La lotta si spostava. Il concordato col Vaticano, che sin dall'inizio era stato soltanto un pretesto, non era più in questione; nc,n era nemmeno in questione se il Patriarca fo,;se stato o no avvelenato, se gli stendardi delle chiese fossero stati lacerati, se il governo dovesse dar soddisfazione alla Chiesa ortodossa, se la politica estera dovesse subire un altro indirizzo. In • questione, nei villaggi serbi, nelle lun- ~ ghe domeniche, quando i contia.dini, dopo avcc vuotato un certo numero di bottiglie, sentono il sangue correre nelle vene, era soltanto la Serbia e le tradizionali slave, intorno a un dolce di grano.che rappresenta le anime dei vivi e dei morti. Questi contadini testardi avrebbero maledetto perfino la Jugoslavia, qualora non fosse stata ritpettata la Serbia. Il go"erno aveva accettato tale lotta e, sebbene formato in maggioranza di Serbi, si era messo contro i Serbi, nella speranza di assicurare i Croati sulle sincere disposizione di Belgrado. Attraverso s."lcrifici notevoli, un gran passo sembrava compiuto per la liquidazione della questione croata. I Croati avrebbero compreso alla fine quanto fosse desiderata l'unità spirituale nel paese e quanto il governo tenc~c a raggiungerla col loro cbntributo. Questo era il momento propizio. Si cominciò veramente a credere che un accordo fra il governo e il movimento di .Macck fosse possibile e imminente: un accordo onorevole per le due parti, dentro il quadro della costituzione. Belgrado aveva rinunziato a far valere la supremazia dei Serbi, Zagabria avrebbe dovuto rinunziare ai suoi progetti di separatismo, federalismo, ccc .. Fu allora, invece, che, con una mossa precipitosa, l'opposizione di Belgrado, vistasi perduta, capitolò davanti al capo del movimento croato, accettandone tutti i progetti di federalismo, pur di evitare a Stojadinovic un successo sicuro. L'opposizione finnò con Macck un'intesa circa la completa revisione dello statuto. Il governo si venne a trovare apparentemente isolato, senza Serbi e senza Croati. Che ragione c'era dunque di insistere sul concordato? Se i Croati, cattolici, non volevano apprcziare gli sforzi compiuti per il concordato 1 ebbene il concordato sa1ebbe stato tolto dall'ordine del giorno. Ed ecco una scissione profonda formarsi fra Croati e Serbi. Non tutti intendono seguire Macck. D'altra parte i nazionalisti serbi che, durante la lotta religiosa, avevano combattuto il governo, si riavvicinano ad esso davanti al pericolo dello smembramento dello Stato. La Francia ha accolto con allegria l'., cordo dell'opposizione serba col movimento di Macek, perché ciò dovrebbe significare la formazione di un e fronte popolare> in Jugoslavia; ma perde i nazionalisti, gli unici sui quali poteva contare. E la Serbia torna ancora una volta alla ribalta da arbitra, poiché non è senza difficoltà e non senza lentezze che la .Jugoslavia si forma. CORRADO SOFIA 11Non diaptr.nJ, YTonn♦ 1 .. non nremo 11.11 erede che oonUnul la in.d.ldcue milhani di tamiglla, polremc aempn adottare un bel uc.ega.leo" BUDIIIA ~~C!:>D~~ DELLE SUFFRAGETTE ,(\ PAGINA ventotto della sua .-Sto- ~ ria d'Inghilterra•, Andrea Mauro1s ammannisce, prezioso e rapido, questa notizia: e Nel sud-est della Britannia, che sembrava fosse pacificato, una violenta rivolta capitanata dalla regina Budicca o Boadicea e provocata dalle malversazioni dei primi governatori mise in serio pericolo i Romani, ma per un solo i.stante. ché subito essa si concluse col massacro dei ribelli•· Il brillante compilatore s'accontenta di sottolineare le prepotenze dei governatori imperiali non senza una punta di simpatia per la sfortunata avventura della bellicosa regina; e però noi cercheremo di raccontare quel che accadde in Britannia nel sessanta dopo Cristo alla morte di Prasutago re delle celtiche tribù meridionali degli lceni, il cui territorio fu per testamento affidato al governo della moglie Budicca e dei Romani. Credette Prasutago che cosi di buono accordo si potessero comporre le molte quistionì che negli ultimi anni s'eran venute accendendo, ed invece intorno a1 testamento scoppiò mi11,accioso un vero trambusto per l'inC.olc cattiva della donna e la nessuna tolleranza che i Romani dimostrarono di avere verso il femminismo. Cominciarono gli Icenì ad attizzare il fuoco della guerra, saccheggiando e incendiando villaggi e città, seccndo il costume ch'era proprio dei Celti; ed una donna, Budicca, correva per tutte le terre e genti di Britannia agitando minacce e discorsi e raccogliendo armati perfino tra i pacifici. Immaginatela come vi piace, bella o brutta, grassa o magra o Ji composte forme: ad ogni modo è certo che Budicca appare fornita di solide corde vocali e mirabilmente descritta nel trentatreesimo capitolo del libro decimoquarto degli e Annali• di Cornelio Tacito, in quel latino secco e conciso come un'acquaforte cd efficacemente tradotto dal vibrante italiano di Bernardo Davanzati. Eccola qui: .-Budicca in carretta con sue figliuole innanzi andava ad ogni nazione dicendo solere in Britannia maneggiar le guerre le donne, ma ella allora non venire a difender quel regno e le sue forze come nata <li tanti eroi, ma come una delle più plebee a vendicar le sue bastonate la perduta libertà e l'opor tolto a quelle figliuole: da che la libidine romana era venuta a tale che non le campava vergini né vecchie•· I Romani l'avevano bastonata: e sa_rà vero, poiché Tacito l'afferma anche altrove; ma comunque si guardi la cosa, non v'ha dubbio che bastonar la dovessero per quel che la terribile andava dicendo ed eccitando. E prove non mancano per dimostrare che nella stessa Britannia i Romani alcuni anni innanzi avevano difeso una donna, anch'essa regina, contro leprepotenze del re suo marito. t sempre Tacito che racconta, questa volta nel terzo libro delle •Storie•, capitolo trentacinque, ed è sempre Davanzati che traduce: cl Britanni si so)levarono messi su da Venusio uomo feroce, nimico del nome romano e fieramente acceso contro a Cartismandua regina dei Briganti (tribù celtica, e però nome proprio) ... Ella chiedeo a' Ro~ mani difesa: nostri uomini dopo varie battaglie salvarono la reina: il regno rimase a Venusio: la guerra a noi•· Il fatto dimostra che se è vero che i Romani bastonarono Budicca, è altrettanto vero però che molte battaglie essi combatterono per salvar dalle bastonate la regina Cartismandua, la quale par che fosse anche lei una di quelle che solevano maneggiar le guerre in Britannia. Come preciramente andassero le cose con Budicca non sappiamo in tutti i particolari; risulta solo che la guerra fu aspra e la rivolta s'allargò minacciosa, per l'assenza del governatore Svetonio Paulino impegnato con le legioni a dar la caccia ai druidi nell'isola di Anglesey, tra la Britannia e l'Irlanda. Fatti davvero nuovi e impressionanti accadevano in quell'isola, che allora chiamavasi Mona e dove tra una battaglia e l'altra, e forse anche nel cuor della zuffa, apparivano fantasmi e fattucchiere, sacerdoti barbari e femmine forsennate, ad eccitare i guerrieri celti contro i nostri soldati. Leggete: .-Stavano i nemici in su 'l lito armati e stretti. Tra essi correvano femmine scapigliate con vesti nere e facelle in mano come furie. E i druidi loro sacerdoti ci pregavan() cose orrende; e tanto la nuova vista stupefece i soldati che stavano fermi come statue a lasciarsi ferire. Ma confonati dal capitano e stimolatisi tra loro a non aver paura di donne e di pazzi, danno dentro, e gl'incontranti abbattono e rivolgono nelle lor fiamme•. Svetonio Paulino, sistemate le faccende di Anglese}', accorse sùbito nel mezzogiorno della Britannìa incontro a Budicca, che nel frattempo aveva adunato d'ogni terra migliaia e migliaia di rivoltosi. I Romani erano pochi, i ribelli invece numerosissimi e feroci: di quelli che Tacito definisce Jerociores con un comparativo l'lh'è superlativo e Orazio chiama hospitibus Jeri: e crudeli con gli ospiti,. Era fama che avessero gambe buone, in pedite robur; e però Svetonio Paulino prima di attaccar battaglia volle tenere questo discorsetto ai legionari, affinché conoscessero meglio i nemici che stavano loro di fronte: cRidessonsi delle minacce dei barbari; vedervisi più donne che giovani; non guerrieri, non armati, tante volte rotti che la darieno a gambe come vedessero i vincitori e 'I ferro,. Le parole del comandante sortirono effetto felice sul sereno e narurale coraggio dei soldati, e caddero infatti più ~ O\tantllf mila barbari e dei legionari po..o. più ~ cinquecento: e gloriosa, e pari alle antiche, fu la vittoria di quel giorno ,. E Budicca? Corse voce che morisse suicida di veleno; e in verità fu degna mone la sua, essendo avvenute per amor di lei tutte quelle stragi ed incendi e lutti: Colchester, Londra, Hertford ridotte a ruine fumanti. Immortalata dal latino di Tacito, discussa e interrogata dagli storici pettegoli per conoscere il suo vero nome, se si chiamasse Budicca, o Buducca, o Bundicca, o Boadicea, o semplicemente Boduoc, come si legge in alcune monete, la regina degli Iceni si agita ancora e qua e là corre minacciosa e boriosa, tenace, cocciuta, infaticabile. Dopo tanti secoli, io l'ho riveduta due anni fa a Londra in Hyde Park sullo sgabello dov'era salita a proclamare non so che cosa fra il mormorio di un armonium dell'Esercìto della Salute. Devote sue sono le suffragette, le propagandiste puritane, le legnose predicatrici, le velenose pubbliciste della sua terra. Per esempio, la vociferante Pankhurst: eroina comicissima d'un corsivo del Popolo d'Italia di quest'anno, che ricordava l'amoroso nome suo di Silvia accanto a quello malinconico di Tafari. GOFFREDO COPPOLA SJJJD:ac:!2 DONALD li socialista viJconte Snowden, che fu Cancelliere dello Scacchiere nel ministero di MacDonald, cosl scrive del suo Primo Ministro: M ACDONALD ha sempre ,aput con certezza che il governo, di t.;ui egli era stato per così lungo tempo il capo, non rappresentava che una minoranza della popolazione del paese. -;- Al momento in cui io mi ritirai dal governo nazionale, si sapeva che egli era stanco e che provava una profonda amarezza per il fatto che i membri conservatori del gabinetto gli imponevano costantemente il loro punto di vista, mutilando o sospendendo tutte le conquiste della legislazione liberale e radicale ogni qualvolta ciò si poteva fare impunemente. « MacDonald era sempre pronto a cedere su tutte le questioni ai suoi amabili conservatori, la cui approvazione egli desiderava al di sopra di ogni cosa. e Oggh non soltanto i ,uoi vecchi colleghi, ma anche i suoi nuovi amici si domandano quale esattamente sia la sua politica. Forse ce lo rivelerà in qualche suo discorso d'addio. « Ma quello che la storia dirà un giorno, e che milioni di uomini e di donne vorrebbero sapere fin da adesso, è l'importanza dell'eredità che questo primo capo di un governo laburista lascerà al paese. e Che cosa ha fatto durante gli anni trascorsi alla testa del così detto governo nazionale per mantenere le promesse, che egli stesso aveva fatte all'epoca in cui predicava e profetava? « Se è vero, - e io temo che veramente sia cosl, - se è vero che sia passato al nemico politico, credcndo 1 a torto, che il servizio del paese gli imponesse l'abbandono dei suoi principi, egli non è giunto - lo si può ben credere - che alla sua meta predestinata. La crisi del 1931 gli ha permesso, dopo lun~he e faticose marce nei paesi lontani del socialismo e del movimento laburista, di trovare il cammino verso il suo home spirituale: il partito conservatore>. - ----- ------ ==~-~_·1% . - ~~e~ ,, '1 .:...~ ::.::=:§~~ì). ,~~~ I \ ' -- "~' r!tJ•:~," 11 '· "fil'',_,_.,____ l ;~~' -3 I 't \. '1 ,lp, u, / I • I n commhu.rlo di con\rcllo del ocmhatc di Hn lutenentc fa ana ,orpma CRISI MINORI IN AMERICA L'ECONOMIA degli Stati Uniti attraversa ancora una volta. giomi difficili.' Nel mano scorso una crisi dei metalli. Nel settembre una crisi dei valori. E dal 18 ottobre in qua, nuova crisi della st~s!a natura della precedente. Cli economisti hanno sentenziato che si tratta di e crisi minori >. Ouia ritengono che la depressione attuale sia simile a quella del 1923-24, e non già ali~ grande depreuione del 1929, e che essa, anche se grave, non possa es~re di lu?~a durata. Ma vi è un grave elemento d1 incertezza, un elemento che non trova precedenti nelle situarioni analoghe del passato e che rende in'lpouibile qualsiasi previsione. Quello elemento è il Pr«identc Roosevelt. IL NUOVOMESSIA PER la prim~ volt~ ncll~. storia, l'economia degh Stati Uniti è assoggettata all'amministrazione; e ìl capo di questa amministrazione, il Prcs.id-ente, è un uomo che e concepisce se stesso >, scrive Walter Lippmann, e non come un supremo magistrato, ma come un leadu eletto in modo specialissimo. che goda di una particolare e quasi mistica ispirazione per virtù di una comunicazione subcosciente con la folla... Egli ha un potere personale decisivo sui fattori vitali dell'economia americana; mentre, per preparazione, per studi, pe1 cspcrienza, per qualità naturali, non è affatto idoneo ad esercitare un così grande potere. e un fatto incontestato che egli eserciti quc$to vasto potere personale, il quale pub significare la vita o la morte economica della comunità, del tutto a caJO e in modo assolutamente bizzarro. Non c'è un gabinetto ufficiale, che realmente decida. Non c'è un gabinetto ufficioso o cib che noi, ora, in America, chiamiamo un brain trust, il quale lo aiuti a decidere in cose di alta politica. Non ci sono uomini di prim'ordine nell'amministrazione, che possano dirgli la loro vera opinione e che conservino i loro posti dopo di avergliela detta. Come qualcuno disse dì un altro go• vcrno, gli uomini di valore o si rassegnano o sono licenziati (nel testo è un giuoco di parole intraducibile: eith•r resitn or bt• come rtsitntd]. Non ci JOno capi del partito democratico che siano indipendenti e nei quali egli abbia fiducia. Non c'è opposizione riconosciuta ... Il Prc&identc vive come un sovrano investito di potere personale, circondato dai suoi cortigiani. E pare che egli si sia spinto fino a tenere vicino a sé un buffone di corte. Il che pub cuere un principio eccellente, purché, poi, a co• 1' ·sto buffone non venga in mente di essere anche lui un m('ssia >. La questione, continua il Lippmann, è se si intenda permettere alla ripresa, che è in marcia e che non dovrebbe esser finita, di progredire. Questo problema non si risol\'c con piccole concessioni in materia di tecnica di disciplina del mercato. Si risolve solo col ripristino di un Governo responsabile e di buon senso e al posto delle ispirazioni: divinuiooi, improvvisazioni e mistificazioni di un uomo che non è affatto un superuomo, sebbene sia un bcue intenx.ionato e simpatico ttntltman >. Cosl Walter Lippmann. E lasciamo a lui la responsabilità di tutto quel che di poco riguardoso verso il Presidente è nel testo sopra riportato. UN"FENOMENO":WALTER LIPPMAÌIN WALTER LIPPMANN è tutt'altro che il primo vtnuto in America. Egli è un giornalista e uno scrit• tore eminente, cd ha un prc$ligio e un'autorità, quali nessun giornalista ha mai avuti in quel paese. Altri paesi possono avere avuto giomalisti simili, scriveva qualche me'sc fa, non seni.i. oreoglio, la rivista americana Time (dalla gliale ricaviamo tutte le notizie che seguono sulla vita di Lippmann), ma solo in America oggi può esistere un fenomeno giornalis1ico come Walter Lippmann. Egli non è solo un giornalista, ma il maestro di se stesso; non solo un articolista, ma uno ~rittorc eminente; un dotto quasi senza rettorica; il maestro dì quello stile lucido, che triplica l'efficacia della sua critica politica. Egli è stato di quei pochi giornalisti .:i.mericani che hanno fatto del giornalismo non un commercio, ma una professione. Ventisette anni fa, l'editore Lincoln Steffcns si recò all'Università di Harvard a ccrc.are e l'uomo più abile ad esprimer-: per iscritto >; pcr designazione unanime gll fu indicato Walter Lippmann. Questi diventò, cosl, suo auìstcnte ali' Everybody'1 Magal.ine, poi fu segretario di un sind.:i.cosocialista; poi redattore dcli.:,. New Republic, e successivamente del World; dal 1931 è articolista - non redattore - della Htrald Tribune. La sua popolarità crebbe rapidamente, si estese a tutto il paese, !K>r• pass/1 i confini degli Stati Uniti. La Herald Tribune lo definl e l'uomo dalla mente illuminante, il grande chiarificatore >: The Great Elucidator. Oggi la sua. prosa viene pubblicata contemporaneamen1c da 160 giorn.:i.lidegli Stati Uniti e del Can.:i.dà, di vario colore politico, riuniti in consorzio. Egli ha non meno di otto milioni di lettori. Ha una rendita e più che confortevole> di .H,329 dollari (pari a circa un milione di lire italiane) e tre case: in Manhattan, Florida e Wading River, Long Island. BcncM si tratti di un caso di cece• zionc. bisogna riconoscere che il giornalismo può fruttare qualche cosa in America. Egli scrive la mattina una colonna di 1.200 parole in due ore. Il pomeriggio cavalca, pesca. gioca a gol( (bene). a tennis (anche meglio) o fa da arbitro di qualche partita di polo. Ha una moglie bella e bionda, da cui si dice che stia per divorziare, e non ha figli, Nella vita privata, ha più inclinarione a lc~arsi di intima amici1.ia con i Morgan o i loro soci, che con i capi dei sindacati operai. Tulle queste cose hanno forni10 argomenti a coloro che, quando Lippmann ha criticato l'amministrazione Roosevelt e i suoi metodi, hanno creduto di discu1ere se egli abbia o non .:i.bbia il diritto di chiamarsi ~ liberale >. La questione ci sembra che abbia una medfocre importanza, anai ohe non ne abbia alcuna. Che Lippmann abbia un ricco patrimonio, che abbia una bella moglie, che conduca una pi.:i.cevolevita, sono notizie che possono interessare chi sia vago di conoscere qualcosa del giornalismo o della vita sociale americana. Che Lippmann sia libcr.:i.le appunto perché circond3tO dì agi, è possibile. Che non abbia il diritto di dcfinini liberale perché ricco o pcrch~ ha una bella moglie ci sembra una cunosa questione. Ma, io ogni modo, ~hc ~m~o.rta? Quel che ci interessa è il g1ud1z1? che Lippmann ha pronunziato .sul. ~residente Roosevelt. Egli lo ha definito 1mdo_neoal suo alto compito per studi, per esperienza e per ingegno. Ha parlato del suo Gove;no come di un regime a base di improvvu~- z:ioni e di mistificazioni. E ha invoca•o 11 ritorno al buon senso. Questa è una se era, una dura condanna. t giusta? LIBERALISMOO ANTIMESSIA!IESIMOf SEI ANNI fa, rilerisce ancora Time, al tempo in cui .1' Am~inistrazionc repubblicana monv:1 d1 lenta tuberco· losi politica ed economica, Herb~rt Hoover, quando sì metteva a sedere per II breakfast, che le ansie gli avV1:lenavano abbondante• mente, usava regolarmente sf_oglia1el'a~cidcmocratico Wo,ld e leggervi, alla pagina editoriale, la spassionata ~iscus!io~e ~he Walter Lippmann faceva dei suoi d1fem e dei suoi errori. In questi ultimi mesi, Franklin Roosevelt, quando, rizz~ndosi. sul letto per il breakfast, aveva occas10.nc dt 'C?rrere l'arcirepubblicana H trald T r1b1rne, VI trovava, nella colonna TodaJ and Tomo11ow ~:o~t=~~::t~ii~une~ie u~~c 1 ~~tus::on;~d~~;: sore usava fare nel IVorld. Tutto questo mutamento, per cui d~e Amministraiioni opposte hanno trovato in lui un critico egualmente severo, egh ha giustificato in nome del suo liberalismo. E, certo, una gran parte del s.uo p~nsiero politico procede d~ .premeue ~bcrah: per esempio tutta la cnuca che cgh fa nel su~ ultimo libro - The Good Soc1tty - d1 ogni tipo di società regolata ? secondo ~~ piano pr«tabilito (planned soc1ety). Ma v1 e tutta un'altra parte che è affatto indipcn• dente da qualsiasi postulato liberale, arizi è al di fuori di qualsiasi postulato politico: e l'articolo di cui, in principio, abbiamo riportato quache periodo, ne è un saggio. t la parte, se cosi si pub dire, ~nt~mc_ssi:1nica. Lippmann non ammette 1sp1rat1 m politica, non ammette messia. Si può essere liberali o antiliberali, ma, su quello punto, ogni persona di buon scn:.o sarà d'accordo con lui. Facciamo qualche esempio. Nel libro che abbiamo citato, Lippmann dice che, oggi, uomini di divcr~i color! o opinioni politiche sono co~cord1_nel :ite: nere che e il governo con 1 suoi mezzi d1 coercitione... debba dirigere il corso della civiltà e fissare la forma delle cose future>, ma che e gli uomini ingannano se stessi quando pensano di .potcni ass~n:1e~ci~ com pilo dell'ordine sociale>. Qui e 11 liberai~ che parla. Egli dice ancora: « I governi sono composti di persone che... devono mangiare e spesso mangiano troppo. Esse spcuo preferiscono andare a pescare, o far: all'amore, o fare qualche altra cosa, anzi che rimescolare delle carte. Esse devono dormire. Esse soffrono di indigestione e .di asma di bile e di palpita-iione, si annoiano, si stancano, di\'cntano n.egligenti, h:1~no l'emicrania ... Ci sono pochi superuommt e non c'è mai stata una successione di superuomini. .. Non c'è un piano per trovare coloro che (acc.iano i piani (the pla,iners) >. E fin qui è ancora il libc_rale che parla; Ma un liberale che va oltre 11segno: perchc se, per il fatto che gli uomini usi!"~ ~angiare e dormire o che soff"r~no d, md1ge• 1tioni è impossibile un « piano >, è, per la st;ssa ragione, impossibile un gòverno. Quel che occorre .dim~s1rarc è, •~~unto, che siano ncceuan de, superuomini per fare un « piano > ; senza contare che, in tutti i casi, anche un superuomo n:iangc: rebbe e dormirebbe e potrebbe so!Tnrc d1 indigestioni. Lippmann dkc: e Una società _rego!ata secondo un piano deliberato è una società bellicosa e povera >. E in questa sentenz.a. è del vero. Egli dice ancora: e Gli occhi dc"·ono riacquistare la loro ìnnocenza per vedere le cose come sono.: per vedere non già il New Deal sotto la specie delle sue 3spir.:i.• tioni ma i New Dtalers (cioè gli uomini che ~ttuano il J,/. D.) nelle carriere che hanno fatte>. E qui non è più il liberale che parla. Egli dice che Roosevelt è uri improvvi$.:i.torce un mistificatore, che prc\ende essere un messia, e lo pone sullo !lesso scanno di un suo buffone di corte, che non s.:i.ppiamo .chi sia. Non facciamo che riferire, e, ripetiamo, decliniamo ogni r~sponsabilità per apprezzamenti cosl poco nguardosi verso il capo di un grande paese o, meglio, di una democrazia ch_e si .definisce grande, Ma è certo che, con s1ffatt~apprcz· umcnti il liberalismo 110n ha mente da. vedere. 'Qui si tratta semplicemente di disistima proforld~ di un uomo per un altro uomo. Per altro, è piuttosto binarro che proprio l'uomo, di cui il Lippmann discorre in termini cosi poco ddercnti, abbia avuto l'idea di mettere e in quarantena> una gran t::r~~er~~,;~u;t~;~~e~e:: :~~ir:;iit~:? v~u!: e che patterà alla storia come la più inconcludente fra le Conferenze inconcludenti? Una ispirazione anche essa? Per essere un meuia, non $Cmbra che sia un messia bene· ispirato. OMNIBUS ANNO I,1N, 33, 13HOVEKBRE1937-XVl [)MNIBUS SETTIMANALDEI ATTUALITÀ POLITIOAE LETTERARIA ESCE U. SABATO m U-16 PAGINE ABBONAMENTI Italia e Oclonlei anno L, 421 aemutre L. 22 Estere I HD.O L, 70, aem&a~ L. 36 OGNI NOMEIO OJU. tl1U, Jhnosoriu.l, dhogni o fctogr,Jie, 1nobe H non pubblicul, ncn •I rea:tltu!l()ODO, Direlione: Boma • Via del Sudarle, 28 Telefouc N, 561.635 A.m.miaUtruiou: llilano • Piana Carlo Erba, 6 Telefcuo N. 24.808 Soc. l.noo. E41trlc:• " OMIBUS" • Jllllluo L.
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