Omnibus - anno I - n. 33 - 13 novembre 1937

I»I _.te>!l!llii:11:D_. .. Illte>'"JI["" .. I IO STRANO DESTINO del capostazione austriaco Adamo Fallmcrayer merita indubbiamen te di essere conosciuto e narrato. Egli spese un periodo della ~ua vita, vita che, tra parentesi, non sarebbe mai stata brillante e forse neanche durevolmente felice, in un modo assai curioso. Per quanto gli uomini possano prevedere i casi del loro prossimo, non sarebbe stato certamente possibile predire a Fallmeraycr una sorte diversa dalla comune. Tuttavia, il destino lo rincorse, lo afferrò e s~ potrebbe anzi dire che egli stesso si abbandonasse a quel destino con una certa voluttà. Era capostazione dal 19o8. Appena ottenuto il posto alla stazione di L., sulla linea della Ferrovia Meridionale, a circa due ore d., Vienna, sposò la figlia di un impiegato di Brno, una brava donna, di orizzonti piuttostdt limitati e non più giovanissima. Era stato un « matrimonio d'amore», come si diceva a quel tempo in cui usavano ancora i così detti • matrimoni di interesse ». I genitori di lui erano morti c1 sposandosi, Fallmcrayer aveva seguito un impulso moderato del suo cuore moderatissimo, e non certo ì dettami del suo raziocinio. Ebbe due creature, due gemelle. Veramente, egli avrebbe desiderato un maschio. L'attesa di un maschio era conforme alla sua natura e, in conformità a quella stessa natura, egli dovette considerare l'arrivo contemporaneo di due bambine come una penosa sorpresa, per non dire un brutto scherzo giocatogli dal destino. Ma aveva una posizione sicura e il diritto alla pensione, si abituò fin dal principio a quella larghezza della n<1tura e incominciò ad ama.re le sue bambine. E amare, per lui, significava pensare a loro con la tradizionale coscienza borghese di un buon padre e di un bravo impiegato. Era un giorno di man:o del 1914 ~ ~damo Fallmerayer it~:;~ .corw:; ~_I solito nel suo ufficio. li telegrafo ticchettava di continuo e fuori pioveva. Una pioggia precoce. Fino a una settimana prima, si era dovuto spalare la neve dalle rotaie e i treni erano arrivati e partiti con enonni ritardi. Una notte, improvvisamente, aveva incominciato a cadere la pioggia. La neve scomparve e di fronte alla piccola stazione dove l'irraggiungibile e abbagliante splendore della neve alpina aveva quasi promesso il predominio perpetuo ,dell'inverno, s'era alzata da qu.dchc giorno un'indefinibile nebbia grigio-azzurra : er.::.ad un tempo nuvola, ciclo, pioggia e montagna. Pioveva e c'era nell'aria un nuovo tepore. 11 capostazione Fallmerayer non aveva mai veduto una primavera così precoce. Alla sua minuscola stazione, i direttissimi che andavano verso il sud, a Merano, a Trieste, in Italia, non si fennavano m:-i.i.Passavano allegri e veloci du~ volte al giorno davanti a Fallmeraycr che salutava dal marciapiede con in testa il vivace berretto rosso. Quei treni degradavano quasi il capostazione, riducendolo un casellante. I visi dei passeggeri ai finestrini sfumavano via in un grigiore uniforme e assai di rado il nostro capostazione aveva potuto fissare in volto una di quelle persone che viaggiavano verso il sud. Per lui, questo sud era qualcosa più di un punto cardinale: il sud era il mare, un mare di sole, di libertà, di allegria. Tra le cose alle quali aveva diritto un buon funzionario della « Meridionale » era un biglietto gratuito per sé e per la propria famiglia durante il periodo delle vacanze. Quando le gemelle ebbero tre anni, i genitori fecero un viaggio con loro a Bolzano. Viaggiarono un'ora con l'accelerato fino alla stazione dove si fermavano i superbi direttissimi, montarono in treno, scesero... ma ancora non avevano raggiunto il sud. La licenza durò quattro settimane. Il capostazione ebhe modo di veder da vicino, viaggiando, i ricchi di tutto il mondo, e si sarebbe detto che proprio quelli fossero i più ricchi tra i ricchi. Non erano in licenza. E costoro ch'erano tra i più ricchi del mondo non avevano figli gemelli. e meno ancora gemelle. Ma, a dire il vero, era proprio in virtù di quei ricchi che il sud diventava il sud. Un funzionario della «Meridionale> non poteva che \'ivere costantemente al nord. Ritornò dunque alla propria stazione e riprese il servizio. L'apparecchi<? Morse ticchettava senza fine e fuon pioveva. Fallmerayer alzò gli occhi dalla sc.rivania. Erano le cinque del pomeriggio. Pur non essendo ancora tramontato il sole, pareva che fosse già sceso il crepuscolo. L'impressione era dovuta alla pioggia che tamburellava senza stancarsi sul tetto di vetro della pensilina. Il telegrafo rispondeva, e tra l'apparecchio e la pioggia pareva che si svolgesse il tranquillo colloquio della tecnica con la natura. Le grandi lastre di pietra azzurrina sotto la tettoia di vetro erano asciutte; le rotaie invece, e tra le rotaie la ghiaia minuta, luccicavano, nonostante l'oscurità, nell'umida magia della pioggia. Per quanto il capostazione Fallmerayer non fosse un uomo dotato di fantasia, ebbe tuttavia l'impressione, che quella fosse una giornata fatale, tanto è vero che mentre stava guardando dalla finestra incominciò a tremare. Fra trentasei minuti doveva arrivare il diretto di Merano. Fra trentasei minuti Fallmerayer si sarebbe trovato nella notte fonda : una notte paurosa. Sopra l'ufficio, al primo piagemevano, la pioggia scrosciava, le fiaccole sfrigolavano. Il capostazione, scosso da brividi di freddo, batteva i denti. Sentiva di dover fare qualche cosa al pari degli altri e, nello stesso '<.tempo, temeva che si volesse impedirgli di recare aiuto, nella supposizione che la sciagura fosse avvenuta per causa sua. Ai ferrovieri cht-, nconoscendolo, lo salutavano in fretta nel fervore del lavoro, Fallmerayer cercava di dire qualche parola con voce quasi spenta, e difficilmente si sarebbe potuto capire se impartiva ordini o chiedeva perdono. Ma nessuno gli dava retta. Egli non si era mai sentito così inutile al mon• do. E già incominciava a deplorare di non essere anche lui tra le vittime, quando il suo sguardo errabondo si ", .. Fallmen1er oed,tte alla ■lnolen la propria •taou, .." no, le gemelle facevano chiasso, come al solito: egli ne udiva i passetti infantili e le grida esasperanti. Aperse la finestra. Non faceva più freddo. La primavera giungeva a (olate dai monti. Si udivano i fischi delle locomotive in manovra, come ogni giorno, e i richiami dei ferrovieri e il cozzo cupo dc-lle carrozze che venivano agganciate. In quel momento, però, le locomotive avevano un fischio insolito : così almeno parve a Fallmeraycr. Egli era un uomo comune e nulla gli appariva tanto singolare quanto l'impressione che aveva di udire nei rumori soliti e ' comunissimi di quella giornata la voce paurosa di un insolito destino. Infatti, in quel giorno avvenne il disastro le cui conseguenze dovevano mutare completamente la vita del capostazione. II JL DIRt::n·1ss1MO aveva già annunciato dalla stazione di B. un lieve ritardo. Due minuti prima di arrivare alla stazione di L. cozzò, per un errore di scambio, contro un treno merci eh.! era fermo iu un binario. E fu la catastrofe. Afferrando in fretta una inutile lanterna trovata sul marciapiede, il capostazione Fallmerayer si mise a correre lungo i binari verso il luogo della sciagura. Aveva sentito il bisogno di prendere in mano qualche cosa. Gli pareva assurdo andare incontro alla sventura a mani vuote, e per così dire disarmato. Corse per dieci minuti senza mantello, sotto le sferzate della pioggia. Quando Jrrh-ò sri.1 posto, si era già incominciata l'opera di salvataggio e si stavano estraendo dai rottami i morti e i feriti. La notte scese rapidamente e pareva che anch'essa cercasse di giungere in tempo per aumentare il terrore di quella scena. Dalla cittadina arriva.-ono i pompieri con le fiaccole, che resistevano faticosamente agli scrosci del11acqua. Tredici carrozze giacevano sconquassate sui binari. Il macchinista e il (uochista, morti entrambi, erano già stati portati via. Ferrovieri, pompieri e passeggeri lavoravano con strumenti improv• visati, in mezzo ai rottami. I feriti posò su una donna che in quel momento era stata deposta su una barella. Abbandonata da color$) che l'avevano soccorsa, ella volgeva i grandi occhi scuri verso le fiaccole vicine, coperta fino ai fianchi da una pelliccia grigia1 e incapace di muoversi. Sul suo viso ·largo e pallido cadeva incessante la pioggia e il bagliore oscillante delle fiaccole vi mandava i suoi guizzi. Il viso luccicava come fosse stato d'argento nel fantastico gioco delle luci e delle ombre. Le sue lun~he mani bianche posavano sulla pelliccia, immobili anch'esse. Il capostazione ebbe l'impressione che quella donna sulla barella posasse sopra una grande isola bianca fatta di silenzio, in mezzo a un mare assordante di rumori, e che da lei emanasse un senso infinito di calma. Pareva infa1,.ti che tutta quella gente affaccendaflt si tenesse lontana dalla barella. Che quella povera donna fosse già morta? Che non fosse ormai più necessario occuparsi di lei? Fallmcrayer le si avvicinò lentamente. La donna era ancora viva. Era rimasta illesa. Quando Fallmerayer si chinò sopra di lei, ella disse, senza at4 tendere la sua domanda (pareva quasi che av.csse paura delle sue domande), che si sentiva bene e pensava di potersi alzare. Se mai, aveva perduto il bagaglio. E, nel dir questo, si alzò. Fallmerayer l'aiutò, prese la pelliccia con la sinistra, cinse le spalle della donna con la destra e, quando ella fu in piedi, le pose la pelliccia sulle spalle e, senza proferire parola, la accompagnò attraverso i binari e la ghiaia della linea fino al vicino posto di blocco, in uno stanzino tepido e illuminato. « Ora rimanga qui tranquilla per qualche minuto», disse il capostazione. « lo ho ancora da fare, fuori. Ritorno subito». Disse così, sapendo dì mentire, ed era quella, probabilmente, la prima volta che mentiva in vita sua. Eppure, quella menzogna gli era venuta naturale e spontanea. Benché in quel momento desiderasse ardentemente di rimanere accanto alla donna, gli era insopportabile il pensiero di apparirle inutile, mentre là fuori tutti gli ~ltti cercavano di prodigarsi nell'operi'· di salvataggio. Uscì dunque in fretta e con sua grande meraviglia trovò anche lui il coraggio e l'energia di fare qualcosa, di impartire ordini, di dare consigli e, per quanto in tutto quel tempo non potesse fare a meno di pensare alla donna lasciata nel casello, per quanto il pensiero che avrebbe potuto non più trovarla e non più rivederla gli fosse crudf'le-lie doloroso, rimase lungamente a lavorare sul posto della catastrofe. E, come se gli sguardi di lei lo seguissero e lo incitassero, egli ritrovò rapidamente la fiducia nella propria parola e nella propria capacità e diede prova di qualitll inaspettate. Si affaccendò così per circa due ore, pensando continuamente alla straniera ricoverata nel casello. Quando il medico e i suoi aiutanti ebbero curato i feriti 1 Fallmerayer si accinse a ritornare al posto di blocco. Disse in fretta al dottore che laggiù c'era ancora una vittima del disastro e, così dicendo, si guardò non senza compiacimento le mani cincischiate e la divisa insudiciata. Condusse il medico nello stanzino e salutò la straniera, che evidentemente non si era mossa dal suo posto, con quel sorriso gaio e confidenziale con cui si suol salutare una persona amica. « La prego di vedere che cos'ha la signora», disse al dottore, ed uscì. Aspettò fuori qualche minuto finché il medico venne a dirgli: « Non è. nulla. Una piccola scossa. Ma sarà meglio che rimanga qui. Lei ha posto in casa sua?». « Ma certo, ma certo», risoose Fallmerayer. E, insieme, accompagnarono la straniera fino alla stazione e su per le scale, nell'appartamento del capostazione. « Fra tre o quattro giorni sarà completamente rimessa », disse il medico. In quel momento, Fallmerayer sperava che i giorni non fossero quattro, ma molti di più. III fALLMERAYER cedette alla straniera la propria stanza e il proprio letto. Sua moglie divideva il proprio tempo tra l'ammalata e le bambine. Due volte al giorno, il capostazione si affacciava a chieder notizie. Le gemelle vennero costrette a non far rumore. Il giorno dopo, le ultime tracce della cat~trofe sparirono e fu iniziata l'inchiesta: Fallmcraycr fu interrogato e il ferroviere risultato colpevole sospeso dal servizio. Due volte al giorno, i dii:ettissimi passavano come prima davanti al capostazione che salutava. La sera dopo il disastro, Fallmerayer venne a sapere il nome della straniera: era una russa, una contessa Va1cvska dei dintorni di Kiev che si recava da Vienna a Merano. Una parte del suo bagaglio fu trovato e consegnato: erano valige di cuoio bruno e nero. Odo- :3-vano di bulgaro e di un profumo ignoto. Odori che ormai impregnavano tutto l'appartamento di Fallmeraycr. Ceduto il proprio letto alla straniera, egli dormiva ora non già nella camera da letto insicmr- a sua moglie, ma di sotto, nell'ufficio. O, per meglio dire. non dormiva affatto. Vegliava 1 finché alla mattina verso le nove entrava nella stanza della forestiera. Le domandava se aveva dormito bene, se aveva fatto colazione, e come si sentiva. Metteva un mazzetto di viole fresche ne-I vaso che era sulla console e ne toglieva quelle del giorno prima, cambiava l'acqua e si tratteneva un po' ai piedi del letto. Davanti a lui, giaceva la signora straniera, sui cuscini di lui, sotto la coperta di lui. Egli mormorava parole incomprensibili, mentre, coi grandi occhi spalancati nel v?lt~ bianco e l:irgo come un paesaggio ignoto e soave, la forestiera giaceva sotto la coperta del capostazione. « Si sieda, si sieda>, diceva lei ogni giorno. Parlava il tedesco con un accento lontano come lo parlano i russi, e aveva una voce fonda e lontana. Fallmerayer non si sedeva. « Mi scusi, ho molto da fare :t, diceva e si allontanava. IV Così passarono sei giorni. Al settimo, il dottore consentì alla forestiera di proseguire il suo viaggio, e di raggiungere il marito che l'aspettava a Merano.· Ed ella partì, lasciando in tutte le stanze, e specialmente nel letto di Fallmerayer, un odore acuto di bulgaro e un profumo senza nome. Quello strano profumo rimase nella casa, nella memoria e nel cuore di Fallmerayer pili a lungo che la cata• strofe. Nelle _se~timane seguenti, durante le qua!t s1 svolsero, secondo le nonne prescritte, minuziose inchieste sulle cause precise e sui particolari della sciagura, Fallmerayer, che dovette subire diversi interrogatori, non cessò di pensare alla straniera e, comt: stordito dal profumo che ella aveva lasciato in lui, si trovò a dare informazioni vaghe e confuse, mentre le domande che gli venivano rivolte erano estremamente precise. Se il suo servizio non fosse stato relativamente semplice e se egli già da più anni non avesse agito quasi come uno strumento meccanico di quel servizio, non avrebbe più pvtuto adempierlo con la coscienza tranquilla. Continuava a sperare che la posta gli recasse da un momento all'altro notizie della straniera. Era sicuro che ella avrebbe scritto, come era doveroso, per ringraziarlo dell'ospitalità. E infatti un giorno arrivò dall'ltalia una grande lettera azzurra. 1 - (conti,wa) JOSEPH ROTH ,I AL CAFFE .j:--+---t---+---- ( AL LATTE i r -✓ \ ~

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==