Omnibus - anno I - n. 32 - 6 novembre 1937

SOTTACOUA lliAC!IC!l®~"l:Pr®nll RICHAR,lJHlJj;H,Efì ~-;/ l)HN A;-.;DERSO::S capiva va- (!} gamcntc che c'erano alcune signore nella stanza, e che avrebbe dovuto in tutti i modi contenersi. Capiv:1 vagamente che tutto il vino bevuto gli canterellava nel cervello con le \·oci di mille uccelletti maliziosi. l:n altro bicchiere sarebbe forse riuscito a quìetarli... Afferrò la bottiglia di champagne al suo fianco e se la portò risolutamente alle labbra. Dopo di ciò, terra e cielo gli si confusero davanti agli occhi e sopravvenne un terribile caos. L'unica cosa che ricordava, superata la crisi, era il frastuono di innumerevoli voci che gli turbinavano nelle orecchie. Dapprima non riusciva a distinguerle, ma il loro acuto clamore lo infastidiva. Avrebbe voluto tapparsi le orecchie, ma le sue mani erano come dileguate, fuggite lontano; le vedeva, a infiniti chilometri di distanza, poggiate sui bracciuoli della poltrona, gli pare-va impossibile richiamarle da tanta lontananza. A questo punto, ur. ricordo comjnciò a prendere consistenza nella sua mente : il ricordo della favola medievale dell'aspide che, non potendo tapparsi le orecchie quando il fachiro lo incantava col flauto, introdusse in una di esse la punta della coda, e chiuse l'altra adagiandosi sulla sabbia... Ma, per quanti sforz.i facesse, quell'esercizio gli riusciva anche più difficile che ricnt_rare in possesso delle proprie mani. « Se fossi una sirena >, esclamò John Anderson con voce così squillante che ne fu stupito lui stesso, « ... se fossi una sirena, avrei una coda con la quale impedire alle mie orecchie di ronzare ... >. e Basta dar calci, e làsciati condurre a casa>, fece una delle voci. « Voglio scendere negli abissi del mare>, egli disse. e Voglio essere una sirena e pettinarmi le chiome fluenti!>. Nessuno 'rispose. Lo sollevarono per le ascelle e lo trascinarono a strattoni fuori della locanda e lungo la strada sassosa della piccola città marina; i suoi piedi incespicavano continuamente nei ciottoli; aveva perduto ogni controllo sui suoi piedi, sui suoi cattivi piedi disobbedienti ; malgrado ogni sforzo, non riusciva a farli avanzai:-e; dovette rassegnarsi a tr:ucinar!eli dietro pesantemente. e Voglio avere una coda!> gridò, con voce angosdata. « Voglio essere una sirena! > e si addormentò. I due uomini che lo trasportavano si fermarono per riprendere fiato e lo appoggiarono contro un muro, dove egli rimase sfinito, come un rottame abbandonato da una tempesta. I capelli gli ricadevano sulla faccia, e il mento gli scavava una piccola fossa sullo !1parato inamidato della camicia. I due uomini lo guardarono, ansimando. e Non ne posso più, Charlie >, disse il primo, uomo robusto, di mezza età, con guance carnose e due grossi baffi da colonnello. « E più pesante di quanto non sembri>. e D'altra parte non possiamo lasciarlo qui>, fece Charlic, giovanotto smorto, le mani coperte di anelli, e la cravatta, di quelle che si vendono già annodate, di traverso. Tutta la forza. della faccia gli si era concentrata nel na~ so, che appariva imponente. Il mento ' era tenue e gli occhi piccini. e Non possiamo lasciarlo qui ... E. quasi un dovere, per noi. Pensa quante volte si sarebbe rimasti a dormire per istrada, se gli altri non ci avessero portati a casa di peso, Jamcs >. James tirò un sospiro. e Forse hai ragione. In ogni modo, portiamolo almeno un poco più avanti>. Lo riafferrarono con nuova energia e lo trascinarono faticosamente per altri cinquanta metri, fino alla piazza del mercato. Una fredda nebbia giallognola saliva dal mare, le lampade a nafta dei capannoni splendevano in un alone di mistero. Improvvisamente, una massa cupa emerse dalla penombra; era un abbeveratoio per i cavalli. e Charlie >, gemette James, e Non ho più forza; non cc la faccio a portarlo neppure un metro più avanti •· Lo abbandonarono. L'ubriaco crollò a terra come un sasso, ma non si svegliò. e Se,nti >, disse Charlic. e Sa.i che facciamo? Gli immer'?iamo un minuto la testa qui e vedrai che poi riuscirà se non altro a reggersi sulle gambe>. Non è una cosa molto facile immergere la. testa di un ubriaco dentro un abbeveratoio, ma cionondimeno quei due ci riuscirono. Sollevarono con uno sforzo supremo il loro compagno e lo sprofondarono fino alle spalle nella vasca. Seguì una poderosa esplosione, in cui tutta l'aria racchiusa nei polmoni dell'uomo gli uscì con violenza dalla bocca. e Accidenti! > esclamò James; e Ch..1rlic fece eco con un altro « Accidenti!>. Lo sollevarono di nuovo, e tornarono a immergerlo con energia. Questa volta, c~li era svel!lio a metà e trattenO, 8, A,. HAlCERIOAN LEOION 11 ne il respiro. D'un tratto, si irrigidì e i due uomini furon costretti a lasciarlo. John restò in piedi, coi capelli fradici e arrufL1ti che gli scendevano fin sulla bocca; con l'abito nero e la camicia inamidata coperti di fango, imbrattaù di paglia e di altre sporti• zie lasciate dai cavalli nell'acqua del pozzo. Un enorme ragno, mezzo annegato, e contento di essersi miracolosamente ~alvato, scrisciò lentamente sul viso dell'ubriaco, poi cadde a terra. John Anderson era immobile, le braccia allungate in avanti, e dondolava leggermente; trattenne il fiato finché poté, poi respirò profondo. Un'espressione di completo smarrimento si diffuse sul suo volto; respirò ancora una volta, guardingo, tuttora incerto; poi ancora, con più confidenza. e Evviva! > esclamò. « Si respira come fosse aria!.>. Respirò profondamente più volte, e ogni volta manifesta.va una sorpresa maggiore. Mosse lentamente le braccia, una o due volte, come se provasse a nuotare. « Mi muovo? > chiese ai due uomini che lo ossc.rvavano. e Perdinci ! > fece Charlie, scoppiando a ridere. e Il povero scemo crede di nuotare!>. E prcSf' a contorcer5i in un arccsso di allegria, fra ripetuti scrosci di riso che gli provocarono un attacco di tosse, in seguito al quale dovette sedersi sul bordo dell'abbeveratoio per riprendere fiato. e Vedete », soicgava Anderson seriamcnH\ e non riesco ancora a muover bene la coda; non so dimenarla decentemente; è un disastro nuotare con queste pinne ing-ombranti >. Anche James era serio. « t difficile>, ammise, « finché non si è abituati. Ma vedrai, si impara alla svelta: spingiti un po' più in avanti e poi da' una brusca bracciata; ci riuscirai faciJmentc •· Andersou si piegò in avanti e tentò alcuni passi, sventolando le braccia ai suoi fianchi: girò su se stefso, partì con uno scatto improvviso e scomparve nella nebbia. • e Dio! > esclamò Charlie, apDena riusci a frenare le risa. « Crede di essere un pesce. Vedi, James, che abbiamo fatto bene a rinfrescargli le idee ... ». Gli b.itté sulla spalla. « Tutto il mio amore e la mia devozione alla Regina delle Sirene! > gridava Anderson; e l'eco remota delle parole arriva.va attraverso la nebbia. Un i'ita.ntc di silenzio, poi una voce lontana cominciò a cantare con nostalgia: Du, du, du, du, C'è una can~one che fa du, du, du ... Dapprincipio, Ander.son era felice di sguazzare in lungo e in largo, ammirando gli stupendi spettacoli del mondo sottomarino che lo circondava. Appariva di quando in quando, attraverso i riflessi opalescenti dell'acqua, qualche incantevole grotta, co,;;tellata di meravigliose gemme che parevano uscite dai racconti delle Mille t una Notte. Davanti a ogni grotta, sostavano strani esseri tenebrosi che si agitavano. Nello sfondo, illuminati da Una luce più viva, giacevano ammassi di pietre preziose e tesori, vegliati da affascinanti sirene. Più volte, egli tentò volgere i propri movimenti verso l'ingresso di quegl'incantevoli paradisi, ma ogni volta le correnti, o qualche altra forza contraria, lo spingevano violentemente in avanti, allontanandolo dalle grotte. Strani pesci lo superavano, strani mostri malinconici lo sfioravano nella nebbia. Da principio John ebbe paura, perché quei pesci erano grandi quanto lui; ma quando s'accorse che non gli fo.cevano male, divenne più ardito e cessò di curarsi della loro presenza, nuotando tranquillamente con grondi movimenti della coda (che ormai si era fatta straordinariamente maneggevole) e con le braccia che sventolavano dolcemente ai suoi lati, per mantenere l'equilibrio. D'un tratto, un immenso leviatano con occhi giganteschi e fosforescenti, gli venne incontro con grande clamore sul fondo marino, traballando e ruggendo con uno strepito che ricordava quello dag-li autobus. I suoi enormi occhi lum nosi lo affascinavano. Fece appena i, tempo a scostarsi per non essere in \'Stito. Allora, imorovvisarnente gli apparve, attraverso la fluida trasparenza dell'acqua, un polipo; una favolosa, mostruosa crt!atura che aveva in mezzo alla pancia un immenso occhio fiammeggiante. Anderson si trovò a faccia a faccia col mostro, senza possibilità di scansarlo. Si fennò immobile, paralizzato dalla paura. Anche il mostro si fermò e lo guardò con l'occhio scintillante. Per qualche minuto, restarono entrambi in silenzio; poi la stessa paura. che lo ~ffocava indusse Anderson a parlare, a dire qualcosa che potesse liberarlo dall'incubo. « Str... stra:,o >, esclamò con· voce abbastanza sciolta, e strano come stordio;ce l'acqua del mare ... >. Da qualche oscura propaggine situata sopra l'occhio, il mostro lanciò fuori un tentacolo e lo calò su di lui, afferr.1ndolo per il bavero della giacca. « Vieni con mc >, gli ordinò, e e non fare storie! >. RICHARD I-IUGHES (tradut. di Emilio Ceretu). TUTTI I CITTADINI di Bagdad era. no in subbuglio; la folla si accalcava per le strade leticando e vcnenèo alle mani; le donne s1 chiamavano e strillavano nei cortili. Perfino il Califfo era profondamen• te turbato. Bisognava far giustizia, bisognava trovare l'assauino. Quella mattina all'alba, era stato ucciso un cittadino. Lo sventurato aveva urtato contro un mattone e si era rotto il collo davanti alla porta del vicino al quale era andato a chiedere in prestito un po' di I.atte. Il Califfo ordine\ un'inchiesta, e quel tal vicino gli fu portato davanti, accusato di negligenza criminale. Il vicino supplice\: e O gran Califfo, avevo dato ordine al muratore di riparare il pianerottolo della mia casa e proprio que• sta mattina .il lavoro doveva essere fatto. Egli è il vero colpevole >. 11 vicino fu mandato libero" e il Califfo ordinò che gli fosse condotto il muratore. Il muratore supplicò: e O grande Califfo, io stavo a lavorare sul pianerottolo, quando il mio lavoro fu interrotto dal passaggio di una bella donna vestita d'az-zur• ro. I suoi occhi, i suoi capelli, il suo ar• monioso corpicino e quel bel vestito uzurro, tutte queste cose mi incantarono. E credo che fu più il vestito che il resto. E quando i miei occhi s'incontrarono coi suoi capii che non pote\'o Car a meno di ,cguirla. Non è dunque colpa mia se il :nattone si è trovato sulla strada del vicino. La 'leolpcvoBe è quella donna... La donna è sempre colpevole, o grande Califfo>. Il Califfo ordine\ che gli fosse portata Ja donna, La donna supplice\: e O grande Califfo, non è colpa mia se sono bella. La bellezza mc l'ha data Allah. Non è colpa mia se il muratore rimase stupito del mio vestito anurro. Non è opera mia; l'ha fatto il sarto >. li sarto supplice\: e O grande Califfo. lo non ho fatto altro che cucire quella bcUa stoffa. Non sono io il responsabile. Il tessitore è il colpevole ». Il sano fu mandalo \'Ìa. Il tessitore supplicò: e O grande Califfo, io non ho fatto che tessere i fili di seta, La stoffa aveva un brutto colore quando ll:'cl dal mio negozio. Il vero colpevole è il tintore>. Il tessitore fu mandato via, e il Califfo ordine\ che gli fosse portato il tintore. Il tintore supplice\: e O grande Califfo, l'arte della tintura è stata inw-gnata da generazioni a quelli della mia famiglia. Non l'ho mica inventata io. E siccome il materiale per tingere viene estratto dalle conchiglie che si trovaho in riva al mare ... >. ~fa il Califfo ne aveva abbastanza di questa storia. e Prendete il tinto~>, ordine\, e e impiccatelo .all'architrave della porta >. Poco dopo il Califfo udi che la folla ammusata davanti alla porta per assiste· re all'impiccagione era di nuovo in sub• buglio. e Non c'è giustizia a Bagdad ! >. Questo grido arrivà due volte all'orecchio del Califfo. Spunte\ un mess.aggero e si gettà ai piedi del Califfo. e O grande Califfo, è impossibile impiccare ii tintore all'architrave della porta: è troppo alto>. Il CaliHo medità qualche secondo: e Trovate un tintore più basso », comandà. IL DIALETTO BASCO è uno dei più difficili del mondo, e non ha rapporto non soltanto con lo spagnuolo, ma con nessuna lingua europea. Esso è inoltre uno dei dialetti più stranamente costruiti. I Baschi che parlano con gli stranieri, cercando di servirsi dell'inglese o del francese, traducono fedelmente i loro strani costrutti che -r,Dangono molto -spc.$$0 fncomprensiWJi anche tradotti. Cosl, per dire che una signorina deve sposare un signore, i Baschi dicono: ~ La signorina ha bisogno di spo· sare un signore >, Un viaggiatore straniero entra in un negozio basco e trova al banco la padrona. Le chiede del marito, ch'egli conosce. Ma ignora che la padrona è vedova da qualche settimana. e C'è suo marito? >. e No, non c'è >, risponde la signora traducendo fedelmente dal basco. e Tarderà molto?>. e t andato fino al cimitero ». e Torna presto? >. e No, ci rimane >, IL DUCA di Bcaufort era riuscilo a scappare, solo, dal mastio di Vincennes, dov'era prigioniero durante i torbidi della Fronda insieme coi principi di Condé e di Conti. 11 principe di Conti disse a un gentiluomo ch'era venuto a trovarlo: e Vì prego di procurarmi L'lmila~ione di Ctsù C,isto >. <., E a me >, soggiunse Condé, e l'imitazione dì Bcaufort >. VOITURE ha detto argutamente: e La belletza è una lettera di raccomandazione che la natura dà ai suoi favoriti >. CANOVA, fatto marchese dall'Austria, era stato nominato, nel 18 15, commissario per la restituzione e la spc-dizionc in Italia dei capolavori d'arte, che Napolc-one aveva sottratto e mandato ai musei di Francia. Per queste funzioni, aveva assunto il titolo d'ambascialort. e C'è uno sbaglio>, disse il signor di Talleyrand, ~ bisogna dire imballato,t >. SI RECITAVA tra filodrammatici in una città di provincia. Una ragazza doveva rappresentare- la parte della protagonista. Poco prima che si alzasse il sipario, la madre della ragazza si prc.~enta, e, rivolta agli spettatori: e Signore e signori >, dice, e vi domando il favore di permettere che mia figlia reciti la sua parte per la prima, perché siamo invitate a. un pr:i.nzo _.. IL SEGRETO di molti complotti e di molte rivoluzioni è rivelato dalla risposta del generale Mallet al presidente del Con. siglio di guerra, quando gli chiese: e Chi sono stali i vostri complici? >, e Voi, se fossi riuscito >. VINCENZO MONTI, che aveva scritto un'ode in onore di Napoleone, ne scrisse un'altra in onore ddla Rc-stauraiione austriaca. Avendola presentata al Governa• tore di Milano, questi gli disse: e Sono bclli(5imi versi, ma credo che fossero molto più belli quelli che ha fatto pn Napo• leone». e Vostra Eccellenza ha raq:ione >, ri~pose il poc1a, e ma Ella sa che i poeti riescono sempre meglio nella finzione che nella n:altà >. Prove di laboratorio definisconola Pasta DentifriciaErba Glvlemmeuno fra I migliori dentllrlcl conosciuti.Il binomioErba Glvlemme è riuscito Infatti a creare. In lunghi anni di studi ed esperienze, un prodottoche trova Incontrastatosuccesso presso ml· llonl di persone per la genuinità delle materie ImpiegateIn perletta sintesi e per le sue peculiariqualità Imbiancanti. detergenti. sterilizzanti e fragranti. PASTA DENTIFRICIA ERBA GIVIEMME · La Pasta dentlfrlcla Erba Glvlemme schiudela boccaal sorriso. l?_itorna. un libro celebre m edizione alla. portata di tutti FABIO TOMBAR! 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