Omnibus - anno I - n. 32 - 6 novembre 1937

@J1W~~~~ill§~@à 1~,~ ~~~~i@@A~ :C-\ I LO:'\'GHEROXI spezzau e la_tela bruciata dell'apparecchio d1 Francesco Baracca, caduto sul :\lontello il 19 giugno del 1918, lu trovato, intatto, un orologio d'argento. Era quello il primo premio, in ordine di tempo, guadagnato dall'eroe e, forse, era 11 più caro al S\10 cuore di cavaliere. Lo aveva conquisteto a Roma, sette anni prima, nell'ormai lontano e dimenticato 19t11 m occasione di un concorso ippico a Tor di Quinto: lo aveva ricevuto dalle mani del suo colonnello da\"anti a tutta l'ele- ~ante società romana. Erano i bei tempi del tPicmonte Reale•, della \'ita di guarnigione, dell'eleganza, dei balli, delle divise nere ed azzurre lucenti d1 galloni. Ardito e brillante l'ufficiale di cavalleria era il simbolo della giovinezza e del coraggio: dalla nebbiosa Pinerolo usch•ano i più begli ufficiai.i del mondo, anelanu di correre la carica contro un nemico a portata del galoppo dei loro camlii; fossero i lancieri bianchi di Novara, 1 cavalleggeri dì Aosta e di Nizza, le fiamme rosse del glorioso « Piemonte Reale•· E l':wventura eroica e pericolosa la cerca- \"800, in mancanza di meglio, fra gli ostacoli bianchi e rossi di un qualunque galoppatoio europeo. Erano gh anni in cui l'Italia comincia\'a a muo\"ersi, a tentare le strade del mondo. Ecco il primo passo: la guerra libica chiama sulla quarta sponda, come allora si dice\a, anche un re!Z'.gimentodi cavalleria: il Firenze. Il tenente Baracca si deve invece annoiare a Rieti commentando le notizie di guerra e m\"idiando i camerati più fortunati che possono menare le mani. :\fa verrà presto il suo turno. Troverà la sua via fra le nubi del cielo; tutta la sua \'ita avrà presto uno scopo preciso e una sicura linea di S\"Olgimento: Baracca riuscirà a mettere a fuoco il suo destino. Il resto è come se non esistesse: la sua storia comincia appena nell'aprile del 1912, nel ~iorno in cui è accolta la sua domanda di di\·emre pilota militare. Dal 1912 al 1918 si s\·olge la vera vita di Baracca; la fanciullezza e la prima gioventù scompaiono, non sono che studio, preparazione, allenamento. Gli anni della sua fanciullezza romagnola, dell'accademia di ).lodena e d1 Pinerolo passano m seconda linea a confronto con gh anni di guerrR, gli anni della sua pas- ::1,1one. Il 4 maggio 1912 Baracca fa il primo \"olo come passeggero sul campo di Reims. La passione gli si desta nel cuore; grida al pilota: Plrls ham! Plus haut/1. Il giorno dopo scri\"e alla madre: « Era un magnifico sogno ad occhi aperti vedenni scorrere d1 sotto gli alberi, le strade, la campagna ... ma tu sta tranquilla che fra poco mi \·edrai a Lugo non solo cavaliere, ma anche aviatore l· Ca\"aliere ed aviatore. Le due parole vogliono dire, m sostanza, la stessa cosa: amore per 11, rischio, sangue freddo e, soprattutto, passione. ln questo senso, per tutta la vita, Francesco Baracca rimase ca\"aliere. Invece di un purosangue dominò un non meno generoso apparecchio; mfondeva il suo cuore e il suo corag(tio a un ammasso di cavi, di cenune, dt acciaio scattante come i tendini ner\"osi di un cavallo di razza sono le sue mani. Baracca e 11 suo aeroplano, il 3uo fedele Spad recante sulla fusoliera un rampante cavallino bianco a memoria dei pac1fic1, ma non igna\'i giorni del• Piemonte Reale , fonnano una cosa sola: l'aviatore rich..iede alla macchina quello che l'antico lanciere richiedeva al cavallo da carica. C:: interessante anzi ncercare i segni di questo suo inestinguibile amore per i begli animali che erano stati, per lui, la prima scuola di ardimento. Sul campo di Reims, quando lo sner..-a- \-ano le lunghe attese per il tempo buono. quando, dopo il voletto d'istruzione di un quarto d'ora di durata, aveva davanti a sé tutta una lunga giornata libera e vuota, ché i voli si facevano all'alba quando il \'Cnto cade e l'aria è più: limpida e immota, eccolo a cavallo. I dragoni francesi di stanza in quella città lo avevano con loro nelle lunghe cavalcate sulle strade polverose, fra i vigneti bassi e assolati, sui greti sassosi di quella campagna che forse gli ricordava la sua <,Stiva Romagna. Poi, fra un particolare tecnico sul « Blériot ,, fra una speranza per un nuovo tipo di apparecchio che gli sarà dato in prova e il racconto di un atterraggio difficile, si ricorda sempre di domandare notizie dei suoi ca- \·alh rimasti a casa. E quando parla di un compagno caduto, ecco il suo elogio: «era un buon cavaliere,. Ma l'episodio più significativo lo racconta lui stesso con la semplicità che gli è solita. Sul campo di L"dine, novembre 1917. L'ordine di ritirarsi è venuto: la squadriglia è partita fra furiosi turbini di vento rullando a lungo c;ul campo pieno di fango. Gli scrosci d'acqua burrascosa non riescono a coprire il fumo degli incendi. Gli austro-ungarici sono onnai alle porte della città.« Tutti i campi d 'aviaz.ione di Campoformido ardevano•• scrive l'eroe a sua madre, nub1 altissime di fumo, i magazzini di t,;dine ardevano, tutto era in fiamme. Avevo uno squadrone del Genova Cavalleria che difendeva il mio campo, rimasi ultimo a partire incerto se abbandonare il mio apparecchio o montare a cavallo per caricare gli austriaci,. Montare a cavallo e caricare! Uno squadrone aJ galoppo conrm un esercito, fra il fango di quel no- ·v<'mbre angoscioso, le Jancie calate contro il nemico, il cavallo mebriato. Ecco la cavalleria di Baracca. Ma, purtroppo, c'era anche una responsabilità per il maggiore Baracca, una responsabilità che, in quel momento, doveva avere necessariamente il massimo peso. Non ci si può abbandonare al gesto eroico: Baracca incendia gli hangars, gli apparecch..i che non potevano essere salvati, la casa degli aviatori e parte in volo sotto la pioggia scrosciante. Fu quello, il 1917, l'anno di maggior gloria per il primo aviatore d'Italia. Non c'era abilità di pilota nemico che si potesse salvare dalla sua infallibile mitragliatrice: in un giorno solo sostiene cinque duelli aerei. Ecco la sua relazione. 25 ottobre 1917. « Primo scontro: partito con l'aspirante Pagliari alle ore 10,20, alle ore 10,50 a 4000 metri circa attaccavo un "Albatros" austriaco, circa sul Corada; sparato sul fianco sinistro una diecina di colpi il nemico cominciò a scendere ("d a manovrare rapidamente, facendo fuoco, inseguito da me; desistetti dallo scontro verso i 3000 metri su Bainsizza causa l',m codi quattro caccia nemici. •Stcondo sco11tro: alle ore 11,5 circa attaccavo un "Albatros" a 4200 metri s'\I Corada, non vidi più l'aspirante Pagliari~ feci fuoco all'apparecchio di dietro e di fianco a bre\"e distanza fino a 50 metri; l'apparecchio manovrava ma ritengo averlo colpito gravemente poiché incominciò a scendere assai inclinato, in spirale, disordinatamente. Si riprese ad un istante continuando a scendere fin verso i 3000 metri, dove lo perdetti di vista sulla Bainsizza, perché a mia volta attaccato da caccia nemici. «Tn::o scontro: Con me attaccò l'aspirante Pagliari un ';Albatros" entrato da Tolmino, traversò il nostro territorio rientrando verso Gorizia alle ore 11, 10 circa lo serrai da presso; il nanico da 3800 incominciò a scendere picchiando a pieno motore, lo raggiunsi sulle lince di S. Marco a metri 100, quando vidi sopra di me a 10 metri circa uno "Spad'" che lo attaccava. Obliquai a sinistra facendo fuoco di fianco metrc udi\"O pure il fuoco dell'altro "Spad'' che seppi essere del Signor Colonnello Piccio. Il nemico precipitò a picco dietro le collme di San :Vlarco; virai dopo esser disceso oltre le nostre linee a 1500 metri di quota. •Quarto scontro: alle 11,25 attaccai su Villa Fausta un caccia nemico che entrava nelle nostre linee, gli sparai dieci colpi circa ed il caccia discese velocissimo verso l'Hennada continuando basso verso la costa. «Quinto scontro: partito in pattuglia col Tenente Parvis, si unl poi a noi il Tenente Costantini. A 4400 metri ad ovest del Corada alle ore 16,25 circa attaccai un apparecchio gennanico che si difese assai bene col fuoci e manovrando. Desistetti dall'attacco dopo l'inceppamento dell'arma, il nemico fu attaccato dagli altri due "Spad". li mio apparecchio fu colpito da quattro proiettili di mitragliatrice: due nell'ala destra e due nell'ala sinistra inferiore; furono forati i longheroni e resa un'ala inservibile•. Qualche giorno dopo troviamo un altro meraviglioso bilancio. Due duelli a distanza di poche ore l'uno dall'altro: due vittorie folgoranti. La grande battaglia sul Piave impegna\·a tutte le forze dei belJigeranti; anche l'aviazione non a\"eva un momento di riposo e si prodigava con grandi masse di velivoli, con azioni di bombardamento, con audacie solitarie. Alle I t di mattina del 15 giugno Baracca sta incrociando sul Piave, nessun apparecchio è in vista. Finalmente, dopo un'ora e mezza di vana attesa, da dietro Saletto spuntano le ali nere e gialle di un • 1\lbatros • da ricognizione. L'italiano attacca decisamente: un breve inseguimente-, centoventi colpi circa di mitragliatrice e l'apparecchio nemico si capovolge, si incendia inabissandosi con una gran scia di fumo nero, frantuma:.dosi prima ancora di arrivare a terra. In tutto sei o sette minuti di lotta. Dopo un'ora riscopre a 1200 metri di quota un pattuglione di 25 caccia nemici. Insieme col sergente Aliperta attacca senza paura l'ultimo caccia della formazione. Bisogna far presto, sbrigare la faccenda prima che la formazione nemica possa intervenire. A 800 metri il caccia è acciuffato. Il sergente Aliperta gli taglia la strada. Una scarica di mitragliatrice, Baracca spara altri 109 colpi presso San Biagio di Collalto. Baracca sfugge per miracolo alla caccia accanita dei \·entiquattro rimanenti apparecchi nemici: quando atterra ha il timone crivellato di colpi. Sono le sue due ultime vittorie, ha abbattuto trentaquattro aeroplani nemici. L'obbiettivo del 19 giugno è rischioso. Bisogna mitragliare le trincee nemiche; volo radente si direbbe oggi. Gli assi della 91• squadriglia partono tutti insieme verso il Montello, alle 6 di sera. Si abbassano a cento, a cinquanta metri dagli elmetti austriaci, sparano sul bosco di Nervesa formicolante di uomini e di servizi. A sera, tutti i piloti sono sul campo; manca soltanto il comandante. Il giorno dopo il bollettino Diaz annuncia: • 11 valoroso maggiore Baracca, che aveva raggiunto la sua 34• vittoria aerea, il giorno 19 corrente non ha fatto più ritorno da un eroico volo di guerra•. MARCO CESARlNJ 1916. PRANOESOO BAlUOOA AOOANTO A ON APPAREOOHIO ABBATTUTO ~i~r' L CAPO dell'Ufficio vendite, sfo- ~ gliando il partitario clienti, puntò il dito su un cartellino. « Questo qui è la seconda \"Olta che non paga una tratta,, esclamò: e fece chiamare il piazzista: • Stefanini •, gli disse,« Castelnuovo è nella sua zona, vero? Guardi che c'è questo tale, Saracco Giounni, che non paga. Ha due fatture, entrambe dello stesso importo: di una h'.l pagato la tratta, dell'altra no. Vada lei a vedere che intenzioni ha•. Stefanini si grattò una guancia. « f:: un fornaio•, disse, « compera da noi qualche damig.iana d'olio per metterlo nei panini. Domani vado su 1, Il giorno dopo il piazzista fennò l'utilitaria davanti alla bottega di Saracco: l'ora era propizia, il negozio quasi vuoto, la moglie del panettiere al banco. Stefanini entrò con aria disinvolta, assicurò d'esser passato di li per caso, fece due complimenti a un bambino, e poi tirò fuori l'argomento buono. La donna stette a sentirlo. « Queste cose le sa solo mio marito•, disse, « vado a cercarlo•. E affacciatasi sulla soglia del forno, si mise a chiamare a gran voce: « Giovanni, ti cercano•. Saracco Giovanni arrivò in bottega in tenuta da lavoro: piedi nudi, pantaloni a pezzi, maglietta rossiccia sporchissima e braccia infarinate fino alla spalla. Con le sopracciglia riunite in mezzo alla fronte, petto e avambracci pelosi, sguardo cisposo e diffidente, sembrava proprio un gorilla, pensò il rappresentante mentre gli spiegava la faccenda. Ma il fornaio scrollò Je spalle:« Quel che dovevo pagare l'ho pagato•, disse. « Guardi •, insinuò Stefanini, « che le fatture sono due, anche se l'importo è sempre lo stesso•· « Due e due I La sua casa me l'ha mandato l'olio? Bene, io l'ho avuto, e quando la banca mi ha mandato a chiamare ho pagato, e adesso siamo in pace 1. Stefanini sorrise benevolo: e Ha ragione, ma vede che lei di olio ne ha avute due damigiane? Una prima e una dopo, e cosl ci sono due fatture, una già pagata e una da pagare. Va bene?•· « Ma la casa ne può fare anche cinquanta delle fattur,, ! Son io che so quello che debbo pagare. Dal resto, se le fatture ci sono, devono essere qui: io ho tutto, tengo tutto•· Saracco spalancò un cassettg. nel quale c'era moltissima roba: carta da involgere, sacchetti di tela, giornali, spago, bollette della luce, ricevute, tutto alla rinfusa. Egli cacciò le mani lì in mezzo, si BARAOOA E ROFFO DI CALABRIA diede a rovistare, e, alla fine, trovò una delle due famose fatture. « Eccola qui!• disse soddisfatto. « Ce ne deve essere un'altra come questa, ma in data 25 aprile. La banca le ha mandato l'avviso di una tratta, lei l'ha pagata e va bene, poi, dopo due mesi, le ha fatto avere l'a\"viso di un'altra e lei non l'ha pagata, noi abbiamo rifatto la tratta e lei ha respinto anche questa. Ha capito?•· Il fornaio scrollò la testa. « Qui ce n'è una sola•, -lisse. Stefanini tirò fuori dalla sua cartella due ricevute merci. e Ecco qui•• fece notare, cercando di vincere l'impazienza. « Un giorno, il 20 febbraio, è venuto il nostro camion, le ha portato una damigiana d'olio e lei ha firmato questa ricevuta: poi, un altro giorno, il 25 aprile, il camion è tornato, le ha messo qui un'altra damigiana come quella di prima, e lei ha firmato un'a.ltra ricevuta. {;na e una due I Due ricevute, due fatture, due tratte da pagare. D'accordo?•· Saracco prese i due pezzi di carta con aria dubbiosa, e li guardò con disprezzo. « Non ci vedo chiaro•, brontolò. E poi soggiunse raggiante: « Questa qui non l'ho mica finnata io 1. « Ma se c'è il suo nome! L'avrà fatto sua moglie,. La donna, infatti, ammise di esser stata lei a scrivere. e Chi mi dke •, obiettò il fornaio, «che l'autista non abbia portato una damigiana sola e abbia fatto .firmare due ricevute?,. Il rappresentante assunse un'aria indignata: « Le pare possibile che una casa come la nostra ... •· « Una casa, una casa! Qui c'è solo della carta che non mi convince. lo so una cosa, e la so bene•, il cliente alzò la voce, «che io debiti non ne ho con nessuno. Lo domandi pure in giro, lo domandi anche a quelli del Mulino, se Saracco di Castelnuovo deve dar niente a nessuno. Qui tutto quel che vede è pagato, la casa, la farina e anche la legna nel forno. Solo lei e la sua ditta che vengono a insultarmi a casa mia •· «Ma caro il mio, uomo•, tentò conciliante il piazzista, « nessuno lo insulta. Cerco solo di farle capire come stanno le cose, e cosa deve fare e Quel che devo fare lo so da me•, urlò Saracco, « e non c'è bisogno che mc lo insegni nessuno. Lei vada, vada pure•• Stefanini stava uscendo, • che dirò io alla sua ditta come tratta i clienti migliori. Cercanru I soldi due volte, \'Cnirmi a rovinare la reputazione, razza di cani tutti!• e mentre il rappresentante risaliva in macchina, l'altro promise che avrebbe scritto lui. Stefanìni non andò lontano. ).•lentre stava uscendo dal paese, pensò che un ritorno in ditta con sirnih notizie era proprio da evitare. Con l'automobile tornò nei pressi della bottega del fornaio, incerto sul da farsi. La moglie di Saracco era sulla sogli3, e, vedendolo, sorrise; rinfrancato, il piazzist.a le fece cenno di avvicinarsi. • Suo marito è un uomo d1 poco giudizio•, le disse, 11 si ostina e non pensa che se la casa agisce cosi è perché ha le sue buone ragioni 1 e magari può fargli del male•· 11 ).,fio marito avrà i suoi motivi 1, nbatté la donna, ma Stefanmi intul che m lei poteva trovare un aiuto. « Lei capisce meglio le cose •• disse. e lo ho solo interesse a veder tutti i miei clienti soddisfatti. Anzi, guardi•, e tirò fuori dalla borsa una collana in vetro, uno degli oqgetti riclame più vistosi, « per dimostrarle che non ce l'ho con voi, le \"oglio dar questa, e a )fatale spero di farle a"ere anche uno specchio per il negozio . La donna era soddisfatta, ma titubante, si capiva che temeva l'ira del manto .• • :via questo è un regalo che faccio a lei •, disse il viaggiatore, per amicizia•· « Bene•, suggerì la Saracco, • dica alla sua casa di fare .un'altra tratta, persuaderò io Giovanni,. Tornata in bottega, quando il marito usci dal forno, lo accusò di esser stato poco prudente col rappresentante. « Cosa ne vuoi saper tu•• gli disse, « se quello insisteva tanto, è segno che dobbiamo pagare. Del resto, me lo ricordo anch'io che di damigiane ne abbiamo avute due•. « Ma io•, insisté il marito, « quella cambiale son sicuro di averla già pagata,, « Si vede che ne devi pagar due. :-.1on vorrai mica che ti facciano chiamare dall'avvocato?•· Fu allora che Saracco scorse la collana: era ancora avvolta nella carta velina, e la moglie l'aveva lasciata sul banco, vicino alla bilancia. « Cos'è questa?• esclamò. La donna, Il per lì, non ebbe 11coraggio di dirlo. • L'avrà dimenticata qualcuno•, mentì. li fornaio la guardò, brontolando. « Spendon i soldi e poi lasciano la roba in giro. Se nessuno viene a cercarla1 te la puoi anche tenere « L'ho persuaso subito•, disse Stefanini al capo ufficio, • è un uomo un po' difficile, ma io so prenderlo per il suo verso. Possiamo rifare la tratta, la pagherà :\IASSl~IO ALBERINI IIUSfJIZIA ~ a:>~G3 I \ LITUt\NIA, stacc:uasi dalla Rus• <ia allo ~oppio .della . rivol~zion~, ha fotto in quesu \'enti anni rapidissimi progressi. Paese prevalentemente agricolo, il suo territorio hnemente ondulato, ben custodito, con bei campi, linde case di campagna, gen~e prestante, t una bellez.za tra,·ersarlo in tre• no, e subito riposante quando ci si en• tra provenendo dal territorio dei Sovieti. l daini e i cervi nella sua felice campagna si affacciano a guardare miti il treno che passa. Kaunas, che fu capitale della Rus- \ia europt'a, oggi capitalt' del giovane Sta• to, ha l'aspello delle ciuà baltiche, con un vecchio centro municipale, d'un nordico barocco, nobile, come è nobile la borghesia terriera di questa contrada che porta quasi tutta un titolo baronale Piccole strade pittoresche sì aggirano intorno al vecchio centro; è tutta un'epoca ricca, intima, patriarcale e comunale. Un ,·ecchio e smantellato forte zarista ricorda i tempi passati in cui la contrada fu disputata fra Polonia, Russia e Prussia. ~(a non bisogn;i, credere che certe necessità moderne ntm si siano fatte $Cntire in Lituania. Sul lato destro del forte t.a· l"ista un edificio bianco in stile modernis• simo, di quelli• che pos~ono essere una pri• gione, un ufficio postale, un ca(ino di caro. pagna, un distributore di bcn:tina, a secon• da della proporzione, è nuo\'O fiammante. Xon t un ufficio postale. E; una casa di esecuzioni capitali. Non soltanto all'esterno è nuova, moderna, ma anche all'interno: difatti vi si fanno esecuzioni a mezzo dei gas a.sfiuianti. :\ppena terminata. essa fu immediatamente visitata ed esaminata da una speciale commiuione di competenti. Fu inaugurata poco tempo fa, alle cinque di mattina. Due automobili si fermarono silenziose davanti alla casa funzionale. Ne scesero tre uomini, un kiudice della Corte Suprema e due altri membri del dipartimento di giustizia. La seconda automobile portava due chimici, un dottore e un prete. La pesante porta di ferro fu apena con le dovute precauzioni, e i chimici entrarono coi loro arnesi. Gli ahri rimasero fuori, in silenzio, aspettando, nella nebbia math.1· tina, il terzo carro. Sconato da due guardie, il conda11nato avanzò lentamente verso la ca.sa funzionale. Il condannato era certo Pogozinsk}•, e aveva l'onore di inaugurare le esecuzioni col gas. Xato in un piccolo borgo, faceva il muratore; aveva circa trent'anni. Era sta• 10 incaricato di un certo lavoro in un villaggio vicino. Dopo il la\"oro, lasciava i vestiti di fatica e gli arnesi in custodia ~resso un mercante del luogo. lJna sera, n presentò A chiedere la sua roba Era 1ardi, non c'erano clienti nel negozio, e a quell'ora non era probabile che si presentasse qualcuno. Egli uccise il mercante e la moglie, con un martello, poi i due bambini che lo sorpre~ero mentre sca\·a ,.,~iigiando il negozio, e poi la servetta accorsa alle grida dei fanciulli. S,·aligiato il ne• gozio, se ne tornò al suo borgo nativo, come se non fosse accaduto nulla. Dieci giorni dopo, Pogozinsky, nella gabbia degli accusati, confessava il suo delitto. Fu condannato a morte dalle tre Corti di giustizia competenti e, data la mostruo• sità del delitto, il presidente della repubblica respinse il ricorso di graz.ia. Intanto era varata una nuova legge che in1roduceva nella Repubblica una nuo··a forma di supplizio: quella per meu:o dd gas, nell'edifizio funz.ionalc. Come si conviene a questo stile sobrio e modemissimo, la prima stanza dell'edifizio è mobiliata appena di un ta\'olo e di una poltrona con un sapiente impiego di ferro nichelato e di vetro. Le part'li sono nude. A una di queste dovette appoggiani il condannato, mentre ascoltava le parole del giudice accusatore: « In nome della Repubblica ... >. Il prete alzò la croce. Ma il condannato non ebbe una p:irola di pentimento o di preghiera. Gli chie,cro quale fosse il suo ultimo desiderio: niente. Nt-ppure un pensiero per la moglie e i vecchi genitori. Lo fecero passare in una ,econda stanza, nuda come la prima. Qui era l'apparecchio da cui si sarebbe sprigionata la sostanza mortifera; un gas pesante, 5imile al CC!l. L'imboccatura del tubo di acciaio era sigillata La porta di questa stanza dava in una stanza del tutto nuda ad eccezione di un \'entilatore fissato nel soffino e d'un finestrino ingr::aticchto, erme1icamente chiuso: una vera tomba. L'interno di questa stanza si poteva v~derlo da uno spioncino vetrato praticato nel13 porta. La porta gli fu chiusa alle spalle. ~[entre gli uomini di fuoti si preparavano in silenz.io alla loro bisogna, indossando speciali maschere antigas e abiti di asbesto, il condannato, solo nella cella, cadde sulle ginocchia. Forse voleva pregare, o forse si pentiva, chmà Era tutto quello che si vedeva dallo spioncino di vetro. Proprio in quel momento, la soluzione mortifera cominciò a filtrare attraverso i tubi nichelati nella stanza della morte. Basta un solo soffio di quel potentissimo gas per atterrare anche l'uomo più forte. Attraverso il vetro della porta, si potevano seguire tutte le fasi dell'esecuzione. Il corpo s'irrigidl, pur rimanendo sempre !nginocchiato. Era calcolato, che la morte sarebbe av\·enuta entro venti minuti. Poi il ventilatore fu messo in a:cione, per espellere il ga$ e purificare l'aria. Il corpo era ancora inginocchiato quando i due chimici e il dottore entrarono nella stanza per constatare la morte del con4annaio, poi andarono nell'altra stanz.a p~r atte• stame legalmente alle autorità. Fuori aspettava il carro funebre che avrebbe portato il feretro al cimitero della prigione. La porta della <:ostruzione bianca si chiuse sen:za rumore. Lontano, la grande campana dell'orologio del Museo della Guerra suonava le sei. La città si sveglìava: la mattinata era chiara di sole. L'esecuzione modernissima col gas venefico era riuscita senza il minimo incidente.

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