Omnibus - anno I - n. 32 - 6 novembre 1937

( PALCHETRTOI MAN) I 1~ il)!J~1.:ll!~a(Sl\ MU'IIIATA e lRCA dodici annì fa, le appassionate alternative di Gneo · o Caio ~arzi_o Coriolano, interpretate da G~ah1uo Tumiati, suscitarono dal palcosccmco del Co.stanzi il nostro intercs• samcnto e il nostro plauso. Intorno alla stessa epoca, gl'incantcsimi di Prospero in• 1crprctati dai burattini di Vittorio PocÌrecca, attrassero la nostra simpatia su quel Teatro dei Piccoli che di poi fu cialtato fugac-cmcn!c a Teatro d'Arte, e oggi miseramente giace nella condizione di cincmatografuccio a due lire la poltrona. Non osiamo asseverare che da allora a oggi nessun'altra opera di Shakespeare ha fatto echeggiare di sé i boccascena dei teatri romani, ma che le tragedie i drammi le commedie, le {leries del poe 1 1a di Stra,: ford sull' Avon non costituiscano il grosso d~I repertorio delle nostre compagnie di s1ro, ne»uno contesterà. Grande può fu il nonro stupore quando ci diuuo che proprio una commedia di Sh~kespea.re era stata scelta per inaugura• re 11 nuovo anno teatrale, e più strana ci sembrò questa scelta quando F. T. Marinetti ci assicurò nel suo diKorso encomiastico che e ci sono attualmente cinquanta o sessanta commediografi italiani capaci d1 ~ivertirci, interessarci, farci pensare >. C1 fermammo pensosi. Cinquanta o ses- ~anta ?... Trattandosi di uomini d'ingegno, uno scarto di dicci unità pub mutare la faccia di una repubblica letteraria. Il sipario intanto si era aperto su e una piazza di Padova >, Lucenzio aveva comin- ~;:;r: ;i;:~o!tr:i c;;;.ranio, e il nostro La Bi1b•tico domato non solo è stata avvicinata e al gusto e al tono della Commedia dell'Arte>, come bcnl"volmcntc clr be a notare il . critico di un quotidiano, ma è stata svcsuta ancora di tutto ciò che d! shakespeariano contiene questa commc• dia già di per se nena poco shakespeariana, è s~ata banaliztua, o, per meglio dire, < bendl1zzata >. (Nelle adiacenze di Shakespeare, la freddura è contagios•). In ~uesta decapitata interpretai.ione della ei1beltca domala, il prologo cosi anticipa• l.tmcnte charlottiano è staio barbaramen1c moua10, _e sopprcuo il povero Sly, forse m omaggio a Forzano. Nelle rapprC!.entazioni ortodosse, Sly segue da un terrazzino situato in fondo al palcoscenico (noi avremmo adibi10 a quen'uso un palco di prima fila) la comme• dia che i commedianti recitano a sua int":nrione, e alla fint' si dt'sta dal miug• g10 nel quale l'ha immerso lo scherzo del Lord. Svegliato, costui dichiara che e ormai l"gli sa come si doma una bisbetica > • stgno che Pelruccio, domatore illusirativ~ di Caterina, è il e dc1idcrio csiemato > di Sly, il sogno temporane.tmtole realizzato del calderaio sbronzone Sopprimendo il prologo, si toglie il quadro dalla cornice; si sopprime il sottilis- •imo, il neceJJan·o gioco della e commedia nella commie-dia> ; ,i coslringc a man. ,iare ca.mc oml"ricamcntc buttala sul fuoc~, noi abituali ai cibi cotti a bagnomaria, o, come dicono i francesi, d l'ituvle. Anche .il segreto dell'arte, come quello della cucina, è una questione di coltura. Perché questo perentorio im•ito al crudi- \Orismo > Tolta ~cl pari la frammentazione topografica, 11 taglio < cinematografico > delle (Cene, le uraordinaric < riprese > di Sha- ,,..-~_pcarc; e l'opera insaccata in qua1tro ut1 massicci e pesanti, come i drammi n;~orà~~;rs~i s~i~;~o~Ìf;;deou~: ;o;~iti; ~a~ ,cina\'a di palcoscenico in palcoscl"nico. In ogni intcrpre1a1:ione è implicita la < volontà di pcrferianamc.nto della cosa intie-rprc1a1a >. Quando io mi e compongo > al pianoforte l'intcrpr<"tuione di una sonata di Beethoven, mio siudio è me1tcre in cua interpretnione anche più di quanto Hcethovcn ha pensato, e che non può es· ,crc indicato dai St:gni convenzionali dellr note. Lo steuo quando dipingo un ritral• <o, nel quale tento pufe:.1onare il modello, quest'c opera d'arte naturale>. S'intende che l'< interpretazione come per- ~:~~~c:;;:o :a1faonm~::ia d~l~~·i:d:::~• 1:~ 1rrpretata, ma li continua e li conferma. t. l'esaltazione delle qualità più intime :leggi: < intcrioriuime >) della c cosa> interpretata, I' cspreuione del suo < subco1ciie-ntc >. Qualunque in1erprriazione ahrimenti ind.iriz_zatacostituisce offc1a, sahotag,i:io, mu11la21onc. All'insaputa probabilmt'nte dei respoma11.li stesJi, l'auuale in1crpretazione deJla Bubetica domata trova il proprio rnodcllo :n ecru vecchia operetta francese di cui ci sfugge il nome e che illuurava le libertine gesta di Leopoldo II del Belgio, e nt-lla quale la m:i.rcia funebre di Chopin na e,eguita sul ritmo della poka. Se qucsto esempio non riesce comprensibile a tutti, ag~iungcremo che questa interpretazione tenorile della BiJbetica domata (i gagà dicono senz'altro e la bisbc1ica >, come d'ahra putc dicono: e l'alfa> per dire e un'automobile Alfa Romf'o >, né valgono qui ragioni di brachilogia, ma whanto di gagaismo) ci ha dato ide,"\ di ciò che sarebbe la Tebaide dello S1arnina, ridipinta da An1onio Mancini. E per coloro cui nemm!"no questo escm• pio riuKiue suadtnte, diremo che queua in1upre1aziont superficiale e rumorosa ci ha dat'> la pregustazione di cil> che sarebbe una finissima e 1ruparcn1iuima gelatina di ananuso, condila con aglio e baccalà. ).feuin,cena e costumi intonati al cosiddetto • genere medievale >, contribuirono a cambiare la paternità. della Bisbrlira domata, e da figlia di Gugliehno Shakespea• ,e trasformarla in fiJtlia di Sem Bcnclli. ALBERTO SAYINJO L'ULTIMO SFORZO DELLA VEOOHIA BALLERJNA m~~~~UC§l~ PBILI AD APRILIA, sei seminaristi scesero con me dal treno di Roma. Si avviarono di buon passo tirando calci ai sassi della strada e chiacchierando, come se fossero in vacanza: portavano sotto il braccio grossi pacchi dai quali spuntavano i pizzi bianchi delle cotte nuove e le stole di un bel giallo fiammante. Li rividi un'ora dopo insieme al parroco: cantavano in coro sul sagrato della chiesa della nuova città. Intorno a loro, per l'inaugurazione e la consacrazione della cattedrale, i coloni di Aprilia facevano un cerchio compatto. I turisfj da Roma fotografavano la scena dall'alto della Torre Littoria, cerc-ando una buona inquadratura. Poi, ad un tratto, suonarono le campane, con il suono ancora troppo metallico del bronzo fuso da poco tempo. Rispose il clacson dell'automobile di un turista romano e i contadini si voltarono seccati che si venisse a disturbare la loro cerimonia. Stormi di passeri volavano sopra la mia testa, cercando gli ultimi moscerini della palude. Gli abitanti di Aprilia prendevano definitivamente possesso della città che si è costruita; gruppetti di persone stavano a parlottare nel sole di piazza Roma, salivano poi a turno sull'ultima terrazza della torre di città per guardare la terra nera e umida cd il mare lontano. In ogni angolo e appoggiate ad ogni muro, c'erano biciclette, lucidate a nuovo per rutta la prossima settimana. Il sole, intorno, addolcisce le cose troppo nuove e riempie l'aria. I monti del Lazio chiudono le prospettive delle nuove strade con i loro paesi antichissimi; anche il Circeo appare molto lontano e azzurro. Il \"ento fresco del mare fa tremolare la lunga penna di fagiano di un imponente guardiacaccia. Qui ad Aprilia, si sentono tutti i dialetti d'ltalia, com<. ai reggimenti quando arrivano le reclute. I ragazzi veneti, biondi e con le grosse calze nere sulle gambe, arrancano sulle biciclette troppo alte per loro lungo le strade cilindrate; nel bar della Casa del Fascio si sentono parlare gli operai toscani, i ferraresi e j trevigiani, davanti a un quarto di vino dei Castelli. Un vigneto giallo colora un rialzo di terra, e promette vino d'Aprilia. La pianura a riquadri e a rettangoli rossi e verdi è ormai deserta, ché tutte le case gialle si sono vuotate, e tutti i coloni sono attorno al parroco che celebra la prima messa nella chiesa appena consacrata, odorante di calce e d1 sidol. Rimangono sole, in mezzo alle zolle scure dei campi, le trattrici; ma dietro all'abside sono legati i cavallini neri che hanno portato le famiglie in città, con le loro bighette scricchiolanti. Gli alberetti, da poco piantati, si godono 11sole. lntomo, si vedono visi bellissimi di contadine con l'abito nero o blu delle feste; gli operai, che lavorano anche la domenica per fare più presto, ormai se ne sono andati quasi tutti. Il 28 ottobre la città è stata consegnata ai rurali. Giunge una famiglia di dieci persone distribuite su di un calessino e sulle biciclette. Sono tutte ragazze dai dicci ai diciotto anni, vestite di una stoffa azzurra e lucida, a grandi fiori d'ogm colore. L'unico giovanotto della famiglia sale sul palco di bosso da cut ieri parlava il Duce, stacca un rametto d1 sempreverde e se lo mette all'occhiello. Poi entra in chiesa, ché il discorsetto del parroco sta per finire e incomincia la prima messa. Questi sono i contadini. Gli operai, invece, abitano un borgo fra la ferrovia e la strada di Nettuno. La domenica vi si fermano i carrettini dei merciai ambulanti; c'è una trattoria, lo spaccio dei salì e tabacchi e un forno. Durante i lavori, dormivano nelle bancche di legno dei c:-.n tieri e le ore libere le passavano tra quelle quattro case; anche adesso, che c'è Aprilia a un chilometro di distanza, non sanno levarsene l'abitudine. Portano tutti o la camicia nera o una casacca a grossi quadratoni e un fazzoletto al collo, come fossero pionieri del \Vest. Si odono lontano i colpi secchi dei cacciatori che girano la grande pianura. Vicino alla stazione, poi, c'è rimasta una delle baracche degli operai che hanno bonificato la palude e costruito le strade. Le finestre portano ancora le reti di protezione; intorno c'è il pollaio, l'orto e la stalletta del maiale. Per parecchi metri intorno, l'erba è chiazzata di calce bianca fra i mucchi di travi e di mattoni. Fra giorni, anche quest'ultimo cantiere se ne andrà. Adesso la messa è finita e la gente gremisce la piazza. Finalmente non si vedono più i turisti, e anche l'architettura razionale prende un aspetto paesano. Sembra una fiera o un raduno dei pochi colonizzatori in qualche regione selvaggia e deserta. Tutti passano al bar della Casa del Fascio per bere un bicchiere di vino. Le mosche volano a mezz'aria senza mai posarsi. I biroccini ripartono verso le case giallo ocra. Passa un aeroplano di tutti i colori; vola basso e tutti salutano pensando a Guidonia, la gemella ,città dell'aria•· Viene fuori anche il parroco a prendeni le felicitazionì del podestà e del segretario politico per la sua predica. 1 seminaristi giunti dalla città, grassoccr e contenti, fanno ala alle autorità del paese con sorrisi benevoli. Per il pranzo saranno ospiti del nuovo parroco. l contadini guardano tutto con interessamento. Un trevigiano fa il confronto fra l'altezza del campanile di Aprilia e quella del Duomo del suo paese. Passa un gruppo di uomini grossi ~ t'rilloni, sembr1no appaltatori q.i lavori edilizi o capomastri; contano tutte le finestre del palazzo comunale. Uno di essi, con i gambali di cuoio giallo, frustino e penna sul feltro, chiama una guardia di città, che inalbera sul berretto Je cinque rondini del suo stemO')a, e gli urla di pulire i vetri dagli schizzi di calce. La guardia, confusissima, se ne va e saluta togliendosi il berretto. Fuori della piazza non c'è nessuno; la campagna ondulata si apre silenziosa. Si sentono i fischi dei m~rli e il rumore delle automobili sulle strade lontane. Ogni tanto passa una ragazza bionda che torna a casa in biciclet'ta. Girano col vento le ruote d'argento dei pozzi; le intelaiature di ferro dipinto in bianco e rosso si \"Cdono da lontano nella nitidezza fresca dell'aria. Anche le torri della radio di Santa Palomba fanno parte del paesaggio, come questo grande silos per l'ammasso del grano, alto come una torre, panciuto e ,capace di molti buoni ettolitri di frumento. Sui gradini della scuola sta una maestra giovane, la p··;ma maestra d'Aprilia, che richiude l'uscio dietro di sé. t l'unica donna che porta il cappeUo qui, e lo porta in modo buffo, t'utto sulla nuca, come se un colpo di vento stesse per portarglielo via. M. C. CONTRATTO AD APRILIA ~~c:D-a DEL VANTAGGIO DAL PONTE UMBERTO, Pia:.::.aSon Pietro ha in quuti tiorni una 1traordinario imponen:_o. Ul scalinala appare nera di turisti, o, a dirla tradi:_ianalmenie, di pelle1rini. Tonti si fermano sulla spalletta ammirati, e in fondo quello delle ,,andi e aperte p,o,peHfot l 1empre staio un 111110popolare. Preti forestieri, in1le1i, americani t franu1i, JÌ opJ,ottiano olla spalletta: p•rfino i uetlurini si sono auuiJti dello nuovo ottralliua turistica. Dopo auer ,tirato attorno al pata,,o di Ciu1titia, ven1ona a fermaui 1111pont•. I Jore1t1eri scendono ad ammirare, qua1i uno nuova merauitlia del mondo. Mo ora M dove fu la Spina si scortono quinte di ,letno, co• me Jt si 1te1,e preparando l'ex pia«a Rusticuui ad auotliere il carro di T npi, L'occhio nan oola più libero fino all'obelisco e alla trodinola; l 1tata uno libertd di pochi 1iorni. l,q ,pettacolo, anti, va vio via diminuendo di sintolarìld. Proprio 110n si riu,cird a tiu1Jificare in neuun modo quel• lo che viene chiamato il e nobil, inter,om• pimen.lo >. Fino a ieri si poteua euert par1i1iani o nemici dell'abbottimen10 dello Spino; ma 01gi si tratto di decidere Ju un altro punto. Merita veramente che ci sia un diaframma fra Piaua San Pietro e il Casttllo? Piaua San Pietro non l più quella meraui1lia nouo1ta fra uecchi palaui t ca1ette che è Hata fino a ieri. Godeua un isolamt:nto uenutole col tempo, quasi na• turalmentt. Oro si vorrebbe ritrouare con mag1iore artificio q,ullo che si è perduto. Seconda noi, intanto ouorre ripulire, nel nuovo allineamento, i pala:_:_idella gran• de pia:_:_a. E di palaui ve ne 1ono di grandiosi, più di quanto non umbri. Le case mode1te.> Puli,le soltanto. Nient,: di più. Patto questo, 1istemata la pavimtnla- :_iolne di quella pia:.:.o e via che prende il posto della antica Spino, non resta gran che do fare pu il decoro dei Borghi. Baste,d prouutdtre a ,m buon 1eruitio di autobus e di tram e a una diureta illumina:_ione. MASSL\flNO : ILSORCNIOELVIOLINO UIIBIII .l!la ~i\~~~ LA STAGIONE musicale si annuncia imminente. Ecco venuta l'epo· ca dei pill mani uccelli di passo: esotici, zazzeruti, cerimoniosi emigranti bianco-neri, dalle ali larghe che si agitano lentamente come ventagli nel ciclo di novembre._ fl:. venuto per noi il momento di drizzar le orecchie come fa il cane quando il padrone stacca il fucile dal muro. Un gran soffìo di modernità e di cosmopolitismo asciuga i mille manifesti che coprono la Capitale, e (a stormire, su questa vigilia romana, le orchestre impazienti Cubitali, umidi d'inchi06tro tipografico, lampeggiano allincaù sotto i lumi del Corso i nomi delle più inutc celebrità polari. ,e alle correnti antartiche che si rinnovano i programmi: la musica, come sempre, ci viene dal freddo seuentrionc e tut· te le tastiere dei nostri Stdnway a coda ne tremano. Fuori la penna stilografica, o critico, og• gi (oggi no, domani) ricomincia il tuo mestiere Dunque, prima di tutto, convocazione de gli amatori, leva in massa dcgli orecchianti J ranghi degli mob1 sono al compie io? Al !ora, avanti in marcia. Per non rimanere attaccati a un chiodo ora che tutte le corde di budello si mettono a vibrare, ci buturcmo anche noi a de. stra, a manca, in cerca- di virtuosi acclamati ai quali è urgente applicare il termometro. Superato il trambusto della mobilita.zio• ne, c'è sempre chi lascia penzolare le proprie orecchie, c'è sempre chi riesce a chiu• dere un occhio, almeno uno, su quel che accade nel tempio della sinfonia. Dopo aver scritto dozzine su dozzine di articoli intorno aì concerti dell'Adriano, e su lkrnardino Molinari, credevamo di aver esaurito l'argomento, almcno dal nouro punto dì vista; e chiudemmo gli ,por• tclli della critica. Non ci sentivamo ormai più di seguire le mosse, le apparenze, gli arrivi dell'illu-_, strc direttore. E ci parve \'tnuto il momento dì abbandonare per sempre al logorio degli anni questo vecchio istituto ,infonico, ricovero domenicale di gente troppo abitudi'larìa. Coll'andar degli anni, a poco a poco la potl"ntissima < forza d'inerzia > aveva invaso i luoghi adibiti al!a musica pur.l. La routine, questo malanno della nostra epoca, teneva già. tutte le chiavi, tuttc i~ manovelle del movimen10. Tutte quelle ,infonic di Beethoven, tutti quei pocmi sinfonici, suonali e risuonati dall'orchestra, là dentro, a porte chiuse ,i riproducevano ormai da per sé sotto I~ cupola, rutilando fino ai più lontani meandri, come il rumore del mare in una conchiglia. Basta. C911tro ogni vl"rosimiglianu, proprio a noi toccherà di risalire, dopo cinque mesi di assenza, le sca~e dell'Adriano. Era destino che riapris5imo ancora una \·oha sulle colonne delrOmnibus la rubrica dei concetti. ~lentrc al colmo della sagge:1:n mu-:i::ale è subentrata la noia. I concerti sinfonici oggi costituiscono un anacronismo intollerabile. Su crnto conc.t:rti, uno ne riesce Secondo noi, la fine di questa moda è se- ~nata. Dappertutto è la stcs~a cosa. A Parigi, ci son sctle orchestre e le sa.le fanno < fomi > completi. In Germania, gli or11:anizzatorinon san più dove dare la testa. I musicisti dalle grandi lince ereditarie non ci son più. Finiti i ctrandi compo\itori fi. niti i grandi interpreti, siamo arrivati ~an mano al « Signori, si chiude >. I:. ora che cominci il lavoro dti racco- ~litori di cicche. Tulle le esecuzioni oramai son buone, d, ma mediocri. Tutti i direttori son perfetti, ~ì, ma non \'anno più in là delle regole dcll'educaiione. haE p~lù ~~~!~:• d~a;~~:: e rib,ittuto, non Ci «mo ancora dei macs1ri che si Ja~nano dei cri1ici, e dei critici che s, !;,,:;:nano dei maestri. Ecco tulio. Poi anche questo finirà in p.ice: per sempre. E chi ha avuto ha avuto. BRUNO DARILLI LE'O LONGANESt - Direttore responsabile 't A. EDITRICE • O~t~IOl:S • . ~IIL ...'.S.'.) Propri,.di arli,1ica e lcltcniria rlurvata. Rl7.7.0LI & C. • An. per \'Arie dtll• Sumpa. \tilan., RIPROD!;ZIO'SI ESl:::CL'ITE COS \IATERI/\Lt-; FOTOGRAFICO • f-'ERRASIA "· 1•.,!,Mi"til • \ctr.11a C. Uttochl . \hlano, \'ia Sal~lr.i 11 I ti ~'0.:(1; Parigi, &6, Ruc F1.ub<iur1 -,, lnt•llllft<.>r•

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