ANNO I• N. 32• ROMA 6 NOVEMBRE 1937-XVI 12 PAGINE UNA LIRA SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE □ □ ~ r.. ..... i lsl bdlil: lbb.:!Hll.4ih<&!.i!llit:..::l:.i&. I ;1511 . ~-2! ,a H U e~ _-, .3J wtQ,I .S ~ T T XM A ~.AL~.!l._p_X,,._4,...~A.JA. ,J:~ 1 À.,J ... 0. lf. .'.t.,.,. X.O~A IL REGIME resta immutabilmente fedele a se stesso. Sorto per la rivendicazione della Vittoria, trae dalla Vittoria un perenne incitamento a grandi opere e a grandi cose. Altrove la Vittoria fu una prosecuzione della guerra e con altri mezzi,, o fu la dissipazione di un'esperienza eroica nell'utopia cli un pacifismo che pretendeva di risparmiare agli uomini l'esercizio dei supremi doveri della milizia. Errori egualmente funesti, che impedirono la solidale collaborazione fra i popoli e favorirono la propagazione dcl'bolscevismo nelle forme più diverse e più insidiose. Non era questa la pace. La pace non Poteva sorgere dalla negazione della guerra, come volevano il socialismo e la democrazia di tutte le scuole, ma dall'esaltazione di quei valori morali che quattro anni di eroismi senza precedenti e senza nome aYevano suscitato nelle moltitudini, ormai abituate a ritenere che la vita era dovere, era sacrificio, era dolore, conquista di tutti i giomi e perpetuo superamento nella totale dedizione di se stessi a tutto ciò che trascende la nostra effimera individualità. Questa intuizione che riassumeva l'esperienza di tutti i tempi, è all'ordine della Rivoluzione fascista, è l'indeclinabile teorema morale che Mussolini formulò nei giorni della vigilia, quando rivendicò a se stesso l'onore di avere deciso l'intervento e 11 dovere di perpetuare presso le nuove generazioni il culto dei Caduti. Contro i filistei di tutti i paesi, che sognavano <fi fermare il corso della storia nella com~razione di uno statu quo che avrebbe dovuto sanzionare i privilegi degli antichi padroni del mondo; contro la congiura dell'internazionale plutocratica, che si ammantava di formule wilsoniane, ::\lussolini ritornò a quelle grandi parole di giustizia per le quali milioni di uomini avevano immolato la vita nella spenanza di una migliore umanità. La guerra non doveva essere tradita, le premesse che avevano incitato i combattenti al sacrificio supremo dovevano casere mantenute. Tradivano la guerre, tradivano le idealità per le quali i popoli avevano accettato le maggiori rinunzie che la storia ricordi, quanti pensavano di potere impunemente restare sulle antiche posizioni, largendo alle moltitudini lavoratrici, ai reduci dalle trincee, i benefici di un'avara legislazio• ne sociale nell'indulgente tolleranza delle licenze anarchiche, che dovevano dare l'illusione della libertà. La rivoluzione negli ordinamenti ,ociali e neglì istituti giuridici, nel diritto pri- \·ato come nel diritto pubblico, do\·eva essere il corollario della guerra, l'incvi• tabile conclusione di un periodo storico chiamato ad iniziare una nuova civiltà. Mussolini affermò la crisi del sistema e indicò nelle dichiarazioni della Carta del Lavoro le vie dell'avvenire. Solo gli sciocchi, o quanti temevano il processo rivoluzionario in atto, potevano ignorare o fingere di ignorare che la rivoluzione SO• ciale comportava una parallela revisione di tutti gli istituti politici. Tutto doveva rinnovarsi nel nome della Vittoria: gli uomini e le cose, le anime e la terra che ci ha generati. Ricordate il discorso dcli' Ascensione. li millenario, eremo problema dei misteriosi rapporti fra la terra e l'uomo, fra la natura e la popolazione, Mussolini l'affrontò con una violenza inaudita. Parve una temerarietà ed era un'inruizione del genio, perché la terra è il massimo termine di confronto, la prova rivelatrice del carattere dei popoli e delle virtù degli in• dividui. Essa prende l'uomo nella sua integrità e gli impone dei doveri che tra• scendono la sua persona come quelli che interessano i viventi e più ancora coloro che verranno. r:. la grande educatrice della volontà, una scuola di sacrificio e di assoluta moralità, perché il rischio è continuo, imprevedibile, mutevole come le forze della natura. I \ofismi degli economisti, i sogni dei riformatori, gli errori della lotta di classe, le devastazioni dell'inflazione, trovarono in ogni tempo una barriera insuperabile nell'agricoltura, ultimo richiamo della realtà agli spiriti smarriti dietro i fantas111i dell'utopia. Davanti alle case di Littoria, di Sabaudia, di Pontinia, di Aprilia, fondata nei giorni delle sanzioni, di Guidonia, la • città dell'aria•, ~1ussolini ama parlare di pace. Non è senza una pro?onda ragione che questa parola solenne annuncia e consacra sempre la creazione delle terre nuove. Essa sta a si~rnificare la concezione della pace che è propria del Fascismo. Per il Fascismo, per Mussolini, la pace è conquista di ogni giorno, sacrificio, faticosa elaborazione di doveri e di rapporti nuovi fra gli uomini e le cose. t questo senso attivo della pace, disceso da quello spirito che si celebrò nella guerra e si esaltò nella Vittoria, che autorizza ;vlussolini a farsi interprete delle aspirazioni dei popoli ad una più alta giustizia. t questa concezione della pace, la quale non potrà mai conciliarsi coi trattati che perpetuano gli odi e le passioni di un tempo, che suggerisce le doverose revisioni di situazioni assurde, le inevitabili riparazioni di intollerabili iniquità. t per questo che guardano a Mussolini gli° uomini di buona volontà, cui non bastano più gli antichi ideali contro il dub• bio e il dolore. Littoria, Sabaudia, Pontinia, Aprilia, Guid0nia, sono un simbolo e una fede. Esse sorgono ad ammonirci che non si deve mai cessare dalla lotta contro la miseria e la morte, contro un nemico che, perdendo tutte le battaglie, non ~ssa mai dalla guerra. li c50-aoc50-aoc50-ao f Londra, novembre. LEET STREET è famosa. Si chiama. Flett Street, non perché sia la. stra• da della Flotta, ma sohanto perché, do,c la stra.da sbocca nel Ludgate Circus o Pona del Vecchio Re Lud, v'era una volta il ponte sul humc Fleet: un piccolo fiume misterioso, che nasce sulle colline di Highgate e, attraversata. la City presso la cattedrale di San Paolo, sboccava nel Tamigi presso il ponte dei Frati Neri. Vi sbocca ancora; ma l'edilizia moderna. l'ha incanalato sotto le strade, ed ora serve da fogna. I giornali di Londra stanno tutti a Fleet Strcct, e a questi si aggiungono le succunali dei maggiori giornali dcfflnghilterra, e persino dell'Impero. Non già che a Fleet Strect ,,i siano soltanto palaui e uffici dì giornali, perché molti hanno sede nelle strade che da Fleet Strcet si irradiano; ma a Londra quando si dice Fleet Street s'intende tutto il giornalismo inglese. Gli inglesi di solito amano ripetervi: « la nostra. libera stampa, our fru Press >. ~fa se vi è un paese a.I mondo dove la stampa è legata e controllata, è proprio l'Inghilterra. L'umile cittadino non immagina da quaH interessi sia controllato il suo giornale. Una caratteristica del giorl)alismo inglese è la e: supercapitalizza.zione > delle .società proprietarie. L'ecceuo di capitale comporta la necessità di procurare enormi dividendi, e poiché il gettito della pubblicità è in rapporto diretto alla diffusione, tutti i meni sono buoni per raggiungere cifre inverosimili di circolazione. Qua.lche anno fa, la battaglia fra i giornali popolari per la conquista del lettore mediante offerte di anìcurazioni gratuite sulla vita e sugli infortuni, e persino mediante l'offerta di regali a chi mandava un dato numero di tac gliandi, era arrivata a un tal parossismo, che i giornali popolari avevano dovuto ve• nire a una tregua e abolire di comune accordo l'offerta di doni ai lettori. Qualunque giornalista di Londra vi confessa che la stampa popolare è una stampa alterala; i direttori dei giornali non diri• gono più di quanto possa fare il Gran Visir di un Sultano orientale, Il loro compito principale - per non dire il loro incubo - è di funzionare da controllori di un vero Cabinet noir e vigilare che nessuno degli argomenti banditi dai proprietari, o segnati in rosso dagli interessi pubblicitari, sia meno che menzionato sul giornale, Tutt'al più puà essere presentato al pubblico in modo che la v~ità appaia conveniente e opportuna. t una partita di giro: i giornali popolari ~i fanno una concorrenza spietata, e il loro costo di produzione - 24 e anche 32 pagine di grande lorma10, stampate su ottima carta, illustrate da. fotografie, riempile di corrispondenze da tutti i paesi del mondo e da collaborazioni d'ogni genere - supera. notevolmente il prezzo di vendita di un soldo inglese. Quindi il sovraecosto e il profitto debbono venire da una fonte che non è la. diffusione, ma la pubblìcità, Cià è naturale, ma una volta ottenuta la pubblicità, il giornale si sotto• pone agli interessi di chi la fa; sicché per i grandi giornali di Londra la cospicua somma di 2.50 milioni all'anno è rappreSf'ntata dalla. pubblicità degli interessi ebrei. In tutti i paesi del mondo i grandi giornali sono organismi industriali, ed è ovvio che, oltre a dare buoni dividendi agli azionisti, servano gli interessi dei loro proprie• tari. Il miglior modo di scoprire quali pos• sano essere gli interessi di un giornale è di vedere in primo luogo chi ne siano i proprietari; e poi scoprire gli affari di cui essi si occupano. Un.inchiesta nell'archivio ufficiale delle s '"i~tà per azi_o~ici ha condotto a scoperte intcress.ant1. l giorrlali che a Londra. contano sono: il Times, il Dail1 Teletraph 'tla Morning Post è stata di recente divorata dal T tfeg,aph), il Daily Herald, il J,lews Chronicle, il Daily Express e il Daily Mail. Cominciamo dal Times. Proprietari principali ne sono l'on. Giacobbe Astor e il signor J. Walter. Una clausola curiosa dello statuto costitutivo del Times sancisce che nessuno dei due proprietari può cedere le sue az.ioni senz.a il consenso di un comitato composto dello Speaker o Presidente della Ca• mera. dei Comuni, del Lord Capo della Giustizia, del Presidente dcli' Albo degli Avvocati, del Guardiano del Collegio dei Morti ad Oxford, del Governatore della B.tnca d'Inghilterra e del Rettore del Collegio di Eton: mai giornale al mondo ebbe un cosi imponente consiglio di famiglia. L'on. Giacobbe Astor "iene dalla famiglia. americt.na dello stesso nome: suo legame diretto è il signor W. V. Astor della Cltase Bonk di Nuova York. Il signor Giacobbe del Times porta al consiglio d'amministra• zionc del giornale legami che, attraverso gli interessi della Cltase Bank, si diramano alla American Federal Rese,ve Bank, dove troviamo i signori Kuhn, Loeb &. C.; e il signor Otto Kuhn è quello che, attraverso la Ca.sa Finanziaria Kuhn & Locb, aveva finanziato la rivoluzione bolscevica in Russia. Ma gli intereui della Chase Bank, e quindi del signor Giacobbe Astor, arrivavano anche alla defunta Banca d'Etiopia, della quale la Cha.s, Bank e la Banca d'lnghil• terra erano i maggiori azionisti. L'altro padrone del Times, il signor Walter, è strettamente legato alla Cuardian .A11urance Co., che è un'immensa azieoda ebraica; in questa società finam.iaria il signor Walter si trova accanto al signor Szarvasy del Daily Mail e a molti azionisti del News Chronicle. Il Doily Tde1roph, altra colonna dei con• servatori, controlla una trentina di giornali in Londra e nelle provincie, fra cui il Sunday Times e il Finanàal Time,; ed ha. per presidente Lord Camro1e nato Berry, s;ran finanziere, che ha fatto, proprio in questi giorni, una ca.usa per provare di non essere ebreo. Il Tribunale ha. assegnato a Lord Camrosc ben 2 milioni. di danni per indenniuarlo di essere stato chiamato ebreo, e: l'insulto:., era stato detto al processo, < pii) mortale che si possa. fare a persona al mondo>. Ma se Lord Camrose - il ciclo ci protegga dall'offenderlo! - dice di non essere ebreo, sono ebrei tutti i suoi colleghi d'affari e molti dei suoi consanguinei. Lord Camrose è largamente interessato nella Anthracite Ltd, di cui presidente e vicepresidente sono il Szarva.sy e Lord Melchett nato Mond. I Camrose-Berry nno poi imparentati e legati da affari con i Rothschild, con larghi interessi nel Brasile: la San Paulo Ipoteche e Finanziamenti, di cui altri controllori sono gli ebrei Guedalla e Ostrer della Coumont Britislt, detta a. Londra. la Caumont riddish. Negli interessi carboniferi dei Camrose troviamo anche l'ebreo Slark del Doily Herald; e Lord Camrose divide gli interessi nella. Compagnia per lo Stagno Elba con un Sir R. W, Cohcn e con Lord Bearsted nato Samuel, re dei petroli. li Daily Herald è l'organo del socialismo inglese, di quel Laburismo che, ancora all'ultimo suo congresso, ha. affermato d1 non v,olersi unire al comunismo. Si dice pcrà che poco dopo la guerra il Governo sovietico avesse donato al Daily Herald 30.000 sterline di gioielli della Corona imperiale russa: la cosa fu sdegnosamente negata, sebbene si Cosse detto che i gioielli erano stati conse~nati personalmente al signor Franeis Meynell, un amministratore del giornale. Comunque sia, J)roprietaria del Daily Herald è ora la Odhams Ltd, la cui breve lista di azionisti comprende i signori Abramo Abrahams, Cohen, Coldsmith, Isa.acs, Saul Marks, Moss, Sophia Meyer, il barone von Orsbach e Lady Reith: quest'ultima è la moglie del direttore generale della Radio inglese, e le relazioni fi. nanziaric di Sir John Reith con il Dail1 Herald spiegano come la British Broadcasting Corporation (osse stata cosi acca• nitamente antiitaliana da rifiutare a Guglielmo Marconi di parlare durante la disputa abissina al pubblioo inglese, Ma. le relazioni finanziarie dei giornali inglesi sono un capolavoro di ironia: come è noto, il Partito laburista si propone quale caposaldo del suo programma di guidare i lavoratori inglesi contro il cattivo sis1ema finanziario delle classi capitaliste. Ecco ora quali sono gli alleati dei signori az.ionisti del Daily Huald: la Reful' Asswrance, la Banca di Scozia, la Hon1kont• Shan1hai B,mking Corporation, la Sociétl Cénérale de France, ed ahri istituti fi. nan:tiari. Arriviamo cosl al J,1,ws Clt,onicl,, il gior• nale socialcomunista. Una volta il N,ws Chronicle si divideva nel Daily N,ws e nel Daily Cltronicl,: i due giornali, allora esponenti del libtralismo lloydgeorgiano, avevano come proprietari Leha.ma.n, S.a.muel, Schroeder, Goldberg, Schwa.bc, Wertheim. Oggi il News Cltronicle è diventato socialcomunista, ma i suoi 9roprietari vt:ngono ancora dalla stessa sinagoga. Proprietaria del giornale è la United J{ewspa/,ers, che a sua volta è controllata dalla Daily Chro• nicle lnuestment Corporation, e questa. dalla Cenerai /nuestors & Trustets: un capolavoro di evasione da.Ile responsabilità fi. scali e mora.li! Amministratori della United Newspapus sono Sir Walter La.yton, J. Morrell, Ca.mille 0 Ackerman e il signor Heyman Binder, un egregio capitano d'alta finanz.a il qua.le è legato a ben 14- società sud-ame• ricanc ed è in intimi rapporti con il re dei petroli Lord· Bea.rstcd (nato Samuel), con Sir R. W. Cohen, e il g1 minato Szarvasy del Daily Mail e delle mini e di ca.r· bonc ungheresi. Ma poi troviamo che tutte le azioni dt:lla United N,wspapers sono possedute dalla Daily Cltronicl, lnu,stment Corporation, i cui amministratori sono il detto Bindcr, Ca.mille Aclterman e Sir H. Grotrian 1 e fra. gli azionisti di questa compagnia figurano: H, Cohen, Lord Reading nato haacs, J. Auchencloss, A. Goldbcrg, l'Amuican /nuestment, l'Am1rican Trust, la Prudential .Auu,ance, la Bar• clays Bank, la Barint's Bank, ecc., e procedendo troviamo che la compagnia a. cui tutto fa capo, la Ceneral /nuestors & Trust• us, ha per amministratori H. Kahn, Felix Rose nato Roscnheim, M. Stern, e fr.a. gli a-z.ionisti il Jewish Board of Cuardians, il ]ewish M emorial Coun,il, il ]ewish London Hospital, J. Gould, Emmanuel Harris, Sebag Montefiore, J. Pollittcr, F. Rose, D. Schottler, C. Wurtz.burg, O. d'Avigdor, l'Amen'can Trust, il solito Binder. Possiamo risparmiarci lo spoglio degli az.ionisti e controllori del Daily Express e del Daily Mail. Ma dall'analisi di queste compagnie finanziario-giornalistiche si scopre che tutti i giornali di Londra discendono da uno stesso albero genealogico: Abrahams, haacs, Roscnheim, Cohen, Kahn, Binder, Svarzasy: uno stupefacente, quasi incredibile parentado fra tutti i giornali inglesi e la finanza ebraica. Gli ebrei, secondo le statistiche, sono soltanto il o,6 per cento della popolazione dell'Inghilterra. Ma dalla destra conser• vatrice fino alle sinistre sociakomuniste i giprnali inglesi sono tutti controllati dagli ebrei. E poiché la diffusione dei grandi giornali di Londra supera i 10 milioni di copie al giorno, il popolo inglese subisce ogni mattina l'influenza di una tta.mpa che è ligia agli interessi di uomini che appartengono tutti a questa organinaziooe plutocratica: ebrei degli armamenti, ebrei del bolscevismo, ebrei della Banca d'Etiopia. C. M. FRANZERO
A RIVOLTA divampa in Palestina e la repressione inglese diventa sempre più dura. I termini del C'onffitto sono noti : gli inglesi, per metter termine alla lotta fra arabi e ebrei. propongono la spartizione del territorio e la modifica del mandato; gli arabi respingono questa soluzione, rivendicano tutta la Palestina e vogliono che il mandato abbia fine. Questa, in brevissima sintesi. la situazione attuale. _Ma non è nostro proposito parlare d1 quel che accade oggi in· Palestina. Noi vogliamo risalire nel tempo di quasi un quarto di secolo e riandare vecchi avvenimenti, che hanno esercitato un'influenza profonda sulle relazioni fra il governo britannico e i paesi arabi. Quegli avvenimenti sono la prima origine del conflitto che in- .sanguina, oggi, la Palestina. La storia di essi non è ancora interamente nota ' . ' ma puo esser nassunta come segue. L'Inghilterra, quando fu impegnata a fondo nella lotta mortale con gli Imperi Centrali, fece ai capi delle popolazioni arabe, allora soggette all' Impero ottomano, grandi promesse per indurli a ~chierar'>i al suo fianco. Gli ar,,bi credettero a quelle promesse e combatterono per l'Jnghiltcrra. E l'Inghilterra, quando ebbe vinto, non mantenne le promesse. Jn questa grande delu~ione è tutto il dramma arabo quale si va svolgendo da un quarto di secolo, e di cui la rivolta palestinese è un episodio. La storia di quelle promesse è stata f)llt volte narr_ata, ma sempre in modo ~nc-omplcto, giacché finora il Governo mglc\C non ha creduto di pubblicare alcuni dei documenti più importanti relati\'i ai negoziati e alle intese che intercorsero fra i suoi agenti e i capi a_rabi. L'argomento è ancora oggi delicato e scottante; e, perciò, preferiamo_ cedere la parola a un inglese, il Ph1lby1 che, oltre a essere un'autorità indiscussa in materia, fu, insieme col famoso .colonnello Lawrence, col Jacob, cd altri, uno dei grandi agenti della politica britannica in Oriente durante e dopo la guerra mondiale. Recentemente ha pubblicato nella rivi'>ta americana Foreign Affairs un lungo articolo su « Gli arabi e l'avvenir<' della Palestina» (The Arabs a,Jd the Future o/ Palesti,1e}, e nelle prime pagine di rsso ha raccontato, con somma chiarezza, la storia delle promesse eh~ l'Inghilterra fece agli arabi e che po1 non mantenne. Il rapporto della Commissione Reale per la Pa_lestina, scrive il Philby1 chiude un episodio le cui origini risalgono a quasi un quarto di secolo fa. Nel 1914, Abdallah, secondo figlio dello Sceriffo llmscin, Emiro della ~(ceca, passò per l'Egitto 1 diretto a Co~tantinopoli, dove lui e il fratello più giovane, Feisal, rappresentavano lo Hcgiaz alla Camera dei deputa ti turca. Lord Kitchcncr_, che allora era agente britannico in Egitto, prese occasione dalla temporanea presenza al Cairo di Abdallah per fargli una visita di corte-sia. La politica turca nello Hcgiaz aveva dato luoi;:to ad attriti e a torbidi. Le nubi della guerra si addcnc;avano rapidamente. Lord Kitchcncr parlò di politica ad Abdallah. Il Go. verno inglese desiderava amiosamente che le proprie relazioni amichevoli con la Turchia continuassero. Subordinatamente, esso era pronto a sostenere ~li ar,tbi contro i turchi, coerentemente con la ~ua politica tradi;,ionale. Abdallah si trovava a Costantinopoli allo scoppio drlla guerra. 11 22 ago- ,;,to 1914 C'ra di ritorno al--Cairo. Lord Kitchcncr era partito, per cose più importanti. Pa-.c;òun rne~c, e ~fr Storrs inc.1ric,1to inglese, ~pedì ad Abdallah'. per mt·zzo d1 un mc,._aJ:r~Crofidato. la st'g'U<'ntclcttrra: « Lord Kitch(.'ner, Sc- ~rct.trio di Stato brit,ìnnico pn la ;tu('rra, mi ha incaricato di ~criverr a \'o,tr,1 Signoria per chiedervi ,r !liete "'f'ITIJ)rt.' d<'lla ~trs,a opinione per quanto ri~u;1rda la difr-.a dei diritti degli .u,,hi. Ora, è in pot<'rc dr] Governo di Sua ,M;i<'~tà di prc,tar,i tutt;1 l'a.,s1- .,t1·nza eh<· occorrt'. 111 vi,ta dclla dcci..;iom• dr! Gov<'rno turro di <,('hirr.1.l"'ii fr.i i .,uoi nrmid e di rompC'rc le rr-- l:i7ioni tr:1dizion.1lm<'nteamiC'hcvoli fr.i l'UOTEZIONE DI TRENI INOLEBI IN l'ALEBTIN A i due paesi ». Non venne nessuna risposta. Una quindicina di giorni più tardi, Mr Storrs scrisse di nuovo: e Dato che i turchi hanno, alla fine, deciso di entrare in guerra al fianco dei tedeschi, e dato che le circostanze .sono favorevoli alta realizzazione degli scopi degli arabi, mi duole che abbiate lasciato la mia lettera senza risJX>sta e spero che vi affretterete a mandarmi una risposta alla mia domanda». Una risposta. giunse, ma breve cd oscura. Quindi una terza lettera di Mr Storrs : e Ora che i turchi sono entrati in guerra dalla parte del nemico, noi riamo perfcttamC'nte preparati ad aiutare lo Sceriffo della Mecca per la sua causa e a prestargli tutto l'aiuto che desidera~- L'Emiro AbdaUah (ci sembra un errore : Abdallah; allora, non era Emiro) rispose evasivamente che e non era in potere di suo padre di fare alcunché, finché non avesse consultato gli arabi e non li avesse richiesti della loro opinione »; ma promise di fare proposte definite in un congruo termine. Da quel che precede, risulta che furono gli inglesi a prendere l'iniziativa e a premere per una intesa con gli ambi. Gli arabi, preoccupati di giocare tutto su una carta dubbia (la reputazione militare della Germania er:1 leggendaria in Oriente}, prefcriv::mo tenere un piede in ciascuno dei due c..-unpi, finché l'esito della guerra non apparisse più chiaro. I turchi, consigliati dai tedeschi, potevano offrir molto, ad ecceàone della completa i,idipendenta dei territori arabi. E'. di capitale importanza che ci rendiamo conto di questo, se vogliamo capire che co~a implicassero le negoziazioni anglo-arabe del 1915-16. Il riconosdmento della indipendenza degli arabi in tutti i territori arabi, eccetto Aden, fu il primo e principale punto che lo Sceriffo H ussein stìpulò nella sua lettera ufficiale del I 4 luglio 1915. Sir Henry McMahon accettò questa condizione con alc.une modificazioni nella sua famosa lettera l'alt1th1a1 11gnlailo11e dl u 0tped&le Ln ebraico, !nrleae • arabo I del 24 ottobre 1915. Così lo Sceriffo Husscin fu certo che gli inglesi promettevano più di quello che i turchi avrebbero mai voluto o potuto promettere. Nessuno mi.se in dubbio che quella promcss.1 sarebbe stata adempiuta nella eventualità di una vittoria definitiva. parte orientale di essa, di là del Giordano1 vive in pace sotto l'amministrazione mandataria per il tramite di un principe arabo: ma è chiusa agli ebrei. La parte occidentale, invece, è teatro di ricorrenti rivolte, occasionate dal flusso periodico dell'immigrazione sionistica. Che il Governo britannico abbia coraggiosamente persistito nel suo diffkilissimo compito, è sufficientemente dimostrato dal fatto che, oggi, sono stabiliti in Palestina 400 mila ebrei, mentre venti anni fa cc n'erano 55 mila. Che questo compito non sia invidiabile. è dimostrato dalla lunga serie di ribellioni arabe contro la Potenza mandataria. culminante nella aper• ta rivolta dello scorso anno. La ritirata da Ctesifontc e l'assedio di Kut menomarono il J.,•estigio militn.re britannico. Ma lo Sceriffo Hussein non si lasciò smuovere da questi avvenimenti, e continuò i suoi negoziati D,' e i suoi preparativi. Quando Kut cad- fronte 3 questi fatti, 11 Governo de alla fine dell'aprile 1916, egli era britannico, un anno fa, sospettando pronto a entrare in azione. Un mese che nel problema della Palestina fosse più tardi, scendeva in campo: ribelle. un difetto radicale, ricorse al rimedio al suo sovrano spirituale e temporale. sovrano di una Commissione Reale. Egli giocava tutto, fidando che la Gran Dati i termini dell'incarico ad essa affiBre\agna avrebbe vinto la guerra e non dato, il Governo sembrò ammettere ponendo menomamcnte in dubbio che che il difetto pote55e essere nel persoessa avrebbe fatto onore ai suoi im- nalc e nei metodi dell'amministrazione pegni. o, altcmativamcntc, nella innata irraCiò nonostante, nel r 916, veniva fir- gionevolezza degli arabi o degli ebrei, mato l'accordo Sykes-Picot, in virtù o degli uni <' degli altri. del quale Gran Bretagna, Francia e Il resto dell'articolo del Philby, che Russia, senza consultare Re Husscin riassume e discutr le conclusioni della (da se stesso, egli aveva assunto il nuo- Commissione Peci, non ci interessa. vo titolo), modificavano le promesse Stralciamo solo il passo che segue e fatte agli arabi nella corrispondenza di che riporta il çiudizio della Commis- · McMahon. E chi può mettere in dub- sionc sulla politica araba dcll'lnghilbio che a quel tempo il Governo bri~ terra al tempo della guerra: e In realtannico foi:se in rapporti con i capi tà la Commissione ha riconosciuto che sionisti in vista di un arra,igeme,it per gli arabi hanno. ragione d, dolersi del il ritorno degli ebrei in Palestina? La ~ancato adempimento delle promesse dclusion<" venne liolo nel novt"'m?rr , d1 ~ic~ahon . Ec;sa è andata mcontro 1917. In quel ,mese, il Governo bolsce- a queste doglianze fin dove ha_ potuvico pubblicò il te~to dell'accordo Sy- t~, tcne~do ~onta del fatto che 11 sodkrs-Picot, non senza il maligno propo- ~tsfarlc in p1Cl_'I<_> avrc?be e~posto quasito di creare imbarazzi alle Potenze s1 un mezzo m1honc d1 ebrei, ora st,'lnallcatc. Nello stesso me~, )a pubbli- zi~t.i in Palestin~, ~ una gz:ande in~iu: cazionc della Dichiarazione Balfour st1Z1a{quella d1 nmuovcrh o lasciarli riempiva la coppa di Hus~ein di ama- alla m:rcé di un govc:no arabo}; ~ rczza e di umiliazione fino all'orlo. questo m con.,eguenza d1 un errore d1 Un mese più tardi Gerusalemme ca- g'iu~1z!o bri~annico ».. deva. Come ricorda la CommlSsione Ci siamo impegnati a non commcnRcalc, e la coopcra1.ionc degli arabi fu ta.rc l'articol,<?del Philby ~d abbi.imo incontest.ibilmcntc un fattore del sue- m.intenuto I impegno. C1 s1:i, soltanto, cesso della campagna, che culminò con pcrmc~ ~i rilevar~ che ~i scmb~ la prc~a di Gerusalemme. Re Hussein stra<;>r~manamente 1mpropno e_hc s1 si era spinto troppo oltre sulla via del- parli, m _un_ca~ come que!to, di «_ un la rivolta per tornare indietro. La sua errore d1 g1ud1Z10~- Una 1mpropnetà cooperazione aveva contribuito alla vit- che ra<1cntal'umon,mo. toria nel primo rou,id. Protestò che si CARLO BEDINl riservava di rivendicare ìn pieno i suoi diritti, nel caso di vittoria nel secondo cd ultimo rou,id. E1 in questo, gli arabi cooperarono con gli Alleati energicamente. Damasco C.'l<ldee, con ciò, la guerra fu virtualmente finita. In Arabia, i due principali alleati, Gran Bretagna e Francia, ern.no in conflitto armato con l'ultimo degli alleati, gli ..arabi, i quali avevano contribuito in non piccola misura al successo della campagna più decisiva dell'intera guerra. Gli Alleati, in consiglio, si ritenevano liberi di tratt::i.re con i paesi arabi a loro discrezione. Le promesse di ~cMahon venivano interpretate secondo la loro convenienza. Il Fertile Crescent fu sottratto alla \Q· vranità araba e venne posto sotto un sistema dì mandati, che solo in t<'oria differivano dall'annessione. Una parte fu rbervata per la coloniu:azione ebraica, a dii:crczionc della Potenza mandatari"a. I :Mandati e il Saltoual Home furono per gli arabi una maledizione. Solo la forza annata delle Potenze mandatarie ha potuto a~sicu~ rare l'esecuzione degli obblighi dei mandati. Esse speravano che, a forza di pazienza e di perseveranza, avrebbero ottenuto l'acquiescenza e la cooperazione degli arabi ad una politic..1. che gli arabi fondatamente consideravano cornr una violazione delle prome~sc che il Governo britannico aveva loro fatte, e che cliso si è costantemente rifiutato di pubblicare. Lentamente, ma sicuramente, l'intransigenza araba ha poi riguadagnato una parte del terreno perduto. L'Iraq fu, dei parsi arabi, il primo a ribcllal"'l;Ì,nel 19:20. L'anno successivo, c:sso diventò un Regno sotto mandato; e, grazi<' all'innucnza e al prestigio personale di Fci..,al pres\O il Govcmo b1itannico, il mandato, qualche anno fa, è terminato cd è stato sostituito da un'allcama con la Gran Bretagna . Qucc;to esempio viene ora seguito per la Siria: un alleanza con la Francia mrttc fine al mandato e alle periodiche ribellioni, alle quali e~°'◊ ha dato O<:Cél'iioncR. esta ~olo la Palcuina. La l'&le~t!1:11u.1gululont di 111:1a1!ugop l:i ebraico lngleH • arabo • ANTEO COME i noto, il Presidente Roosevelt (ccc, alcune settimane fa, un lungo giro nel West: un po' per ta,tare il polso all'elettore, un po' per galvani:uarnc la (cde con discorsi eccitanti e con belle promesse. Egli, invece, disse che andava in giro per riguadagnare le sue forze; ma, se, per le sue forze, s'intendono le fon.e elet1orali, è la stessa cosa. e Ci fu un antico " mitologista " >, cosl disse Ftanklin Delano Roosevelt a Boise nell'Idaho, e le cui forze raddoppiavano ogni qualvolta toccava terra. Quando io vado in giro per il paese... sento che riguadagno la mia fon:a proprio perché riprendo contatto col popolo americano>. E noi non abbiamo difficohà ad ammet• terc che uno uomo politico americano, e soprattutto un Presidente degli Stati Uniti, possa sentir raddoppiare le sue fone e rifiorire la sua salute andando in giro a far discorsi, o, come egli ha detto, riprendendo contatto col suo popolo. Può darsi. Ma quel che è assai più certo è un'altra cosa: e cioè che se, invece, il suddeno uomo politico americano prende contatto - non gli faremo il torto di dire e riprende > - con le cose classiche, allora, quel che raddoppia sono le s.c.iocchcztt. E prima di tutto ci sia permesso rilevare che il gigante Anteo, al quale il Presidente Roosevelt ha, evidentemente, voluto p:t.ra• gonare se s1csso, fu un personaggio mitologico, ma non un mitologista - nel testo: m7thologi.tt, - come il Presidente con cosl bella sicurczz~ lo ha definito. In s.ccondo luogo sa il Presidente Roose• velt come fini il e mitologista > Anteo? Ne dubiliamo. Un bel gìornci, Anteo si misurò con Ercole e riuscl a tenergli testa a lungo, perché, ogni volta che era abbattuto, riCC\'cva nuovo vigore dalla madre terra e riprendeva la lotta; ma, alla finet Ercole lo sollevò dal suolo e, cosi sospeso in aria, lo stro:n:ò fra le sue braccia po1enti, For~, il Presidente Roosevelt, se avesse conosciuto il resto del mito, si sarebbe guardato bene dal ricorrere a un paragone di cosi cat• 1ivo augurio. Tullo ,ommato, è più prudente fare il Presiden1c degli Sta1i Uniti lasciando da parie la mitologia CHICAGO -.._T EL CORSO del suo viaggio, il Pre- .L... sidcnte Roosevelt sostò in varie cit1à, ricevette da per tullo accoglienze festose e pronunziò molti discorsi. I temi furono vari: prima di tutto 13 democrazia; poi il New D~al, che la Corte Suprema, tempo fa, mise immaturamente a morte, e che l'elcuere americano sia per dimenticare; poi la Corte Suprema, che ebbe il 1orto di mettere a morie il New Deal e che, ~rciò, deve essere riformata, e di cui Roo§Cvelt ha iniziato il rinnov~cnlo nominando giudice il famigerato Black, membro del Ku-Klux-Klan; poi i prezzi dei prodotti agricoli, ccc .. Fedele alla sua VC'C· chia abitudine, il Presidente Roosevelt parlò in ciascun luogo di ciò che più premeva agli elettori locali, e nel modo che a questi più piaceva. E mano mano che si accorgeva che un tema la.sciava indifferenti gli elet• tori, lo metteva da parte e passava ad un altro. Quando vide che al New Deal nes• suno più pensa, insis1ct1c sul conflìtco costituzionale;' quando intuì che i fa,merJ dell'Occidcn1e si infischiano della Corte Suprema e si preoccupano dei prezzi del grano, del cotone e dei porci, rimise nel ba• ga~>io la Corte Suprema e promise di stabilinare i prezzi dei prodo1ti agricoli. Quel che piace all'clc1torc e come più gli piace! e Le alici a due oboli >, grida il demagogo in Aristofane. E dopo aver sostato in tanti luoghi e aver parlato di tante cose - di giudici, di grano, di porci, - il Presidente si fermò a Chicago e parlò di questioni internazionali. E pronunziò parole gravi contro le nazioni che, a suo avviso, minacciano la pace del mondo. Ricordò il Pa1to Kcllogg; deplorò i bombardamen1i di ci11à senza dichiarazione di guerra e senza avvertimento; affcr ,isolutamt"ntc che l'America non può d1sinterruar,i di quel che accade nel resto del mondo, che l'epidemia dell'anarchia internazionale si va diffondendo, e che quando un'epidemia si diffonde, la comunità deve riunirsi e mcuere in quarantena i malati per di(cndcrsi dal contagio. « Tentativi positivi>, egli disse1 e devono essere fatti per salvaguardare la pace>. Il discorso (u in1crprctato come una minaccia al Giappone. Allora l'Aucmblca della Società delle Na.zioni prese coraggio e votò una fitra risoluzione con cui e si condannavano i bombardamenti di città cinesi >. LLAIIDUDIIO . A~CIIE il ~ignor Eden fece eco alle parole di Roosevelt, e pronunziò, tre giorni dopo, a Llandudno un discorso non mct\O fiero della ri,oluz.ionc della S. d. N.. e Circa la situazione dell'Estremo Oriente >, egli diue, « il Presidente Roo~evclt ha più che ragione di richiamare l'atttnz.ionc del mondo, come ha fatto nel suo recente discorso di Chicago, sull'attuale regno d<'l !errore e della illegalità intcrnazionalr, che ha ora raggiunto - ha detto il Presidente - un tàl punto da minacciare le ba-.i stesse della civiltà. e stato dawcro un suono di tromba. Un appello a tulle le nazioni> TOKIO I L GIAPPONE Cu profondamente scouo da quel e suonn di tromba> cosl almeno auicurò il corrispondente del Timu da Tokio: - perché - è ~cmpre lo, stesso giornalista che parla - la ma~"\ del popolo 2;iapponesc è molto più ~cn-.ibile alle real'ioni dell'opinione pubbliC'a bri1annica e amèrkana, che a quella dell'opinione di altri pai-,i. Infatti, in quei giorni, il portavoce drl ~finistcro degli Esteri giapponese parlò ai giornalisti stranieri e disse: e Noi siamo riroluti a combattere fino all'uhimo sangue, finché la Cina non riprenda in considerazione il suo atteggiamen10 e non modifichi radicalmente la sua politica antinipponica ... Se qualche Poten{a dnidera aJSocia,si alla Cir.o, sarà la benuenuta >. IIANKIIIO ,.,_T EANCHE la Cina si attende molto ...... dai discorsi anglo-americani o dallC' rholuz.ioni della Lega. Ci fo un giorno in cui la Cina ebbe (ede nella Lega E per poco non fini come il suo poeta Li Po, che annegò nel fiume mentre ccr• cava di cogliere i rincssi della luna nel~ l'acqua. Oggi non vi crede più. Oggi non ha più illusioni. < Il conflitto mancese >, ha scritto recentemente la signora Ciang K.ai Scck sulla Herald Tribune, e ha insegnato alla Cina la veri1à del tragico assioma chr lddio aiuta solo coloro che si aiutano da se stessi>. t il principio della saggezza. " QUOSVULT PERDERE... " PERCHt, in fondo, il male di cui la Cina rofTrc, il suo vero male, non è l'aggrcuionc giapponese, ma la sua follia. In un mondo nuovo, popolato di uomini violenti e affamati, la Gina si i permesso il lusso di un quarto di secolo di demenza senile. Un paese ha evidentemente perduto la ragione - ha scritto uno dei migliori figli della Cina moderna, Lin Yutang, in quel mirabile libro cui abbiamo già accennato su queste colonne, - un paese ha perduto la ragione, quando i suoi funzionari vigilano gelosamente 1ui tesori nazionali finché non li abbiano \cnduti al migliore offerente e non ne abbiano inta.scato il prezzo. Un paese i prossimo alla demenza quando un suo generale consegna al nemico, senza il minimo tentativo di resis1enza, 1ut10 il territorio del Jchol e utilizza gli autocarri militari per il 1rasporto delle sue concubine e dei suoi tesori, senza che il governo intervenga; quando tanti generali, dopo la disfalla, abbandonano armi e munizioni e mcttor.o al sicuro solo la loro provvista d'oppio. Un paese ha perduto la ragione quando il contadino è costretto a piantare l'oppio, imece del riso, perché si possa poi mantenere il canagliume militare. Ir alcune provincie si sono pagate fino a 30 anna1e di imposte anticipate (Setchuen M onthl1, 1934). Si son pagate imposte pari fino a quaranta volte il valore della ricchcna. tassata: nel Kiang1i. Nel Kiangpei, i contadini hanno dovuto \·cndcre le mogli e le figlie per pagare le tasse. Sono state messe tas.sc sulle casse da morto, sulla monta dei maiali, suffuso dei lava.bo al momen10 della digestione; tasse sul buon diri1101 sulla bene\'olcnza, sul benessere, sul p.atrio1tismo ardente. Si resterebbe increduli al racconto di queste stra\ aganze, se non fosse un cinese, uno dei migliori cinesi moderni, a descriverle. Un nazion.alism,o isterico e (utile e le idee occidentali mal digerite non facevano che aumentare il tumulto e la confusione. A volte i circoli d rigenti si mNtcvano a moraleggiare e pro,>0nevano panacee e per saha.rc la patria>. Taluni predicavano la frugalità e l'uso dei sandali ; altri la dan7.a e l'introduzione a forti dosi dei costumi occidentali ; ahri la cultura fisica I' soprattutto la box~, l'cspcran10 1 le messe buddis1iche, il ripristino dell'insegnamento dei cianici confuciani nelle scuole o anche l'abolizione per 30 anni dello studio dei classici, ritenuti degni di finire fra le immondizie. I più alti dignitari del Go\crno preconizzavano a volte l'iniriaz.ione alle preghiere dei lama, id0nee a salvare il paese, e a volte la guerra alle supcrstizìoni. I governatori delle provincie si davano un gran da fare per disciplinare l'abbigliamento. Le ragazze del Kwangsi portavano, a quan10 pare, le maniche troppo corte. Gli uomini del Seciucn, invece, portavano ves1i troppo lunghe. Le donne dello Sciantung non dovevano farsi i riccioli; gli s1udcnti dello Honan dovevano radersi in un certo modo; le ragazze del Scciucn non dovevano comprimersi il seno con una h1cia; le. pros1itute di i'\anchino non potevano portare scarpe col t:i.cco alto; e a Pechino le donne non pote\,ano a\'erc cani m:.Hchi, nf po1ev3no portarne per la s1rada 1 di qualunque sesso r osscro. Questa è stata la Cina fino a iC'rÌ; qucsla è stata la Cina pi-r \'enti<"inque anni: caos e follia, tumulto e corruzione, fotili1à e isltrismo. E un giorno, uno dei suoi figli migliori, lo scri1tore Hu Shih, lanciò un grido disperato: e Se la Cina non deve perire>, egli dine, e allora lddio è cieco>. ~fa lddio non è cieco. 0:\tNIDUS I ANNOI, N. 92, 6 NOVEIIBRE 1937-~~ I l\1 OMNIBU I SETTlliANALEDI ATTUALITA P0LITI0~LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12-16 PAOlNE ABBOIIAMEIITI ltalta e Colonie: annc L. 42, atm,-tre L. 22 E~tero1 aono L, 70, ~111u1rt L. 36 OGNI NUlltRO UNA LlRi Mano1criltl, diup;nl e foU!gra~f,nche te non rubblicntl 1 oon •i re•t1~t· 1~nnc, Dlrulone: Roma • Via dPI 811dario2, 8 Telefono N. 661.636 AmmJnlltruione: Mtl&no - l'1ana C;i.rlo Erha, 6 11 Tt1,ro110~, 24,808 t-=~ OOtn<0 ·• OMNUIUS"• Jtllm
L'\!:3EL 13 D. C.. Au~usto e Livia • 1 i toccavano 11 cinquantesimo J .rnno . d_el loro matrimonio. !jTale 1_nmtcrrotta vita coniugale d1 Augusto è un simbolo della continuità della sua carriera e della costanza con la quale perseguì le finalit~ che si era proposto. Mentre a esaltazione della sua felice unione con Livia decretava l'erezione di un tempio della Concordia sull'Esquilino a. ricordo del suo ingresso nel settante~ ,1rnosesto anno di vita, pensò•di redigere. sc:-co~do_la frao;e di Svetonio, un •omman?, rndex rerum a se gestarurn, dc ~crvJ<iiSC al giudizio dei contcmpor.,ne1, come a quello dei posteri. Tale lnd~x autobiografico era destinato ad e,serc inci'ìo su tavole di bronzo da erigersi davanti a quel suo Mau- ,olco eh~ -~" dal 28 a. C., spente le ~uerre civ1h, debellati i nf'mici esterni t' chiuso il tempio di Giano Augusto :tllora Ottaviano,, aveva prov~•i-;to a fa; cmtruire, per ,é e per i ,;;uoi, nella zona ~ettentrionalc del Campo :Ma~io, fra 11Tevere e la Flaminia. Alla .,ua morte, Tiberio, ottemperando alla volontà dell'e-;tinto, fece incidere l'h1dex su due pila<;tri di bronzo e li fece collocare davanti al Mausoleo. Per quanti ,ecoli i Romani poterono leggerlo sul po~to? :\"on lo sappiamo. Ancira, oggi Ankara, la capitale della Gal:lzia, nel pronao del suo Sebafteion, il sontuoso tempio dedicato ad .-\ugmto e a Roma, fece incidere il te,to latino dell'index, con accanto la tradu1ione grrca. E là il documento fu letto e per la prima volta copiato nel t555 dagli ambasciatori inviati d:1 Ferdinando I, imperatore di Germania, al "iultano Solimano. Conquiste, spese e opere In una lingua ,obria, ~emplice, chiara e pur ,;;ol<'nne, piena di regale di- ~nità, l'Augustus dà la nuda, oggettiva <:numerazionr di cose e di fatti che hanno avuto ripercussioni CO!IÌ vaste nella <;tOria del mondo. ):"e,;;-;unornamento di forma. L'imperatore non 1:i abbandona mai ad apprezzamenti o a commenti. .\u~u~to ripartisce il novero delle ~ue R,·s grstae in tre parti. Al primo po- ,to uno "guardo complc<t..,;ivo alle guerce da lui intrapre,;e, nelle qu,,li ._:manifr,;tò la ,;;ua clemn1tta. :\"ella ,;;cconda p.1rt<' elenc:1 le spc~e da lui -.ostenute per lo Stato romano. La terza parte, infine, contiene la enumerazione delle Rt>s gestae vere e proprie. e All'età di diciannove :rnni, di mia p_ropria iniziativa e a '-JX''-emie raccol- ,1 un e,ercito, col quale liberai lo statC'_Idal dominio di una fazione che l'oppnrne\\L Per qu('~ta ragione. 'ìOttO il i:on,obto di Gaio Pama e Aulo Irzio. 11 ,cnruo con decreti onorifici mi ag- ~rcgò all'ordine ,uo, imiemc conccd('ndomi il ({rado con,;;olare col diritto di voto. e mi conferì il comando mi- )1t~1n.•O_r.dinò che- io, qu:de propretore, con I con,oli provvede:-,i. affinché la repubblica non avc,;,c.•a soffrir danno. Lo <-tc,,o anno il popolo mi nominò 1.:on,0le, e,;,cndo ambedue i consoli èadut: in guerra. e triumviro con il compito di riordinare lo stato. « ~landai in esilio coloro che ueci- ,ero il padre mio, con procedimenti lc- '{~llipuncr_1do 11 loro delitto, e poi, mo- \·cndo C'ì~: guNra alla repubblica., due volte li ,;confissi in battaglia >. Co..,ì. con pacata freddezza di croni- ,tonco, .-\uf{U"itOaccenna al suo dramm,u_ico ingresso nella vita. pubblica. E~h t'ra ad Apollonia in Epiro, per attt•ml<'re a~li ,;tudi e alla preparazione _m!lit'.lre_q,ua.odo, poch~ g~orni dopo gli .~1 d1 marzo del 44, gli gmnse la notizia che Cc.,:1.reera caduto <;Otto il pu- !?_nalcdei com{:urati. Senza e,itare né t"coltarC" con.,igli di prudenza. accor<.e t Rom.t e rivendicando i ,;uoi diritti li <'rede che il con<;0leAntonio gli con- ,c-.. t;.n·a.• 1rruolò a sptse sue un c~erci1'1 fra i ,·eterani di Cesare )tanziati ,w~b Campania e ~uadagnò alla propri., ( ~u,,1 due delle quattro legioni di .-\nto1110. La partit.1 era già \'inta. rt pnmo gcnn,tio del 43 il Senato, su pro- :>mta d: Cicerone, si aggregava Ottav1_a11?<· ·onfcrendogli in pari tempo la d1gn1tà di propretore e il diritto di ,;;en- :,·m-.t <' di \'0to fra i con1:olari. Sci giorn: dopo, rive'itito del comando milit re t'zmperium::. Ottaviano a,;;sumeva J>(·r la prima volta i f.1sci, imegna del pot<'rc, che non doveva più deporre. \""ell'index Augusto allude fugacemente ,di.a nomina a con<.0le e a triumviro. L., guerra di ~lodcna era co~tata 1 .1 vita ai due comoli, ma Antonio, -ronfiHo. era fuggito. Ottaviano, rima- ,to <,olo a capo dell'esercito, aveva su1,)('rato. con una rapida marcia militare ,u Roma, l'oppo.sizione del Senato, e dal popolo riunito nei comizi rra <;ta.to ,·letto console non ancora ventenne. Dopo di che. andato incontro ad ,\ntonio .e a Lepido, aveva costituito con ·-...i il triumr...,iratus reipublica,· consti- ·urn.dae, chC'. ,.1n::rionato dalia ltx Titia ,! 27 no\·embre del mede,imo 4♦ a\'e- \'~1 ai tre conferito poteri \traordinari :>(•rrinqu<• anni. DC'i due colle~hi. ne'iuna rnc·n7ionC' nC'll'indu. E ,i comprende. E,si erano stati più tardi di- <hiarati nemici della patria. La vittorid di Filippi, con la ,;,ua c.uplice a7iom·, tnrr.inata J,t prima col ,uicidio di CJ"'-io, la '-<·conda con quello di Bruto, ·""'\·a chiu,o qu<'l drammatico prologo :l ll'a11ont' politic~1 di ,\u~mto. e G1wrrc pt·r tC'rra e J><.'rm:1re c-ivili ·d c·,u•rnc iu tutto il mondo ~pes'-0 io omh; ttri <', vincitore, ri~parmiai tutti , c-,u.1dini che chit~cro g-r,17ia. Preferii (<m<tn:MC ,inzi(hé dmruizg<'rC' quelle t<·nti ,tranin<·. alk· quali ,i pntf ,;;cnza ,,., ic•pJo pl"rdonarc. Circ-a cinqu('C"rnuib citt,1dini romani militarono ,ot- ,. mie inv·,~w• di ,•,-;i, più di treI mil.t inviai in rolnnir n nm:mdai . . • . - ~ . .- ..... :-~ -~ ,. .. -~:c.,._. ,· '"--:-~ . : ~-···.: .... , ... · .. ·- .,. .. ~~>(.-'.:;.,.:..,t - • *-c.- ,o... --~-,. -. ·"--·L,!,. ~ . .I '":'_ .. ,,,. . . .... ~?'_,;,,,~ ~ ~- -~ _.,., . RESTI DI UNA COLONIA ROKANA DEL TEMPO DI AUGUSTO, SCOPERTA REOENTEKENTE NEL BUCKINGHAMSHIRE <INGHILTERRA> ai loro municipi, poi ch'ebbero compiuto il loro servizio, e ad essi tutti \s- ,egndi campi o donai danaro come premio del sen·izio prestato. Catturai ,;cicento na\'i 1 non comprendendo in quc(to numero quelle minori delle triremi>. 500 mila uomini A settantacinque anni, Auguno accenna di ,fuggita alle campagne seguite alla ,·ittoria di Filippi per far ri- .,altare la clementia con la quale le condmse e le conchiuse. ~.fa ci tiene a cakolare gli uomini pa5.sati complessivamente sotto il suo comando, dal triumvirato al momento della stesura del T rslamentum. Sono cinquecento• mila. :'\umero strabocchevole per l'an• tichità. E si compiace di ricordare le trecento navi catturate a Sesto Pompeo e le trecento cauurate ad Antonio e a Cleopatra, ad Azio. « Comole per la quinta volta, per comando del popolo e del senato acerrbbi il numero dei patrizi. Tre volte procedetti alla revisione delle liste dei .,enatori. E nel mio sesto comolato feci il cemirnento del popolo, avendo collega :Vfarco Agrippa, e celebrai la cerimonia lmtrale alla distanza di quarantadue anni dall'ultima celebrazione. Risultarono allora cemiti 4.o63.ooo cittadini 'romani. E poi di nuovo ripetei la stessa cerimonia da solo con potere consolare, durante il consolato di Gaio Censorino e Gaio Asinio. E furono in questo lustro censiti 4.233.000 cittadini romani. Per la terza volta, rivestito del potere consolare feci il censimento avendo collega il mio figliuolo Tiberio Cesare, quand'erano comoli Sesto Pompeo e Sesto Apulcio: e ri,;;ultarono allora cittadini romani 4.937.000. Con la promulgazione di nuove leggi, ri,:hiamai in vigore molte antiche consuetudini, che cadevano ormai in di5uso: e io stesro offrii ai po~tcri e,empi di molte co~e da imitare». Augusto può wrvolare sulla serie vittorio<ia delle 'ìUC azioni militari. ~{a non può e non vuole sorvolare ~u quelle che sono le :oiUepiù insigni azioni di pace. Fra queste eccellono il risanamento interno della casta patrizia e la politica demografica. Già negli ultimi tempi della repubblica le file del patriziato erano diminuite in modo impressionante. Di 136 genti patrizie esistenti ..11principio di es<ia, solo quattordici, con circa trenta famiglie, ne sopravvivevano nell'età di Ce~are. Oc• correva dunque co~tituire una classe dirigente che fo~sc idonea ai COmpiti richie,;ti dal nuovo ordine di co~e. Già Ce,;are, con la Lex Cassia, aveva innal7ato al patriziato famiglie plebee. Ora Augu~to. nel suo quinto consolato. nrl '29 a. C.. si era fatto attribuire in virtù della. Lex Saenia b. facoltà di aument:1rc il numero dei patri1i. ~la lo zelo col qua!c Augusto avc\'a tenuto d'occhio l'andamc-nto demografico deila citt.1dinanza romana è mo,trato dalla <icrupolo,a ci;;attczza con la quale egli n·~i,tra nell'index, fino all'ultimo mi"liaio 1 le C'ifrr progre,..,h e dri tre n·n,imenri. quc-llo dd -28 a. C.. quello dC"ll'8a. C. p:uticolarmrntc- importante nella storia del Cristianesimo) e g:nato, anno per anno, il govcmo auqucllo del 14 d. C. . gusteo. « Per onorare il mio ritorno, il se- « .A.Ila plebe romana distribuii trenato consacrò l'altare della Fortuna cento ~csterzi a testa in esecuzione del Reduce davanti al tempio dell'Onore tc<;tamcnto di mio padre e quattroe della Virtù, presso la porta Capena, cento sesterzi a nome mio dal bottino e comandò che- ivi, i pontefici e le ver- di ~uerra, quando fui con.sole per la gini Vestali celebrasse,o un s.tcrificio · lJUi!Ha volta. Più tardi ancora 1 nel mio ogni anno, ricorrendo il iiorno nel decimo consolato, donai quattrocento quale, sotto il consolato di Quinto Lu- sesterzi per ciasc':1no dal mio patrimocrezio e ~farco Vinicio, io ero tornato nio: e quando fu1 console per l'undcciin città dalla Siria, e chiamò quel gior- ma volta. feci dodici distribuzioni di no "Augustalia" dal nome mio. grano da mc privatamente acquistato. « Quando tornai a Roma dalia Spa- Infine, nel dodice:oiimo anno del mio gna e dalla Gallia, dopo i successi ri- potere tribunizio, per la terza volta diportati in quelle provincie, durante il \lribuii quattrocento nummi a te<;ta. conwlato di Tiberio Xerone e Publio Questi miei donativi toccarono a non Quintilio, il senato decretò doversi con- meno di duecentocinquantamila uosacrare per il mio ritorno l'altare della mini ogni volta. Xci diciottesimo an• Pace Augusta nel Campo :Vlarzio, e no del mio potere tribunizio e dodicomandò che ivi magistrati e sacerdoti ce"iimo consolato diedi a trecentoventie vergini Ve,;tali celebrassero un sa- mila persone della plebe urbana scscrificio annuale. ~anta danari a testa. E alle colonie « li tempio di Giano Quirino, che i dei miei soldati, console per la <1uinta nostri maggiori vollero che fosse chiu- volta, distribuii dal bottino di guerra so quando per tutto l'impero del po- mille nummi per uno: ricevettero quepolo romano si fosse con-;eguita con le ,to donativo trionfale nelle colonie cirvittorie la pace per terra e per mare, ca cento\'Cntimila uomini. Con,;;ole per tre volte, essendo io principe, il ~enato 1.1 tredicesima volta, dorai ~essanta daordinò che venisse chimo: la qual co- nari a tc1,ta alla plebe, che allor:t ricesa, prima ch'io nascessi, dalla fonda- vcva il frumento pubblico: godettero zionc di Roma, si ricorda essere acca- di questa largizione poco pila di dueduta due sole volte>. cE'ntomila uornini >. Quando Augu~to tornò a Roma nel 19 a. C. dal lungo e fortunato viaggio in Oriente che gli aveva fruttato la restituzione delle insegne tolte dai P.,rti a Cra™> e ad Antonio, con il conseguente ristabilimento del prestigio romauo in quelle regioni, il Senato consacrò l'altare della Fortuna Reduce di fronte al tempio dell'Onore e della Virtù dedicato da ~farco Claudio ~farcelio nel 2o8 a. C. ai piedi del C<'lio presso la porta Capena. Attravcr~o questa porta, venendo dalla Campania per la \'ia Appia, Augusto era entrato in città. Quando, sci anni più tardi, Augusto tornò a Roma dopo il triennio consacrato all'ordinamento e alla pacifica2-ione della Spagna e della Gallia. il Senato dccr<'tÒ che nel Campo ~farzio, presso la via Flaminia, per la quale egli aveva fatto il suo ingres- "° in città, sorgesse un altare dedicato alla Pace, a quella pace che pareva ora finalmente a,;sicurata al mondo romano. Bottino di guerra Naturalmente il ricordo dell'Ara Pacis su-;cita per spontaneo collegamento quello della chiusura del tempio di Giano. Due volte solamente, secondo la tradizione, il tempio era ~tato chiuso prima di Augusto .. Una prima volta al tempo del mitico regno di ~urna. C" na "<-'condavolta dopo la prima guerra punica, nel 235 a. C.. Aveva ben ragione Augusto di addurre a titolo di gloria l'aver chiu~o tre volte il tempio fatale, durante il ~uo lungo impero. L'"na prima velta nel '29 a. C. dopo la vittoria di Azio e la. conseguente conqui,u dell'Egitto; una seconda nel 25 a. C. al termine della guerra. can.tabrica; una terza, infine, in epoca non meglio determinabile, fra 1'8 e l'1 a. C. L'indcx indugia con particolare e tra.,parentc compiacimento ,ull<' (.'iarg:izioni al popolo che hanno cnntr;i<.<.t~- A~que e pietre ~-fa Augu~to non ha solamente aperto le sue ca""e pri\'atc per farne rifluire oro -;ul popolo. Coi suoi mezzi privati e mercé ~apienti dc~tìnazion.i del denaro pubblico ha arricchito Roma e l'Impero di mirabili opere pubbliche. ~on per nulla aveva volyto per <..é b carica di Curalor viarum. « Restaurai il Campidoglio e il teatro di Pompeo con ,;pesa ingente e senza forvi i~crivere il mio nome. Riparai ~li acquedotti in molti luoghi rovinati dal tempo. e raddoppiai la portata dell'acqua ~farcia, immettendo nel suo ror,o una nuova fonte. Completai il foro Giulio e la ba,ilica fra il tempio di Ca-;torr e il tc-mpio di S:1turno, opere iniziate e condotte quasi a termine dal padre mio; e quando la medesima ba,;;ilica fu distrutta da un incendio cominciai a riedificarla 'iu più ampi~ suolo, sotto il nome dei figli miei, e comandai che, se non l'avessi finita du~an~e. la ~ia vita, fo-;-;e compiuta da_11~~e1credi. Ottantadue templi degli dei, console per la sc~ta volta io reMaurai nella ci1tà per volontà del' ~enato, non tra,;curandone alcuno, che in quel tempo abbisognasse di riparazione. Console per la settima volta, restaurai la via Flaminia dalla città fino a Rimini e tutti i ponti tranne il ~•lilv10 e il ~{inucio. « Su terreno di mia privata proprietà. co-;truii il tempio di ~farte L'ltore e il foro Augusto col bottino di guerra. Edificai presso il tempio di Apollo, ~u terreno per gran parte comprato da privati, un teatro, che volli porta<,se il nome del genero mio ){arco ~larcel~ lo. Col bottino di ~uerra comacr;1i doni nel Campidoglio, nel tempio dt:l di- ,·o G!ulio, nel tempio di Apollo, nel tempio di Ve-;ta e nel tempio di ~!arte l'ltore: doni che mi cmtarono circa un milione di -;r-<.terzi.Con,olc per la quinta volta, rimandai ai municipi e alle colonie d'Italia trentacinquemila libbre di oro coronario offerto per i miei trionfi: e poi, ogni qualvolta fui proclamato imperato,, non accettai l'oro coronario, benché i municipi e le cqlonie mc lo decretassero con la stc~sa benevolenza di prima ». Il grande incendio dell'83 a. C. aveva distrutto il venerando tempio dedicato ~ul Campidoglio a Giove Ottimo Massimo, Giunone e ~Iincrva, che la tradizione attribuiva alla fondazione di Tarquinio Prisco. Silla e Lutazio Catulo ne avevanQ curato la ricostruzione. Avendolo un fulmine nel 9 a. C. nuovamente danneggiato, Augusto lo restaurò con particolare magnificenza. Il teatro che Po01peo aveva costruito nel 55 a. C., e che era 'ltato il primo teatro stabile in pietra a Roma, fu ugualmente ricostruito e abbellito da Augusto. Gli acquedotti inoltre furono sommamente curati da Augusto. Di quella Acqua ~farcia (optima rerum aqua, optima aquarum ;\,farcia) che il pretore Q. ~1arcio Re aveva convogliato verso Roma nel 146 a. C. è.;.lla vallata dall'Aniene, Augu1;to raddoppiò la portata, immettendovi l'aqua Augusta, raccolta nella vallata fra Tusculum e il monte Albano. Il Foro di Cesare e la ba-;ilica Giulia che Cesare aveva dedicato nel 46 a. C., furono da lui completati. Infine fra tutte le vie suburbane la Flamini:t. riscosse le speciali attenzioni di Augusto. Era stata aperta nel :220 a. C. dal cen.;ore C. Flaminio. Ancora oggi il ponte sulla ~!arecchia a Rimini è testimone glorio"o e sorprendente della ~olida magnificenza con cui · Augusto provvide alla vigilanza delle strade. La pace August0 ha riservato alla fine del suo iridex autobiografico l'evocazione delle grandi conquiste e degli strepito- -;i -.ucccssi diplomatici. L'andatura del tc\to, pur nella. sua -;obria compostezza, assume un ritmo intenso. «Allargai i confini di tutte le provincie del popolo romano, alle quali erano confinanti popolazioni che non ubbidivano al nostro dominio. SQttomisi le provincie deil<' Gallie e delle Spagne e similmente la Germania, se~ucndo il confine dell'Oceano, da Cadi<'e alb foce dell'Elba. Assoggettai le Alpi, dalla regione prossima al mare Adriatico fino al Tirreno, a nessuna gente recando guerra ingiustamente. La mia flotta navigò per l'Oceano dalla foce del Reno veno Oriente fino al territorio dei Cimhri, dove né per terra né per mare alcun Romano prima d'allora era giunto: e i Cimbri e i Caridi e i Semnoni cd altre popolazioni germaniche della medesima regione per mezzo di amba,ciatori chiesero l'amicizia mia e del popolo romano. Per mio comando e <;Ottoi miei a_mpici due esercit: fur<mo g11id:1ti,qua- ,, contemporanc.1mentc, ncll'Etiopi:1 e ncll' Arabi.\ detta Felice. e numero-;i,;,simc- ,;chiere dtll'un3. e dell'altra ~ente nemica furono ucci-;e in campo e moltis,;;imecitt:\ furono conqui,;;rate. :'\'ell'Etiopìa ~i 2"iun.,e fino alla città di Xabata, ch'è \'icinissima a ~leroe: e ncll'Arahia l'e~crcito avanzò nel tr-rritorio dei S,tbd fino alla città di ~[ariha. « Aggiumi l'Egitto al dominio, del popolo rom,rno. Potendc:- f~re. ddl Armf'nia maggiore una provincia, do!?? che ne fu ucciso il re Artasse, prefeni, ,eguendo l'esempio dei nostri avi, affidare quel regno a Ti~ranc, figlio d<'I re Artavas<le e nipote del re Tigranf', per mezzo di Tiberio Nerone, ch'era allora mio figliastro. La medesima gente, poi, infedele e ribelle, soggioga• ta pc-r mezzo di mio figlio U,1io1 diedi da governare al re Ariobarzane, figlio del re dei :Medi Artabazo e, dopo la ,ua morte, al figlio di lui Artavasde. E quando questi fu ucciso, mandai in quel regno Tigrane, ch'era oriundo della regale schiatta degli Armeni. Riconquistai, con Cirene, tutte le provincie, che al di là del mare Adriatico son rivolte ad oriente, possedute per gran parte da re, e prima ancora la Sicilia. e la Sardegna, ch'erano state occupate durante la guerra servile. s: Le pooolazioni dei Pannoni, tra le quali, prima ch'io fossi principe, nessun esercito mai del popolo romano penetrò, sconfitte per mezzo di Tiberio ~erone, ch'era allora mio figliastro e luogotenente, io sottomisi al dominio del popolo romano ed estesi i confini dell'Illirico fino alla riva del Danu• bio. C'n esercito di Daci, che osò varcare questo fiume, sotto i miei auspid fu vinto e sbaragliato: e poi l'esercito mio, guidato al di là di esso, costrinse le popolazioni dei Daci a sottostare al dominio del popolo romano . « A me furono mandate spesso dal1' India amba1:cerie di re, non mai vi- <;te prima presso alcun duce romano. Chie~ero la nostra amicizia per mezzo di ambasciatori i Ba<;tarni, gli Sciti, i re dei Sarmati, che abitano al di qua e al di là del Tanai, e i re degli Albani, degli Iberi, dei ~1cdi. « V genti dei Parti e dei Medi, inviandomi in qualità di amba~ciatori i connazionali più nobili 1 chiesero <'d ebbero re da tne: i Parti Vonone, figlio del re Fraate, nipote del re Orode, i ~1edi Ariobarzane, figlio del re Artava<;dc, nipote del re Ariobarzane. « Durante il sesto e il settimo mio consolato, poi ch'ebbi fatto cessare le '!U<'rre civili, avendo assunto il supremo potere per consenso universale: trasferii il governo della cosa pubblica dalla mia persona nelle mani del sen:-i.to ~ del popolo romano. In ricompema di _ciò, per decreto del senato mi fu conferito il titolo di Augusto e• la mia porta fu ornata d'alloro a nome dello stato e una corona civica fu appc1:a ad essa e fu posto nella curia Giulia uno ~cudo d'oro con una iscrizione atte~tante ch'e~so mi veniva offerto dal senato e dal popolo romano per il mio valore, la mia clcmenT,l., la mia giu..,tizia e la pietà mia. Da allora io fui superiore a tutti per autorità. ma non ebbi maggior potere di quelli che mi furono colleehi in cia~cuna magi,;tratura >. La corona civica Vicino alla morte, Augtl.6to può con legittima fierezza ~uardare alle sue sconfinate conquiste. Ha dovunQuc ampliato e dilatato i confini romani. In Germania, fino all'Elba. Nell'Illirico e nella ~facedonia 1 ove sono state istituite le due nuove provincie della Pannonia e della Mczia. ~cll'Asia Minore, dove si è formata la nuova provin eia della Galazia. (\ella Siria Che si è arricchita col territorio della Giudea. ~ella proviii.cia d'Africa che si è accrc- ~ciuta della Xumidia tolta al re Giuba compemato, d'altra parte, con la ~au: rctania. Augusto ha pacificato le provincie della Gallia e della Spagna a due riprese. fra il 27 e il 25 a. C. e poi fra il 16 e il 13. La sconfitta di Varo ha lasciato indeterminato il confine della Geonnnia. !. l'unico punto oscuro e dolente nelle reminiscenze e nelle rievocazioni augustee. t dal 30 a. C., dopo la morte di Antonio e di Cleopatra, che l'Egitto è stato posto sotto la diretta dipendenza di Augusto. che lo ha ininterrottamcnt<' '!overnato per mezzo di un prefetto. E l'~gitto era stato un eccellente punto d1 partenza per esplorazioni più lontane. Di là due eserciti romani avevauo preso le mosse per avanzare vittoriosi, l'uno fin nel cuore dcli' Arabia Felice. l'altro fin nell'Etiopia. Recuperando le pro\'Ìncie che assegnate ad Antonio dal trattato di Brindh.i del 40 a. C. erano state da lui donate a Cleopatra e a: suoi figli o a sovrani a sé pcnonalmen1e dc-voti, Augusto aveva ristJ.bilito in Oriente la dilacerata intc-grirà dello Stato romano. Infine l'index poteva vantare la sottomissione delle popolazioni danubiane, Pannoni, Daci e GC'ti e l'arri\·o di ambascerie devote dai più lontani reami. Qua~i a coronamento finale della evocazione delle res eestae l'i,idex registra il gesto magnanimo col quale, in un momento saliente della sua prodi1do.,a carriera, l'« imperatore> ha restituito al Senato e al popolo i ~uoi poteri eccezionali, assumerydo una su• periore atteto, itru, che non aveva altro fulcro e altro fondamento al di fuori delle qualità personali. f!. durante il suo sesto consolato, nel 28 a. C.1 che Augusto abroga a poco a poco tutti i provvedimenti eccezionali del periodo triumvirale. Il 16 gennaio del 27, in una solenne .,eduta senatoriale, dichiara\•a <li trasmettere di nuovo nelle mani del Senato e del popolo 1il pote-re ~traordinario di cui era stato inve,;tito. In seguito a ciò il Senato gli conferì i! titolo sacro di Augustus, che ,·aie « il degno di onore e il venerando>. Evocando così le sue glorio~ rts 5estae I Augusto poteva <.erenamente avvicinarsi alla morte. Il novus ardo vaticinato da Virgilio era effettivamente nato con lui. GUIDO ZORZI
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