Omnibus - anno I - n. 31 - 30 ottobre 1937

I t l I • t f t ' I j l f I J 1 ( ILSORCNIOELVIOLINO) IL11DHRAZZO Cremona, ottobre. I CREMONA c'ero stato da ragazzo. Vale a dire, nel secolo ,cono. ~on ho ricordi di quel viaggio, di quella visita. ~la so d'un desiderio assurdo che mi venne fin dall'arrivo, e non mi diede pace. Avrei voluto e<.scrci nato. Troppo tardi, non è vero? Sissignori. Pe~t:i.vo i piedi m'impuntavo, ne chiedevo ragione c~n gran petulanza al mio papà, che mi ci aveva portato e non sapeva rispondermi. Insomma, la gita finì in una arrabbiatura. Lui mi teneva per mano 1 e io non gli parlavo più, e non guardavo più niente. Qui forS<"possiamo ritrovare le tracce di quel carattere che i miei compagni definiscono delizioso e insopportabile. Per mc, Cremona vista tra il corruccio, le )agrime, e il rimpianto di non esserci nato, era la capitale indi• ~cussa del l.\ttemiele e dei cialdoni. Ade--so, dopo quarantacinque anni, la rivedo e la riconosco. ~folte opere nuo• ve e importami sono cresciute dentro e intorno a Cremona, molti posti sono cambiati, tuttavia il suo naturale equilibrio, e il suo tono nutrito e posato, è 'icmpre quello di prima. t: na città mirabilmente ordinata, comoda. ;;;enza difetti, insomma la città di Farinacci. Non ci manca nulla. è tutta un'armonia di utili e piace\·oli cose. Belle botteghe, palazzi sostanziosi, case ricche, strade pulite, buoni alberghi, pane squisilo, gente buona, facce contente. E il centro, dove l'antico, l'illustre e il moderno ben costruito e spazio~o ..,i mischiano tranquillamente, è ·a più solido e caro luogo del mondo. Con un bel giardino pubblico che una pioggi;i dolce e continua bagna, fa brillare, e inzuppa di silenzio. Per la sua storia, Cremona seguì in g:cncre le sorti di ~lilano, sia all'epoca del Risorgirnento come in quella fa. ~cìsta; e fu un ardente focolaio di vita politica e patriottica. In ogni tempo, fu centro di studi e vi furono tenute in grande onore le armi, e tuttavia è città non molto nota. t celebre la scuola di pittura ere• monese del quindicesimo e sediccsimQ o;ecolo; più tardi fu la patria dei celebri liutai Stradivari, Guamieri, Amati e Bcrgonzi, e dei musicisti Claudio ~{ontevcrdi e Ponchielli. Dirci che è molto per una città di provincia. ).fa non basta. Giuseppe Cesari, il compianto musicologo e critico dd Corriere della Sera, mio amico e collega di studi musicali al Conservatorio di .\.lonaco di Baviera, dal quale siamo usciti laureati e maestri di musica ambedue nello stesso giorno, era anche lui di Cremona. Questo lo abbiamo aggiunto per far sapere ai compositori sdegnosi che abbiamo le carte in regola. :'\cl centro di Cremona, fra antichi monumenti, sorge il famoso Torrazzo, o torre camp,:maria. mcravi~lia e simbolo della città lombarda. t. un superbo campanile gotico. Il più alto d'Italia. La cui campana maggiore, perduta lassù fra la nebbia e le nuvole, suona le ore di notte con una voce lontana, profonda, onnipossente come quella del Signore. ~fa per tornare giù, nel campo della pasticceria, il Torrazzo ha fi~liato il Torrone, squisito mastice commestibile per chi ha buoni denti, conosciuto urbi et orbi. .\.feno nota, ma più familiare del torrone, qui c'è anche l'insuperabiie mostarda, demo intruglio di frutta sciroppata e di senape forte, che fa piangere e cantare. Eccellente questa mostarda durante le cene d'inverno, con il cappone o il tacchino lcs-.o, col man• zo o il cotechino. );e van pazzi i nonni e i ragazzi. E a ta\·ola (in cucina magari), la mo- -.tarda 0omestica riscalda la bocca, le budella. e il cervello, come fa l'alcool. D:l allegria e slancio familiare a questi 5impo"i di stretto parentado, e fomcn• ta, per tutto l'essere, un'euforia frerica da Ct'nonc di :-:atale. Va imicme con l'invcmo e la neve, secondo il ,,ecchio e tenace costume di tutte IC' città della Bassa, Mantova, Piacenza, Parma, ma sopratutto Crc• mona, che i.on piene di buone co~c da mangian-, e hanno il culto della tavola. Dopo ,Pi che viene H t~atro. l'op<·- ra. e Il Troz:atore di Verdi, col quale la mo,tarda ha, in e-erto modo 3'-~ai lirico, molti punti di contatto. . Ed ccco<:i finalmente arrivati alla musica: ragione, non ostante tutte, della no~tra venuta qui. •e Inau~ur.11.ion<'-.olcnne del nuovo orj:pno, e 'concrrlo nella Cattcdrak, alla presen~a di Sua Maestà la Regina Im• peratnce >. Imbandierata fino ai tetti, disciplina• ta e ca.Ima sotto la pioggia, con tutta la popolazione schierata onestamente lungo b. strada (cittadini e campagnoli che volevano vedere la Sovrana), Cremona av_evaun aspetto festoso, composto, e l'intenzione d.i farsi veramente onore. Quando la macchina della Regina spuntò, passò un fremito su tutta la fo\la, e un grido corse e si propagò, gndo della folla alla folla, da un capo all'altro_ del percorso: « Chiudete gli ombrelli> (una fungaia di cinquantamila ombrelli). Era come dire: scopritevi dinanzi a Elena di Savoia; una manovra per vederla meglio, e applaudire a mani libere. L'automobile rcale1 che procedeva a passo d'uomo, veniva continuamente circoi:-idata! da ~onne e b:i.mbine per le pnrnc, m un impeto d1amore popobre davvero commovente. Guardie di città e militi avevan non poco d:i. fare per aprire man mano, e colle buone, la strada alla Regina d'Italia, la quale dietro il cristallo sorrideva e inchinava gentilmente il capo a tutti, incontrando, gli occhi negli occhi, la fedeltà incantata e gloriosa delle paesane venute a ringraziarla. Accoglienza così cordiale e sincera, non l'ho \'Ìsta mai in vita mia. Un incontro, vi dico, un giorno che resterà a lungo nella memoria di questa felice e degnissima città. Dopo il ~onccrto in C'' sa, ebbe luogo la chiusura della Mostra, che credevo Stradivariana, e invece era quc_lla ~cll'Ottocento, promossa dagli ant1quan. Quella co~ì detta di Stradivari era chiusa da un pezzo, e non c'era rima- !to più n.canch~ li:" violino. Tutti gli utrumcntl prez1os1 avevano preso il volo, tornando ai loro proprietari. Andai al ~1u500. dove c'è una vetri• n~ co_ngli arnesi della bottega di Strad1van. Anche qui, ni<"nte violini. Allora, cercai qualche altro riferimento. La casa di Stradivari era stata demo• lita dal tempo dei tempi, la chiesa do- \·e c'era la sua tomha anch'essa era scompar'ia, e demolita era pure la tomba, dalla quale nel momento di scoperchiarla si racconta che venisse alla luce soltanto un teschio, che un pazzo, uno sconosciuto, afferrò e, nascond~ndolo sot_t,?i! mant_ello, scappò via, ne venne p1u rmtracciato. Insomma, di Stradi\'ari non è rimasto nemmeno un osso. Strano destino di quest'uomo leggenéiario. S'ignora tutto di lui: dove è nato, la sua vita, il suo aspetto. Ho inteso dire soltanto che aveva un gran naso, se non sbaglio. Pare di sì, un gr,n naio. BRUNO BARILLI I E!S~,t~~~r~ ~~:,,~~~;,;!r:~: ifj Fermandosi a_ gu:n_darle, ci si sorprende a indovinare come saranno stati una volta questi posti, quando non c'era che l'aperta campagna con ~alche osteria. Certo è difficile pensare a un Tevere più bello di quello che scorre sotto i colli della Farnesina, fra due rive alte e boscose. Di questa bellezza naturale si giova perfino l'edilizia cosiddetta ra• zionale della Roma più moderna. Se le stesse case del Lungotevere Milvio fossero costruite sulle rive basse, deserte e povere del Lungotevere Testaccio, è probabile che ci apparirebbero assai più squallide e tristi; e forse si presenterebbero col loro aspetto più vero. Viste dal Viale Angelico, coi loro colori spenti e le loro strane linee rivelatrici di un frivolo decoro piccolo borghese, pigliano una cert 1aria che si direbbe quasi sportiva, di quello sport, s'intende, che si esercita al sabato e alla domenica, in economia e con un:i incerta volontà tra igienica e vanitosa. Ma chi abita in una di queste case, se ha le finestre che dànno sul fiume, può avere la soddisfazione di ammirare uno dei più bei paesaggi di Roma: le verdi e folte colline della Farnesina. Ai piedi di queste colline sorge il complesso di palazzi e stadi del Foro :Mussolini. Giorni fa ci recammo a vedere i preparativi per il Gran Rapporto dei centomila gerarchi del Partito. Un forte ronzio di scalpelli e di tra• pani elettrici ci accolse all'ingre~so. Gli scalpellini stavano lisciando le superfi.ci dei blocchi di marmo che fiancheggiano il viale. del monolite, incidendo su ciascun blocco una data. Sono le date che ogni italiano ricorda con precisione, quelle che hanno segnato il rapido cammino dell'Italia dalla grande guerra ad oggi. Percorrendo il viale pavirnent<.1to d; marmo di Carrara, ornato di mosaici in bianco e nero raffiguranti l'esercizio degli sport, delle armi e del lavoro, si ha subito l'idea di cosa intenda il Fascismo per sport, e quali siano gli scopi materiali e ideali del Foro Mussolini. ':E:. chiaro che tali scopi non sono quelli di promuovere un dilettanFORO KUSBOLINI, l'RE.FARATIVI tbmo sportivo borghese, individualistico e mondano; al contrario, essi vogliono condurre ad una specie di disciplina fisica che ha un suo fondamento morale e una precisa espressione civile. Uno sport, insomma, attraverso il quale la gioventù educhi il proprio corpo e migliori le proprie possibilità. Da alcuni anni l'Italia si avvia a diventare un paese con un popolo vitale, svelto e sano; i nostri bambini e ragazzi d'oggi hanno un piglio, una costituzione quale era difficile trovare in altri tempi, in cui la politica e la cultura dominante volentieri screditavano o restavano scettiche di fronte a tutto ciò che avesse un qualunque aspetto d'ordine sporti\'o o militare. Si sa quello che fece il Fascismo fin dai suoi' primi anni per il miglioramento della giovent\t; con quale impulso e sollcc-itudine, basta entrare in una scuola per rendersene conto con ernttezza. I risultati sono quelli che tutti sanno; e in quanto al loro stile, il Fo• ro :Mussolini può darcene un'idea tut· t'altro che vaga cd esteriore. In questa stagione c'è nell'aria una tranquìllità grandiosa. L'autunno romano arricchisce di toni dorati il verde delle colline che incorniciano il Foro a occidente, dandogli quasi un aspetto antico ed eroico, tuttavia non distaccato dalla natura. Certo, qucst;i è una natura particolare, estremamente bella e poetica, con qualche cosa di sontuoso che del resto si riconnette allo stile dell'architettura romana. L'architettura di Roma, quella antica soprattutto, ha le sue origini più au• tentichc nel paesaggio e nell'aria che la circonda. A Roma, anche la natura pare un'opera cui abbia lavorato una magnifica gener:i.zione di architetti. • Il Foro :Mussolini, fra l'altro, ha la fortuna d'esser nato proprio nel grem· bo di questa straordinaria natura. Quando entrammo allo Stadio Olimpico cadeva una pioggia discreta e silenziosa; gli operai che la\'oravano ai ' ma1mi dei pavimenti, alle tribune e ai prati, parevano accoglierla senza fastidio. I visitatori si aggiravano riparati dagli ombrelli, che in quel luogo assumevano un aspetto strano e comico. Poi ad un tratto smise di piovere, e dalle nubi uscì un sole vivo che brillò sul prato dello stadio e sulle facce abbronzate dei carpentieri. Nel prato stavano falciando l'erba e ammucchiandola in tanti piccoli covoni. Gli uomini che facevano questo lavoro non parlavano, né si fermavano ogni tanto a guardare in giro, come fanno in genere gli operai quando si concedono un attimo di riposo. f.: uu riposo che non conosce chi lavori la terra, e saremmo curiosi di saperne il motivo. Quello che è certo è che il oontadino non si distrae mai dal suo lavoro, a meno che qualcuno non gli rivolga la parola; allora discorre volentieri, a lungo. Sul pendio della collina, di rimpetto al podio del Duce, alcune squadre di soldati costruivano la scalinata che dovrà accogliere i quindicimila gagliardetti. Da lontano, essi si confondevano con la terra cui davano una sagoma mediante assi e paletti; e quasi non si capiva se si trattava veramente di soldati; ma le loro voci toglievano ogni dubbio. Quando si dedicano a lavori straordinari, a qualche cosa al di fuori della consueta disciplina, i soldati hanno sempre l'impressione di compiere un gioco, sì che le loro chiacchiere e i loro richiami fanno pensare :i.i bivacchi del campo. Infatti, alcuni riposavano masticando un pezzo di pagnotta, altri si lavavano le mani oel• le pozze d'acqua piovana, altri ancora si di\'ertivano, di nascosto, a tirar zolle di terra sul collo dei compagni che appartenessero a un'arma diversa. Granatieri, ber~aglieri e fanti, sotto sotto, coglievano ogni pretesto per scherzare e far passare il tempo più rapidamente po~sibile. Lo spirito di corpo non è altro, in fondo, che un sottinteso, un pretesto per scacciare la noia. Colpi di martello e stridori di seghe riempivano vagamente l'aria tranquilla di quel grande spazio. Intorno, sulle colline, piccoli cavalli sardi trascinavano· carri pieni di rifiuti e detriti. Di quando in quando una motocarrozzetta dei bersaglieri arrivava con strepito, si fermava, caricava qualcosa, ricevev~ un ordine e poi ripartiva veloce. Si aveva l'illusione di essere a un campo di manovre, dove si stesse preparando trincee e opere belliche. C'era un maggiore piccolo e nervoso con alcuni sottotenenti di complemento che comandavano le squadre dei soldati : il maggiore faceva correre gli ufficialetti con ordini secchi, si ficc..·wa in mezzo ai soldati, saliva in cima alla scalinata a parlare con altri ufficiali, poi scendeva, scompariva e ricompariva rapidamente. « !'\on li lascia neanche fiatare, come se stesse preparando una batt:i.glia >. ci disse un piantone sorridendo e striz• zando l'occhio. In quel mentre s'udì una voce potente e sonora. Parole enigmatiche rintronarono dall'alto. • Largamente - memorabile - posto - presentazione - inquadrare - localit;l - stabilire - contigenti - organizzazione • tempestivamente ... >. Tutti ebbero un momento di stupore e si voltarono verso le torri de~li altoparlanti. Qualcuno provava il funzionamento della radio. GINO VISENTTNI ~~&:>a DEL VANTAGGIO IL Messaggero, nd numero di ma,udì scor10, ha pubblicato, su sei colonne, il prottllo di una nuova sistema,!iont della via della Conciliatione, protetto dovuto al tiralin" , al pennino dell'ingeznere Kam· bo. il 1uale. in una lettera al direttore, illustra il suo disegno. che egli sttsso ziudica « imperfetlo >, ,on una prosa brillante t patetica: « Piau.a Scossa Caflalli pu/J euere rtJg• 1iunta dal Lungoteflere con ltJ penden,!a assai mite del 5 per mille. Di questa non si accorgutbbe nemmeno l'acqua! Se il di• ugno, anticipa queste visioni, ciò che non può dare, e non lo darebbe nemmeno st perfetto, J la sensa,!iont di iutto il resto: colore. suono, movimento, vita! e Ogni slagione muterà i colori del quadro, dal verde ltntro delle gemme primaverili, a quello inlenso del fotliamt estiflo, dal giallo ros,o dtll'aMtunno, al bruno invernale del nudo tronco t dei rami, di quando in quando coperti da un soffice strato bianco come luce di un sole scialbo allo Zenit. e Animerà il quadro il cintuettare dei pas.• seri e... dtì bambini, lo stormire delle fo· glie, il mormorio delle fontane. e Per questo tiocondo chiasso un ,,ande poeta non rimpian1eva l'abbattimento detla Rotea Paolina di Perugia, ed era dtl Sa,,- tallo, t il Carducci l'avtva ammirata!>. La sistema{ione dtll'in1e1nere mostrtJ un uastis,imo vial, alberato, detno di con• tiungere la stadone di Mor1ua1ini col Tet• luccio: vi mancano solo le panchin, , i astini per la carta. Ai fianchi appaiono tanti villini divisi dn macchie di alberi che sptuano l'unità della via t ,ecano al paJsante l'i/lus.ione di pasJeUiart in una strada dei quo~•ieri .2lli, dove le serve portano i cani a prendere aria. Dei tanti progetti appani, questo, a parlr noJtro, è il più impo,!anle: esso risponde ueramtnh alle e esigenu estetiche > e ai e Jani c,iteri > di quel ceto medio che so1na il villino al mnre, col piccolo garage in stile antico per la e Balilla>. Nulla meraviglia ormai, ma che le JÌJlema,!Ìoni delle vie e delle piaa, di Roma si debbano ra1,-iungtrt col concorso detli e: as• sidui >, è davuero un eccesso di urbani11ica liberale t democratica. MASSIMINO PALCHETTI ROMANI ) m ~~ ')ME VJANDA.i."TE stanco per ,,; lungo camminare che si ferma a sera e dà riposo al corpo, così noi, stanchi per i troppi pensieri che settimanalmente il teatro di prosa ci propone, ci siamo fermati l'altra sera al teatro delle Quattro Fontane, abbiamo chiesto riposo e confono alla compagnia di riviste di Tecla Scarano e i\ino Taranto. li solo bisogno di riposo ci aveva attratti al teatro delle Quattro Fontane, o non anche il titolo della rivista? S. O. S .. Preoccupati delle sorti del teat.o, queste tre lettere acquistavano uno strano carattere di attualità. Entrammo. La sala era densa di fumo, di fiati variamente odorosi. Sulla scena alternavano duetti comici e quadri di grande strategia coreografica. Gli scenari si sfacevano in una oscurità d'abisso, e subito si ricomponevano con rinnovato splendore di luci e colori. Un ritmo di galoppo animava lo spettacolo, infondeva al gioco scenico quel movimento trascinante, che per il teatro è cib che il palpito del cuore è per l'organismo umano. In ultimo, l'intera compagnia si schierò alla ribalta, comici in testa e girls alle ali, manovrò militarmente, e sotto i raggi incrociati dei riflettori e degli ottoni scatenati, S.O.S., • rivista satirica in 2 parti e 25 quadri di Dario Nelli e :viario Mangini •, terminb in apoteosi. Quante le ragioni che giustificano l'esi4 stenza del teatro? L'illusione anzitutto: per noi ragione principale. Viene quindi la soddisfazione masochista di quegli spettatori - e sono maggioranza - i quali, per una sona di narcisismo rO\'csciato, godono di vedere riprodotti sulla scena, ed esaltati dunque nella luce dell'arte, i fatti più miseri, più avvi4 lenti, più vergognosi della loro piccola vita quotidiana. Questa l'origine di quella commedi3 verista, fusa di poi nella commedia borghese, e che mantiene il teatro nella sua bassura attuale, nella sua ignominiosa mediocrità. Dove comincia e dove finisce la demagogia? Tra i due ultimi quadri di S.O.S., ::-.;inoTaranto venne in aspetto di pisello alla ribalta, e cantò una specie di • epopea del cornuto•. Dieci volte il vocabolo orrendo risonò nella bocca dell'attore trasformato in simbolo, in capro espiatorio, in muro del pianto: dieci vo!te l'orrendo vocabolo fu ripetuto da cento voci di beh·e, che dal magma oscuro del pubblico lo lanciavano alle stelle, e in mancanza d1 stelle al sof4 fitto del teatro, come un grido supremo di liberazione. Povera umanità! Se il teatro verista e borghese avesse il coraggio di.• perfezionare > le sue ignobili rappresentazioni, mostrando sulla sce4 na le più intime \'ergogne della \'ita, non ci sono maschere, carabinieri, servizio d'ordine che potrebbero vietare il dilagare dello spettacolo dal palcoscenico in platea. Ed è questo teatro appunto - teatro di schiavi e di prigìonieri - che accentra a sé ogni favore e ogni protezione. Perché? Rimane ·una terza giustificazione: la ragione didascalica. Questa ragione trac da una condizione molto vicina al cretinismo. Perché solo coloro che hanno creduto che Lts Avari/$ di Brieux avrebbero diminuito sia pure di una sola unità il numero dei tabetici nel mondo, possono credere oggi che il teatro di tesi sociale influirli in qualche modo sui fatti, sulla trasformazione, sui destini della società. Questi • soli .. sono i Russi ; o chi, pur non essendo Russo, vive e pensa da Russo (strana gente e affine a coloro che vivono e pensano da Francesi, da Inglesi, da Americani). Ma ·è singolare facoltà dei Russi credere all'incredibile, e del credibile in- \'ece dubitare. Torniamo dunque al teatro come fanta• sia e come illusione: il solo che giustifichi la propria esistenza con ragioni poetiche e profonde. Il quale è molto più vicino al • grande varietà - al m11sic-hall - che al teatro · borghese, al suo repertorio da pastasciutta, alla sua messinscena da camere mobiliate, da pantofole usate, da comodini. Chi spera la genesi di un teatro nuovo, si chiami • di masse• o altrimenti, teatro • cronistico •, specchio dei nostri de8idcri, guardi al varietà e aspetti da esso la farfalla che s'involerà nel sole. ALBERTO SAVINIO LEO LONGANESI - Direttore re8ponsabile 5. A. EOJTRICE .. O\ISIIJ!,;S • • \IIL.\SO Pr,.pritril utò•tin e ltittr11ria riwn·ara. RIZ7.OLI & C.• Ari. per l'Aftt della Stampa. \li?aM Rll'ROl)l'7.JOSI F.SEC..UITE CO~ \IATF.RIALI', t'OTOGR.\HCO ., t'ERR.\:,ilA •· PubWic,14 • ,\i:t,·ti11 G. Brtsthi • \lilan.o. Via Sah·ini 10 Ttl '20-~ • Parigi, 5,6, Rut Faubourg <iai,lf,IIOfK>r~

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==