ANNO I• N. 31_• ROMA 30 OTTOBRE 1937-XVI 12 PAGINE UNA LIRA R ON SENZA una ragione l'anno scdiceslmo è inaugurato con una solennità senza precedenti. Centomila gerarchi a Roma, il gran rapporto del Duce, tutta la Nazione protesa al conseguimento dell'autarchia econornJca, non sono sempllcl episodl che rientrino nel quadro delle consuete celebrazionJ. L'anno sedicesimo sarà per eccellenza un anno mediterraneo. Esso trarrà tutte le conseguenz-e dell'impresn etiopica. Sarà l'anno della ,. parità " dell'ltalla come grande potenza rispetto alle altre grandi potenze, nessuna esclusa. Non si tratta di egemonia, di una prevalenza qualsiasi sug,11 altri, ma di una parità in tutta l'estensione del termine, Inutile illudersi, fingere. dl non vedere. Questo problema ru posto aJl'inJz-io dell'impresa etiopica, si chiari durante le sanzioni, si accentuò e si definì dopo la proclamazione dell'Impero. Si può affermare che la diffidenza e la malvagità altrui lo anticiparono sulla stessa volontà dell'Italia. L'Italia, grande potenza mediterranea, non può subire nessuna limitazione, nessuna subordinazione, J.n quel mare che per' essa è la vita e nel quale sl l. dassumono le sue origini e tutta la sua storia; non può accettare nessuna parte di secondo, verso chlccàessla, siano pure I padroni del mondo, perchè la sua autonomia mediterranea è la premessa lndeclinablle della sua potenza presente e della sua grandezza futura. In Inghilterra, fino a poco fa, si era abituati a considerare l'amicizia dell'Italia in funzione di •• brillante secondo". Era una vecchia tradizione, rLJe risaliva al Risorgimento. E non vollero mai, In Inghilterra, soltanto considerare l'Ipotesi che una situazione di questo genere potesse comunque flnire. Eppure questa situazione è g,tà finita, è superata, per la rag.ione stessa della storia, che ha trovato In MussoUnJ l'infallibile interprete. Il Mediterraneo non sarà, nè alcuno in ltalla lo pretende, lago Italiano, ma non sarà nemmeno lago Inglese o lago anglofrancese. t un problema di posizioni e di lmponderablll, che va risolto nelle cose e neglf spiriti. t materiale e psicologico insieme e, come tale, Influisce su tutti I rapporti internazionali. Quando Chamberlaln, pur cosi moderato nella forma, dice che le conversazioni Italo-britanniche potranno essere riprese non appena sarà liquidato tJ problema della Spagna cd ha quasi l'aria di porci un aut-aut o, quanto meno, di Indicarci una mag,nlflca prospettiva alla quale dovremmo sacrlflcare qualcosa della nostra Ubertà d'azione, mostra un'incomprensione stupefacente di queJlo che è l'Italia di oggi. Nonostante le belle parole e la forma educata, questi atteggiamenti denotano fin troppo la persuasione che l'Italia sia ancora quella di un tempo, unicamente preoccupata di salvare le apparenze. Non è cosi. Il solo modo di ritornare all'amlclzia lng_lesc, In condizioni degne, è quello di dimostrare che se ne può benissimo fare a meno. t assolutamente indJspensabJJe dare questa sensazione agli Inglesi e al resto del mondo. Dopo di che l'lnghJlterra tratterà con l'ltalJa come tratta con gli Stati Uniti, e Parigi userà con Roma J1 medesimo tono che adopera con Londra. Il problema è tutto quf. SI dirà che sJ tratta di un problema di forma. Senza dubbio. ~fa ooo ci sono che i popoli grandi che si pongono questo genere di problemi. Gll altri, quelli che guardano unicamente alla •1 sostanza ", si accontentano con mance e sono sempre secondi a qualcuno CHINON E PRONTAOMORIRE PER.LASUAFEDE·NON E DEGNDOIPROFESSARLA f 'fllu ,,,J, PERAPRIREV.LIEDELFUTURNO~NIPUDRIMAN{RE SEMPIRNECHIODATI NEL PA~SATD ~ SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE I NE[ VECCHI tempi, s'usava scrivere, sulle facciate dei palazzi e. delle ville, Jodevoli motti latini: Parva sed a(Jta mihi, In domo felicitas, Pulsate et aperietur vobis, Sibi et suis, e qualcos'altro che persuadeva al risparmio, alla perseveranza o alle gioie domestiche. I motti erano decorosamente incisi sul finto marmo, e il latino adoperato aveva un sapore casalingo e un accento sommesso. Dietro quei frontoni neoclassici d liberty vivevano 'fami$1ic timoro~ di ogni colpo d'aria e d'ogni ispirazione eccitante. Del resto, gli articoli municipali sui divieti d'affissione pubblica erano rispettati quanto i programmi dei partiti politici. Oggi, non più. Gli Italiani, a giudicare dalla frase che lasciano esposta tutto l'anno sotto il balcone accanto alla bandicra 1 non sembrano inclini ad aprire la porta al primo che bussa o a dichiararsi contenti di una piccola abitazione confortevole. Il ,latino va scomparendo, ed accade anzi questo fatto strano, che più si- rievoca la Roma antica, e più si parla in italiano corrente. L'uso delle scritte sul muro cominciò da parte dei fascisti negli anni dell'insurrezione per controbattere quelle dei sovversivi. Una propaganda contro un'altra. I segni di abbasso e di evviva, i fasci e le effigi di Mussolini stampigliati in nero accanto o _sopra le falci e il martello, o le spighe dei socialisti e dei comunisti, si alternavano con un bell'effetto pittorico. Il quale era ottenuto con un po' di carbone o di gesso o, al più, di pece, quanta ce ne poteva stare in un pentolino portato in fretta, di nottf'. Quelle scritte nascevano infatti nelle notti buie e nelle vie deserte. Gli anni sono passati e i muri italiani pMlano un altro linguaggio. Anche questa 'letteratura d'eccezione sembra esser- !ii piegata a un ordine e a una disciplina. Gli irregolari sgorbi notturni di un tempo, lasciati all'estro e all'iniziativa dei singoli, si sono trasformati nelle scritte odierne a tutto muro, in piena luce, composte a regola d'arte, ciascuna con un avvertimento e un monito. e L'Italia non farà più una politica di rinuncia e di viltà > ; e La pace riposa sulle nostre forze armate,; e L'Italia fascista deve ten• derc al primato sulJa terra, sul mare, nei .cieli >; queste, e centinaia d'altre sono le frasi che si possono le~gere sui sitos e sui gasometri della Valle Padana, sulle baite o.lpine, sui vecchi castelli toscani 1 sulle montagne marchigiane, nei paeselli meridionali, ncll' Agro Romano, dovunque. ~ n campagna poi, perché quelle parole spicchino meglio, si usa anzi distenderle sopra una larga fascia bianca e completarle con un'immagine di Mussolini con un fascio littorio, una baionetta, u~ pugnale levato o qualche altro simbolo. Le frasi sono tutte di Mussolini. Prima ancora che l'editore Hoepl.i le riunisca nell'« Opera Omnia> gli Italiani le afferrano al volo e le trasportano di peso sulle facciate delle loro case. Dove sono an?ati a finire gli esteti casalinghi che chiedevano ai poeti prediletti ic belle massime eleganti? Oggi gli Italiani amano una prosa dura e realistica, tagliata a blocchi, non a emistichi. « I fatti parlano e più ancora parleranno ~ : ceco una frase che si può leggere ripetutamente sulla linea ~[ilanoRoma. I ferrovieri la prediligono e per ne~una ragione al mondo vorrebbero privarne un casello solo o un posto di blocco. Il viaggiatore affacciato al finestrino ha modo, mentre termina la propria toletta, di ripassarsela bene a mente prima di scendere a Termini. In un viaggio attraverso l'Italia, vi accompagna sempre quel commento mussoliniano martellato su di un ritmo che non offr~ ~bbandoni. Passa la pigra campagna emi• liana, passano le gole appenniniche, le terrazze toscane digradanti a vigneti e oliveti, la pianura romana dolce al mattino e aulic~ .1~ ~ram~nto, il_golfo napo- !cta1:lo, lo scmulho de1 fiumi, le mandrie m _h~r.tà, le donne al balcone, i pescatori ntt1 sulle barche; tutto passa e muta ma quelle frasi rimandano di continu~ l'immagine ?i un qualcosa di singolarmente energico. J I paesaggio italiano non si può intende_rC;ormai sen2:1 quella punteggiatura 011gma!e. t'. una canzone che non si può ascoltare se non con quel ritornello fortemente cadenzato. Allora, tutte le pagine di questo enorme libro scritto sui muri ridivent;-1,.noattuali. « Se per gli altri ii Mediterraneo è un:1 strada, per noi italiani è la vita >. Cosl è scritto su una vecchia casa popolare. E non è nemmeno una casa vicina al mare. GIORGIO VECCHIETTI
MILITI Tolmezzo, ottobre. QUANDO i militi confinari .scendono a valle dopo le dure giorn:ne di neve e di roccia, trovano la casem1a accogliente, il fuoco acceso, gli amici. Respirano più liberamente l'aria di casa: è finita, per qualche $forno, la responsabilità della pattuglia, la fatica e il freddo. Allegri e cordiali, infilano il moschetto nella rastrelliera, depositano il sacco pc~antc e incominciano a raccontare. Si slega il loro silenzio montanaro e caparbio, e narrano avventure generose e movimentate. La grande nemica, quella contro cui si combatte tutti i giorni, naturalmente è la montagna; poi vengono gli uomini, i contrabbandieri, con le loro astuzie o con l'ultimo, disperato colpo di testa. Ma i militi confinari sono solidi e quadrati; non si sgomentano neppure quando i due loro naturali nemici sono alleati. Il pericolo delle slavine e quello delle fucilate viene affrontato con lo stesso spirito. « Ma bisogna che gli --occhi siano ~mp~e vigili e i nervi sempre tesi >, dice 11 caposquadra Giovanni Cason. E un giovanotto ben piantato, dalle larghe spalle e dai piedi spropositati negli scarponi. Ecco la sua storia. Da ragazzo, a Cortina d'Ampezzo, faceva il cameriere. Poi, cominciò a condurre i turisti su per la montagna. Veramente non era più pratico di chi gli si affidava; quelle, anche per lui, erano le prime escursioni. Si rimette- ~a, per andare avanti e per tornare in paese, al suo senso di orientamento. Non sbagliò mai. Dopo il servizio militare, vinse una gara di marcia alpina. Ormai era preso dalla montagna· con l'allenamenko che aveva fatto ~ Fcltre, con gli alpini, non si sentiva a suo agio che al disopra dei duemila mi"tri. Co'.'1.fÌece domanda per entrare nella Milizia Confinaria. Il caposquadra ride contento: « f: la \·ita che fa per me> dice tutto soddi~fatto. ' « I contrabbandieri si dividono in due categorie>, mi dice poi. « Prima vcng:ono. i contrabbandieri in grande stile, che cercano il colpo grosso e che ~oI:1mcrciano in valuta estera, in gio1ell1. e qualche volta, anche in stupefacenti. l:sano le automobili macchine di gran clas:.,c; si pres~ntano ai valichi con molta disinvoltura e non ricorrono mai alla v_ioknza. Quando si vedono perduti prendono arie da grnn signori offesi e-tacciono. Occorrono procr,.,i, avvocati, interrogatori dd tribunale per farli parlare e ritro- \"are le fila di tutta l'organizzazione, eh~ è sempre va<;tis(,ima. Poi, ci sono i contrabbandieri, diremo così, locali. Gente dei paesi di confine. molto spe)- so sen~a una nazionalità ben decisa, cd orgogliosa, grntc che considera il contrabbando come la prima attività del ("'ittadino. Sono, in gericrale, poco furbi, ricorrono ad astuzie ormai secolari; ma conoscono il pae,c come le loro 1<,- sche e poi, molto spesso, fanno i loro viaggi ben n.rmati e non si fanno pregare per In.sciare andare qualche colpo>. Pn.~'ìcggiamo fuori di Tolmezzo, nell'ampb \"allata. C'è intorno gran pace di montagne e di abetine, silenziose .)Otto la prima neve. t strano parlare di fucilate in mezzo a un pae,,tggio di alberi di Natale. Chissà come ri-;uonrri.lnno in questo silenzio. « F.. vede'.'1.sche bello '-pruzzctto can• dido fanno le JMllottolc quando colpi- ',("'Ono la neve fresca! « La neve è la nostra alleata. Vi si ~corgono le tracce; tutto, ogni più piccolo rumore. \"i ri~uona lontano, gli uomini si !icorgono alla perfezione : una fila di puntini neri. come formiche, che ,.j muO\"Cpiano piano in fondo a un vallone. E allora, giù di cor,a ~ugli sci, attenti a circond,1rli. a non lasciarne scappare ne~uno. :\li d sonv trovato due o tre \"Ohe anche io, a quelle azioni>. Rn.cconta le mc avventure con calma e con distacco, come se fossero capitate ad un altro. E parla più volentieri dei compagni ("'hc di ,e stesso. «-La prima volta che ho visto dei contrabbandieri è ,stato due anni fa. al confine svincro fra il Torrigia e il ~lontr Lirnidario. Eravamo in pattuglia ron gli sci, all'alhn. e marcia\·a-mo di hunn pa(,so H·rso la Val Vigczzo. Fu proprio un incontro cnsualc, quello, e ,orprc~e noi qu.rnto i contrabbandieri. Da quelle parti hanno un curioso ~i<;tema per tra~portarc lr nwrci oltre frontiera, senza pa1?are la dogan;.i. J por1.1tori, gio\'anoni robu,;ti dei p;tr,i itali,,ni e s\'i7.zcri, rcgaJarmf'nte muniti dd "tesserino di frontic.:ra ", ,·rn~ono rcclut.1ti di notte da quakhc P"l''-Olla~c:io mistcrio~o di cui molte n1lt•:'"nnn rie,rono n<..•ppure a \"C'derc il \·i~o. Prima rhc ~onp il ,olr si ritro- ,·,mo tutri ,ul luo!.":'Odcll'appuntamt.·ntn: là. mht,'rio,amcnte, c'è- 1:i ml'rC<· 1a! ,l,p<"tt;1. h1·11 confrzio11a1., in in• ... .s: • ~ ' , , . . .,.,~-~ • :ii f .. .- - !,>. .,; i, , . ,_~·~,... '"" ...... volti maneggevoli. Allora la comitiva si mette per strada. senza parlare, c:enza alcun rumore. Solo all'ultimo momento quello che ha ing;1~giato i portatori rivela il luogo di destinazione. Xaturalmcnte 1 per scendere a valle, (celgono il cammino più impervio, il co~tone più pauroso. Sperano che nec:- ~uno arrivi fin lassù. Impiegano delle lunghe ore per fa1·c pochi chilom<.>• tri. non ._i~cambiano un:i parola e non 1:;muovono un sa.1:;so.Davanti a tutti va lo " spallone ". con un carico di una qualche merce non so~~etta a.Ile tasse di dogana, ad esplorare la via. « Quel giorno, \·edcmmo proprio uno " spallone " che avanzava sicuro, di buon pa~so. Decidemmo di la'.'1.ciarlo pa'.'1.c:ar'-cCnza fermarlo e di rifarci c:ugli altri. Prec:to li VC'dc:--mmtuotti, curvi ~otto il carico, nella luce gri~ia dell'alba. Ci buttammo di carriera su loro e quelli si sb,mdarono cnmc uno ,tormo di pas'IC'ri. t; na dit'cina pre1:;e <t ~ran sn.lti la di~ccsa, con i miei compagni :i.Ile costole. Io, che allora ero milite semplice, rima'.'1.icol caposquadra per occuparmi di quei cinque che ,i erano fermati a rido~~o di una pn.- rrte e che ci guardavano da dietro un monticello di neve. Xon sn.pevo se an- ,_,, . dargli addosso o inginocchiarmi e cominciare a sparare per snidarli. Vidi il caposquadra che si sfilava il moschetto e li prendeva freddamente di mìra; ebbero paura e vennero fuori lentamente, uno dopo l'altro, comee;nandoci i loro carichi di saccarina. Anche gli altri. poi, furono arrestati, chi qua e chi là, per i paesi di confine>. ~fa la cosa importante è impadronirsi del capo di tutta l'organizzazione. di quello che fa tro\·arc la merce nella baita vicino al confine. t un personaggio molto misterioso e ben nasco- .sto; per a\'crne notizie bisogna colle• gaN-i con In.Guardia di Finanza e con i Car:lbinieri, svolgere indagini pa• 7icnti e lunghe presso tutti i commercianti di quella data merce che è stata fatta pa'.'1.sareclandestinamente. Dopo qualche mese dal tentativo dei portatori, l'operazione è rompiuta e tutti gli intereso;ati alla faccenda stanno al fresco. Chi fa la parte del leone, però. in queste ultime indagini sono le Guardie di Finanza, che in tutti i centri controllano il movimento delle persone e delle merci sospette. I militi confinari, invece, sono le truppe d'asPar,i propriooh• 11 R1:u•i1 11.011. rlt!N"rl mai l noi Tolontari dalla Spagna, Iu!P•t;, chi del ruai o•t an~ai-, Tolonu.rio'l salto di questa armata per la difesa dell'economia. nazionale. E delle trup- ~ d'assalto hanno l'arimo e la decisione. Ormai è quasi sera e le acque del But si fanno bianche e gelate. e Due anni fa, proprio a quest'ora>, dice il milite, « ho incontrato per la seconda volta dei contrabbandieri. Mi avevano trasferito sul confine iugoslavo, al Passo Bogatin. Facevamo, in cinque o sei uomini, delle pattuglie di parecchi giorni, girando, tornando sui nostri passi, ché il tratto da sorvegliare era ampio. Era quasi inverno, ma la prima neve non era ancora caduta. Finalmente ecco un'infonnazione buona: una ventina di pusone avrebbero tentato il passaggio con un carico di p'ellami e di caffè. Sapevamo che non potevano passare che per un certo sentiero asprissimo, e li li attendemmo. Faceva freddo e ci si poteva muovere poco, ché, da un momento all'altro, sarebbe potuta apparire la colonna dei portatori. Finalmente, al secondo gior~ no, eccoli. Marciavano lentamente su due coloMe, verso il Lago di Lamez. Intimammo l'alt dalle rocce sopra loro. Non si fermarono, non gettarono neppure il carico, si misero a correre su per il pendio di un colle cercando scampo. E noi dietro, di corsa. La seconda colonna, poi, non si scompose. Avevano tre fucili austriaci, residui di guerra, e si misero a sparare. Ci dovemmo fermare, gettati per terra sull'erba del pendio scosceso; quelli di sopra continuavano la sparatoria con i loro ta-pum. A Toni, sembrava di essere tornato ai temoi della guerra. Noi sparavamo con calma contro i sassi dietro ai quali ogni tanto spuntava la testa di qualcuno. Era come al tiro a volo, quando non si sa da quale cassetta uscirà il piccione. Toni, che era sdraiato vicino a me, ad un tratto saltò per aria come un gatto. Si tirò giù i pantaloni per guardarsi la ferita. Io lo presi per una gamba e lo ributtai a terra, ché lui era rimasto in piedi e imprecava. Intanto il sole tramontava dietro Monte Col e tingeva tutto di rosa. Con H sole radente davanti agli oc.chi i contrabbandieri non potevano più tirare : ci accorgemmo che se l'e• rano battuta. Quando arrivammo alla posizione che avevano tenuta, trovammo uno di loro ferito alla testa, che si l~entava. La più grande fatica fu nportare lui e Toni in caserma, su delle barelle improvvisate>. Ma questi casi di aperta ribellione sono piuttosto rari. Normalmente la vita dei militi confinari è divisa fra la rudezza della guardia in alta montagna e :1 traffico internazionale dei grandi valichi : devono saper inseguire i montanari resistenti e saper frugare con tutta gentilezza e senza. parere nei bagagli di un turista che si offen• derebbe se al suo ingresso in l.talia fos~e sottoposto a una vi.sit.:1doganale troppo minuziosa. « Bienvenus en flalie! Willkom,nen in ltalien! Welcome in ltaly! > ripetono i grandi cartelli ai valichi di frontiera. Benvenuto in lt~ilia; ma se nel doppiofondo della valigia o del baule non si nasconde qualche chilo di tabacco o qualche cosa di ancora più prezioso valore. Le mani abili e leggere del milite o del « finanziere>, abituate non solo alla corda e alla piccozza dell'alpinista, frugano dappertutto e il possessore del contrabbando entra in prigione, oltre che in Italia. ~(a questa, è vita da signori e il milite confinario non c'è troppo abituato. Queste cose le la'-tia volentieri alle Fiamme Gialle della Finanza; lui vuole l'aria aperta delle Alpi, gli ampi orizzonti. Il continuo sacrificio di cui è intessuta. la loro giornata non li spaventa: come i loro fratelli alpini, in una buona risata dimenticano tutte le fatiche. L'allegria non viene loro meno neppure quando, isolati nella casermetta. avan7ata, vedono sorgere e tramontare il sole sulla neve per dei mesi continui, un'alba dopo l'altra, e non hanno altra distrazione che guardare la fiamma di abete che danza, e di ripensare all'ultima, ardita scalata. MARCO CESARINI IL LABURISMO E LA GUERRA ABBIAMO riportato e commentato, nell'ultimo numero, larghi passi di un articolo di Kingsley !\fartin sul· la crisi che il laburismo inglese oggi attraversa. La tesi dello scrittore socialista si riauumcva in queste poche parole: che la debolezza e il fallimento del Governo na• zionale nel campo della politica estera hanno avuto il risultato di rafforzarlo all'io• terno. Di qui, corrispondcntcrncnte, la crisi del laburismo, dato che, se il Governo nazionale diventa forte, il laburismo evidentemente diventa debole. Nel frattempo si è svolta alla Camera dei ~t~:u:~t;:~~n~:;;:la~~sc~~:~e h:~~ ~i parlato il Maggiore Attlce e altri dirigenti laburisti, ha parlato alla fine il Primo 1-finistro Chamberlain. Il giorno antecedente, il delegato del Governo italiano aveva fatto in seno al Comitato dei nove la famosa dichiarazione, che a,•cva eliminato il pericolo di ur fallimento immediato della politica di non intervento e aveva rasserenato l'orinontc internazionale. Ed ecco che di fronte a questo fatto nuovo, il laburismo è apparso come smarrito. Esso aveva puntato tutte le sue poste sulla car• ta della guerra. La prospettiva di pace, che improvvisamente si .apriva, lo deludeva e sconvolgeva i suoi calcoli. Di fronte a un miglioramento della situazione, che ralle• grava tutti gli uomini di buona volontà, esso non ha saputo far altro che balbettare parole sconnesse di disappunto e di cruccio. e Non prestate fede alle dittature>, ha ammonito Anice. E a1tri laburisti, scoprendo ancora più grossolanamente il gioco: e Bisognava rompere con l'Italia quando il Governo fascista rifiutò di partecipare alla Conferenza. a tre>. E cioè bisognava profittare dell'occasione per far la guerra. Un partito simile, un partito che non sa quel che vuole, un partito che dice di amare la pace, ma vuole la guerra e la vuole ad ogni costo e subito, non può trovare gran credito presso l'elettorato inglese. Se un equivoco c'è non è da parte dell'elettorato, ma da parte del laburismo. L'elettore inglese non vuole la guerra; egli presume o intuisce che il laburismo la voglia; e abbandona il laburismo. Questo è di una chiarezza e di una logica che si potrebbero dire cartesiane, se non si fosse dall'altra parte della Manica. ~a Kingsley Martin, da buon laburista, non intende confessare che cosa ,·oglia e a che tenda il laburismo; ed è ridotto allo strano paradosso: che il Governo nai.ionale più riporta insuccessi e più si raffona. Tutto diveritercbbc chiaro se i laburisti avessero il coraggio di pro· cl.amare che vogliono la- guerra. ~{a essi la farebbero, e non lo direbbero. Direbbero di farla per amor di pace, come la democruia nel 1914. COMESI ADDOMESTICA.NO I RIVOLUZIOIIARI lii l!IOIIILTlll\llA LO STESSO Kingdty Martin ha dedicato qualche pa!Ona alla descrizione dei metodi che la buona $0Cietà. inglese e il partito conservatore seguono per ammansire i più scapigliati laburisti. e La tecnica >, così egli scrive, e di addomesticare e sedurre i dirigenti Labor e di indurli ad abbandonare l'estrtmismo agisce in maniera soddisfacente cosi nel campo politico come in quello industriale, In alcuni paesi sì usa ridurre al silenzio i dirigenti del movimento openio confinandoli in campi di concentramento; in altri subornandoli o mediante corruzione; in Inghilterra invitandoli a pranzo. ~lr J. H. Thomas è l'esempio classico del mutamento ehc possono operare in un uomo una cra\'atta bianca e una marsina. E uomini che rifiuterebbero con indignazione l'offerta di " affari ", uomini la cui integrità è fuori di ogni dubbio, possono es.sere comprati con la gentilezza. e Come questo procedimento agisca si può vedere nella autobiografia, apparsa due an• ni fa, di Davìd Kirkwood, il fiero e indi• pendente meccanico scouc.se, che. venne per la prima volta alla ribalta durante la gucr• ra, come cameriere di bottega a Glascow. Egli lottò contro le autorità, fu licenziato, rifiutò ~i fart qualsiasi promessa di buona com.. ,ta e fu considerato come un futuro rivolui1onario, Allora Mr Churchill ebbe l'idea di reintegrarlo in servizio prcs"• so Bcardmorc senza condizioni ; cd egli si compiacque tanto della vittoria che, da quel momento fino alla fine della guerra, si adoperò indefessamente presso tutti i suoi compagni perché producessero quante più munizioni pot.,essero. Dopo di che, fu eletto alla Camera dei Comuni, insieme con altri, dalla Clyde, e vennero a Londra tutti risoluti a rivoluzionare il sistema sociale. e Kirkwood già era informato della po• tenia di seduzione dcli' " abbraccio aristocratico", e fin dal principio si sentiva in ob• bligo di dimostrare che una testa forte, come la sua, non si sarebbe lasciata ammansire. Cominriò col chiamare Baldwin " Uriah Heep" (il 1ris:o peT$0naggio di David Cop• /)'1/iela); ma fu costretto a vergognarsi di se stesso quando Raldwin gli doma.ridò, con estrema gentilezza, se fosse come realmente sembrava a lui. Egli urlò tutti gli epiteti che il Parlamento tollera (e, probabilmen1e, anche di quelli che non tollera) contro Neville Chamberlain; dopo di ciò, andò da lui e gli diMC che era dolente di a,•er detto qualche cosa che avesse potuto offenderlo. Allora David annunriò che avrebbe atU,C• c-ato aspramente Llo)·d Ceorge; ma questi subito gli scrisse una lettera apQlogctica, dicendogli che era dolente di non poter venire alla Camera dei Comuni il giorno del suo discorso! Kirkwood, il quale fino allora aveva saputo che a un colpo si ri• sponde con un altro colpo, fu piegato da tanta cortesia. E, alla fine, scrisse una autobiografia, con una bella introduzione del suo vecchio amioo, M)- Churchill e un'altra di George Lansbury (per dimostrare che egli era ancora un socialista e un "-uo• mo. Labor" al cento per cento), e con un capitolo conclusivo, in cui pose in rilie\"O che oggi ci sono assai più cose buone per i poveri di quante ce ne fossero quando egli era ragauo, e descrisse con vero orgoglio una lunga conversazione che aveva 3\"uto presso Lady Astor con Edoardo, allora Principe di Galles. e Un vecchio detto insegna che la Camera dei Comuni è ì1 miglìorc club d'Inghilterra. Ed è così, nel senso che c~sa è un miscuglio stupefacentemente buono di tipi di gente diversissimi. BenintCM>il succt~~ df:'l Parlamento dipende dal rispetto delle rrgolc del giuoco, da un certo superficiale dare e prendere, clalla cortesia in privalo, checché si possa dire in pubblico. Se \"Oi avete dato a un uomo, nella Camera, dell'agitatore e del sedizioso, o se egli vi ha chiamalo sanguisuga o ha detto che ingras.sate alle spalle dei poveri, dovete, subito dopo, bere qualcosa con lui altrimenti potreste cominciare a prendere sul ~crio quel che avete detto. Questi contatti personali sono la \alvcz-za del P3rtito Tor1 e sono il pcg• giorc nemico del socialis~o- Ogni momen• to arriva qualcuno difficile ad addomesticare. Per esempio: il nostro Jimmy ~fax• ton, l'oratore rivoluzionario, stava in guardia contro ogni lusinga del solito tipo convcnrionale auai meglio di Da,,id Kirkwood cd era risoluto a mant nere la sua purità politica. Egli si fece una regola d~ rifiutare gli inviti a pranzo da parte d1 gente ricca. ).fa la Camera dei Comuni ~a trovato un'altra via per trattare con lui: essa ne ha fatto un ,uo favorito, un tipo: lo ha chiamato il pirata dai capelli corvini, il suo " Capitan Hook ", che aembrava l'uomo più feroce di questa terra, ma era, come tutti sanno, il più amabile dei camerati. Lo si addita,•a agli stranieri, ci si faceva un punto d'onore di apprezzare la "sincerità" di ).faxton e il suo "idealismo·•. Ci.a.se.uno stava a senti.Te Maxton, lo applaudi\'a e subito dopo dimenticava tutto q<.1c-lloche egli a'"eva detto: modo, codesto, di distruggere l'influenza di un uomo assai più efficace che quello di rompc-rgli la testa >- Fin qui Kingsley .Martin. :-:oi vorremmo solo aggiungere che questo partito, i cui dirigenti si lasciano adescare da un invito a pranzo o da un complimento, avrebbe già scatenato, a quest'ora, se fosse nato in suo potere, una guerra mondiale. E, presto o tardi, governerà di nuovo l'Impero britannico. BREVESTORIADELLEISOLEBALEARI .....T ESSUN gruppo di isole nel Mediter- ...... raneo - ha scritto recentemente Sir Arnold Wilson - è passato tante volte da un padrorie ad un altro, come- le Baleari. Evidentemente, questa non è una ragione per cui debbano mutare ancora una volta padrone. Nell'antichità Cartagine e Roma, più t .. di i Visigoti e i :\fori furono successivamente padroni delle Baleari. Jaimc I se ne impadronl nel , 229: e così esse ternarono alla Spagna cristian3, né più cambiarono padrone fino alla guerra di successione, nel secolo XVIII, quando l'una delle due parti si prese la maggiore delle due isole, Majorca - in spagnolo Mallorca - e l'altra la minore, Minorca. Quest'ultima, come è noto, ha un'importanza strategica enorme, perché il suo porto - Porto ~ahon - costituisce un rifugio sicurissimo per una flotta anche grandissima E, infatti, l'Inghilterra se ne impadronl nel ;J 0 !ac:i!::a t~~~: fiF::n:la. 1 ~:i• ;teancd;u·t~= ~ l'Inghilterra ne fu indignata; la city di Londra si uni alle contee e ai vcsC0\"i nel domandare vendetta>, proprio vendetta: v,n,,anu. Qualche anno dopo, nel r 763, l'Inghilterra e si vendicò> e cioè riprese ~1inorca; poi la perdette nel , 782, quando la riebbe la Spagna ; la riprese ancora nel 1 798 e la cedette di nuovo nel 1803. Ora, dopo più di un secolo, le Baleari so• no ancora una volta divise: ~1a\lorca e lvii.a sono nelle mani di Franco e ~1inorca è rossa. Si è detto e si è ripetuto che le Baleari controllano alcune delle più importanti Ji. I n('C mediterranee. E questo è vero. :\-ia con ciò non si indica tutta l'importanza strate• gica e politica di quel gruppo di isole. Il problema è più \"asto. e Il fatto è>, dice Sir Arnold Wilson, e che il Meditcr• raneo è così piccolo e il margine di sicurctza delle Grandi Pottnze così t'siguo, che un mu1ò'.ftnento di sovranità su queste isole avrebbe i~portanti conseguenze-. Quando noi inglesi facemmo di Cipro una nostra colonia alterammo l'equilibrio a nostro favore. Cli italiani fect'ro altrettanto, quando si impadronirono del Dodccann..-so. Ma in nessuno dei due casi gli intert'ssi francesi furono minacciati. La Francia, alla sua volta, spostò la bilancia a suo fa,orc quando fece di Bisert.i una b:ue navale di primo ordine, ,iolando, se la memoria non mi in• ganna, un solenne trattato. Nelle mani di chiunque, tranne che in quelle della Spa• gna, le Baleari ~arebbcro una minaccia per la Francia, per l'Italia o per noi>. Crediamo di in1cndere il pcn~iero di Sir f Arnold Wihon come segue: che le Baleari, \ se cadessero nellt' mani di una delle tre !~aan~!in:i:tan;cr :p:~rei~:i~~~Ìa ~t~!:;,~ l tra ipotesi, che l'eminente parlam~nt.are in• gle5e omette: se le Baleari cadessero sotto il dominio dir~tto o indiretto dei Sovieti? Allora sarebbero una minaccia per tutte e tre le grandi Pot~nze mediterranee. In ogni caso, risponde all'in1cresse di tutti che ie Baltari restino alla Spa_gna. Su questo, ii è d·accordo. Il dillt'ns0 comincia quando si vuole stabilire che cosa ,ìa la Spagna. Per noi, Valcncia è in Russia. 0\INIBUS Il ~ · I Al!l!O I, N, 31. 30 OTTOBRE1937,XVJ I OMNIBUS I 'SETTIMANALEDI ATTUALITA POLITIOAE LETTERARIA ESCE IL SABATO 1N 12-lG PAGINE l\i, ABBOIIAMENTI lii Italia e Oolo11lea1nnoL, 4'2,aemettr9L, 22 Il E1te?OI t.DIIOL. 70, Hmeatrti L. 36 OGNI NOltERO 01111 LIRA I'\ 11: Manucrittt, dil~gnl e fotogrt.6e, 111ch H 11011 pubbllcall, non li 1Ntltui1C<1110, D1nsloae: Roma • Via del Sudarlo, 28 TelefonoN. Ml.6Sf> A.m.mlnlatrulont: Milano- Piana Carlo Erba, 6 TeMono N, 24,808 Soc. .lnoa. Ed.ltrlet "OMNIBUS". J11i1ane I I Il
t ,,_. I I='lANZI alla mia casa, nel suburbio della città1 c'è un vecchio giardino. Apparteneva a una famiglia del luogo, di cui ricordo, con poche figure, soltanto il favoloso parlare che se ne faceva nella mia infanzia. Allora la città era più lontana, non si faceva ,;entire; molti prati e un diverso mondo la separavano da quell'a.ggregato un po' contadino. Infatti, i proprietari del giardino e della villa, ch'era forse la più importante del luogo, venivano chiamati, in dialetto, con un accrescitivo in fondo riverenziale come fosse, invece di 1'(creghctti, i :vt:ercghettoni. Ed erano infatti vecchi au- "-tcri, con solenni capigliature bianche, e l'incedere maestoso e nobile. Erano state le persone più autorevoli del luogo nella vita pubblica e nel fasto privato. Ebbene, sempre, al sopraggiungere della primavera, dagli alberi di quel giardino dinanzi a casa mia giungev..l ogni sera, e continuava per tutta l.t notte, il c,into di un usignolo. Ricordo che molti passanti si soffermavano ad ascoltare e dicevano : « 8 l'usignolo dei ~[ereghettoni >- Dire che facessi gran caso a quel canto, mentirei. Proprio non me ne importava nulla, non riuscivo a capire perché quel tiò tiò dovesse apparire addirittura sublime alle persone adulte, alla gente che veniva per casa, ai parenti e ai passanti che si fermavano ad ascoltare. 1 ~{ereghettoni passarono alJ'altro mondo, che l'usignolo cantava ancora. I funerali della vecchia, l'ultima di quel casato, me li ricordo. Furono veramente imponenti, impennacchiati, con grandi corone, molta gente venuta dalla città, su certe alte carrozzl tirate da belle pariglie, un corteo di preti (almodianti, sicché agli occhi dei ragazzi a.5sunsero tutte le attrattive di un avvenimento eccezionale. L'anno successivo a quei funerali fu inaugurato il tram. Doveva essere il 1913. Il sindaco ch'era successo a un nobile, conte o marchese che fosse, il quale a sua volta aveva preso il posto di un Mereghettone, era un uomo venuto dal nulla. Me lo ricordo. Era un uomo straordinariamente moderno. Colitruiva case. Aveva una barba lieve, roo;siccia, su un volto sanguigno e forte, la persona atticciata, e andava ogni giorno in città, dove curava le sue imprese. S'era fatta una villa che gareggiava con quella dei Mereghettoni, ora passata ad eredi più semplici, con un gran giardino, ruscelli, fontane e enormi gabbie per uccelli _esotici. S'era arricchito con le sole sue fone e, com'è naturale di questi lottatori, ostentava una fortuna appariscente e un bril• lante tono di vita. Andare per casa \Ua, era solo degli eletti. Dire il suo nome, significava nominare, ora, il più ricco del luogo. Infatti, il sindaco era molto temuto e riverito, e il giorno dell'inaugurazione del tram diede nella sua grande villa un ricevimento a cui intervennero personalità in tuba e marsina. Pochissimi lo conoscevano di nome, ma s'erano stampate persino delle cartoline illustrate a colori che venivano spedite ai parenti con orgoglio. Col tram fu tutt'un'altra co~a. La città parve a due passi. Un mtc, che teneva lo o;tallazzo per la diligenza, mi\c a riposo i suoi cavalli stanchi. Ora s'andava in città con un soldo e in pochi minuti, sul tram che girava innanzi e indietro dal mattino n. mezzanotte. Quei non molti operai che do• \'evano misurare a piedi la strada per recar-;i alle officine, tirarono un gran \◊'>piro : finalmente il tram era venu• to. Ad uno ad uno, si formarono nuovi operai, dei quali la città aveva bi- -.ogno più che di pane; e in breve tempo questa ma,.sa nuova prese contatto con una diver,a vita. Il sindaco. tuttavia, non resisté a lungo. Qualche mese dopo ci furono le elezioni comunali. Quegli operai che b 2:cnte definiva e spregiudicati >, i quali •/erano riuniti in una cooperativa e facevano comizi tremendi negli angoli più impossibili in sere che la gente per bene si tappava in casa, si butta• rono con \'eemenza nella lotta. Le li- ~te erano quella dei e paolotti » e quella dc,i « socialisti ». Siccome non era mcialista, il sindaco che aveva fatto venire il tram fu neces~ariamente paolotto, o clericale. Fu verso la fine di ~iugno che gli operai socialisti vinsero alle elezioni. Dalla cooperativa si incolonnarono e si diressero verso il ~1unicipio. Gridavano, forse perché nentavano ancora a credere alla loro vittoria redentrice, cantavano inni furibondi e recavano la bara per i funerali del sindaco borghese e codino. Con questa scenografia funebre ini• ziarono a governare. Era un giorno di festa, verso il tramonto, l'aria era calda e forte, piena di polvere e di sentori di campagna. Io gun.rdavo, tra le stecche delle persiant!\ chiuse, quella folla ebbra e scomposta che, sotto, gridava contro i ricchi e crocifiggeva il sindaco paolotto. In casa, er:\ silenzio e costernazione; infatti, si doveva festeggiare l'onomastico di mio padre. e la piega degli avvenimenti non era favorevole alla serenità. Ero, dunque, arrampicato dietro le persiane, eludendo un preciso divieto, e seguivo attentamente la manifestazione, spinto da una grande curiosità. Come la casa del sind.1co \icco, così quella strana manifestazione di scamiciati diventati d'imprn·viso potenti, mi attraeva. In fondo, non odiavo gli scalmanati di sotto; cercavo piuttosto di capire come e p~rché fossero giunti a quella inattes.."\vittoria, e che cosa avrebbero fatto. C'erano molte minacce per l'aria, e tutta quella gente dava l'impressione di voler svincolarsi da un giog_o odioso, di volerla finire con il pao;sato: era gente che aveva imparato a salire in tranvai. Più tardi 1 dopo il pranzo onomastico a cui mancò ogni allegria, badan• do a non alzare le voci, a non aprire le persiane, spegnemmo la luce e ci mettemmo al balcone. La sera appariva profonda e calda, ma anch'essa sembrava stanca ed eccitata. Poche per- ,;;one pas~avano in istrada; i socialisti. dopo la parata, s'erano riuniti alla cooperativa, all'altra estremità del paese, mentre i paolotti s'erano tappati in ca(a, Il tram giungeva vuoto ogni quarto d'ora, senza offrirci distrazioni. Appoggiato al balcone, guardavo nella ,;trada, senza osare interrompere il silenzio dei miei, e non sapendo che fare. Quando, a un tratto, l'usignolo dei Mereghettoni prese a cantare. Finalmente una voce, e mi parve che sollevasse un po' tutti, come uno che avvii un discorso in un momento penoso. Tutto era tranquillo e semplice; solo quel canto, a pause, a zampilli, percoteva la grave immobilità della sera. Impossibile non seguirlo, non lasciarsi prendere dal ritmo spiegato. Fu quella la prima volta che_ mi sorpresi ad ascoltare il piumato cantore, e for- ~ tentai di capire la maestria decan• tata del suo gorgheggio. Fu una grande distrazione, un piacere sconosciuto e sottile; e mi pare che incominciassi allora a pensare. Passarono anni durante i quali socialisti e paolotti, codini e rivoluzio• nari, borghesi e mangiapreti, tutti soggiacquero alla legge comune delle trincee. Le donne avevano preso il posto degli uomini nelle officine, sui tram e nelle piazze. Partecipavano agli scioperi, gridavano alla rivoluzione contro gli interventisti, i pescecani e i borghesi, e incominciarono a \'estire alla moda. I primi matrimoni con gente della città ebbero la risonanza di una lieta avventura; la « rossa » aveva sposato un capo officina, per la Fiora ::.'era sparato un fornaio. Poi questi scambi divennero usuali, e sembrò a tutti d'esser passati di rango. Tuttavia un vecchio avviso avvertiva ancora : « ~lilano Km. 4.800 >. Quelli ch'erano tornati dalla guerra, sobillati dagli operai imboscati e dalle donne, alimentarono i vecchi rancori. Alla domenica, era divertente vedere la fiumana di folla scendere dal tram e incanalarsi nella strada principale. S'incominciava già a fare una certa confusione fra città c campagna, tutti erano presi dall'euforia del e cittadino >, che significava in sostanza il predominio ormai netto dell'elemento operaio. La domenica era la festa di ► ~ . I ... ~; ~: . l ,. ,,. \._ ..,...\ • •• w ••• 41\ r Questa domanda mi balenò nel cervello la sera che scrivemmo sul muro di cinta del giardino, dinanzi al Municipio, con caratteri tinti a tricolore che (i distendevano per una decina di metri, la nostra protesta : « Abbasso il Comune rosso>; e per non lasciare alcun dubbio sulle nostre intenzioni, invece del grammaticale punto escln.- mativo, disegnammo la sagoma di un manganello. Era entrato allora, con grande successo, nel ciclo delle glorie nazionali questo antico arnese paesa~ no. Sebbene a denti stretti l'ultimatum fu accolto da quei \c. rossi > del Co- " .. ,APPOGGIATO AL BALCONE GUARDAVO NELLA STRADA ..," questi operai, che venivano in compagnie scanzonate e spenderecce a metter su boria nel suburbio, con le cma~iostrine> candide, gli abiti blu e le idee avanzate. Quelli del Comune caddero, travolti dalle rivalità di partito, 1;uperati e addirittura sommcr-;i dalla foga degli estremisti, e lasciarono il posto ad altri di colore più acceso. Si videro allora, in ritardo di vent'anni sul pionierismo sportivo, i primi ragazzi in mutandine, con i primi palloni di cuoio, occupare la piazzetta per le con• tese calcistiche. I vecch, politicanti però non amavano queste cose nelle quali, con poca fantasia ma forse ron incosciente intuizione, vedevano il distacco dei 'giovani dai circoli vinicoli, ch'erano le fucìne della piccola politica popolare paesana. Tuttavia, con le eleganze femminili, i giornali poli• tici, il predominio estremista, la coscienza di dasse, la nascente passione sportiva, pareva proprio che la civiltà e l'emancipazione fossero discese trionfanti dal tranvai giallo in quel dopoguerra inquieto. Ma, ostinato rappresentante di un mondo semplice e rurale, tradizionale e paesano, nel giardino dei vecchi Mercghettoni l'usignolo non si stancava di riempire il silenzio delA: notti di primavera. Era o;empre lo stesso? Oppure, dalle covate che si sparpagliavano, un rampollo era rimasto a so-;tituire il vecchio cantore dell'anteguerra? munc; ed anche per loro, come per i defunti ~lerc1?;hettoni, come per il ~indaco co-;truttorc ch'era stato forse la prima vittima del suo spirito d'iniziativa. era pas~ata la gloria terrena, e l'usignolo C"Ontinuava a cantare dai platani del giardino dinanzi al Municipio. Sotto questo aspetto, l'innocuo gorgheggiatore era un testimone obiettivo degli avvenimenti, una specie di storico rionale, che riassumeva e commentava i fatti della giornata, di pri• mavera in primavera, con quel supe, riore concetto che il Leopardi riconosceva agli uccelli. Come la cronaca faccia luog'o alla storia è cosa che solo il tempo può dire. Infatti « le masse> (giacché così si chiamavano allargando i polmoni), che -;i erano consegnate alla città e fatte ambiziose di se stesse, non stettero subito chete. Capitò come dappertutto un momento di livido abbandono agli istinti ed ai rancori, a cui successe un periodo torbido, e quindi una passività ostile, come di chi aspetti il momento di risorgere e di colpire. Un fatto morale aveva però già superato la stessa volontà umana, ci aveva già fusi e affratellati per l'avvenire, lavorava già per noi tutti senza che si vede,.se ad occhio nudo, giacché i fatti morali operano pazientemente e incoscientemente dal di dentro. Co5tÒ un , .. ,.LA SERA ORE SCRIVEMMO SUL KOR0, .. 11 po' di fatica mutare le abitudini domenicali, cambiare il t"epcrtorio dd canti, smetterla d'insultare per le strade, finirla di parere i padroni di quel mondo che, con un po' di prepotenza, sembrava facile preda dell'arbitrio scamiciato. Ma mentre questa maturazione avveniva, sempre più il borgo perdeva i suoi contatti con il passato. Se un ottuso e conservatorismo latifondistico > aveva impedito che si sviluppasse in un senso industriale, quella che era la sua sorte segnata di satellite della città si dové compiere ugualmente : e famiglie; il loro attaccamento al paese era, perciò, stretto e con,ervatore. Invece, gli uomini nuovi furono disinvolti; gli intraprendenti, in pochi anni, ebbero l'automobile. E la ebbero jl barbiere di Cerignola e il mercante della «bassa» che s'era messo un negozio a tre luci : piccole macchinette di seconda mano che non facevano spicco in un agglomeramento che s'era messo ormai su un tono monotono. Anche quella resistenza morale opposta all'inizio ai trapiantati di ogni re~ gione, venne a cessare e molti di questi nuovi ora parlavano benissimo il di.lletto locale. E poi era accaduto un fatto anche più importante, che costituiva come la conclusione, il coronamento dell'iniziativa di aver condotto il tram: la città aveva assorbito il borgo. Tutti divennero cittadini. Brano di storia compiuto: chi aveva Quella vanità era soddisfatto. Ora, su quell'aggregato ancora immerso nel verde dei prati, in attesa che lungo le rotaie del tranvai, pom• posamente numerato come una linea cittadina. il congiungimento con la città sia operato da una doppia fila di edifici, si è disteso un ideale reticolo in filigrana da guai dare contro luce. Il Piano Regolatore. Entro queste linee, si forma il nostro destino urbanif stico che non tollera budelli né catapecchie, rimpianti o nostalgie nelle sue mire di « miglioramenti » in geometria. Che nessuno ci pensi è tropDO logico, ma a parlarne tutti hanno da fare delle riserve, anche i trapiantati che pure hanno più esigenze degli altri e sono corrivi alle riformr e ai mutamen:i. Entro queste linee planimetriche, che recano lo stemma del grande comune, si forma il destino che seppellirà la cronaca riona!,~ passata, di cui nulla, neanche i muri, sono probabilmente destinati a restare. Se non ci si pema, non importa; ma la nostra vita ha anche una faccia sedentaria, o affettiva; questa è ormai consegnata all'urbanistica che ci mrtte in uno stampo l~~ico e ferreo come una legge. In esso lottano, come in ogni cosa del mondo, i due eterni temi dello stilita e del viandante, della conservazione e della rivoluzione. fu, perciò, rinunziando cocciutamente a quei benefici che portano le fabbriche, i quali compensano i danni. In dicci anni la popolazione raddoppiò; la più umile migrazione urbanistica, richiamata a ondate da ogni provincia, si insediò alla periferia; le favelle si frammi~hiarono con tutte le gamme dei dialetti; crebbero case a un piano, a due, a tre, dritte e storte, sulle strade e nei prati. Nacquero, allora, quelle congerie di vie cosiddette private. specie di c.cnticri che un'urbanistica cittadina riconobbe e sanzionò, in attesa di rettificare con sventramenti e incisioni quando sarebbe stato tempo, cioè chissà quando. A poco a poco, la popolazione originaria fu sommersa da questa crescenza caotica, che a ben guardare conteneva un capovolgimento completo di prospettive spirituali. A uno a uno, di fronte a questo allargarsi e mutare, scomparvero tutti gli uomini di un tempo « personale > e circoscritto. Fu uno degli episodi più tOC• canti vedere come questa gente, che aveva spiccato sulla cronaca locale, lasciasse la scena ch'era diventata così diversa. In pochi anni, come per un destino comune, tutti conclusero il loro dramma locale, il che era ancora miglior destino di essere sorpassati dagli avvenimenti. Erano piccole o grandi persone, ma conoscevano la storia delle generazioni, gli afTari e le vicende di tutte le Antico testimone di un mondo pas- ,.ato, anche l'usignolo pareva prrso nel gioco che insensibilmente si svolgeva, senza averne probabilmente una precisa coscienza. Sembrava imperturbato e ~icuro. Questo maggio cantava come un o,.,eli)O. Picchiettava il lungo -;ilcn• zio delle notti. disturbando i sonni con il suo gorgheggio in1,istito. Si frapponeva nei 50gni, riempiva gli spazi, os• sessionando i dormenti dal sonno leggero. Improvvisamente, dopo queste notti di pazzo cantare, un cantare alto e tri~te come uno sfogo. il gorgheggio ce~sò. Dissero alcuni che l'usi~nolo in tempo di cov:l si raccoglie nel nido; altri affacciarono invece un'ipotesi « gialla » : che, cioè, i gatti che si dànno convegno nel vecchio giardino l'avessero catturn.to, o che fo(se finito preda delle civette di cui ora, a notte, si udiva giungere dai platani il mesto strido. Fatto sta che il canto pili non riprese. Anche questo postumo elemento del paese è scomparso, prima che gli annosi alberi dei Mereghettoni siano abbattuti per far luogo ad una strada che dovrà tagliare in due il giardino. Ma se è scomparso da· sé, prevedendo lo sfratto al punto giusto, è stato un gran fìloliOfo; oppure sono stati filosofi gatti o civette che l'hanno soppresso al momento buono. Non ridete della sua fine, o passeggeri; essa è piena di malinconia, come gli anni che pa1;sano anche per i giovani. GIANNI CALVI
~'uU!:S<:saU ANNI DI CANZONETTE ~- LI STORICI si dimenticano } delle canzonette, ma la strofa ~ I di una vecchia canzone riesce i,o,\i.,;'(» a rappresentare l'immagine di un tempo, più d'ogni scritto. Ogn epoca ha le sue canzoni; ogni ann" il suo ritornello. Per ritornare nel ima di un tempo, basta un motivo Mu,,e ad un tratlo fischia la mitratlia, tuon1.. il cannoni ndl'oscurità. Ava, i, avanii, f,;m, la battaglia ... Ecco gli anni della guerra : le dami: dcll,- Croce Rossa, i comunicati Cadoma nei giornali stampati su mezzo foglio, le calze di lana e gli scaldarancio da spedire «alla fronte», le car• toline della zona di guerra col bollo della crnsura, i vecchi tenenti della territoriale addetti alla rcquisiz.ionc dei cavalli, gli «esonerati» con la fascia rossa al braccio e la te~era per il pane. Giungono gli americani in Europa con le sigarette oppiate e i primi foxtrolS. La guerra continua. Si aspetta, la sera, il comunicato; nei caffè di provincia, i vecchi clienti spostano le bandierine tricolori sulla carta geografica: Castagnevizz..1.,Monfalcone, Gorizia, Oppacchicsella, quota 127. Nei varietà, i soldati 1n licenza ascoltano commossi una stella italo-napoletana che canta : Abat-jour, tu ehe spandi la luce blu, di lassù, pensi fo~u a ehi non e'à più ... Salvator Gotta scrive a un giornale di Catania, che gli ha chiesto un pcn- · siero sul Natale : « Natale di sangue, amici. di sangue e di neve ... » e acclude una sua fotogra.fia che il giornale pubblica accanto al fac-similc dell'autografo. Sul Corriere della Sera appaiono in neretto le terzine di Gabriele d' Annunzio ( « Scroscia l'inno secondo, sulla disfatta del mondo ... ») accanto alle corrispondenza « dalla fronte > di Luigi Bartini. Nelle ,tazioni buie, dalle tradotte che partono, s'alnt un lamento: Sei stato il mio primo omotf, il primo e l'ultimo sa,12ì per me ... E, dopo l'armistizio, le ragazze accolgono i reduci cantando : F•ou-frov del t12barin, ,,,·infondi lo virtù ... 1919. Scioperi, rnriche di cavalleria sul -1~\ciato.Domeniche sinistre. Le g7iardic regie staflno agli angoli delle strade con il moschetto carico. Sono gli anni della cocaina e dell'amnistia ai disertori. Un dondolo d'or, un eiondolo d'or i pronto, pieeina, per tt, .. qu12l 1iusto çompenso di un'or12 d'amore ... Appaiono i primi uiueurs con la giacca a un bottone, l'impermeabile e le scarpe di coppale. La casa editrice Vitagliano è la bandiera della perdizione. I romanzi hanno le ·opcrtine di Ventura, popolate di do1·1•inein mutande di pizzo. Mario :\fariani pubblica Le Adolescenti; viene processato e assolto. I sottotenenti congedati recitano le prime frasi di Mimì Bluette, fiore del mio giardirio. Una domenica, a Catania, all'altezza dei Quattro Canti, echeg.~iano secchi colpi di mo~chetto. Gente che corre. La folla ripiega, si rovescia impazzita dal terrore j le guardie regie h:mno .sparato sulla folla, all'uscita del teatro Sangiorgi, dove si è tenuto un comizio. Colpi di rivoltella. I mmediatamcntc si fa un vuoto pauroso e sui . marciapiedi deserti, sulle lastre di la,..a ,cura, rimangono sette morti. Uno è caduto, crivellato di pallottole, contro il Palazzo del Principe i1anganclli. chiuso e silenzioso. t un ragazzo biondo, diciottenne; gi.-i.cccon la testa appogg-iata sul marciapiedi. Al teatro Pacini, quella sera stessa, Liana Castagnola, diva-eccentrica, c:mta: Regintlla pit:eina 12dor12ta, non sei più la mia dole, s12,tina. Povertà ti /12ceva regina ... Le operaie comprano le prime calze di seta. E se non mi vuoi bent, perçhé mi 12vvinei eon le tiu e12tene} .\ria ferma di sciopero generale : la folla si chiude nei cinema. Diana Karcnne e Alberto Capozzi, sui divani turchi, si baciano estenuati. Vivo solo per tt, di mia vita lo seopo sti tu, Sulla scena, ricoperta di pjccole squame d'argento, avvolta di piume di ~truao, fra il delirio delle platee, apt,>areAnna Fougcz. Viptr()! Vipera! F.lla port12u12 un brpççialtito • str12no, un12 t·lpera d'oro at10,ci1lialn ... CANZONETTA19201 110lpria, %lOD ael litro cht cipria! .. ," Una sera, in un teatro, la Fougcz si inginocchia sulla ribalta e, curv~l verso il maestro, canta: Baciami, strin4 gimi... Il maestro ha un attimo di esitazione, poi, senza curarsi della moglie che assiste allo spettacolo, spicca un salto e abbraccia furio~amente la diva, fra il clamore del teatro. ~ l'epoca delle canzonette romanzate, che narrano lunghe vicende d'amore e di perdizione. La protagonista, che alla prima strofa ~ una bambina ingenua e ignara, si ritrova, alla terza strofa, disonorata e sola, su un marciapiedi, « il volto bruciato d:.\i cosmetici>, Al lume di un eerino in volto fo 1uard12i: l'infame ri,onobbi eht pur lontano am12i. Viene 1'infla1.ionc: champag,1e, tabarin.s, giarrettiere di raso, sigarette uso russo e iniezioni di etere nelle na• tiche. La vision dtl « sép12,i > m'in1Jit12, m'inebbrill gid, sospirato e rtndt(-vous >. Nei giornali umoristici l'uomo di Dronero è chiuso nel suo famoso cap• potto, con sotto questi versi: Col solo odore dd p12lamidone tu sarai della Camera il p12drone. t 92 1. Scioperi, conflitti, colpi di moschetto a San Lorenzo. Arrivo a Rom.-i..Una serva, con un;l bottiglia di latte in pugno, nella luce del tramonto, in via Quattro Cantoni, c.-i.nta: J,lo, ear12 pieeina, no, eosJ non va. L'aria ~ pungente e fredda, mescolata all'odore di carbone che esce dai sotterranei della Posta e dal 11infstero dei Lavori Pubblici, a San Silvestro. Appaiono i primi fascisti. Il presidente del Consiglio, Facta., in u:1 angolo del Caffè Ara.gno, mangia due uova al burro. I fattorini del telegrafo, passando in bicicletta, cantano: .M. imo112, mimosa, qu12nt12 m12linconia nel tµo sorriso! Tri!ti pomeriggi romani nelle camere a.mmobiliate. Novembri caliginosi: odore di segatura bagnata nei caffè; pasti a prezzo fisso coi tagliandi. Pioggia e vento. }.fil un12 ser12 c'ineontrammo per /121121combina(.ion, qu12ndo insiem, rip12rammo Ptr fo pio11ill in un porton. Natale. Arrivano i primi russi bianchi. Si nprono le Taverne cosaçche: caviale e granduchesse. Bragaglia. Odore di caldarroste, di mandarini sbucciati alle cantonate delle ~trade. Come pioveu12, eome pio11ev1.2.. 1922. Amore con la figlia dell'affitta.- camere e primo articolo pubblic.-i.to sull'Idea Xai.ionale. Il presidente del Consiglio f3cra. viene ancora a mangiare le sue Ultime uova al burro, da Aragno. Lydia Johnson, a.Ila Sala Umberto, avvolta in un m3ntello viola, con \'OCC esotica canta : Qu12ndo il mio primo 12more mi seonvolst la uita, bad ... cartu.e ... lusinth, ... Jllusion! E me ne rido beffando il de1tino ... (getta lontano, con disprezzo, la sigaretta) eosì... ~ farcia su Roma. I randelli dei fasci~ti sul marmo dei tavolini di Aragno. Da Piazza del Popolo, s'avama cantando una lunga colonna: All'.12rmi, all'armi! All'12rmi, siam Jaseisti, terror dei comunisti, ERCOLE PATTI 4PIPl6/Illl&E ~[!i (gl}Jil~~~il Nel numero 19 del 7 agosto u. s. del nostro giornale, pubblicammo l'articolo e Storia del Chianti > a proposito del quale il Consorzio Chianti « Marca Bacchino> ci precisa alcuni dati di fatto: • Jl Consonio del Bacchino sorse col precipuo scopo di difendere gli in1creui della maggior parte degli agricoltori fiorentini, produttori di vini pregiati già diffusissimi in Italia e all'estero. e Infatti il nome " Chianti" non si riferisce eKlusivamentc alla zona di cui parlava l'ar1icolo "Storia del Chianti", zona ristrettiuima e che produce qualità limitate di vino, ma bensl si estende ad altre 7.Qnc dei Colli Fiorentini, della Rufina, del Carmignnno, del Montalbano, le quali producono vini tipici di qualità sopraffina e che hanno conquistato da secoli, con questo nome Chianti, i maggiori mercati nazionali cd esteri. « li Consorzio del Bacchino nacque appunto fin dal 1927 per tutelare gli inteTeui dei produttori di questi vini e per far distinguere questi dai numerosi vini comuni che abusavano del nome Chianti. In tal modo la sua azione non fu mai nociva né contra.stante alla valorizzazione del Chianti "Marca Gallo", ma se mai avvantaggiò il buon nome del Chianu, nell'interesse comune >. IL NIDtlATD ffiJlillillW~® N ANNO fa, quando stava preparando il primo numero d'una nuova rivista settimanale illustrata, il giovane direttore era allegro e guarda\'a ingenuamente il mondo, con occhi di fanciullo. Ricordo ancora, come fosse oggi, il modo con cui questo giovane delicato spiegava allora, ai suoi collaboratori, con \'OCC piena di speranza, i suoi piani audaci: e Sl, miei cari amici >, diceva, e ci attende un immenso e gravissimo compito. Dobbiamo creare una rivista settimanale illustrata che dovrà avere la. più ampia di/fusione. Per• ciò abbiamo bisogno di materiale ... urlante, Anzi, noi stessi dovremo urlare come lupi!>. I collaboratori facevano col capo $Cgni di benevolo assenso. e Inoltre, miei cari compagni, abbiate sempre in mente il pensiero che la nostra rivista deve essere spiccatamente rivoluzionaria. Essa dovrà illustrare assolutamente ed esclusivamente la nuova vita negli Stati Sovietici. Come lavorano stupidamente gli altri giornali e le riviuc borghesi!.. Raffigurano, ad esempio, un cane che Cuma la sigaretta>. e SI! Al diavolo, il cane che fuma! > fecero in coro i collaboratori. Cosl si lavorava un anno fa. Trillò il campanello del telefono. Il di• reuore afTurò l'apparecchio e il suo viso divenne raggiante. « Ascoltate >, esclamò pieno d'entusiasmo, rivolto ad un cronista: • t ,•enuto al mondo un bimbo con la barba cd i baffi! ... !. un fatto strabiliante, prezioso per la nostra rivista! Fotografooo !.. Chiamatemi immediatamente il fotografo! Come? ... Non è in redazìone? Allora pigliate un'auto• pubblica e conducetemelo subito. L'aspetto>. Un quarto d'ora dopo, il fotografo irrompeva nell'ufficio del direttore. e Andate immediatamente a fotografo.Te quel bambino con barba e baffi >, gridò il direttore. « Spero che con la barba di questo neonato otterremo il premio del Commissariato all'Istruzione Pubblica. Badate bene che la concorrenza non ci rubi questa curiosità >. e Non datevi pensiero>, si permise di dire il fotografo con l'intenzione di calmarlo. « Noialtri usciamo mercoledì e gli altri il sabato. Il bambino è sicuramente nostro. Saremo indubbiamente i primi a mostrare al mondo questa sensazionale curiosità rivoluzionaria >. Il giorno dopo, il direttore giunse assai per tempo negli uffici della sua rivista, e t in ufficio il fotografo? > domandò al segretario. e No, non è ancora venuto>. Accc5C una sigaretta, poi chiamò al te• lefono il direttore della Rivista dtJ S12bato. e Abbiamo trovato un bambino con la barba>. • Come? Chi? Che barba? ... >. e Ma sl, un neonato con barba e baffi>. « Ah! E che cosa intendete fare di quc• ,to bambino, >. « Pubblicherete voialtri la sua fotografia?>. e Ma certo ... perché non dovremmo pubblicarla? >. e Sabato? >. e Sl, sabato. Noialtri non abbiamo fr<'tta >. e E noi, invece, mercoledl :,,, • ~{ah, se è cos1, non mi resta altro che farvi i miei auguri >. li giowlne direttore ripose il rice,·itore, pieno di letizia. Entrò p«o dopo il fo. tografo. e&-', c:he c'è di nuovo? ... ~ostratemi quello che avete fatto>. Il fotografo scrollò le spalle. e Niente di straordinario. Il bambino non ha nemmeno l'ombra d'una barba. Non ha, cioè, né barba né baffi. Vi prego di guardare questa fotografia>. < Humm ... strano. Infatti, questo bambino somiglia a tutti gli altri bambini. Non ha nulla di straordinario. Peccato! >. « Vi avevo pur detto >, arrischiò il fotografo, e chr non c'era bisogno di tanta fr<'tta. Non abbiamo fatto altro che mar• tirinarc questo povero bambino, senza ricavarne nulla Infelice! Prima di me lo ha fotografato l'uomo della Rfoisra del Sabato. Lo ha fatto soffrire un'ora intiera, 'e non ha permes.so a nessuno di entrare nella stam:a >. Il diret1ore guardava accasciato la fotografia dtl neonato. « Qui gatta ci cova >, disse ad un tratto. « Podraz:mskij m'ha detto queste tc,tuali parole nel comunicarmi il fatto: "Una barba folta e nera, e baffi lunq-hiuimi ". Qui non tulle le cose sono chiare>. Afferrò nuovamente, pieno di inquietudine, il ricevitore: • Pronto, Oe\idcro parlare col vostro direttore. Ah, sì! ... siete voi in persona, beni,simo; m'avete detto poc'anzi che sabato pubblicherete la foto• ~r.-fia del neonato fenomeno> . e Certamente >. « Con barba e baffi! >. « Sicuro •· e E avete la fotografia con la barba. e con i baffi?>. « Ma certo!>. « E perché allora >, fece il direttore con voce di lamento, e il mio ha la pelle li1cia come un bambino qualunque?>. e Mah, che voletc, è segno che il nostro fotografo è migliore del vostro >. e Che dite? Pronto... Che avete detto? Ha s1a.cca10 l'apparecchio, mascalzone! ... >. Per qualche istante, il direttore p:u~ggiò per la stanza come un sclvag!l;io, poi, d'improvviso, si piantò diritto davanti al fotografo. « Al'l}ico, pigliate un'autopubblica e andate subito laggiù a mettere in chiaro questa faccenda. Se ri,ulterà che a farci il danno sono stati quelli della Rivisla dtl Sab12to, appiccicando al neonato barba e baffi, li svergognerò >. Il direttore saltava per la stanza come una tigre nella gabbia. Un'ora dopo il foto'l;rafo ricomparve, e si abbandonò sfinito sulla stg~iola, pallido come un cadavere. e Parlate ... In nome di Dio, parlate! Sooo stati loro ad appiccicargli barba e baffi?>. ·e Peggio! >; • Suvvia, parlate! .. ·~- « Hanno prima fotografato il neonato e poi ... >. e LI) h:inno a.sn»inato? .., Parlai e! >. « E poi lo hanno ... >. Il fotografo scoppiò io un pianto dirotto· • Gli hanno rasato la b:irba e ta~ gliato i baffi 1 >. VALENTINO KATAJEV ivet.t.i p o R T À T L E Non esitale e staccare questo telloncino O L I V E T T I P O R T A T I L E S.nu imi:egno, Nome Cognome Ouidero dimo1tr•1io""" . O 0.1idero .cquillto cont•nli . O lnd,rizzo O.sid•ro •cquiwo • ,.,.. EJ Spedii• in bu,ie eh,us• seni• fr•neobollo •ll'1ndlrl110 fNG. C. OLIVETTI E C S. A .• IVREA &,.,.,uo.; RAFFREDDORI, REUMATISMI, NEVRALGIE . Autonuu,one Pn:ltllun M,lano r, ,l6l • 1S·l•)6-XIV .I.M Mil\ff('JTI: ! .Doro if ~20.1Ati.e. .su.cc.esso JJ._ STO R..I E rn.N'ERf\Rro .IMMORALI ~ ~AL-f\ NTE _sTACCHINI bv.~~-Lc.o. "'e.Ila. G,\lc.;11(. I COR \f..I ljf 3° vo\l.. ll,..4t d.tl c.iclo u.w.01ist-ic...o -Voc.i u,1,1t-i.0 ;fitwèo ai.t-,c..• ~o l {k)__ cci o. Be1•tt>ltlo ne,•tot,10 IJe1•tot,10 .IJe1•ft>ltlo Il piiì gaio e scintillante giomale umori.sticodel Repw: esce al marledì e qf r.encrdì.C-Osta f()( n.t.Chiedetelo ,n ttdte l~ edicole.
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