Omnibus - anno I - n. 30 - 23 ottobre 1937

EL I g I o cenavo a Parigi in casa di un alto magistrato col cognome doppio, da reazionario del tempo del processo Dreyf us : si chiamava Binot de Villiers. Era sordo e pomposo. Sua moglie, la préside,ite, era sbou...,ta nel legno. La cena andava a rile~t?. Era~o più gli sbadigli, che le cucchiaiate di potage impéralrice. I commensali appartenevano quasi tutti alla magistratura. Le loro facce da masti1.1iposavano su enmmi sofini spizzcttatt. Con voce cavernosa, formulavano pcn1-ierini infantili. Le loro dames p:-trtecipa,·3110 della specie delle galline faraone, ma erano vestite da sera e si facevano vento con le piume del fratello maggiore, lo struzzo. Unico giovanotto, mi avevano collocato accanto a una fanciulla vestita di\ libellula. Costei traversava una crisi di rinite spastica. Appena mi volta- ' o dalla ~u~ parte per susurrarle qualche frase mnocente, « le piacciono i fiori?> oppure « è stata a sentire L'Vccdlo di Fuoco?>, es1-a 'i'arroventava in faccia, cacciava la testa sotto la tavola, soffocava nel tovagliolo un..1. ,;equela di •narnuti. Si arrivò al dolce. Questo era un budino in forma di copertone d'automobile, e accompagnato da un:t <i:alsadi cioccolata, che il secondo µmerierc porgeva dentro una ,;al<1ierad'argento. Non ricord,., come andò, urtai involontariamente il braccio del cameriere, e la sal<ia, densa e scura come liquido di cloaca, si sparse sul mirabile pi:120 di Bruxclle,; che adornava la tova&lia. Spiegai che cioccolata sulla tovaglia da noi è segno d! fo.rtuna, feci l'atto d'intingere due dita m quella brodaglia per bagnarmi la nuca. Invano! La faccia eia scorza di sicomoro della « presidcntes,;a >, lo ~tuporc da gufo dell'alto magistrato, il ~ilem:io e la costcrn:rzione degli altri comtncnsali, non lasciavano luogo alla c:pcranza.. Ci spargemmo in salotto per il caffè, e mentre reggevo la chicchera con infiniti accorgimenti nel terrore di nuovi guai, un ,;ignorc piccolo di statura e con zìgomi da mongolo si avvicinò a mc, e avendomi espresso il c;uo compiacimento per la maniera disinvolta con la quale mi ero cavato d'impiccio, aggiunse che « quei borghe-si non si meritavano trattamento diHrso >. « ~fa io mi vergognavo come un ladro >, obiettai. « À d'autres/ > ribatté il mio interlocutore, che intanto mi si era presentato come i\tlon.sicur Pierre Roy, artiste peintre. « Ho capito subito che lei è di un'altra r:tzza >. Lodai a fine di sdebitarmi la camicia del 1-ignor Roy, e con fatica tanto minore che con la sua pcttìna a manno di tomba e i suoi fiori in rilievo, quelle\ camicia era la più assurda e inattuale che avessi mai veduta. « e bella >, ammise senza fall.C reticenze l'artzsle pe111tre. « Purtroppo è l'ultima che mi rimane del povero Vernc >. e Julcs Veme? ». « ~lio zio. ~lorendo, qucJJ'uomo mirabile "'!i. lasciò in eredità parte delle ,;,uecam1c1e>. la Concordia parata come una cattedrale, procl~1ma la religione dei popoli opprcs-.i. t l'addio al romanticismo. Muore il romanticismo dei salici piangenti e del non ancora scoperto bacillo di Koch; sta per nascere un romantici.,mo eroico e parente dell'Odis-sea : quello dei pionieri del progresso e delle meraviglie della scienza, nel quale Giulio Verne attim~crà poesia in quantità Il debuttante si avventl,ra nei salotti lctkrari. Quelli di madame Jomini, di madame ~lariani sono giardini di cristallo, inadatti ai passi di un plantigrado amante delle freddure grosse. «Ah!> sussurra un giorno il giovane Giulio a una fanciulla, cui le balene del busto martoriano le coste, Strano l'attaccamento di taluni uo- « potessi su queste coste pescare le bamini per gli oggetti di vestiario. Me- lene!>. Ma nel salotto di madame -::lardoRot.so era maniaco delle scarpe, Barrère, Vcme incontra il cavaliere \"erne delle camicie. Nel 1852 c:criveva d'Arpentigny, celebre chiromante. La alla mamm..1 : « Spesso una manica divinazione per mezzo della mano apdella camicia mi rimane dentro la ma- pa.ssiona Dumas padre. Xella scia del nica d,.lla giacca. Cambiare il d,.van- «cavaliere>, Jules Verne varca la soti, tu dici, ma il dietro chi me lo dà? glia del gigantesco mulatto, è ammesA una è rimasta la sola parte supcrio- so all'onore delle omelettes fiammanti, re. Perché onorare ancora col nome delle divine maionesi che l'autore di "camicia". ciò che ormai non è dei Tre moschettieri prepara con le più che un colletto?>. Era anche nato sue manone color cacao. Dall'intimità « con la camicia > Jules Vcrne. Il che, alimentare. si passa a quella lcttera1,,eegli fosse stato italiano. gli sarebbe ria. Il 12 giugno 1850, il «Teatro Stod.ivenuto argomento d'innumerailtli rico>, diretto da Dumas, porta al giu- . freddure. Come ·altri «grandi>, an- dizio del pubblico Le paglie rotte, comche Jules Verne era freddurista teme- media proverbiale e vef'l.ificata di Jurario. Ics Verne e Ales~andro Dumas figlio. La nascita avvenne a Nantcs, 1'8 fer- A questa sciocchezzuola seguono altre: braio 1828, sullo scoccare di mezzodì. Colù1-1Haillard, les Compagnons de la :Xulla attesta che il neonato fos'ìC per J\1arjolame, ,Monsieur de Chimpa,u:,é. di1,,·entare un mangiatore d'eccezione. Spinto d:i. una illusione bassa, da una Suo padre, Pietro Verne, si recava al falsa conoscenza di sé, Vernc, destina- ~uo )tudio notarile in «Dama bianca•· to a solcare gli oceani, naviga intanto Dipinti di bianco, trainati da quattro la palude teatrale. Comos e Tragos ca\'alli bianchi, guidati da postiglioni l'hanno ,tregato a tal punto, che cocon livree bianche, gl'immacolati om- lui dalla cui testa sta per uscire come nibu-s di .l\antes erano forniti di orga- Minerva annata Philéas Fogg con gli netti a mantice, che col movimento scopettoni e il completo a quadri, didelle ruote macinavano le arie più venta segretario del ThéOtre Lyrique. suggestive della Dama bianca di Bo- Si crede a posto! Non soloi ma il fuieldieu. Quanto alla madre del pie- turo moralic;ta, lo scrittore austcrissicolo J ules, il suo nome era una cor- mo che nei suoi libri eroici farà aprente d'aria: Sophie Allotte dc la Fuye. parirc appena di sfuggita una figura ~ezzo 1-ecolo prima, :",;antes sfog- di sposa castissima, di ~rella esemplag:iava una potente casta di annatori - re, compone commcd1accc e vaudee di trafficanti, proprietari di flotte villes talmente scollacciati, che il suo ,ulla Loira e di terre nella Antille. Nel notaro di padre, seduto tra le canticuore di :'\ante~, coloro che il popo- lene della « Dama bianca», ai passeglino aveva soprannominato i < Pian- gcri che gli chiedono notizie dei successi tatori di San I)omingo >, avevano edifi- teatral~ del suo J~lcs: . < Ma i? n.on cato un quartiere privato, una città 5? >, risponde. « mio figlio studia giuda .\1ille e una notte, palazzi sorretti nsprudcnza >. da cariatidi, voliere sonore di uccellini delle I'°le, piante barbute e fiori ~pavcntosi come fuochi d'artificio. Quando Vernc si aggirava. giovinetto per i canali di quel porto fluviale e l'occhio gli si csta-siava sui brigantini e sui piroscafi esordienti, i « Piantatori di San Domingo > erano morti da un pezzo e disper~ le loro ric..;hezze, ma un barlume dell'antico splendore perdurava sui ruderi della «città privata>, nell'aria indugiava. un profumo coloniale. La sera del , o novembre 1848, Giulio Verne arriva a Parigi, in tempo per vedere finire tra il fumo delle torce la festa. celebrata dall'Assemblea nazionale per la proclamazione della Costituzione nuova. e mentre Alfomo di Lamanine, in meno alla piazza delMolti orologi 'iOno stati rubati da che il mondo è mondo : nessuno con gli effetti dell'orologio rubato una sera del 1852, sul comodino di Jules Vemc. L'indomani il derubato si reca alla polizia. « Il vostro orologio era a scappamento?>. « Purtroppo! > risponde Julcs Vernc. Assieme con l'involontaria freddura, l'ispirazione lo colpi\ce in fronte. Esce d.11 commissariato, torna a ca,;,a a tastoni. Ruote e rotelle gli girano nella testa. Sorge a poco a poco fra gl'ingranaggi la figura allampanata di mastro Zacharim, orologiaio ginevrino e inventore dello scappamento. Nel congegno del- )'Qrologio, Zach::,rius ha <iC0oerto il sc- ~rcto di animo e corpo. Chi gli vieta ormai di competere con Dio? Invano sua figlia, la dolce Geranda, tenta sanare quella mente sconvolta. Muore mastro Zacharius al colmo dell'aberrazione, e gli orologi che con l'innumerabile tic-tac circondavano lo spasimo del pazzo, hoffmannamente si fermano di colpo. A~\ieme con gli orologi del demiurgo mancato, si frrma pure la « bat.sa vena > di Verne. Il deus ha rivelato Ja sua presenza nella cassa toracica di quel discendente di magistrati e di sognatori. Come avvenne la visita misterioc;a? Una sera Veme stava nella sua camera. La finestr:1 era aperta sul brillio del boulevard. Assieme con le luci e le \'OCi, entrò da quella finestra una signora vestita da venditrice di bibbie dell'Esercito della Salvezza, con cappellina a tilbury, occhiali a stanghette1 e ingombre le braccia di compassi, sestanti, sferometri. Si fermò davanti al ta\'olino sul quale Jules. Vernc stava componendo uno di quegli ibridi spettacoli che dal francese in italiano 1-i traducono « vitelli di città >, e fi~sandolo severamente negli occhi, gli disse: «Jules, basta con le scemenze!>. La signora era magrona, ma fosse stata la più appctitma delle donne, la su,1 virtll del pari. non sarebbe stata posta a repentaglio in quella camera di scapolo, perché Julcs 1 ancorché si offrisse per pura ostentazione di pescar balene sulle coste delle vergini nantesi, in fatto, e come altri « grandi >, era più incline alle vpluttà della fantasia che a quelle dell'amore. Verne si alzò dalla sedia e: « À qu.i ai-je l'horineur ?> domandò. « Sono la Scienza>, rispose la visitatrice. E da quel giorno, l'austera dama diventò per Julcs Verne ciò che Troja era stata per Omero: una fonte d'ispirazione. Julcs è contento. Scende in istrada per dare spazio alla sua gioia. Parigi è in preda alle luminarie. « Sono per me questi lumi? :, domanda a un pa~- sante che lo gujlrda imbambolato. « Sono per il matrimonio del nostro imperatore>, risponde colui. In quella primavera del 18531 Napoleone lII, lustrandosi la mosca a cavaturacciolo e affilando i mustacchioni a spillo, s'è portato alle Tuilerics la bella Eugenia di Montìjo, la spagnola che ha la nuca a ponte, una dolcezza bovina negli occhi e un paio di boccoli sulla spalla d1alabastro. < Il nostro imperatore ... > ripete l'amante della Scienza, e la fac. eia. gli s'imbruttisce. Gl'imperatori andavano meno a garbo a lui, di quanto egli andasse a garbo agli imperatori. Quando Vcrne morì, così Guglielmo I 1 scrisse dal mare alla vedova : < Avrei desiderato seguire la cara salma. Serbo il fascino di quelle maravigliose letture>. A difetto della sua augusta persona, il Kaiser delegò un consigliere d'ambasciata, omonimo dell'autore di lvfarta: von Flotow. Scelta intenzionale? Tutto può darsi da parte di Gugliclmone. Al pari di lsidore Ducasse e di Marce! Ptoust, Verne era pazzo di mu'iica. Per dare sfogo alla sua passione, si era comprato, studente, per venticinque franchi, un pianoforte centenario che aveva appartenuto a Grétry. Chi non ricorda, nelle soste sottorà i figli di Jam·es Daco~t:t attraverso la foresta bra~iliana. Informe ancora e opaco, il Romanzo della Scienza gli ..i profila a poco a poco nella mente. 11 ~uo idcali~mo immenso, che final~ mente lo porterà alla più spinosa misantropia, puzza di latte ancora e ha appena la consistenza di una pappa. In queste condizioni, ma già fis~o a un sogno « dell'altra sponda>, Verne scrive, e in \·er1-i per soprammercato, una « commedia italiana, sugli amori « immateriali e intelleltuali > di Leonardo da Vinci e della Gioconda. Il destino emerge dal caos. li di1-cgno che quel temerario si propone supera quello di Balzac, quello di Om('ro, quello di D:tnte. Una p:ls- 'ICggiata attraverso il cosmo, niente meno. Da quando Jules Verne ha intravisto la faccia del proprio destino, su:i. preoccupazione co,;trmte è dare fonna letteraria ali'« epopea della 1-cienza•, rimuovere qualunque ostacolo si frappone a questo disegno. Anche l'amore? L'amore, che Verne fino allora ha reputato la più poetica avventura della vita, ora capisce che esso pure è un ostacolo da buttare dietro le spalle: farse il pili grave. A fine <Ji risolvere una volta per sempre questa fastidiosa. necessità, il romanziere della scienza "posa Honorinc Hébé Anne du Fraysnc de Viane. S'illude con tutti questi nomi di mobiliarsi un harem? ln ogni modo è una sposa già « pratica » che Verne si porta a casa, e la quale oltre a se ste..,sa gli reca un paio di figliolone bene in carne, e in condizione di andare spose a loro volta. Quando Onoratina quattro anni dopo dà alla luce un bambino, è a ragion veduta che Veme può dire: « Mia moglie pa tre figlì, io uno>~ E: stata Onoratina per Vernc ciò che Cosima è ~tata per \Vagncr, ciò che ogni moglie di grand'uomo s'illude di essere per il proprio marito: una ispiratrice e una collaboratrice? « Marito muto>, dice del suo Onoratina. E un giomo, trovandosi entrambi a bordo del San .\rfichelc, e stando Verne al suo solito di~tcso bocconi sul ponte: « Jules •, lo rimprovera la moglie, « il cielo tu non !-ai guardarlo :tltrimcnti che col sedere ,. Povera Onoratina ! Essa non GIULIO V.ERME marine del .\'autilus, le sublimi, le strazianti improvvisazioni del capitano Nemo? Chi non ricorda le ,umonie wagneriane che, nella notte della foresta australiana, colpiscono le orecchie stupefatte di lord Glenarv:i.n e dei suoi comp..tgni? La stessa guerra di Crimea concorre a salvare Veme dal peccato teatrale. Nel settembre 1854 arrivano i primi feriti dalla Tauride, e con gesto di seminatori spargono i bacilli del colera sui fertili campi di P.trigi. ~el giro di poche ore, Scveste, direttore del ThéOtre lyrique di cui Verne è segretario, tira le calzette. Morto il dirNtorc, muore « per il teatro> anche il segretario. Anche l'amicizia si orienta diversamente. Dai topi di palcoscenico, la buona dea che ha nome Filìa lo butta tra le braccia di Giacomo Arago, il viaggiatore cieco. Xon resta .ai ciechi l'occhio terzo, quell'occhio « interno> che a detta degli Stoici portiamo al sommo del cervello, e col quale guardiamo i sogni? Più avventurati di noi, i ciechi guardano i <;Ogni anche da :)vegli. Diritto davanti agli occhi bianchi, Arago torna dall'aver guidato alle pianure del Colorado una b:i.nda di cercatori d'oro, che la freddurista Parigi ha soprannominato gli« Aragonauti >. A Jules Verne, il viaggiatore cieco offre le sue straordinarie memorie geografiche, le colossali liane dcli' America, quell'interminabile Cipò della Jangada, che guidesapeva che, ai fini 1-upremi della poesia, il ciclo è proprio col sedere che bisogna guardarlo. Intorno agli eroi candidi e barbuti dell'Ottocento, il macchini..,mo trionfante andava tessendo una mitologia a stantuffi. Il vapore di Papin sostituiva la nuvola di Gio\'C. Vcrne crede alla maestà della scienza, la sua fede nell'uomo è cicca. « Tutto quanto io Ìn\'cnto, tutto che immagina la mia mente rimarrà al di sotto della realtà perché verrà giorno in cui le creazioni della scienza ~upereranno quelle dell'immaginazione>. Questi gli apoftegmi che come colonne d'acciaio sorreggono l'animo di questo apostolo qella scoperta, di questo ~lazzini delle carte geografiche, di questo propugnatore dell'Esperanto. Per la meraviglio1-a navigazione, nel corso della quale centoquattro opere rilegate e ill~strate ~a Riou, Benctt, Bayard, Neuv1lle, sahranno dal fondo degli oceani alla luce delle aurore boreali, nulla manca all'attrezzatura di Jules Verne: neppure quel necessario blocco di stupidità, che per l'artista dì for-ia è ciò che la zavorra è per la nave. Verne non dubita. L'introspezione non lo rode. f. un genio semplice e arm:\to di praticità. Un Giu<;eppe Verdi della geografia. Ma come navigare, se non ci si circonda della stessa solitudine del mare? Una leggenda di bontà si è fonnata intorno a Jules Vcme, ipocrita e falsa. Per merito precipuo di un altro « deformato » dalla leggenda, Edmondo Dc Amicis, i nomi di Filcmone e B.1uci sono stati pronunciati a rigu:trdo di Jules Vernc e di sua moglie. Vorremo confutare quc,;ta panzana} Chi vuole trovare un sim:Je a Jule~ Verne, prenda a modello quel llongiovanni astronomo a Ferrara, il quale comumò l.1 vita in cima a una torre ciel Castello Estense, e non consentiva a ricc• vere la moglie e la figliola se non una volta la settimana, la domenica 1 dalle undici a mezzogiorno. Per quello che è dei pasti, il romanziere della gcogr:\fia replicava Menelik, perché anche Jule~ Vcrne, a imitazione del « re dei re •• ma non per le ste1-~cragioni di « pudore alimentare>, si nutri\'a in solitudine. L'umanitarismo lo gonfia\·a come una mongolfiera. Anche la sua opera ..:i.rà con1-acrata al bene dell'umanità. Ricompensa suprema, il 7 luglio 1884, dentro una delle undicimila st:tnze del \ "aticano, dorata e pitturata come un tabernacolo, la « missione umanitaria > della sua opera sarà riconosciuta e lodata da un vegliardo leggero come fumo e bianco come un'eno1me cicala delle nevi. «Visione celestiale:.,· commenta un nipote di Jules Verne nella sua effemep ride di viaggio. « Uscito dall'udienza di Leone XIII, mio zio piangeva come un v.itello >. Intanto, gli affetti fomiliari di questo «vitello> ,;,j \'anno progressivamente raffreddando. Julcs Verne 1-ichiude sempre più in qudl'idealismo, che è la conquista suprema della mente borghese. Più egli allarga il proprio amore ai cerchi lontani dell'umanità, più quelli vicini ne rimangono privati. Alla genesi del libro che apre trionfalmente la serie dei I ·;aggi straordinari, hanno collaborato l'Anitra in pallone di Edgard Poe, e l'amicizia di quel Félix Tournachon detto Nadar, e per anagramma Ardan nel t' i aggio dalla Terra alla Luna, che primo innalzò la fotografi.a a fonna d'arte, e il 4 ottobre 1863 salpò in cielo dal ,uolo di Parigi a bor.do del Gigante. '.':adar influenzò Verne, o questo quello? La verità è come sempre controversa. Uscì da questo incontro la prima stesura di quel profetico romanzo, che nella ver~ionc definiti,·a prese il titolo di Cinque setlimane in pallone. Colui che iJi qualità di editore è de• stinato a spartire la fortuna di Jule· Verne, si chiama Hetzcl cd è uomc temibile per più riguardi. Hctzcl an zitutto è ìl nome gennanico di Attila come risulta dalla versione ch-ctic, della saga dei ~ibelunghi. Hetzcl olm. a ciò, il quale nopché editore è anche autore di romanzi squi-.iti, firma con lo pseudonimo Stahl, che _in tedesco significa «acciaio>. Tuttavia, quandù in una nebbiosa mattina dell'autunno 1862, Jules Vcrne, il mano- ~ritto del suo primo romanzo « scientifico :, in tasca, va a bussare alla port.i dell'Attila d'acciaio, que!iti lo ricew dentro una camera imbottita com(' un portaspilli, sdraiato in uri letto sul quale piovono dal bald.1cchino preziose tappezzerie di Fiandra, e simile piuttosto a una ualidt, Q come dire sultana madre, che all'indomabile re degli Unni. Jules Verne ed Hetzel sono fatti per intendersi. L'editore impctna lo ,crittore a fornirgli due romanzi all'anno, quaranta romanzi in vent'anni. Da quel mome-mo, Julcs Vcmc diventa il Santa Claus del!J. ra~azzcria dei due emisferi. Del Santa Clau, acquisterà a poco a poco anche l'aspetto : barba di bambagia, <iOpracciglia a grondaia, passo dell'orso ballerino. Per quarant'anni e pili. questo San N!cola scientifico e irnma~inoso arriverà puntu<\,lc al convegno della fine d'anno, colma la gerla di bei volumoni nuovii vestiti di ros'-0 e col filetto d'oro sulle coste. Mentre ,quillano le campane della Natività e la neve spande una mite ~mbianz,, di nonna sulla tragica faccia <li no,tra madre terra, il radioso volto d<'ll'Avventura splende nelle finestre gelate dalla brina, e dentro le camere imbottite di tappeti, al calore mormorante délle stufe, un immenso sospiro di felicità, un vento di cime e di largo gonfia il cuore di migliaia e migliaia di ragazzi. Pun.·. il più infervorato di quc'-ti. un « grande > cui la peluria già ombra lo spazio tra naso e labbro, si apposta una 1-era del mar-,:o 1886 pres,o la ca~a di Julcs Vcrnc, e quJndo il ,;,uo idolo emerge dal buio della '-tr.ida, gli <;Caricaaddo1-so il contenuto di ·una gro,sa pistola a tamburo. Il poeta dell'avventura cade bocconi sul marciapiede, l'a.s.1-assino1-cantona in fondo alla strada. li \'elo del mistero cala su quella scena .::ini'itra e assurda. Le ragioni dell'incompr("nsibile attentato ci saranno mai svelate? Cna voce smurra: « Tacere! Tacere! ». E forse il conoscerle, d('luderebbe pili dell'ignorarle. Ci '-0no ragi0ni « che non riempiono l'atte1-a > : ragioni « prive di ragione >. Mentre trasportano l' « amico dei- ragazzi > in casa, la scarpa ciondola come vuota e M>spesa per le stringhe. Il navigatore è ridotto a rottame. Per ingannare l'immobilità, il tessitore delle avventure terracquee compone geroglifici, crittogrammi e «ottocento» parole crociate. e Della claudicazione alla quale 'iOno condannato per sempre, mi consolerò pensando a 1,1adamigella di La Vallièrc 1 a Tallcyrand a lor~ Byron >. Così egli -.cherza c:ul suo piede speuato. Ma della vita marinara che lui ama tanto, che ne sarà? ALBERTO SAVINIO (La (me al prossimo ,wmero).

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