r ' I I • ( PALCHETRTOI MAN) I ~I!~J~~ PE .S. O S CHOPENHAUER rimproverava ad Aristotele la moltilateralità del sapere, la mancanza di profondità, l'intcrvcnro di concetti astratti nell'empirismo. Rispettate le distanze, gli stessi rimproveri sono da muovere ad Ale!lsandro Dc Stefani. Di questo autore ricordiamo Il Cal{olaio di kfessina rappresentato al Teatro d'Arte di Roma circa dodici anni fa. Opera grave, singolare, soffusa di luce inattuale. L'opera di valore non riflette l'imm;igine del presente: o la supera o la precede. Di poi, i lavori che abbiamo o letto o ascoltato di Alessandro De Stcfani rono immagini immediate del presente, rifles!li d'un'ombra, parole che scornmo _(_ulla mobile superficie del tempo, ma non affondano di un millimetro nella fissa materia dell'arte. Non crede Alessandro De Stefani all'eternità? Era estate inoltrata allorché vedemmo di questo autore una novità al Bilrberini: Giorni di primavera, o qualcosa di simile. E a distanza di pochi mesi ecco quest'altra novità: Dopo divor;:.ieruno, E nel frattempo De Stefani avrà doppiato qualche film, scritto articoli, magari un romanzo giallo. Lopc dc Ve~a già non gli sta più a ruota. ~fa di tante parole senza sguardo, senza memoria che rimane? E lui, non fosse che per quella sua truce somif(lianza col Beethoven delle tempeste e dei tuoni a grancassa, qualche debito doveva pur contrarlo con le esigentissimc autorità dell'abisso. Dal Cal{olaio di Musina De Stefani sembrava tutt'altro che avviato ai facili successi e alle commedie gaie. C'era in lui un errore, un'anomalia, una mostruo,;.ità da coltivare e portare a forma d'arte, o~ia a una verità e a una nonna superiori. Chi ha scoperto a questo uomo sotterraneo, a questo minatore le seduzioni della freddura? Metta in fila i suoi amici Alessandro De Stefani, e per colui che lo ha tradito sia senza pietà. A che parlare di quest'ultima fatica di Alessandro De Stcfani? E:. proprio la fatica che manca. lo sforzo, il pe~o. Ricordate l'uomo di \Vclls che aveva perduto il peso specifico, e per non per- ~ 'rsi negli spazi infrastellari usciva di casa con le tasche piene di sassi? Quc- !'itaprecauzione Dc Stefani ha dimenticato di prenderla, e mentre noi parlia. mo della sua commediola, essa già ci ha abbandonati ~cnza un addio e vola lontano, lontano ... Cionondimeno, ricordiamo come in sogno certi letti che la sera escono dal muro e la mattina vi rientrano : ingegnoso sfruttamento ·dello spazio, che il cinemato~rafo americano ha gettato senza pudore ~n pasto al nostro popolo pazientemente rurale. Ricordiamo il « divor.!:ieremo » del titolo lanciato come una sfida ai mille e mille coniugati sparsi fra il pubblico, e legati alle lo• ro metà usque ad mortem. Come chiama Dc Stefani queste provocazioni? :\"oi diciamo: « grattar la pancia alla ,;.cimmia». Nel Ragno di Scm Benelli avevamo notato un ritorno .1 quella crudezza di linguaggio che gl'ignari scambiano per forza, e che non è ,;.e non scemenza e volgarità; a quell'immoralismo tra spavaldo e cafone che credevamo scom• parso assieme con la scomparsa di Andrea Sperelli. In questo Dopo di• uor.:,ieremo di Alessandro Dc Stefani abbiamo notato un ritorno alle manifestazioni cliniche (leggi: « letti sulla ~na »), donne in camicia, quiproquo da Niente di da~io e da Pillole d'Ercole. Siamo incerti se rallegrarci o se dare sfogo alle lacrime. Non ci vieti tanto sconforto alcuni appunti tecnici. C'è sproporzione in questa commediola di De Stefani tra personaggi maschi e personaggi femmine - anche se oi;ni uomo dcstcfaniano, come si può calcolare dal programma, equivale a tre donne e mezzo. È imprudente abbandonare il p~lcoscenico alle donne. Tu obiettore laggiù, con l'esempfo di Ltfistrata non c'incanti! Le capacità della donna sono capacità di riflesso. La donna può es,erc protagonista: « monagonista » mai La sua funzione è soprattutto supplementare. Nelle troppe scene di Dopo divordernno in cui oprravano le sole donne, il palco~cnico risultava vuoto <' schiamazzow. Riempire non compito della donna. ALBERTO SAVJNIO SI E' TENUTO tempo fa a Roma, presenti le competenti autorità, un Congresso internazionale di studi urbanistici dove persone di buon senso hanno illu.strato, difeso e fatto approvare un ordine del giorno contro le costruzioni intensive a Roma, contro i grattacieli de~ turpatori ed antigienici, suggerendo· una intensificazione ed.iliz1:inon e verticale» ma « orizzontàle», di piccole costruzioni, cioè, contornate da un po' di verde: l'agro non manca e le comunicazioni, volendo, possono esJ sere rapidissime. Di questo problema non una parola nella stampa romana; mentre i competenti Uffici Capitofini continuano ad approvare progetti, mostruosi per a1tczza e per ardimenti, utilitari alle imprese. Nessuna meraviglia per questo silenzio. Le proteste, se mai, verranno vent'anni dopo. Nella primavera del 1920 o '21, una commissione di tecnici, ingegneri ed architetti stranieri, fu a Roma per studiare il problema urbanistico che il dopo guerra aveva imposto a molte città, divenute piccole e insufficienti, e che Roma si apprestava a risolvere. Le numerose cooperative di funzionari e di impiegati, con mutui concessi dallo Stato a un t,.uso modesto e pagabili in mezzo secolo, stavano costruendo qua e là, nei punti periferici più lontani di Roma, intere borgate; t1pica fra tutte, quella del!' Aniene, che si denominò, e si denomina ancora, pomposamente : Città Giardino. La commissione rimase colpita e stupita di questo fatto: che, mentre in tutti i paesi d'Europa e di America la campagna veniva conquistata dalla città alla immediata pc· riferia, prima con le strade, poi coi servizi di acqua, di luce, di gas, di fogne, ecc., poi con i tracciati ben definiti delle wne di rispetto, poi finalmente con le case, qui a Roma le case sorgevano come funghi in mezzo alla campagna, prima ancora che una sola strada possibile vi conducesse: prima ancora che si fosse provveduto a cz::ea• re, per chi vi andava ad abitare, gli indispensabili servizi pubblici. Così era difatti; e così pare si sia fatto a Roma fino all'altro ieri, se è di ieri una deliberazione del Governatore che, su parere del costituito ufficio urbanistico, stabilisce non doversi concedere licenze di costruzione se non per quelle zone dove siano già attuati i servizi pubblici. Quindici anni dunque sono occorsi perché a Roma si comprendesse una verità cosl semplice. C'è un e~oismo individuale, cosa ~rebbe altrimenti?, che al proprio tornaconto immediato sacrifica ogni norma e legge di convivenza, a volte anche il proprio interesse di domani. A proporsela, chiunque avrebbe capito la verità rilevata dagli stranieri. Ma non conveniva a nc!-suno, individualmente: meno che mai a quelli che, come funzionari, potevano facilitare la concessione dei mutui, e, come impiegati dello Stato, godere della casa, Per• ché si ~cl~ero i terreni, oltre l' Aniene O ■ NIBUS PAGINA f I BOili • Putlcolarl di u.a can •ud, plnUo1 con portuaponl 11t1n1I, ul qurtl,u di Perta .hg•ll~ I e oltre Monteverde, per costruire le grosse borgate? Perché, essendo fuori di ogni comunicazione e di os-ni ser• vizio, costavano pochi centesuni. Si ragionava così : col mutuo che dà il Governo, più si risparmia nell'acquisto e più grande e bella si può fare la casa. Una volta costruita la «villa>, per poterla abitare, ci daranno l'ac• qua, le strade, la luce, il gas. Quando l'abiteremo, ci daranno i mezzi per poterci recare ra.P,idamente agli uffici. Di qui, nuovi mllion.i per gettare ponti sull' Aniene, per impiantai-e linee tran~ viarie, per tracciare strade. Morale : lo Stato che aveva dato i milioni per le case, fu costretto a spenderne altri per valorizzare terreni che erano di proprietà di privati. L'ossessione della speculazione imme• diata è quella cosa che spesso predomina tuttora e vince tutti gli ostacoli di leg$'e o di regolamento, Mentre Mussolini vuol ridare a Roma il suo volto di città universale, togliendo brut• ture, dando polmoni a quartieri mal• sani, gli speculatori hanno uno scopo solo: sfruttare per il maggior guadagno. Possessori di aree e costruttori pare si aiutino a vicenda per rialzare i prezzi, vi.sto che la gente per necessità, per amore del nuovo, per inganno di facilitazioni che domani si risolvono in impegni insostenibili, acquistano gli appartamenti. Abbiamo voluto citare anche questo tipico esempio di e$oismo individuale, che a quindici anru di distanza trova solenne condanna, perché il male è tutt'altro che guarito. Esso sta alla radice di troppe iniziative, talvolta con la connivenza degli esecutori delle leggi. Da questo connubio è nato a Roma il grat• tacielo, e spesso lo sfruttamento vergognoso in larghezza e altezza del suolo, come fossimo al centro di New York o di Londra. Di qui è sorto quanto di più assurdo si possa conceeire in Roma: grattacieli di otto, dieci, undici piani, costruiti non solo nei quartieri periferici, ma dentro la città. E que• ste cottruzionì, fatte rare eccezioni, sono ispirate solo dal criterio specula• tivo dissimulato, con un cosidetto « novecento» fatto di finti muri a mattone, di finto travertino, di balconi che sembrano vasche da bagno o casse mortuarie. Lo studio e la preoccupazione sono stati soltanto di spendere il meno possibile in rapporto alla massi• ma quantità dei vani da ricavarsi. Veri reclusori « novecento », insomma, con portali cupi 1 di manni di scarto, qua• drati e bassi; sicché non manca che la saracinesca in ferro per togliere ogni equivoco. Quanto migliori i disprezzati pafa7.zj umbertini nel cui portone potevano entrare pariglie, e dove il salotto dell'appahamento poteva servire anche per i trattenimenti e le feste. Dopo qualche saggio di edilizia vandalica, la resipiscenza si imponeva e si era abbastanza in tempo per non rovinare, con costruzioni intensive, zone di quiete pittoresca come quelle, per esempio, della Pineta Massimo. Tutto qui è soffocato, ora, prati, piante, cielo, da casoni di cento appartamenti : sono zone dove si ritrovano le stra• dette che si demoliscono nel centro. t noto come il Quartiere dei Prati sia stato costruito in modo che nessuno de-imonumenti più caratteristici di Roma potesse fare da sfondo alle lunghe vie. Ne uscì un quartiere comodo, ma piatto, non ostante le strade larghe e il respiro di ville e villini, pcrch,é non furono tenute presenti Je tre direttrici na• turali: Castel Sant'Angelo, il Vaticano (Basilica di San Pietro) e Monte Mario. Tali speculazioni si compiono anche in frode ai regolamenti edilizi, quando questi potrebbero servire ad impedite mostruosità, Non vi sarà architetto, che freni l'estro col buon senso, il quale possa approvare le brutture compiute, in questi ultimi mesi, in uno dei quartieri più signorili di Roma; e cioè nella breve zona prCS50 il Tevere, a sud del Ministero della Marina, dove gli ultimi costruttori, per guadagnare un piano, là dove il regolamento tollera solo l'at• tico molto rientrante, hanno fatto una gabbia di cemento armato. Ma c'è di pi\l : servendosi di appoggio a questa gabbia, hanno poi, sul suo fianco, innalzato altri tre piani, portando tutta la costruzione da cinque a sette piani, oltre l'attico. C'è poi, tra l'altro, un grattacielo che, a forza di piani rientranti, finisce a pan di zucchero con l'undecimo piano. Ci avviamo così alla tecnica di Babele. Tutto va falsando la speculazione edilizia, Si grida, a parole, contro i casoni dcll"Soo; si con• dannano ~li enormi dadi dei Prati e dcll'Esquihno, e non ci si accorge - o non si vuole? - che, con questa specie di stile nuovo, fatto di ripieghi, senza nemmeno quelle comodità cui oggi si vorrebbe sacrificare l'estetica, si.sta dis• seminando Roma - da via Flaminia a San Giovanni; dal viale Angelico a Porta San Paolo, al viale XXI Aprile - di grandi caserme in «condominio>, le quali, fra venti anni o poco più, non saranno che disordinati alveari in via di disfacimento, pieni di sporcizia e di scarafaggi, popolati da povera gente diseredata in cerca d'una pigione a poco prczw. LEONE GESSI OONOORSO PERMANENTE perla narrastone dl un !.I.ti.o qu1.t11u1, re&lm.ente &ccadut.o 1,cb.11crlve. La narr1,done non deve auperan le t.N colonne dtl g1orn&le, e deve uaere lnvlat.& 1crttt& & maeeb1Ila, da una 1011.parte del ro,uo. Ocnt narrattone pubblleata, ■eeondo l'ordine dt arrivo e d'&ccettulone, verrl compen1&t.a con Ltre ~00 (Clnquecen\o). - t 4aU1lo1crttt.1 non aceet.- t.atl non 11re1Utul1eono. - Per la. va.li- :u-:n~~ 11 :i.::p~: 0::t =~r~~~!~~~ IUll& bust.&. D • T • o L I • B. s I CONCORSO PERMAIIEIITE 'Alla Direzione di o M N I B os VIA DEL SUDARIO N. 28 ROMA ~~s<:Ùa DEL VANTAGGIO ABB1ÀMO uisto il proietto del Palau.o de1li Uffici ddl'Esposi.t.ione del '41, e ui abbiamo troua.to una straniuima rassomitlian(a con qullo dell'Arte di Monaco, Si trotta di architeuurt moder"nt solo appartnltmentt, Edifici, come quello che ora si Jla costruendo per la E1posi,:.iont Universale dtl '41, diventano vecchi in soli quattro anni. Tutti sanno come urta orch1teitura inveuhi pruoamentll. Per l'Esposfr.ione del '41 occorre ,m'architettura che non seiua alcuno moda; che rJOtlia eutre archittJtturo e nien• te di più e che /act:io di tulto per non apparire provvisorio, come quasi umpr, appaiono le costru,:.ionì delle Mostre. I LAVORI intorno al Mausoleo di Augu:- sto sono lentissimi, né il passante sa comJ,16ndert dout intendano arrivare. L'iso• lomento è avvenuto, e ora pare che si proceda ai favori di Jistema-tione. Lavori, che dovrebbero uu,e complementari, Ji auuiano invece ad euere eterni, al punto che la 1ente ormai Ji è adattata a quel panoTama melanconico d1' edifici in demoli-tione. Le molte chiese fra via Ripetta e il Corso appaiono, coJJ isolate, diverse da quelle di un tempo. Fa pena 1uardarle; la loro architettura, ada1tiuìma al folto delle case, ora perde un poco delta Jua ma1nificen-ta. À 1uardarlt tuttt insieme, paiono quelle di una moJtra archittUonica di ecce-tìone, Il ttrTtno libero fra Via Tomacellì, Via Ripttta t il Co,so, t come un'esposi-tione di grandi modelli architettonici. FiducioJi che i lavori procedano d'ora in avanti con ma11io,, svtltt-t-ta, non ci rtJta eh, esporre chiaramente quelli che Jono ancora i nostri dubbi. IntoTno all'Au1usteo, non può euerci una -tona archeologica alla Baccelli. Sono gid di lroppo i uivai di capit,lli e di colonne come quelli del Largo ATgentina e del Poro Traiono; sarebbero veramente ridicoli, intorno al mon11mento imperiale di A11guJto, tiardinetti archeologici, praticetri, colonne mo-t• te, trasportate da q11alche ma1a-t-tino. L'A11gus1eo pu~ essere beniJsimo ripristinato; ma si deve 1entre conto cht un simile monumento non Jorge in un parco o in un quartiere piuoresco: sta nel centro dì una città moderna. ' E NECESSARIO che il Governatorato proibisca che le facciale delle cast romane siano dipintt di verde e di altri pallidi colo,.i. Il se1,.eto del fascino di Roma è tutto nell'ocra ,ouo delle Jut catt. Giomi fa, paueg1iavamo col regiJta Mamoulian e la sua ammira-tiont andarJa tutta al caldo e unitario colore della cillà. Setuitando a dipingere le cast di verde, di giallo, di atturro, Roma appa,ird ugualt a tante cittd nordiche. Il Jole dti pomeritti roma• ni accende la facciata dei po.latti,· nessun sole potrd dol't tanto splendore alla cittd quando i suoi edifici au,anno faccia• te dipinte a colori mo,tificanli e lu1ub,i. E LE GRONDE del centro di RomaJ Croue gocu cadono dai telli sul collo dei passanti, e li fanno rabbritiidire. I N VIA VENETO c'è una nouitd: il postellio delle automobili d'o,.a in poi sani a spino di ptJce. Ma il risultato che .vorrebbe mirare ad uno maggior, comoditd, è. in11ece tutto all' oppoJto, Nelle ore in cui le JoJte delle maechine Jono scant, lt poche automobili 01ni hrnto oblique al marciopiede fanno pensare a carcasse lasciate sul ma,.gine della strada. La spina di pe• sce può risultare utile I.¼ do11e il numero delle macchine ì coJtantemtnt, riltfJante; 11011 in. via J/ entto, dove nei pig,.j pomtriggi autunnali ogni macchina J>Ttndt il uia verso il paJseggio di J/ìlla Borghese. MASSIMINO ( ILSORCNIOELVIOLINO WINTE IL BELLO della mu~iea pura non conta in cinematografia. Il più delle volte crea l'incompatibilità, La musica è una scoperta da rare nel congegno dei film: caso per caso. L'ispirai.ione decide. E chi l'ha, è un inventore, Anche se la musica non è sua. I compositori di solito son degli attaccabottoni, mentre il film non ha tempo da perdere. Per fortuna, gli esempi di un& buona messa a punto della musica cinematografica non mancano, e dovrebbe servire la norma seguente: agire, far leva sul film, spostarlo, metterlo in moto, con le voci, col ritmo, coi suoni, dall'interno o dall'esterno, afferrando l'occasione flagrante e sfruttandola coi mezzi più acconci e audaci, senza perdere un attimo. Fra gli esempi di un felice connubio di musica e cinematografo, citiamo UJ canton, del fiume, Broadwa1 1936, ma soprat• tutto Winterstt (il più curioso esempio, di• rei quasi il pilJ artistico, e»endo questo ultimo un film nettamente antimusicale). Dove l'innesto della musica è una trovata semplice come l'uovo di Colombo, ma capace di colpirti e di scuoterti, vuoi o non vuoi. Winlerset che verrà proiettato da noi, forse fra pochi giorni, sotto il titolo di Lo Sterminalo,.,, è un film dei bassifondi di New York, un film di miserabili 1onzJters, che raggiunge per cosi dire i culmini del• l'arte. In Winterut c'è unità di tempo come in Accadde una notte, e anche uniti di luogo. Poi, c'è una specie di cabaletta che vien foori damoro1a e improvvisa da. un orgaoo di Barb<-ria. Non ho mai \'Ìsto un film giallo più nobile, pilJ secco, terribile e poetico di questo, Ma è inutile tentare di descriverlo, Non ne saremmo capaci. Ne abbiamo ul'i ri ordo confuso. E poi perché non con(essarlo? Quell'organetto ambulante, lasciato Il su due ruote, nel buio, d ha fatto l'impressione d'esser un personaggio, il principale addirittura. Si tratta d'una specie di pianoforte meccanico. C'è dentro il rullo liberatore. c~è dentro tanto rumore, un tale canto di ranocchie, da far saltare in piedi tutta la città addormentata, Un rullo solo, una vecchia canrone del Sud. La conoscono tutti, e tutti l'avevamo scordata. Una romanu da trivio sguaiata e gentile ad un tempo, Un motivetto d'amore, con le corna e i piedi di caprone balle• rino. Suona fitto questo organetto, e, una volta scatenato, trilla come una sveglia. Grazie a lui, che crea l'atmosfera puticolare di WinterJel, la vicenda scoppia improv,•isa 1ull'avan1ee:na duerta e iriondata I da un acquazzone (10tto il quale sc:mbra debba naufragare il mondo) e si risolve fra la gioia formidabile di un salvataggio insperato. Udite... Quell' allegro sgretolio di note acute e rimbalzanti, quella grandinata pia• nistica, è l'S. O. S. dei naufraghi, e !a accorrere nel cuore della notte i salvatori prima che sia troppo tardi. Tutta,·ia non siamo in alto mare. Siamo sotC0 il ponte di Brooklyn. Ripe, scalette, cantoni, e un cortilacdo stradale, tutto pietre bagnate, e silcn:i.io. t un angolo basso, solitario della banchina sull'Hud1on, battuto dal vento e dalle intemperie. Intorno, niente botteghe, quasi nir:nte lampioni ; non c'è traccia di frequenza, di traffico umano. l. .,a spede di fossa dei leoni. Un carcere a ciclo scoperto. e Il Teatro del delitto >. li quartiere portuale finisce 11, en culde-sae. Non lontano si sente che cola il fiume invisibile. Anche il ponte di Brooklyn non si vr:de, lo si indovina, molto alto, appoggiato su un oscuro contrafforte, da cui scendono quelle impervie scalette a chiocciola. A tratti, i cortì boati delle c.hiatte a vapore che s'aprono una strada fra la nebbia, Nebbia, umida nebbia, atmosfera di tisi. Eccitamento, r:stenuu.ione, deliri: j gridi delle vittime Jtmbrano affievolirsi sotto quel ciclo, Ne vien fuori l'America di Edgar Allan Poe, con i suoi effetti lucidi, prodigiosi, la sua calma fatale, calamitata. In un momento di sosta del temporale, l'organetto a manivella chiama tutti i pa• ria, i buli, gli scemi, i malviventi del quartiere, e, in men che si dica, quel corti• laccio lugubre diventa una sala da ballo. Giovinotti e ragazze di ogni risma. Se non fosse il policeman e la pioggia a sciogliere l'assembramento, ballerebbero ancora. Quando tutti si sono squagliati, è il dih1vio addirittura. L'organetto rimane 11, solo, a prendere la doccia, fino alla fine del film, come il Cavallo di Troia. BRUNO BARILLI LEO LONOANESJ • Direttore responsabile S. A. EDITRIC►: • 0/lf?-,'IDUS • • MILANO Prop,ittl• art!•1ica e lttttraria riM:rY11t1. RlZZOLI & C .• tn, ptr l'A"e della S111Mpft. \lilan,, RIPROOUZIO~I ES~GUITE CO'l MATF.Rli\Lt-: FOTOGR<\FICO • FEkRA'-IA Pwbbli,;/(à Agorntil G. Bruchi • \lilano, Vii s.1~ini IO Ttl, io,.,_:i,r. • Parigi, 56, Rut dr 1s·aubourjl S•int•IIOMr~
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