Omnibus - anno I - n. 29 - 16 ottobre 1937

CONTINUAZ. DAL NUMERO PRECEDENTE) [ J ERTO la sua prosa di giornalista non era di quelle che più \ I . tardi, in tempi comodi, ono- ~ reranno di bello stile il giornalismo d'Italia. Scriveva di impeto e chiamava il suo giornale « un brulotto •· fl ~uo programma era la ~ucrra : tutto il resto era vaniloquio hr in lui suscitava il ricordo dell'e- >perienza amara del '48, quando « si di~utcva un lungo mese sul colore di on panno di cui si voleva o non si voleva vestire >. I mazziniani intran- ~igenti guardavano con lo sterile or1?:oglio degli incorruttibili il transfuga che diceva ai ministri del Re : e Se il ~.averno sente il bisogno della dittatu- ':-a per condurre robustamente la guerra, se la prenda! >. I particolaristi piemontesi si imbronciavano di vedere il C'Onte Cavour ricevere questo genovese che contava il numero dei regolari piemontC'~i. e trovava che 70.000 e pochi ma buoni • soldati erano troppo pochi, anche se buonissimi, di fronte al n€'mico e ancora di più accanto all'alleato, e reclamava la formazione dei volontari. e I volontari!» diceva l'onesto e leale generale Della Rocca; e ci saranno utili in guerra, ma poi? Nuove seccature!». I "CACCIATORI DELLE ALPI" Finalmente arrivò l'ultimatum austriaco e il maresciallo Giulay passò con comodo il Ticino. La cavalleria '\ piemon!ese c~ricò a Mo~ttebello. Lo stesso giorno 11generale Garibaldi passò la Sesia: aveva con sé tremila uo• mini, tutti gli altri volontari erano stati confiscati da La Marmora per l'esercito regio. Erano male armati, peggio equipaggiati. Si chiamavano c Cacciatori delle Alpi •· Emilio Visconti Venosta segue quale commissario cavourriano Garibaldi per « sorvegliarne le mosse •· Bixio è comandante di battaglione; è il !>UO vecchio grado della repubblica romana. Fallisce nella sorpresa del forte di Laveno per la discordia dei doganieri piemontesi: e di quella notte non si ricordano che le imprecazioni di Bixio ». La guarnigione di Milano è battuta a Varese, Brescia è occupata, poi i Cacciatori sono mandati, non si sa perché, in Valtellina, a c far una guerra da camosci». Non è certo quello che Bixio aveva sognato, quando reclamava sul suo giornale la guerra e seicentomila volontari per la guerra. Ma in quelle snervanti marce e contromarce senza scopo, così poco adatte al temperamento di una milizia fatta per l'avventura e lo slancio, egli si rivela libero da qualunque difetto .solito nei guerriglieri, la noncuranza della forma, l'attitudine a considerarsi in servizio soltanto nel combattimento. è un soldato e un capo. E lo rivelerà ancora di più quando, stronca-fa la guerra con Villafranca, ma tenuta viva da Ricasoli e da Luigi Carlo F'arini la rivoluzio_Jle nell'Italia cen1 trale, i Cacciatori delle Alpi sono schierati fra Imola e la Cattolica a contenere gli austriaci del duca di Modena e gli svizzeri del colonnello Schmidt. Bixio è al comando di un reggimento l' lo comanda con la minuzia di un vecchio lupo di Regolamento. Gli amici scherzano, lo chiamano « cascrmiere ». ~a dal cascrmiere scatta fu'ori a tempo il rivoluzionario sbrigativo. Il principe Gerolamo Napoleone, intelligente e scettico, civilizzato e poco guerriero, si crede tagliato apposta per essere il Re di una Toscana di musei e d~ ~en_tilczza. <~ Molt! agenti napol~onic1 piovono fra noi. Sono avvertito che alcuni si dirigeranno anche a mc. La sbagliano grossa, e se parlano chiaramente, li annego nel Po! > scrive Nino Bixio. Invece delle ostilità fra Cacciatori delle Alpi e gli svizzeri del Papa, scoppia il conflitto fra Garibaldi e Farini, e quando Garibaldi si dimette dal comando, anche Bixio si dimette. I MILLE Questa volta però non è l'addio alle armi del 1848. La delusione di Villafranca è stata scrollata via dagli avvenimenti. Ferdinando II è morto so• spirando: « Hanno uinto ~a causa! ... Vittorio Emanuele riceve i plebisciti e conferisce i collari dcli' Annunciata. A Palazzo Carignano risuonano accenti toscani, lombardi e romagnoli che meravigliano i vecchi uscieri, mentre la lingua francese sparisce coi deputati savoiardi, e rimane solo sul regolamento del Parlamento ancora subalpino. I volontari nelle loro case si ten· gono pronti a un segnale che n()n pu.ò tardare: si parla di andare a prendere Roma, oppure di andare a Nizza e a rovesciare le urne del plebiscito». Solo Francesco Crispi si ostina ad attirare lo sguardo di Garibaldi verso la Sicilia inquieta e Napoli tranquilla. Forse una vag:i diffidenza circondava fra quei settentrionali il patriottismo del Mezzogiorno; anche quando Palermo è insorta e sulle montagne stanno in armi le bande dei picciotti, Garibaldi e i suoi esitano. « t meglio buttarsi dal pon'te di Carignano che partire •• dice Medici, e Sirtori gli dà ragione. Bixio invece è subito con Crispi, e nei conciliaboli del Ca.sun gianco porta a rincalzo dell'eloquenza calLA :BATTA.OLIA DI OALATAPUU (d• li.DI awnpa popolan del i.mpo) da dei siciliani l'insistenza veemente e cadenzata del suo dialetto genovese. Quando Garibaldi decide di non partire, « tutti uscirono pallidi e scorati, tranne Bixio, che furente, con gli occhi biechi e le mani nei capelli, uscl di corsa gridando: all'inferno! all'inferno! a quanti gli si avvicinavano•· Qualcuno pensa di affidare a lui il comando dei volontari chl' intanto si agitano oziosamente a Genova, ma anche quando La Farina dice di preferire piuttosto La Ma.sa, Bixio è pronto a partire lo stesso. E pronto a partire anche solo : è forse l'unico che non pensi né a Pisarane né ai fratelli Bandiera. Finalmente partirono, sui due piroscafi conquistati alla patriottica omertà di Giovanni Battista Fauché. Ed era stato Bixio a dirigere tutta l'opera di organizzazione. L'impresa cominciò. I volontari erano mille soltanto e a loro si aggiunsero, « sinistramente equivoci ·•, dice Oriani, fino a che i Regi non si furono ritirati da Calatafimi, chiassosi e indisciplinati fino a che le camicie rosse non ebbero oltrepassato il Ponte dell'Ammiraglio, i picciotti, qu::isi senz'armi. Pure questi pochi bastarono, e non si sa se sia più malinconico che siano stati• così pochi, o che siano bastati. Ma il vecchio Regno, come l'Austria dopo la morte di Francesco Giuseppe, dopo la morte di Ferdinando non era più che un'abitudine i però, mentre a quella l'esercito austriaco sopravvisse tenacemente in virtù della sua particolare tradizione, l'esercito napoletano, che tradizione non aveva se non murattiana, si sfasciò internamente prima ancora di combattere. • IL DEPUTATO BIXIO • Tutta la più vera gloria dell'impresa fu nella decisione di intraprenderla, e in questa sappiamo quanta parte ebbe Bi..xio. Dopo Calatafi.mi, dove davvero « si fece l'Italia :t, i volontaricaricarono, temerari ed epici, contro una folla confusa alla quale un incantesimo di uniformi e di bandiere dava l'apparenza di un esercito. Ebbero il valore del cavaliere errante che deve conquistare la Bella dormente, e galoppa a lancia abbas.sata contro le magiche illusioni di mostri fiammeggianti, e nel raggiungerli li fa svanire perché essi non esistevano, e così rende testimonianza alla sua fede intrepida più ancora che al suo ardire, al cospetto dei dubitosi e di coloro che contano con gli occhi e sulle dita. Nell'immenso disagio esalantesi 'dalla conquista impantanata nell'organizzazione e nell'amministrazione, i generali di Torino esaminarono le domande degli ufficiali borbonici o garibaldini che volevano passare nell'esercito ;f!i;::·at:f~m~elle l:~mrrs~f~~ 1:ei garibaldini: e questa era certo un'ingiustizia, ma commettendola caparbiamente, essi salvarono all'Italia la tra• dizione piemontese di un esercito che non discuterà nemmeno ad Aspromonte. Contro di loro e contro < la fred· da e nemica mano » del conte di Cavour, Garibaldi venne a protestare al• la Camera, indossando la sua uniforme del Volturno, che il generale Cialdini duca di Gaeta defin1 : « un bizzarro costume •· L'urto fra il ministro del Re e il generale della rivoluzione fu memorabile: e si poteva temere che l'eco sollevasse al di fuori un clamore di lotta civile. Allora si levò a parlare dai banchi della sinistra il deputnto del II° Collegio di Genova, !'on. Bixio. Lo avevano eletto gli avversari del ministero, ma come sempre nei momenti critici egli stava libero da qualunque posizione di programma, per certo suo istinto dell'essenziale che sempre conferiva a quell'impulsivo iracondo un intimo equilibrio. Senza esitare, nel!~ stupore dei suoi vicini, parlando breve e smozzicato per la sincerità della sua commozione, egli lanciò nell'aula rumorosa e più oltre, a tutti i suoi malcontenti compagni d'armc, la sua testimonianza a favore e del patriotti• smo del signor conte di Cavour »1 e al conte, come nobile prezzo di quella, l'appello a dimenticar generosamente le parole e la minaccia del generale. E in quell'ora, fra Garibaldi cui nel pur giusto rancore si levavano nell'anima mal sopiti fermenti rivoluzionari, e il ministro cui dalle comprensibili diffi• dcnze riaffioravano nel cervello non so che ostinati rimasugli di regione e di casta, Nino Bixio fu il più italiano di tutti. IL GENERALE BIXIO Entrò anche lui nell'esercito col grado di generale, come Cosenz, come Me-dici, nonché com~ Nunziante e\Pianell. e Quando tutto sarà finito, tornerò marino »1 diceva. Ma intanto, di fronte all'esercito austriaco nelle for. tezze del Veneto, non poteva essere dubbio che quello era il posto migliore. Forse fin dalla campagna del '591 e poi più chiaramente nella amarezza di veder necessario l'intervc'llto dei piemontesi per terminar sotto Capua l'impresa dei ~illc, doveva aver sen• tito che ormai il tempo dei profeti era passato, e che il segreto del successo era ormai in mani meno ispirate e più esperte. Fra queste egli sen• tiva di poter mettere la sua mano armata della sciabola di Calatafimi: giacché in quella giornata decisiva di tutto l'avvenire, nel colloquio famoso sotto l'albero, se Garibaldi aveva parlato il linguaggio della ispirazione, lui aveva parlato quello della ragione, ed aveva avuto nel giudicare l'azione in corso lo sguardo freddo e consapevole di un ufficiale uscito dalle scuole di guerra. Più tardi era stato lui che aveva fatto dei picciotti dei veri soldati, e partito da Palermo alla testa dt un3 specie di mthalla africana, aveva schierato nella piazza di Catania una brigata impeccabile. I suoi sistemi di al· lora, certo non erano guidati da nes• sun regolamento, se non da quello da lui stesso bandito dal ponte del Piemonte:« Io sono qui lo Zar, il Sultano, il Papa, sono Nino Bixio ! •· Per farlo rispettare aveva le bestemmie, i pugni, il frustino, e soprattutto una assoluta insensibilità a qualunque vento di ammutinamf'nto. Nelle acque di Paola li aveva avuti tutti tontro, e si era difeso da .mio col calcio del fucile. Ma ora, nella preordinata disciplina dei reggimenti regolari, e con tanta gerarchia di inappuntabili subalterni a far da cuscinetto fra lui e la truppa, non c'è pericolo che egli trad:sca agli occhi ironicamente attenti dei suoi nuovi colleghi le sue origini dalle ciurme mercantili e dalle bande. Quello che rimane di quel Bixio è soltanto il senso ferreo della disciplina e del dovere, non tanto come valori etici, quanto come strumenti necessari della prossima guerra da sostenere con un esercito che è, peggio che nuovo, formato da vecchi eserciti, dove gli ufficiali si raggruppano sotto appellativi sprezzanti, e cape 't peu.a » i piemontesi, « sudici » i napoletani, « etruschi» i toscani, e dove le reclute che giungono dalle parrocchie borboniche credono di arrivare fra gli infedeli e quelle delle città del Nord che vanno in Calabria o in Sicilia partono come deportati. Alla testa della settima divisione, il luogotenente generale Nino Bixio, commendatore mauriziano, diventa il braccio destro del vecchio Della Rocca, il più anziano dei generali d'esercito, ~,: ,,_: I un trou pier del vecchio stampo, Cap.:> di Stato ~aggiore del Re in tutte le campagne passate, e suo aiutante di campo. E quando scoppia la guerra, e rutto si sgonfia a Custoza fra gli stormi della cavalleria austriaca, e La Marmora, « agitando le lunghe braccia pelose mal ricoperte dalla camicia bianca>, parla allo stesso Della Rocca di volersi tirare un colpo di revolver « piuttosto che continuare a comanda. re in simili condizioni », il Della Rocca va dal Re, che non sa chi mettere alla testa dell'esercito, e dice: « Se la M. V. mi ascoltasse1 Le darei un buon consiglio, e ~arcbbe di prender Bixio per Capo di Stato ~aggiore ». Il Re spalanca gli occhi, con un soprassalto: < ~,fa lei è matto! Bbcio! f: il più giovane dei generali ... e chi gli ubbidirebbe?•· « lo i., risponde il vecchio wldato: e continua: « Bonaparte era generale a ventisette anni, e, creda a me, Bixio, a l'è un gran generale». 1870 Poteva esser contento di sé. Aveva dimostrato che anche la rivoluzione sapeva esprimere dalle sue file uomini ~:ra;!e!e/l't!::~::a~~~t;:zl~~~it;~~ prendeva a guardare intorno a sé gli italiani di allora. Discordi, riottosi, fra la retorka e la pasquinata, pronti a passare dal comizic- in piazza all'anticamera delle prefetture. L'esercito era rovinato dalle economie della le• sina. Bixio, dal Senato, dai giornali, ce1·ca di smuovere l'apatia dell'opinio· ne pubblica mostrando la Francia ge• Iosa, l'Austria minacciante alle porte di Verona, e nell'indifferenza che aècoglie le sue parole sospira : « Ma che ci sto più a fare, io, nell'esercito?!•· E gli ritorna in mente la promessa che ha fatto a se stesso,. di tornare al mare e a cose finite•· Il 1870 interrompt' quei pensieri, giusto il tempo di far• lo accorrere a prender Civitavecchia e ad assediar Roma1 dove i cardinali ricordano che egli ha parlato di « buttar papa e cardìnali nel Tevere». Ma egli si limita a fare una sfuriata famosa al generale Kanzler per l'insolenza dei suoi soldati arresi. t irritato, scontento di tutto, e specialmente del• la vittoria: e L'impresa che compiste :t, dice ai suoi soldati, e fu una marcia militare contro un nemico ipotetico e invisibile »; teme forse che quella campagna possa illudere il Paese sulle condizioni reali dell'esercito. E soggiunge : e Siamo rimasti quattro ore sotto il fuoco delle batttrie del Vaticano sen• za sparare un sol colpo. Abbiamo vin• ta la nostra giusta indignazione, ed è la sola vittoria della quale possiamo andare orgogliosi ». Si può immaginare la piega amara di sarcasmo delle sue labbra nello scrivere quelle parole : ma ~r chi ricordava che uomo era stato Nino Bixio, quella vittoria su se ,te~so non era davvero piccola vittoria, e poteva chiudere onorevolmente una carriera militare il cui principale significato dove\.'a essere di dimostrare che i rivoluzionari come lui sanno comprendere quando l'ora delle iniziative intrepide è passata. LA FINE Il .~1addalorii, gran piroscafo in ferro di tremila tonnellate, navigava fra Surabaia e Atcin con a bordo le truppe olandesi del generale van Swietcn. Non era quello uno dei carichi preziosi sognati da Bixio per la sua bella nave, ma si uauava soltanto, dopo tutto, di una momentanea opportunità da cogliere per ragioni finanziarie e per riguardo ai creditori di Genova. Bixio aveva affidato al mare, un'altra volta, il ,uo destino, e lo credeva tessuto tutto di operosa realtà mercantile. :\ifa quale dunque sareb· be stata la sua vera vita? A bordo del ,\1ameli aveva pensato al '48 come a una parentesi breve nella sua vita di marinaio. Poi, ufficiale dei Cacciatori delle Alpi e dei regolari, a sua volta era stato il mare a sembrargli una paren ; ndla sua vita di soldato. Ed ora ecco che il racconto della sua vita si riallacciava ancora alle avventure del viaggio d'Australia e ai sogni del ,\,/arco Polo. Una unità $licia componeva tuttavia il desiderio dt servire la patria, sempre con l'occhio fisso alle realtà del momento. Pensava che l'Italia, forse, voleva essere una grande Genova, pacifica e opulenta sul mare, e che spettava a un genovese rio.prirle la via dei grandi traffici remoti e a un garibaldino essere ancora all'avanguardia. Ma nelle lente giornate di rotta, certamente dovevano a tratti affiorare sulla sua attività di comandante ore di incuriosite meditazioni su se stesso, a proporgli l'enìgma del suo avvenire attrave~ la esperienza e i segni del suo passato. Qu:rndo vennero a dirgli che il colera era scoppiato a bordo, ebbe un momento di smarrimento, il primo della sua vita. e Avrei dovuto bruciarmi le cervella piuttosto che firmare questo contratto! •· Ma si riprese subito, e rimase, calmo di cuore e irato di modi, al suo posto di combattimento. I morti del contagio, buttati a mare come si trovavano, seguivano lenti alla deriva la poppa fuggente. Pure il viaggio fu compiuto e le truppe sbarcate dove si dOveva1 e allora Bixio si accorse che il colera aveva preso anche lui. Fu soltanto dopo molti mesi che i soldati olandesi partiti per rintracciare la sua salma dissotterrata dai selvaggi, riuscirono a trovare, in un quadrato di terra smosso di recente, « un grande corpo nero e sinistro » al quale presentarono le anni. (Fine) MANLIO LUPINACCI ARTUROMABPICATI \.100 Jn no,tri Knttori Fi~ vivi C Ufli, del •1u,1lc ~ uM:ilo, nella collniooc ''Lo""Scrigno", QUAND-0 FASERENO ~etto libro, nato, come Krivc I' Autore nella pu.fu.ionc, da un "detidcrio di Kmplici1) e di mÌJ.uta'", co1t-it\.listcuo'ahra vigorot.1 alfcflft.ltionc di Arturo Mnpiuti Krittorc. Sono vcoti.duc u«onti autobio,fu.hei io c:ui il Mupic.tti ricvou, con una pr~ Kmplicc e robu1ta, cpuodi della I\U vita ri«a cd cc:cu.ionalmeolc 0pcrot.1 di comb1ttcn1c, cd\.lca1orc di giovani, uomo politico, studi~ cd arti1u. Dilla bru,(hien brociana ali' Agro bonik.ato, J,.\la Firenze (oliardiu d'an1cguttra .illa cooc.i del Cmuiro, dai iiudini della Farnt!Ìna alla dnolata collina di Cuorrtto dur.mle la {Utrta e 11 dt!ttto libico, i var1 an,bicnti ove 1i •vi>!;ono q\.lestc trame wno reti con cten,plarc fc- \icitl; e le molte figure cbe vi U muovono 100 colte, nclb, loro ind.imcntiubilc umanit), con I' immedi1tcna propria dell'arte l\.llt11tica, IL VOLUMEOOSTA12 LIRE Alt,,. /il,,; Ji .A,t,i,o M.,,;,.,; •,- f•r1i 10110 l'i•uru Ji Mo•J.Jon: L'ACCADEMIA D'ITALIA............ L. J IL PAI\TITO FASCISTA L. 8 PICCOLO I\OMANZO DI UNA VELA .. . .. L. s , MARIANO PIERRO ! t E/PERIMENTO ROO/EVELT E IL MOVIMENTO /OCIALE NEGLI ✓TATI UNITI D'AMERICA MARIANO PIEBRO C.r Ji c,.1,,.,,,,, . s. E. il Mi- •Ùlro Jr/Jr C,,.,o,•{io•i r D«r•I~ .,11. /?..rri• U•i"'";1J J; f?...a... , ci d) con q\.letto importanle volume il primo '1\.ldio obiettivo cd cta\.1ricotc cbe .1pp.1i,1in Europa 1\.1uno dei pi~ complcHi fenomeni dcll'cvolutlonc tt0t1omico-M>ci1lcdel mondo. È \.ID libro incfopcns.abilc -:a q\.11nti 1i OCC\.lp1noddle q\.lNlion; tconomichc dclii vit.1 contcmpor,1,oca e dei problemi JOCi1\i a use lcg,1,te. YoJ.,,., Ji ,.r;,,, XL-6J6 L. Jo A.MONDADORI b

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