ASSISTIRIA IASIIITA lll~ ~ll@rlllll~ :I S I E ][ IETRO IL QUARTIERE nopolare della Garbatclla sc·orgemmo una piccola collina isolata fra orti e prati. In cima Jlla collina appariva un grande edificio di m!\ttoni, in stile ra.zionalc. Dalla strada ne osservammo la forma bass::fe mas..,iccia, gli ampi finestroni, i pilastri di marfl\O bianco o grigio venato: era l'architettura della «Villa IX Maggio», che l'istituto di Ao:~icurazioni e Previdenza dei Postelegrafonici fece erigere l'anno scorso. Salimmo al cancello e attraversammo il giardino. La signorina Anna Dc ).{icco, direttrice del Convitto-Scuola della Villa, ci ricevette nel suo ufficio. L'ufficio appariva pieno di luce, confortevole, arredato con sobria eleganza. Dalla finestra si vedevano i grandi abeti del giardino e il profilo dei Colli Albani. Os,;ervammo che il posto era splendido. Di lassù si godeva uno dei più vasti panorami della campagna romana. « In cima a questa collina >, preci- -.ò la direttrice, « prima non c'era che un c.,,cinalc adattato sui resti di una an:ica villa. Ceno, l'Istituto non poteva trovare un posto più bello e più adatto r,er costruirvi la "Villa IX ~aggio '>. La pregammo di spiegarcene l'ordinamento e l'actività. « L'Istituto di Previdenza dei Postelegrafonici >, disse, « non ha costruito soltanto questa villa per l'assistenza verso i figli dei suoi associati. Esso ne possiede altre due : " Villa Rosa Maltoni Mussolini" al Calambrone e" Villa XXVI I I Ottobre" a Pesaro. Queste v_illeaccolgono un migliaio fra ragazzi e ragazze j qui essi preparano il proprio avvenire ~iale, s'iniziano alle professioni e agli studi che più si confanno Jlla propria indole>. e " Vitta IX Maggio " ~ la più recente; essa fu inaugurata nel decennale della fondazione del!' Istituto. Tutti i convitti dell'Istituto ospitano i figli orfani dei postelegrafonici, li educano, li fanno studiare o apprender loro un mestiere; infine li assiuono fino a che non hanno trovato la 1010 occupazione nella vita. Si tratta di- un'::issistenza che vuole avere un ca- [•~t~f~o ~cif~~~iint~he ii~n~~~sos~!i tutto familiare. · «" Villa IX ~{aggio" è una .scuola femminile di avviamento professionale. Le ragazze che entrano qui, imparano a cucire, tessere, ricamare, confczio.n:i.re abiti, calze, maglie e biancheria, a far fotografie, a coltivare un orto o un giardino. Nello stesso ccmpo, oltre al lavoro, vien data loro anche un'educazione e un'istruzione conveniente da imegnanti che vengono qua<iiSÙtutti i giorni a fare le loro ore di lezione. Fra alcuni anni, esse si troveranno ad essere delle brave mas- ,.aie capaci di e-.ercitare abilmente un mestiere, preparate al matrimonio, al1'.illcvamento dei figli; insomma alle necc,...ità della vita >. Bussarono alla porta. Entrò una signorina. Sulla soglia si affacciarono un uomo e una fanciulla. La direttrice si alzò r li raggiunse. L'uomo e la bam• bina rivelarono nei vestiti e nei modi la loro condizione di gente del popolo. « Allora, signorina, glie la lascio> di~<e lui. ' « Va bene », disse la direttrice sorridendo. « E tu >, chic.se alla bambin.1, accarezzandola, « sei contenta di rimanere con noi?». Rossa, confusa, sorridente, rispose con un entusiastico segno di assenso. « Ti è piaciuta la nostra villa ? > chiese ancora la direttrice. « t un paradiso!> esclamò l'uomo con un'espressione meravigliata. Poi -.aiutò }a direttrice, baciò la bambina e scomparve. La bambina venne affi. data ad una ragazza, che la prese amorevolmente per la vita e la portò via. « f. una nuova arrivata», spiegò la direttrice tornando a sedere di fronte a noi. « Le ragazze che vengono qui, per lo più sono figlie di postini e ricevitori postali. Quasi tutte vengono dalle campagne o. dai sobborghi popolari delle città. Quest'anno ne aspettiamo molte. Vnite a quelle che sono qui già dall'anno scorso, saranno più di duecentocinquanta; e ciascuna ha un carattere e un temperamento diveno, che noi ci sforziamo prima di comprendere e poi di curare con equilibrio e tatto: ma soprattutto con affetto. Questa villa è stata costruita per loro, coi risparmi dei loro genitori; esse devono goderne tutto il conforto, devono sentirsi come a ca-.a loro, in un'atrrosfcra di serenità e di hcnevolenza >. ta, crea un beneficato e un benefattore; la previdenza è tutto l'opposto: essa è anonima cd è insieme lo Stato e il cittadino medesimo, fra i quali non esistono altri rapporti che di diritti e doveri. Ci alzammo e ci facemmo accompagnare attraverso le sale e i laboratori. Visitammo dapprima le camerate. Esse apparivano divise per categorie; le ragazze più piccole stanno nella camerata più grande, le altre, a seconda della loro età 1 hanno i loro letti in camerate più piccole. C'è perfino una cameretta con solo quattro letti, e non manca nemmeno un caminetto; cosa che dà :-ubito alla stanza un'aura di intimità. Si tratta infatti della camera per le convalescenti. Come gli altri mobili, anèhe i letti sono di legno, tenuti con estrema pulizia e con semplice eleganza. Ogni ragazza ha, oltre al proprio letto con biancheria di lino e coperta di seta, una seggiola e un armadio fornito di specchio. Ne aprimmo uno; dentro si vedevano gli abiti, la biancheria di dosso e gli oggetti per la pulizia del COrJ>? : non mancava !o spazzolino da denti e un tubetto di pasrn •,.,.ntifricia. Nel bagno, ogni due ragazze dispongono di un lavabo. Sopra il b.vabo sporgono due arffiadietti, dove ciasr.una ragazza tiene i suoi oggetti per la pulizia. Poi vi sono le cabine per le vasche e le docce, con acqua corrente calda e fredda disponibile in ogni ora e in ogni stagione. Scendemmo 11ella vasta cucina. 1l personale addetto ai lavori pesanti sta• va lavando il pavimento con la pompa dell'acqua, ripulendo le bianche macchine elettriche e i tavoli. Mentre lavoravano, le donne cantavano a bassa voce. L'andamento della « Villa IX Maggio> può far pensare a un grande albergo, magari ad un transatlantico; ma non ha nulla dei vecchi e tristi collegi. Le ragazze che vivono qui hanno l'impressione di essere ospiti di qualche gran signore, di cui tuttavia non avvertono mai la presenza. li refettorio, il ,;;alone, la sala di studio, il cortile e il giardino, non hanno certo l'aria di appartenere ad un convitto. Vi si trovano i tavoli, le poltrone, le lampade e i pavimenti che si possono incontrare soltanto in certi ambienti moderni,.-.imi e lu-.~uosi. Non a torto, del resto, tutti i convitti dell'Istituto di Previdenza si chiamano ville. Una luce viva entra dalle grandi vetrate e illumina ogni cosa con allegria. Le ragazze crescono e lavorano sempre in mezzo a questa luce, col senso dell'aria aperta da per tutto-. Alla mattina escono sulla terrazza, fuo• ri dai dormitori, e li fanno la ginnastica; quando scendono nei laboratori, al pianterreno, è come se si trovassero ancora ali' aperto, in giardino. Nel giardino dànno infatti tutte le vetrate e i finestroni 1 che d'estate vengono aperti per lasciare entrare la brezza e l'odore dei campi. I laboratori della « Villa IX ~aggio > non hanno nulla di uggioso e stipato. Abbiamo detto che la luce è tanta da dare l'illusione dell'aria aperta: bisogna aggiungere che lo spazio è in propor.1.:ionealla luce. Quando entrammo, le piccole operaie si alzarono e salutarono romanamente. Era questo l'unico particolare che ci rammentava d'essere in una scuola. Tuttavia, noi osservammo bene come le ragazze guardavano la direttrice : nessuna ombra di apprensione o timore a~iva sui loro visi, sorridenti di simpatia. Il lavoro continuò tranquillamente, in un lieve mormorìo. Parlammo con le maestre, chiedemmo qualche opinione sulle loro allieve: come risposta, ci fecero vedere alcuni lavori di ricamo, di sartoria, di maglieria e di cueito. La direttrit'e ne spiegò la destinazione. Queste ragazze non solo provvedono al loro fabbisogno personale o a quello che fa parte dell'arredamento della Villa, ma forniscono il nece-.sario alle altre due ville dell'Istituto, le quali non possono provvedere al proprio corredo, l'una perché ospita solo maschi e l'altra perché l'attività che vi svolgono le ragazze è dedicata esclusivamente agli studi. t così che « Villa IX Maggio> è considerata come la « Villa Madre > ... e l'utl1tec.1a (uolna l&Mlocmp1g11&:iella •lta .. , dell'Istituto di Previdenza. La Villa possiede anche un reparto di tessitura. I telai sono già. in funzione; da essi sortono per ora tovaglie e lenzuola. Quando il reparto sarà. in completa efficienza, vi si potranno tessere tutte le stoffe e la tela occorrenti per uniformi, grembiuli, coperte ed altro. Sarà una industria al completo, che potrà lavorare anche per una clientela privata, come accade già per il reparto sartoria. Ecco dunque che cos'è la previdenza e l'asshtenza sociale in regime fa. scista. Fra alcuni anni, quando queste ragazze avranno finiti i loro corsi e trovato il loro fmpiego nella società, non dimenticheranno certo quella che per loro sarà stata una villa di soggiorno piuttosto che un convitto. Esse ricorde• ranno soprattutto la luce, l'igiene, il buon gusto 1 la bontà in cui sono state educate e si son fatte donne. Sarà un ricordo non soltanto sentimentale, anzi un te-rmine di paragone cui si riferiranno nella considerazione delle cose della vita. Le loro case risentiranno del beneficio di quella educazione, e sarannò certamente ca<::epufìte, chiare, arredate con buon gusto, tenute con grazia. La vita sociale italiana viene così migliorata specialmente attraverso le opere di a-.sistenza e di previdenza istituite dal Fascismo. L'assistenza fascista non è perciò né una carità 1 né tanto meno un simbolo di carità. t addirittura uno strumento, uno dei più efficaci e radicali strumenti civili. GIULIO DAZZI LA SORTE degli arcrutetti moderni è triste : contro di loro continua ad essere un sentimento ostile, che non si sa se sia di rancore o di disprezzo. Hanno costretto la gente ad adattarsi ai loro gusti, ai loro ragionamenti, tradotti in architetture1 ottenendo ciò che l'arte moderna della pittura e della scultura ormai non ambisce nemmeno. Le mostre d'arte contemporanea non vengono frequentate che da pochi dilettanti: i quadri e le sculture moderne hanno pochissimi compratori priv,tti, ed è sempre lo Stato che interviene, non in quanto senta il bisogno di opere d'arte, ffia quasi obbedendo a uno scrupolo. Gli artisti devono essere aiutati e protetti perché sono l'immagine della nazione! Ciò non può essere vero in ogni tempo; anzi, in molte epoche, gli artisti hnnno poco a che fare con la nazione. Finiscono con essere soltanto una classe; capace di proteggersi e di trovare i mezzi per vivere. E il caso di oggi. La classe degli ar. tisti, non quella degli iscritti al Sindacato, ma l'altra risultante dall'insieme di tutti coloro che fanno arte 1 o che se • ne dilettano, ha saputo difendere tanto bene i propri interessi da trovare compratori di quadri e di statue. Tutti devono pagare il tributo: i ricchi, gli uomini politici, gli istituti politici, gli enti parastatali, fino allo Stato. Chiunque rivesta pubbliche responsabilità, sia esso un ente, un istituto o un individuo, non può negare il proprio aiuto. Al contrario, una volta, era il privato, l'umile professionista, il piccolo impiegato ad acqui!tare quadri e sculture. Le mostre conoscevano questi visitatori; li conoscevano anche certi mercanti d'arte, che ormai hanno fatto il loro tempo. Ne restano alcuni in piccole città di provincia. Costoro comprano quadri da pittori vecchi e manierati che nessuna mostra sindacale accetterebbe. A Livorno, per esempio,· esistendo una tradizione locale proveniente da Fattori e da ::iltri macchiaioli toscani, un barbiere, lasciato il suo negoziuccio, ha fatto fortuna con l'arte. Sbrig"a i suoi affari nelle piccole città toscane vicine. Vende più quel piccolo mercante in un mese fra. Lucca, Pisa, Pistoia, che il Sindacato toscano di Belle Arti in un anno. E il Sindacato toscano, come tut• ti i Sindacati, ricorre puntualmente al Partito, alle Casse di Risparmio, ai Co• muni, alle Provincie 1 ai personaggi della politica e della finanza, appena apra qualche mostr,l sia provinciale che re• gionale. Enti e persone che comprano per comprare, senza preoccuparsi di amare le opere che pagano. Certo, col Fascismo, molte cose sono cambiate; le prime a mutare furono proprio le opere di assistenza sociale. Queste opere hanno perduto ogni traccia di •quel caritatevolismo e di qucJI' umanitarismo d'altri tcmpi 1 che non serviva se non a dividere sempre più le classi privilegiate da quelle povere. Al contrario, oggi le opere di ao;,;;istenzasociale hanno assunto uno . spirito di solidarietà vera e nazionale. Questo è il nostro collettivismo. La previdenza non ha nulla a che fare ..-:onla carità. La carità concede, aiu- PARJOJ1 SVAOBl DEL FRONTE POPOLARE Così per la pittura e la scultura. Per l'architettura !e cose stanno diversamente. Lo Stato, gli enti pubblici hanno dato; hanno mostrato di avere fiducia negli architetti moderni; ma questi avrebbero fatto fortuna anche senza quell'esempio autorevole. L'architettura è come una moda : un anno la moda può essere brutta; ma il caso può dare la fortuna ad un modello di pessimo gusto. Tanta gente ocmai abita in case senza che sappia apprezzarne la bellezza. Non soltanto le fnmiglie che sono costrétte ad accontentarsi di appartamenti in grandi stabili. Queste possono sempre mantenere in sé una riserva : possono rimandare a domani la realizzazione del loro idealè di abitazione; ma hanno ceduto in pieno anche le altre famiglie che si fanno costruire una casa ai margini della città, o in campagna o al mare. Hanno ceduto n:tti, in nome della comodità. Sono comodi i terrazzi a bagnarola che rendono mostruosi i grandi edifici; sono comode le grandi finestre che dal di fuori paiono negare ogni intimità alla casa. Ma siamo arrivati ad un assurdo; si qede ormai fermamente che una casa comoda e moderna non po-;- .sa non essere orrenda all'cstemo. Si incolpano le necessità di luce, ecc.. Il problema dell'architettura moderna sta invece tutto lì : nella incapacità degli architetti a fare architettura secondo nuovi bisogni. Hanno costruito senza architettura case spesso comode, e credono che la comodità non possa darsi se non restando a metà strada ...D'altra parte, tutti .sanno come quasi sempr'.! sia comodo restare a metà strada. Intanto, i nuovi quartieri continuano ad essere squallidi. Cadute le prime piogge, i muri restano bagnati a lungo anche se torna il sole. Quando la pioggia cade, le case non appaiono accoglienti, almeno dall'esterno; come sanno esserlo invece altre, pure di recente costruzione in quartieri costruiti un trentennio fa. A Roma, le ampie vie dei Prati, quelle di tutta la periferia, come Via Appia Nuova, Via Nomentana, Viale del Re, hanno edifici che mostrano in tutto e per tutto la vita delle famiglie. I negozi di generi alimentari e di stoffe hanno una loro gaiezza: sono i padroni~del luogo. Nei quartieri più recenti, perfino il commercio si ..sviluppa lentissimo. Qua e là, qualche negozio che a prima vista non ti dice cosa venda. La farmacia è uguale alla salsamenteria, il bar al negozio di tessuti. Sono poi le grandi architetture razionali ad allontanare , del tutto ogni indizio di vita. Molte di quelle costruzioni 1 cosi squallide all'esterno, hanno magari dentro una loro intimità. Ma, d'altra parte, ogn: luogo limitato da quattro pareti, e co.t pcrto da un tetto, finisce con l'avere sempre una propria intimità. t fuori che la vita cittadina non si svolge naturalmente. I negozi restano misteriosi1 e la cordiale vita in comune finisce. f. proprio il caso di parlare di vita collettiva, simile a quella delle caserme o, peggio, dei penitenziari. Ciò accade in una città come Roma, vivace e cordiale : dove anche le famiglie che vengono dal Nord, in po· co tempo si adattano ad una vita tipicamente meridionale. I oiemontesi del '70, venuti a Roma, vollero fare dei . Prati di Castello una nuova Torino; e l'architettura, propria di una seria società borghese, ebbe ,1d estendersi con fortuna anche .:1ltrove. Era molto conveniente ad una città antichissima e i!lustre che doveva accogliere un esercito di burocrati. Era una architettura adattissima per una capitale moderna, e sepµc affermarsi, nur non conscivando niente di Torino; anzi diventando subito romana. Questo invece non accade, o non pare accadere, per i quar~ tieri tuttora in sviluppo. I ragazzi che giocano per la straoa non fanno nunore: le loro grida si sperdono come in un ambiente troppo grande, ma senza eco. Tutto al più si fanno sentire i trnm che corrono velocemente stridendo sulle verghe di acciaio. La sera scende molto triste. Chi torna in famiglia, non indugia nel viale a ragionare un attimo con qualche conoscente. Sale di corsa nel suo piccolo appartamento: chiude la porta alla svelta, cerca di allontanare i cupi fan• tasmi che spesso, tornando a ca$a, lo sorprendono. AR. B.
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