Omnibus - anno I - n. 29 - 16 ottobre 1937

(filcHETTI -min) ._ ~~~~!!i~~M; ~-~ _;,•..,,.,,•.,=;,•-• a;,. - - ,, che per le terre di là dalle Alpi e di là dai . ~ ~ mari, Conchiglia « non è una novità >. Dove _ • ·-~ maì collauda i propri lavori questo dram- ~- , 1maturgo i1aliano? Al teatro g.allorornano di . ...,; ;.. tI~ Orangc, oppure in quel teatro detto di .J ~ ~ .. : ~-.~ ,._ !;~;a;i~;c~~~c 1:a g:r~ 3 ~~~-, :r:~o:~~~ • • ~ ~ .' ~ ~•~ Atene? Fatte le ncccuaric considcruioni, fJ ~ ~ abbiamo optato per il teatro di Orangc: • • dato che questa ciuà è sita in Francia, e dato che la commedia di Sergio Pugliese è di manifesta provcnicnia franccic. Per essere precisi, aggiungiamo che il tema di Conchiglia è di quelli intorno ai quali le agili mani di Tristan Bcrnard potrebbero teucre una traina veridica e spiritosa. Quanto alla soluzione della commedia, dovere d'impan:ia\ità. c'ingiunge di dire che questo au1ore italiano, e ani.i « pugliese >, è plus royalist, qu, 1, ,oi; nel srnso che là do,·e un autore francese avrebbe inciampato in qualche dubbio, lui non manifesta perplessità, ma riK>lvc la crisi della sua protagonista con la solita costituzione del mlnaze d trois. (Chiedo scusa per l'abuso del francese, ma l'argomento lo richiede). Come si giudica in sede morale un cosl patente invito alla spartizione delle fatiche coniugali? li giudizio non lascia dubbio. Qui però noi siamo in quali1à di cronisti teatrali, non di moralisti. Il carattere delle nostre mansioni non c'impedisce di lodare una soluzione, per altro riprovevole. Alfredo, il marito, viene a riprendersi la moglie in casa degli zii. Cio,•anna è ancora e conchiglia >, ossia chiusa alla vita LITTORIA I FINE DELLE VACANZE IN OAKPAGNA dell'amore, ma fcrmamen1e determinata ad aprirsi. Paolo, il candidato amante, è presente a questa partenza. Partirà egli terzo fra quei due? Tuuo dipende dalla quan1i1à dei bagagli e dallo spaz.io che rimane libero nell'automobile. Alfredo e Giovanna escono. Poco dopo, la voce del marito grida dalle quinle: e Paolo, c'è posto anche per te >. Questa soluzione, ancorché immoralissima, contiene una baltuta spiriIosa; e lo spirito è così raro tra i nostri autori di 1ea1ro c.he, alla prima pepita che •brilla fra tanto grigiore, noi per la gioia chiudiamo gli occhi sui peccati più neri. Putroppo però questa battuta è, s-e non l'unica 1piritos.a, una delle pochiuimc che costellano i tre atti di Conchitlia ; per modo che questa commedia, piacevole per altro e quale di rado passano sulle nostre scene, è come un materano imbottito solo in parte, e lasciato per il rc.1to allo staio di pallone sgonfio. Spiace soprattutto la fu1ili1à, la mancanz:i di profondità (lo spirito non esc.lude la profondità: tutt'altro!) e.on la quale è trattato un tema cosi grave come il matrimonio, e che implica in sé tutto il problema sentimentale e sessuale della donna. Tra le mani di un lbscn, o anche soltanto di uno Stève Paueur, Conchi1lia sarebbe diventata qualcosa di più di un semplice digestivo per il caposezione e la sua signora seduti in poltrona. Quando ,i determineranno i nostri autori ad abbandonare i divani del conformismo, e a tenrarc qualche piccola avventura? Grosso problema in qualunque parte dell'universo, il matrimonio è problema grossiss.imo da noi, appunto perché i più lo considerano condiiione molto M'mplicc ed elementare, e incapace dunque di costituire problema. --Che la nostra vita matrimoniale sia stata influenzata per tanto tempo dalla mentalità e dagli usi dell'Oriente, non e.i assicura affa1to che questa influenza debba durare eternamente, né che all'infuori di eua non ci possa eucre salvezza per le nostre mogli e per noi loro mariti. A chi vuol conoscere il fondo del nostro pensiero, diremo anzi c.he nulla turba tanto la nostra mente e offende il nostro animo, quanto l'c orientalismo> dei costumi coniugali. Ex ori,nt, lux ripetono i babbèi, i soli che credano alla saggezia dei proverbi. Noi stimiamo invece c.hc dall'Oriente non e.i viene che malanno, e la Storia in questo è d'accordo con noi. C'è qualche marito, per strapaesano che sia, il quale si può arrogare ancora i titoli di e signore> e e padrone>? Oltre a ~~~~:• ~;~~~uc~~~;es~;;sad~l~~•us;:~:~;:;o n~:ri: tale. L'au1orità ha bisogno di spazio. Quella podestà che il marito può eserci1are in una tenuta di qualche ettaro o m.a,.ari in un villino a dut> piani, di,cnta impo~sibile dt>ntro un quartierino di tre c.amcrc. Eppure - tanta è la forza bestiale dell'abitudine! - ci sono mariti che s'il111dono di poter fare i sultani anc.he nellt" camere d·affi.tto. Uomini ammogliati che noi frequentiamo da anni, non si.amo ancora riusciti a vederli in compagnia delle loro mogli. Un nostro conoscente che si va a stabilire in Africa Oricnt.:.le e al quale abbiamo domandato se « la silJ:nOr.a parti· rà e.on lui >, e.i ha risposto: e No, tanto laggiù mi prenderò un paio di servi nelJ:ri >. Vogliamo lodare ancora la saggezza e la bontà degli usi orientali? Rigore non sorretto da una morale viva1 porta. all'infrazione e all'immoralità. Se i mariti non .s'affrettano a prendere in scrio e spassionato eJame il problema coniugale e a sccondame la soluzione, nasceranno tali guai accanto ai quali quelli di Casa di bambola sembreranno giochi da bambini. Anziché cadere nella soluzione libertina, Sergio Puglic~e doveva cucare la .soluzione di questa sua Conchitlia in un matrimonio t-sernplare, c.ioè a dire un matrimonio che costituisce unione sen1imentalc e se"ualc, e :u.sicme collaborazione economie.a e soprattutto associazione mentale. Perché non l'ha fatto? E perché, non a\·endolo fa1to, i capisezione e le loro signore che riempivano la pla1ea, hanno applaudito lo stesso? . ALBERTO SAVINIO \I, hi 1.-Uod ("Ì ha, .-, ,oc,rino ir •"'1:• itn ,ll111,,...,1,a r,.Wa tu! H•.(1101 di S. m I~,,,- , I' ,1.-,1i(_,1_. nl'I ti, 2" di (J,,.,,.t,u. I" inC"r.-dibil,. q11ani. gr-nt,. h,1 l<"mr,:, d.:i •pr,.e■n· !) p,, r ri111p,n,u•r.1H_i di _,wr 1t■•p,,r111,to_ palMZO l'i11i • Pl'rtlola, fl"'f nW".i;hod,rt il r,.-1..tk, d, /,:Mllgli foori /.o111,11ti. ,\J,bl,n>O •l>ngliat,J 1•uf>1,.,à,,,.,,r, t f\è' ~•~n!i:.mu a n("("'"'°' rlu; m.1 il u,1.-J\u eh~ d •" •• ■m'l'l.3~1<> 1°111rd•io. I- provrio q...-!k> d1 ...,..,,, [J,.,.. ,\ > SCI 2 RIMA DI RISPONDERE alla nostra domanda, Augusto Marchesini, scolaro di Littoria, riflettè per mezzo minuto. e: Sì, sono abbastanza contento>, dice alla fine, mettendosi a sedere per terra. Augusto Marchesini è un ragazzetto di otto anni, vestito con il grembiulino azzurro deJle scuole elementari e con un paio di vecchie scarpe di tela bianca. Pare che sia abbastanza contento di ritornare a scuola. « Dovrai lasciare il tuo carrettino >, gli diciamo per farlo riflettere un po' di più. t un carrettino fatto di un'assicella lunga mezzo metro e di due manichi di scopa che servono da assi per le rotelline di legno. Fino a due minuti fa, lo scolaro Augusto vi sedeva sopra gettandosi a gran carriera giù per il beJ viale alberato e asfaltato che unisce il Tcstaccio al quartiere Aventino. « A scuola mi diverto di più :.1 seguita Augusto, « poi, quest'anno sono stato bocciato e così mi divertirò ancora di più >. Cerchiamo di farci spiegare il perché, « Io so tutto, quest'anno, perché sono stato bocciato e i miei compagni non sapranno niente». Augusto ride pensando ai suoi nuovi trionfi: e:La ma.estra non avrà niente da inscgn.lrmi ». t soddisfattissimo. E pare che anche suo padre lo sia stato perché ci racconta che quando ha saputo che il figlio era stato bocciato, aveva fatto lo ste~ discorso. Adesso Augusto pare annoiato del di'icorso e cerca di cambiare strada. « Ha una rotellina per il mio carretto, o un cuscinetto a sfere, magari?:,, Purtroppo non siamo abituati a girare con un cuscinetto a sfere in ta..,ca, e non possiamo accontentarlo. Si vede subito che Pighi, il capocustode del Liceo Visconti al Colle~ gio Romano, è uomo di molta autorità. .E: alto, molto serio. Porta con fierezza il berretto dalla sigla dorata e un suo bel paio di baffi bianchi. Sta dignito~amente seduto dietro il suo tavolino, contornato da due bidelli ugualmente baffuti, da un ometto in grembiale azzurro che ha finito ora di spazzare l'ampio cortile e da due o tre ragar..-.:i ben vestiti. « Per me l'apertura della scuola non è una data importante come per questi giovanotti », dice indicando gli allievi del liceo che lo stanno ad ascoltare. « C'è soltanto un po' più di lavoro. Devo ricevere le mamme che vengono a i.se.rivere i loro figli al ginnasio e che vorrebbero un mondo d'informazioni, sui professori, sulla sezione mii:diorc, sul preside, sui comp,1gni. Pare che i ragazzj che en~ trano nelle scuole medie siano per ca~ dcrc fra dei pericoli gravissimi, a sentir loro. Invece generalmente potrebbero dar dei punti anche a me. « Io, naturalmente, non posso rispondere a tutte le domande. Qualche volta (,Ono perfino indiscrete; ma Caccio tut· to quel che po~so. I ragazzi, poi, mi conoscono tutti e vengono da mc per le solite notizie che possono interes1.arli. lo li rimando' ai quadri appesi qui nell'ing-resso: H dentro c'è tutto. E pos~ono leggete senza farmi spreI care del fiato inutilmente». Ecco il regno del capo-bidello. t un bussolotto di legno e di vetri, pieno di libri, di quaderni, di borse di cuoio da avvocato. C'è un disordine inverosimile; è libero soltanto uno spazio di venti centimetri quadrati destinato a ricevere il mucchio di lettere e di cataloghi per i signori professori. « Sono tutti libri che stanno qua dentro da anni», dice il bidello; e ma io non ne butto via nessuno. Ogni tanto viene qualche vecchio studente, che magari si è già laureato, a riprenderli. Io me li ricordo tutti, gli studenti e i libri che mi hanno lasciato, così non succedono pasticci. « Ma come dicevo >, continua il vecchio bidello, « il 16 ottobre •non è una gran data per me. Sono tanti anni, almeno trenta, che sono qui al Visconti .e non mi fa più nessun ef - fetto. Perché nemmeno d'estate io mi muovo. Abito in un appartamento proprio in questo stesso palazzo e non ho che da aprire le porte 1di casa per trovarmi sulle scale della mia scuola. Così, passo la mia giornata quasi sempre qua dentro ». C'è un ometto grasso che annusa l'aria odorante di vernice. Passa un dito leggero e meticoloso sullo zoccolo delle pareti riverniciato da poco, sui termosifoni e sulle imposte delle. finestre. Poi si pulisce col fazzoletto la punta del dito che ha trovato un centimetro di tinta ancora fre.sca, e, senza voltarsi, mi dice : « Perché non hai messo il cartello? Sei sempre il solito ». Si volta, finalmente, e mi guarda al4 zando due sopracciglia bionde bionde, da bambino, sugli occhietti azzurri". « Oh1 scusi. Credevo che fosse il bidello». ~i fa passare in una saletta che dev'essere lo studio del direttore. Le finestre danno su di un giardinetto I abbellito da un raggio di sole fra le piante. C'è la fotografia dei Reali, vecchia di almeno trent'anni, un cartellone con una mucca che rumina in mezzo a una campagna idilliaca e un vecchio grammofono a tromba. e:Faccio il maestro elementare dal rgog >, attacca con lo stesso tono con cui spiega la storia o la geografia ai .moi alunni, e e avrò insegnato a leggere e a scrivere per lo meno a millecinquecento ragazzini. Sono stato maestro a Susa1 a Porto Recanati, a Borgotaro, a Genzano e a Roma, finalmente. Il 16 di questo mese si riaprirà l'anno scolastico e faremo, secondo le disposizioni del Ministero, una cerimonia a cui saranno invitate le fami• glie dei ragazzi ». Si vede bene che quello che lo preoccupa, in questi giorni, è proprio la cerimonia d'apertura. Allora, parliamone. « Vede, questo è un edificio infelice. Dobbiamo fare l'inaugurazione in un corridoio, perché non c'è altro posto. Di famiglie ne potremo invitare poche e non avremo neppure tante seggiole da farli sedere tutti. .E:. una pena. lo avrei voluto preparare un bel tavolo ricoperto con un tapoeto rosso, da cui il direttore potesse fare il suo discorso; accanto ad esso avrei voluto metterci la bandiera della scuola e il grammofono con un disco patriottico da suonare alla fine. Ma tutto questo si porterebbe via metà dello spazio disponibile e non possiamo farlo. Peccato, perché sono cerimonie che riescono bene; anche i ragazzi che rientrano a scuola, per il primo giorno almeno, stanno quieti, « Se vuol vedere proprio una bella inaugurazione vada in una scuola nuova, di quelle costruite da poco. Quelle moderne, che hanno più di mille ragazzi sui loro banchi. Sarebbe il mio FIN~ DELLE VAOANZE IN OITT! ideale dirigere una di quelle scuole, con tutte le finestre spalancate, il giardino, la palestra nuova, i bidelli con la divisa elegante e stirata ». Il maestro sorride con i suoi occhietti azzurri e guarda fuori dalla fi. nestra con nostalgia, come durante una lezione a ragazzi zucconi. Il professor Giorgio P. è all'ultimo anno delrinsegnamento: raggiunti i limiti di età, il prossimo giugno andrà in pensione. Da parecchi decenni insegna il latino al gmnasio, e confessa che 1a scuola è per lui un'abitudine. e Potrei scriverla io la storia della scuola italiana. Ne ho viste di tutti.! le specie. Guerre, rivoluzioni : i miei ragazzi, certe mattine, !fnaniavano sui banchi. Attraverso la scuola si scorge la storia di una nazione. t un tenno• metro di cui ci si può fidare, la scuola; ed è perciò che il Fascismo ha fatto di tutto per metterla sulla buona strada. Riformare una scuola non è impresa facile : occorrono anni di esperienza; ma ora abbiamo un Ministro giovane. Sono vecchio e, forse per questo, posso d?rle che ci vogliono i giovani in certi tempi ad assumersi grandi compiti. Lo so io quello che avveniva un vent'anni fa: il maestro era un impiegato qualsiasi; non un educatore. Ora posso ritirarmi contento : vedo che il maestro torna ad avere la sua funzione. La scuola non può vivere altrimenti : le occorre serietà, soprattutto nelle persone che la rappresentano. Il professore deve averne la consapevolezza se ~uole insegnare bene. La scuola non può vivere senza una tradizione : e la scuola italiana ha tale tradiz.ione. Il merito del nostro Ministro sta tutto lì: si è rivolto agli insegnanti come a collaboratori modesti ma indispensabili. E credo che sia il mezzo migliore, specialmente per avvezzare alla scuola i giovani che usciti dalle U nivcrsità si avviano al1.'.inscgnamcnto >. Jl profesror Giorgio P. sta al sole nel cortile del Ginnasio. Il bidello gli si avvicina con la posta. Alcune cartoline e una lettera per leggere la quale egli si mette compostamente i suoi oc4 chiali d'oro. M. C. ~ SOR~NI~ELVIO_~Hi) illtD~U~~~ DI FILM NON CREDIAMO tanto facilmente all'esistenza dei problemi i~ gencr~. Ce ne propongono troppi, onna1. Ogni giorno uno nuovo. Ma quello della music.a nei film, è un vero problema, e insoluto nel più dei e.asi. E i casi son sempre diversi. , Scrivere la musica di un film: ecco qualcosa di un ordine nuovo. Ecco un cimento rischioJO, delicato, una pra1ica difficile, c.ome un'opuazione chirurgica. Qui non vale neuuna ricetta. t. una questione di diagnosi. Andando a contropelo, c'è da ammazzare il film. Un film deve essere voltato, rivoltato e la\•orato fino al midollo, benché alla fine dei conti non ne risulti che la superficie. La superficie: un nastro labile, remuale, trasparente, chilometrico, che trema e e.or. re, animato dalla trasmissione sonora. Pt'rÒ, a tempo e luogo, la musica può far saltare i personaggi come castagne sul fuoco. Quel che riesce 1pec.ialmcnte quando gli attori son negri. E questi, li puoi chiamare i film alcoolizzati dalla musica. Un film sembra non essere altro che una succcuionc di immagini. Nondimeno ha un corpo con tutti i suoi organi vi1ali. Poi non servirà che la pelle, che di solito si vende in anticipo: come quella dell'orso. E la music.a non vuol euere in~rita brutalmente nel corpo del film a furia di iniezioni. Questa della siringa non è una cura da inAiggere al .film che non è poi malato, e che lo fa ammalare. Quanti sono i film che K>ggiacciono alla corruzione, all'av,•clcnamento della musica? Foruncoli, cruz.ioni cutanee fan presto a venir fuori, a esplodere a fior di cpi• dcrmide. Perché non bìJOgnerà mai dimenticare che si tratta d'una tenue pellicola. E infiammabile per glunta. In certi film nostrani, la musica sembra far parte del grosJOlano maquillat, c.ine• matografico. (Una deturpazione sull'altra). Su certi :i.Itri, la musica vien applicata con retrospettiva civetteria, come un neo sotto il naso di una duchcua, o peggio, come un cerotto del mediconz.o-lo di campagna. 1n altri ancora, musica e olio •anto fan tutt'uno, oppure l'olio è di riciM addirittura. Scioglie i? film, e lo fa c::.d-:-re d'ur• genza sur /" selldt1. Nei malinconici raduni di bracaloni bian4 chi che nelle sere estive fan trincea sul marciapiede di Via Veneto, e davanti al caffè Rosati, si discute molto di problemi cinematografici, ma del contributo musicale non si parla né molto né poco. Pau1v,,à e attività della musica nei film. Questo è un libro mastro che non si fini• rcbbe mai di redigere. Anche se a un certo punto la musica diventa un elemento tempestivo ed efficace del film, si dovrà constatare, in ìnnumere 4 voli casi, la vanità d'uno sfono musicale i cui risultati .sono crudelmente negativi, o deleteri addirittura. Non è possibile che l'occhio goda quando l'orecchio soffre. La pioggia, la ruota, la cavalleria, il treno, la fontana, il proiettile di cannon~ e il maestrale, diffondono e trascinano secn la loro voce sino ai limiti dello spazio. Similmente dai suoni continui e differenti nasce. l'idea del moto, dell'ubicaziom .., del luogo: e dal silenzio nasce l'idea della. fissità verticale. Alla vista della saetta, i nostri timpani vibrano come i vetri di una casa L'occhio e l'orcc.chìo, ecco i due avvertitori che Ai avvicendano fedelmente al posto avanzato: binomio di se.ambio, corpo cd ombra dei sensi, bilancia di precisione. Quel loro moto d'ahalcna fa nascere scrosciando le due dimensioni. La cinematografia non è un recipiente da colmare fino all'orlo di sonorità orchestrali. Queste partiture pondero$C, abbondanti, strabocchevoli, dove una musica da pot• po14rri procede a marce forzate, per prender la testa su tutto, per eucrc $Cmpre la prima, ingannano il risultato visivo, tradiscono l'effetto del giuoco. In qualsivoglia film la musica è importante, senza dubbio, ma non si deve dare dell'importanza, né ostentare la propria presenza. Più è n.a!Costa, più agisce per il bene di tutti quanti. Infiltrazione, veicolo sottocutaneo, come il sangue che rinnova la vita, la musica non la dcvi avvertire, per quanto sia c.ssentialc . Nel film e Il Traditore>, per esempio, la musica pulsa come una sorgente riposta, scava sotto, e gira attorno al prota- ,gonista come intorno a un pilone d'un ponte, finché lo demolisce cd inghiotte. Può uscire dal suo nascondiglio, e prendere il primo piano dell'atten2.ionr soltanto allorché è rappresentata; rapprcscniata ma• terialmcntc dall'istrumento che la produce: coro, organo, orchestra che I.la, come è il caso evidente, per esempio, nei film militari americani. BRUNO BARILLI ~O LONOANESJ • Direttore ruponublte S. A. EDITRICE .Q\\NIIJUS•. MILANO Propried1 attbtica e le11ernri1 riu:natn. ----- RIZZOLI & C.• An. per l'Arte dtll• Stan,ra • \1il11no i'irRODUZIONI ESEGUl1'E co~1ArER1Ai:ir FOTOGRAFICO • 1-'ERRANIA •· Pilll1;;1ò. Ag.-n.ti• C IJreschl • Milnno, Vi• S•lv~o Tel. JG-90:P• Puiai. 56, Rue de F,ubourg Sain1•Honori

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