Omnibus - anno I - n. 29 - 16 ottobre 1937

ANNO I N. 29 · ROMA 16 OTTOBRE 1937-XV .. j]t'OlJ]~ i. ( ~, :•: ~\ 'I' A :\'OTA del conu.• Ciano in ri- .M"'po,la alla Francia e all'lnghil• u·rr., ha avuto, prima di tutt.>, il m<'rito di chi.irirc le idee a Pari~i e a Londra. L.t proposta francoin~lc,e di una conf<·rrnhl a tre p<:r di«.Cut(."rt"il problcm.t dl'1 volontari rra in.1cr<"tt,1bil,-. pcrche n1m1>e>rtava l'c · ,( lu..,ion<·df'!l.1 Grrm.1ni.1. f:: lx-n wro dw anchr b Ru,,i:1. ne i;arcbbc rima- ,1.1 fuori; ma quc,to, "i vo~lia o no. f 1n·, a pi.tc-c-rr a P;1ri~i e- pili .mcor,t 1 Londr,1. inf.1!itidit,.. d.udi o-,.tru.lioni- ,rni r d.'11<- in,idic cOi 'fu.ili il Qck~.ito di ~io,r,l (· ...1-mprc riu,rito a rc-nd<:rr 111op<-r•111ti lt· dt."<'i,ioni dd Comit.1to del non intnvrnto. I .1i,:tli.1rfuori )., Ru,,ia e '-''J>.lr ,re l'It.tli. d.dla G•1111.t• nia era un h•·l colpo. ~l.\ non C riu- ,tJto. La not.i it,11i.u1a indie,\ nrl Comit.tlo dt·l non inll:ncnto la ,i·dt· idont·a pc-r l.1 tratt.11:ion, di tutti qu.,nti i problr·- m1 "C,1turiti d.d conflitto di Spa~n,\ (' in ,ù ~ubordin.·Ha, clic hi.,r.\ che· non p.1rte<:ipt1:1 ;i u·,,uu 1n11\Tgno di Pott-nzr al <p1.1!1 non ..ja im ttJt.l la G1:rntJni.1 t·cl ,ti qu.tlc J,1 C1·1m,mi,1 non prenda p:trH•. I franco-in((le,i -.cmo ,tali mt·ll..,i c1m le ,palle.-al muro: o ritorn.1rc al C.:()mit..ito loruJi11r<.c oppun· proporr1• un <:onf<-rn1✓.1 a qu.,ttrn. ~(.i l.1 Fr,rno,1 non JX1tl'\'a, 1x·r t.,nu· r,1~ioni .,di•nr1· ad un,t ronfrrrn,a ;ili~ qu.,lr p,u-H·cipa<.,t l.1 C,rrmani:1 a - vntf• l Ru, :\"np r,~t.t\ a c·h,· una rt,nfrrrnJ',l .~ 1nqu1 \C)lrndo n~t.11r fuo,, d<"I Cornit.tto londiru.•,r. ~J., \Uhi conrc•rt.·111., ., cinqur .,,m·hlw ,t;ita un duplicato dr! G<1mit,tto dd non irw·r- \.·c·nto. f'on tutta i ,uoi in«·om·,.ni,·nti " ron n(",,u110 dri \"i'tlllagg-i. \Tra sw1t11 Or,. Alla finr, fr.tncC',i ,. in~lt·,i "i ,nno trrN.i all'id,·a di ritom.1rt· ,il Comit.11n d1·J non mtrr\(·nto. cui .,j .1ttribuiq-ono, nra, dcllt \'irti'J fino •t i1·ri di"-ono iute·. Si.imo, cn,1, ritornati ,11 punto di prima, .,Il.\ "ÌlU;t7ionr che ..; cr::. dc·u•r• min.tt.<-l .1kum• '-t·ttim;in(" (J in v·i:ruito 111.1 e.atti\·., .,:olontà d,•Jl,1 H.u<"iia. ~lutrr\ atu·~ct·ùrnrnto );1 Ru"i,1. '-Ovic-t1• ca? PC'rmC'tlf•rà al Corl'}i~lto di funJ'Ìon:tl"t"? Si din• ,'\ P.,n~r,, ,I Londr.,; si fa una prova; ~<" non riesce, o;r, cn• tro un Cl·rto limitC' di t("mpo, il Comitato non rimcirà a concludere nulla di conrrt·to, si "itudi<'rà il da faNi; ,i dichiarrd. cioè, il fallimento della politica dl'I non intervento, e ci:1..cuno riprender.i. la propria libertà d'a7ionc. i "i.l in che co,a concistc, per la franci.,, quc-~ta litx·rtà di azione: la ri.1pertura dcli,, frontic•ra dei Pirenei, il libero ,ommcrcio <l<·II(' anni (" delle munizioni. il libero pa.<.~ag~io dri volont.lri. qu.i~i che I.i frontiera dri Pircn<·1 fo<.'t· mai st,tl,l dliu,;,a e il lilx·ro comnll'rcio delle anni e delle muni• zioni non fo.,,c ~Cmprt' ,t.tto e~("r«:iuto ,;,u lan?:hi,.,ima --<'ala. (;n punto O\Curo è la c;olid.irirtà franco-in~k,c. E, ... 1 è pnfrtta, ,rnz.l incrinatun• nellr dirhi.1razioni dr! ,i- ~nor Odho, e n(.·gli .,rtiroli del r rmj,r; ma. ndla rr.dtà. lr C(N' non drbhono <.tal"t"pn: i,.1mente ,o~i. Sr non ci m- ~anni.1mo. drv<• tr.1u.1,-..i di un.t di qudlr '°lid;1rictà chr hanno un \',1lorr fino a qu,mdo non ,iano ITIC'\o;cal1;1 prcw.1. Euo qua un ,\rticolo clrl Timrr. I.., tc•,j inglc,r è che ttlì ,pagnoli clr·hhono c-.,t·n· la,c-iati .1 loro !.tc,1,i. Qunu tc~i non è 1>er nulla in• firm;iu d.tll'altra, ,e-condo la qu,il<· ,i dovrc·bh<' .1prirc J.1 fmnticra dei Pirenei e port. r(" .1iuto .1i ro,,i, per il f,itto che .ittualm("ntr ,i tro\'ano in Sp.,- c;na dd forti contin~rnti italiani ». Quc,ta è l,1 ·-olid,trirt,\ inglr'-C'. Dopo di che ,i compf("ndr pe1fru.1mc-ntr chr il ,i"°unr I),•Jbo., ripi<·~hi '-Ullc --econdr linrc dnr,o l'imprud1·ntc sorhta con l'intC'r\'Ìst,l al Da,l)· ,\lai/. Si potrd,br perfino M orc;c·rc.·, quando ,i k~c;c ;tttrntamc·ntr I.i. .,tJmp., france-..•. un nuo\ri orwntamc·nt<,, un:t cert.1. H·n· dcnz;t ,t o,·,upar)i un po' meno dc-li,\ "iOrtf' clt-1 rmsi di Spa~n.\ p("r gu,\r• d,ur cnn ma~~ior ,1t11·nzionc alle.• J><'· ~llloni lu,i\·amrnti• fr.lllC<'~i. S,·condo il TtmJ,s le· c-onvr~a,inni a trf' iii\ n·hlwro do\"uto sopr,tttutto rhiarin· I,· <1u<'<1tionichr J><>,;c;onoe a/- /1 ctrr .- il rnanu·nimf'nto d("llo statu q,w nd .\frditrrranro occidrnt.tlr. Qu,tli !i.mo qur~ti pmhlrmi è n-.,lputo. Si tr.itt,1, a ,1·n1ir<' i giornali fr.1nn·'ii, d•·lk lirwc di cornunicazionr fr,1 la F1:1nn.1 ,. l',\fnc,, d,-J nord, fra l'In~hiltf'fra f• l'J·:i.;itto " la \'Ì.1. d<·llr Indir. Comr 1>i vcd<\ r'(' dd nuovo. 12 PAGINE UNA LIRA Il ra«onto che pubblit=h1•mo, pi~ che un ••irlt"iO leu,rar,<'l, ~ un ,-1,·o do,tum,n10 d,llo ap1r110 che •rum• il 50ld110 l"Pron,,, d'oatP LI, SOLDA.TO. d1 fan.tcria Shun Shirai era ammalato. Rravcmentc e giaccn a letto, silenzioso, m una stanza del lau.aretto militar-e d1 :\1ukden. l:.r.t pr1ma\,era: e tl sole di\"ent:\\"3 Ojil:ni giorno più caldo. • Ehi, che ne dici, Saka, ci faranno anche oggi l'1mprov•,isata d1 po"arci dei regali? . Che ne di~sti, :\liha, d'andar a pre• gare il capitano medico di mandarci via? . Egli dirà: "La tua ferita non è ancora ~arita, pensa alla tu:i salute", e cosl via. E questo lo sappiamo; b la solita storia ,, I due erano 5tati fcnti nella s:mgumosa battactha della Grande '.\!un.glia ,. L'appuntato Saka a\'eva rÌCC\'Utouna palla di stnscio nella parte destrn del \'Cntrc, cd era a letto da varie 1ct11mane con la peri• tonite. Ora la ferita st:,.\.·alentamente guarendo. All'appuntato '.\hha, che sciaccva accanto a Saka, una bomba a mano avc\'a sfnicellato la spalla sinistra. L'a,,evano raccolto come morto, ma era rin\"cnuto dopo il trasporto al lazzaretto. Venti gradi sotto zero a\·c..-ano congelato gh sbocchi dt 5anuue dell:i ~ua ferita, e '.\1iha cosl a\'C\"3 3\'Uto sal\'a la ,,ita. I due feriti grni erano stati trasportati al loz7aretto di Mukden in aeroplano. Durante la loro lunRa degenza, allorché intrav\'(:de, ano attraverso le tendine la chiara luce della pnmavera, sogna\'ano di ritom:ire guariti al fronte od :a casa. Rt• tornare ammalati non ;.·olevano in nessun modo.« Siamo stati ferita con onore:\ e con onore vo1cliamo rimpatriare , dicevano. L'appuntato .:\hha s1 voltò e vide il soldato di fanteria Shirai, che giace\"a nel suo letto stretto contro la parete. Il poveretto avrebbe dovuto certamente ritornare indietro ammalato: un ritorno inglorioso! Il soldato Shjrai era ritornato dal Jehol coi p1ed1congelati. :'\on era un ferito, ma un ammalato. In quel momento giunse dal corridoio un fruscio di ruote d1 gomma. L'appuntato :\1,ha pan·e un po' spaurito. • Ora vengono a cambiare le (ascia1ure... ptnsava con malusere ogni fento. • Ehi, 8aka, eccoh qua dt nuo\'ol . • Già, mvece dcitregali, il carretto per le operazioni!•· Il viso dell'appuntato Saka tremò dolorosamente; tl cambio delle fasciarurc era cstremamc:nte doloroao. l...e ruote di jil'.Omma del carretto c1Rolavano, e qucsio ru• more lo faceva sempre rahbnnd1rc. La porta si aprì. li maggiore medico Koto, in camice bianco, entrò silenziosa• mente nella camerata. Il suo \'Olto era serio. Si fcmlò accanto al letto presso la parete e, come al sohto, chiese con voce profonda: • Come va? •· In quella, egli vide. un sacchttto di doni che stau ancora chiuso accanto al guanciale. del soldato. Strano: \·'era un soldato che non a\·eva ancora aperto il sacchetto. Non era poi tanto ammalato da non poter muovere le mani. li maggiore medico prese al sacchetto; era di lana bianca, legato con un nastrino rosa, e,'identemente da una mano femminile. Il contenuto pesa\:3. Il maggiore l(oto, mentre lo soppcsal'a nella mano, oss«:'·va\'a dall'alto il \ iso pallido del soldato Shira1. Quando t. stara distribuita Q\lcsta roba?• chiese. Shirai, fisso lo s~ardo al soffitto, non rispose. Entrarono il capitano medico I laya e il capitano sanitario Tomi, col carrello dejil'.li strumenti. J{oto si ri\'olsc a quest'ultimo e chiese: • Cap1t:ino Tomi, quando è 1tato consc• gnato questo sacchetto?,. • Durante la distribuzione di ieri, 1-!llOr maR~IOrc . Il capitano Tom1 ti ricordava ancora del sacchetto col nastrino rosa. Efil'h l'aven dato 111tcnzionalmente al fonte malato. Sh1rai appariva cogl abbattuto e malin• conico, da quando era stato trasportato al lau.aretto, che Tomi ave\'a voluto procurargh quella piccola gioia. ~ successo qualche cosa, signor :nag• giord•. • li sacchetto, mi sembra, non è stato ancora aperto . L'appuntato :\11ha, che gia«\'a accanto a Shun Shirai, \'Oh,e stupito il n50 nno il camerata malato. Shira1 era, sl, un uomo silenzioso, ma a,·cva sciolto il nastrino rosa per gu:irdare nel sacchetto. E: \'ero, però, che l'a\ cva immediatamente richiu~o, e d:i allora l'im·olto era rimasto :iccanto al cuscino. '.\l1ha gli aveva domandato che cos'era accaduto, ma Shirai non aveva risposto. Il maizgiore medico aperse il SRcchctto. ~ell'am·olto così accuratamente legato v'e• r11nod1\"cni pacchetti. t:no contene\"a del profumo, poi \'ari rotoli bianchi di bende, rum amorosamente preparati e odorosi. Non mancava neanche una pezzuola ti-iangolare. Uno dei pacchetti conteneva set• te 1catole d1 sigarette, tre tavolette di cioccolato, uno spazzolino da denu con l'astuccio, un taccuino rilegato in cuoio ros~o, un:i matita \'C'rdc e vane cartoline. 01\ ogni cosa trn~pariva l'amorevole cuore d1 una donna. SPEDIZIONE IN ABB. POSfAlE Il capitano I Iaya s1 ri,·olse al malato: • Soldato Shirai, non \'Olete almeno fu. mare le sigarette?•. Nessuna risp03ta. Pallido e smunto giaceva Shun Shirai nel suo letto c fissava 11soffitto con occhi tflStl. Shinu non fuma , volle obiettare l'appuntato l\l1ha. Poi il capitano medico trasse dal sacchetto un cartoncino con l'orlo dorato. Era 11 biglietto da visita di una dama. \''era stampato un nome: Sumi Oka, e sotto, tn una delicata calligrafia femminile, stava scritto: • Dedicato al soldato ono• rc,·olmente ferito•· Appena il ma'tRiore lesse il biglietto, corrugò le sopracciglia. Al soldato Shirai, ammalato, era stato dato dunque un pacco destinato ad un ferito. Anche 11capitano medico f-laya e 11 capitano della sanità Tomi esaminarono il biglietto. Se le parol~ non avevano una particolare impor• 1an7a, la cosa era tuttavia molto spi:ice• vole. V'era un'amara ironia che dove\"a ferire il soldato malato. Cosl pensarono tutll quelli che lessero il biglietto. Il maggiore lo rcMitul al capitano Tomi e di,sc al malato: • Shun Sh1rai, quando c, li ammala al fronte è come se si fosse fem1. Puoi tenerti tranquillamente il pac• chetto . Sul pallido volto del fante Shirai si d1f. fuse un legg«:'roros,ore. Poi d1 colpo, egli tomò pallido come prima e dU1se,fissando un angolo della camerata:• :-.:o, non posso farlo' e gr0$5C lacnme scendevano sulle sue gu:inc~. Pensava all'ultima volta che aveva visto sua madre. Era stato il giomo prima della partenza per il fronte. Shirai a\'eva ottenuto un permesso speciale per prendere congedo da lei. Essa aveva in un sobborgo di Kumamoto \In piccolo negozio di ge• nera coloniali, che mandava a\'anti da sola, nonostante i suoi cinquantatrè anni. Suo marito, il falegname Yokichi, era morto da cinque anni. Lei, allora, era ritornata al paese con quel suo unico figliolo, cd aveva aperto il negozio. In questo modo riusciva a tirare modestamente innanzi. L'anno prima Shun era stato chiamato sotto le armi e mandato in ;\lanciuria a combattere contro I Cinesi e le bande di briganti. Quando era andato a prender congedo dalla mamma, era arrivato inatteso. Titubante, a'"eva detto alla vecchietta: Se tornerò onore\'olmente, sarò hbcro e starò sempre con te. Fino allora a\"TIU pazienza, vero, mamma?•. Senza batter palpebra, severa, calma, quasl stupita, guardava il figliolo soldato, ndl'uniforme. Ciò che pensava, ciò che le passava nel cuore, Shun non poteva indovinarlo. • :\1amma, non devi piangere!,. Shun le si fece più vicino ancora, e continuò: • Mamma, torneremo vittoriosi. Del resto non è ancora detto che in Manciuria vi sarà guerra. Ne avrò da raccontarne, eh, mamma?• . La madre alzò la grigia testa e guardò senramente Shun in viso. Poi parlò: • Tu vuoi dunque ritornare?•· « Naturale, penso di ritornare vincitore. t un ordine ... •. In quel momento il rigido sguardo della madre lo imbarazul'a. :\fa cosi pensano tutti, mamma, non io solo!... Gloria e distinzione!•· Il viso rugoso della madre divenne an• cor più duro ...• Val Basta; ora vattene!•· « 11a, mamma, non t. ancora il momento di prcscntani. Sono libero tino a questa sera•· • Shun, mi fa male che tu parli già del ritorno, mentre dcvi ancon andare in Manciuria! Ora vai! lo posso mandare a\'antt il negozio anche seni.a di te, figlio mio. Posso v1\ere bene anche sola. Ho meuo da parte il danaro che mi mandavi dalla paga che ricevevi in guarnigione; te lo farò vedere ... •. Questo rigore della mamma aveva im• barazzato Shun. • Ma no, non occorre che lo \·e.da,. « TunaviA de\·o fartelo ndcre, pcrch~ tu sappia ... •. La madre si alzò, apri un r ·:-colo arma• dio scuro, vi frugò dentro e ritornò quindi con un libretto della Cassa postale di risparmio. E lo posò sul tavolo da\•anu a Shun. Aprilo! . Shun vide che il libretto era intestato al suo nome. Un po' sorpreso lo aperse. Sulla pagina dei versamenti v'erano r~g•• •trazioni, che mancavano invece in quella dei prelc,·ament1. Durante il suo senu10 militare a\·e\·a spedito alla madre l.t paga mensile di undici yen, senza spendere neanche un yen alla cantina. Tutto questo denaro fis.,ruravaintatto nel libretto. J « Mamma, ma non hai mai adoperato un soldo!•. • Prendilo e vattene!•· •Cosa?!•. • L:i Posta è aperta fino alle quattro del pomeriggio. I I danaro fattelo \'ersare per intero e portatelo in ~fanciuria. t tuo•· • Ko, mamma, non ne ho bisogno. Il danaro l'ho mandato per te. In Manciuria nvrò una paga più alta ... non ne ho bisogno•· Cosl dicendo, Shun pose il libretto sul grembiule della madre, fatto cli piccoli ritagli di stoffa cuciti accuratamente assieme. Ma la madre scosse la testa senza lasciarsi commuovere: • Ti prego, prendilo!• disse. • E ti dirò ancora qualche cosa. Tu non devi assolutamente ritor• nare come ammalato. Ritomare malati dal fronte significa coprire dt \'ergogna la famiglia. Non dimenticarlo l •. Porse a Shun il libretto, ripetendo:

• Prendìlo con te. lo posso cavarmela bene anche senza il tuo aiuto•. Poi aveva sollevato con ambe le mani il suo sudicio grembiule davanti al viso, per asciugarsi rapidamente le lagrime. Appena finita la visita ai malati, il capitano Tomi scrisse questa lettera: « Illustrissima Signorina Oka, ot mi permetto di porgerLe con la presente vivissimi ringraziamenti per i doni che Ella ha spedito ai nostri soldati feriti. Io sono qui come ufficiale di sanità all'ospedale della guarnigione ed ho trovato il Suo pregiato indirizzo sul biglietto di visita unito al pacco. Ora il Suo munifico ed amorevole regalo è stato per caso consegnato a un soldato ammalato. Poiché lei ha indicato in modo preciso che il sacchetto deve venir dato ad un soldato ferito, costui si è rifiutato di accettarlo. t evidente che un soldBto, che si sia ammalato al fronte, si è prodigato e sacrificato per la Patria ed ha servito il suo popolo alla stessa stregua di un ferito. Il soldato in parola è dello stesso paese nel quale Lei abita. Appartiene alla fanteria e si chiama Shun Shirai. So che ha a casa la sola madre. Le sarei estremamente grato se volesse pregarlo con un biglietto di accettare il Suo amorevole regalo come un premio ben meritato. • Devotissimamente La ringrazio in anticipo per il Suo disturbo. • Un capitano sanitario nell'ospedale di guarnigione di Mukden •· • Cosa devo fare?•· La signorina Sumi piombò spaventata nello studio di suo padre, il quale si volse e le chiese: • Bene, che c'è? Perché cosl agitata, figlia mia?•· Ma divenne inquieto vedendo il viso spaurito di Sumi. e Cos'è accaduto?•· « Ho ricevuto ora questa lettera e non so cosa fa re •. Il padre prese la lettera e la scone. fl Un soldato di fanteria del nostro paese? Shun Shirai? Bene, domani dopo il ser• vizio alla banca farò una telefonata e risponderò cosi alla lettera, assicurando il sanitario che il malato può ricevere 1I suo dono. Ora finiscila di piangere, Sumi I•. • Papà, non credi che questo capitano sia arrabbiato con me?•. e Sarebbe sciocco se si arrabbiasse. Del resto, non occorre che tu ti preoccupi di ciò•· Incrociò le braccia e pensò: • t però deplorevole che gli ammalati non raccolgano la stessa stima dei feriti. E ci sono più ammalati che feriti, a quanto mi dicono•. Il piede di Shun Shirai completamente congelato era andato in cancrena e si dovette amputarlo al malleolo; anche del piede sinistro si asportarono tre dita. Allorché le ferite delle amputazioni furono ri111arginate e Shun Shirai poté trascinarsi ci.,n le gru1..ee, egli rimase il soldato silenzioso di prim~. Dal suo ritorno dal fronte, aveva pronunciato appena un paio di parole. Un giorno fu chiamato nella stanza del maggiore medico, t: ricevette l'ordine di raggiungere il suo regijimcnto a Kumamoto. Allora il soldato Shu.n Shirai disse: eNo, signor maggiore, Shirai non vuol ritornare al suo reggimento•· • Come? Non vuoi? Soldato Shirai, que• sto è un ordine di servizio•· e Signor maggiore, Shirai deve ritornare al fronte•· «Idiota!• gridò forte il maggiore. •Hai , avuto i piedi congelati. J"e ne vergogni, forse? Tu dcvi rientrare al reggimento. Puoi ritornare orgoglioso come tutti coloro che hanno compiuto il proprio dovere•. Da quel giorno il soldato Shun ammu• toll di nuovo. Ai suoi orecchi risuonavano sempre le ultime parole•della mamma: « Non ritornare ammalato; ciò rappresenta una grande vergogna per un soldato! •· Giunse il giorno della partenza da Mukden. I soldati raggiunsero Dairen col treno, proseguirono poi in pii-oscafo sino a Moji, e successivamente alla guarnigione di Kumamoto. ' Gli appuntati Saka e Miha erano stati comandati di ritornare insieme a Shun Shirai. Per essi si trattava di un onorevole ritorno e non nascondevano la loro gioia. Sul loro volto brillava un lieto e orgo• glioso sorriso. Ma il viso del soldato Shirai era pallido e aggrottato. Non pronunciava parola. e Per favore, prestate attenzione al sol• dato Shirai •• aveva detto il capitano della Sanità all'appuntato Miha, e questi ora accompagnava sempre Shun. Allorché il treno con i reduci entrò nella stazione di Kumamoto, questa era affollata dai membri delle leghe giovanili e femminili, nonché dai parenti e conoscenti dei soldati vittoriosi. Tra la folla si nascondeva una vecchia donna. Era la madre del fante Shirai, invitata dalla moglie del direttore di banca Oka a venire ad assistere all'arrivo del figlio. e Eccoli! Banzai I•. La gente gridava tutto il suo entusiasmo. La madre di Shun cercava il figlio fra la moltitudine. l soldati scendevano dai vagoni. V'era uno tra essi, che si trascinava a capo chino sulle sue stampelle. • f:: ritornato! Shun mio!• tentò di chiamare la madre attraverso la gente, ma la voce le rimase in gola. Rimase diritta e rigida. e Shun •, pensava, « sci di nuovo qui? Hai male ai piedi.? Oh, non m'importa anche se non li hai pili! ... •. E rimaneva diritta, sebbene tremasse in tutte le membra. In quella s'avanzò il direttore Oka sventolando per richiamo il suo cilindro, e gridò: e Signor Shun Shirai I Banzai I•. Erano venuti tutti per salutare il soldato e ric.:verlo degnamente. Shun seguiva, sulle stampelle, l'appuntato Miha. Allorché si trovò davanti allo schieramento delle leghe giovanili e senti il grido di banzai unilo al suo nome, alzò la testa e fu come ~e si svegliasse dR. un sogno. , Bentornato. signor Shirai ! • disse una ' ,.t."> lçj ,;f' ( -. ~ , ,, .,,:;:• s, ~ ~ 'i'" - t -- :- ·,; ~ ~,' V • i ooti.t r - IL OENDARKB1 "S. apriamo le frontiere 1cappa.0:o tutti qui In fu.noia" signorina con la voce quasi spenta dalle lagrimc. E le associate delle leghe femmi• nili gli s'inchinarono davanti e lo salutarono. Anch'esse avevano appreso tutta la storia dalla signorina Oka. Dai due lati della stazione, risuonavano grida di ban~ai in onore di Shirai, cd egli arrossì di vergogna e chinò la testa. Non osava alzare gli occhi e pensava tra sé: « Che vuol dire per me banzai ? ~on mi tocca neanche. Cosa dirò a mia madre, quando la vedrò?•· Con qu~to pensiero fisso, seguiva l'appuntato Miha come se volesse nascondersi. La madre, che lo guardava farsi strada attraverso la ressa, senza batter ciglio, mormorava: e Come può correre I•. Allorché Shun Shirai rientrò al reggi• mento, fu mandato all'ospedale militare, e di lì a poco venne dispensato dal servizio militare e congedato. Sulla strada campestre che dal paese portava alla sua casa, Shirai canuninava con il cuore pesante, fisso lo sguardo per terra. Nel negozio non trovò nessuno. Zop• picando, si trascinò sulle sue grucce nelle stanzette dove abitavano e chiamò la madre. Allora si spalancò la porta della cucina e la vecchia apparve. « Sei tu? Entra! Puoi salire le scale? Puoi farlo?•. Voleva aiutare il figlio, ma già scoppiava in pianto. e Mamma, io ... •. . Mentre saliva saltando su un piede solo, le passò un braccio intorno alla vita e disse: « Sai, non sono mica un amma• lato... Me lo ha detto persino il mat• giorc medico!•. La madre rispose allora singhiozzando: « No, tu non sci malato. Sali, Shun, tua madre ti ha atteso giorno per giorno. Ogni giorno ha preparato la tavola per te, come se tu ci fossi. Ed ora sci veramente qui!•. Madre e figlio entrarono nella saletta, l'unica della loro modesta abitazione, e sedettero. La madre si asciugava le lagrimc. « Mostrami i tuoi piedi, Shunt Che cosa hai? Mostrali a tua mamma!•. Shun abbassò nuovamente lo sguardo ed esclamò: e Mamma!•· « Perché piangi? Vieni, levati le bende I•. Essa stessa voleva levare le fasciarurc. Ma egli le strinse forte le mani. « Se tu li vedi, oh mamma .. h. • Piangerà, se vede i miei piedi StOr• piati •, pensava. Ma non servi. Dovette obbedire. Singhiozzando tolse le garze. Il piede destro apparve amputato e il si• nistro non aveva più che due dita. La madre, senza far motto, guardava le ferite rimarginate. Ma tremava in tutto il corpo. , Sai, mamma, presto riceverò un piede artificiale, uguale all'altro• , disse Shun, appena si fu fasciato. • Shun !•· La madre parlò improvvisamente, con voce brusca e dura. « Un uomo non si mette a piangere per queste piccolezze. Va bene. Non piangere più. Ci .sono molti giapponesi che per la Patria hanno sacrificato la vita •· • SI, mamma, hai ragione•· « Non devi piangere per i tuoi piedi. Non mi spiace che tu sia di\'cntato stor• pio. Io stessa, vedi, non piango più•· Il direttore Oka, che aveva seguito Shun cd ora se ne stava nel negozio, poté a stento trattenere le lagrime all'udire que• sto colloquio. Egli era stato all'ospedale, dove aveva appreso che Shun Shirai era ritornato a casa. Lo aveva seguito, ed ora, senza annunciarsi, entrava nella stanza. Sedette accanto ai due e disse: « Madre, mi lasci suo figlio! Lasci che da domani in poi, o anche da oggi .stesso, egli venga a lavorare nella mia banca•. Nella banca di Kumamoto lavora oggi un impiegato esemplare e diligentissimo. Si vede appena che ha un piede artificiale. È Shun Shirai, il capo della sezione con• tabilità. Il nume tutelare della famiglia Shirai è il sacchetto con i regali, che una volta il fante Shirai ha rifiutato, nell'ospedale da campo. In un oscuro armadio del salotto, la madre conserva questo ricordo del figlio valoroso, che appartiene a lei e alla Patria. MINE YAMANA.KA (Trad11::ione cli O. S.). IL Sew fork Times ha in Russia due corrispondenti. L'uno, il corrispondente N. 1, è \Valter Duranty, un giornalista molto stimato e autorevole in America. E costui scrive di Stalin e del suo paese in termini tali, che un alto funzionario dei Sovieti, a Mosca, recentemente dichia• rava : « Noi consideriamo il .,V ew r ork Times come il migliore giornale degli Stati Uniti». L'altro, il corrispondente N. '2, è il giornalista Harold Denny. E questi, per poter descrivere come veramente stiano le cose in Russi.a, renza il fceno della censura, ha fatto un viaggio a Parigi, e di là ha spedito al suo giornale una serie di corrispondenze - notevoli per chiarezza e per sincerità - nelle quali ha detto esattamente il contrario di quello che, nello stesso giornale, suole scrivere il corri• spendente N. 1. Offriamo al lettore un saggio di quc- ·He nuove testimonianze sulla Russia sovietica: Lavoratori e salari. - « ... In venti anni, la rivoluzione ha fatto cosi pochi progressi per quanto riguarda l'em:mcipazione dei lavoratori (se pure non ha fatto dei regressi), che il lavoratore sovietico è fra i più sfrutt.1.ti del mon• do ... E lo Stato sovietico ha dimostrato di essere un datore di lavoro così duro, come il più duro padrone nei paesi capitalisti, e di porre a sostegno della propria volontà un potere di po· lizia infinitamente più forte di quello che possono avere le polizi~ del car• bonc o del ferro negli Stati Uniti, o qualsivoglia venale sceriffo, al servizio di industriali. « Il plus•valore - che è una delle pietre fondamentali della filosofia di Marx, e cioè quel tanto che il lav0ratore dà al datore di lavoro in più di quello che ne riceve, - è riscos~ anche nel sistema sovietico. In Ru~- sia, il plus-valore è usato per aumentare i capitali, per costruire fabbriche d'armi, e per mantenere uno smisL:- rato esercito di funzionari, che probabilmente man~iano una parte della fatica dcll'opcra10, maggiore di quella che, nel regime capitalistico, si appropria la classe dei datori di lavoro ... La inefficienza (della produzione) tiene bassi i salari che i Sovieti possono pagare, e fa aumentare enormemente il costo di qualunque cosa. Perciò i sa• lari reali sono estremamente bass:. E la qualità di quasi tutto quel che si compra è così scadente, che neppure per un istante i prodotti sovietici potrebbero competere con quelli di paesi capitalisti su qualsiasi mercato libero». Disoccupa;:,ione. - « Non c'è disoccupazionc, adesso, semplicemente perché c'è una costante riduzione {shortage) del lavoro ... La riduzione del lavoro è stata resa ancora più acuta dal fatto che inefficienza, burocrazia e prevalenza di funzionari parassiti hanno grandemente ridotto la produttività del lavoro. Ingegneri stranieri han• no calcolato che, per una stessa pro• duzione, occorrono in Russia quattro volte più uomini di quanti ne occorrono negli Stati Uniti... L'industria, da cima a fondo, va male ... I Sovieti hanno dato all'industria tutto, in fatto di materiale: ma non le hanno da• to la cosa più importante di tutte: la libertà agli eW!Cutori di fare uso della propria iniziativa e di prendere delle decisioni. In Russia, un errore di csc• cuzione può mandare un buon uomo in prigione sotto J1accusa terribile di sabotaggio». La Costitu{ione. - Stalin diede, l'anno scorso, alla Russia « la più dc~ mocratica Costituzione del mondo » e sotto di essa si faranno, per la prima volta, le elezioni parlamentari. Harold Drnny espone, in proposito, delle opinioni curiose: « Ci sono, a Mosca, forti sospetti che la campagna eletto• raie e la " purga " (le esecuzioni) siano connesse. Quando chiunque abbia fatto dell'opposizione a Stalin sarà o morto, o esiliato, o in prigione, le elezioni si potranno fare in perfetta sicurezz..'l ... « La polizia politica ha conservato una facoltà importantissima, e di cui, fuori della Russia, poco si sa. E: l'esilio amministrativo. La polizia politica, in altri termini, può esiliare una persona in località spaventose, come Soiovetsky, o in qualche campo sibe• riano. L'esilio può essere prolungato indcfinitivamente, fino alla morte. Non sembra che Stalin debba avere molte preoccupazioni per il risultato delle prossime elezioni ». Vorremmo fare un'ossen•azione mo). to semplice, quasi banale, forse : se il regime sovietico fucila, imprigiona, esilia tanta gente per il miserabile scopo di « correggere » la sorte delle elezioni, non sarebbe stato più semplice - oltre che più umanitario - non )argire affatto « la più democratica Costituzione del mondo», non fare affatto le elezioni e fare a meno di uccide. re tanti sventurati? Forse l'osservazione è non solo semplice, ma sa troppo di buon senso. E il buon senso è vi.rt~ eminentemente 'borghese. Car• tesio disse: « Di tutte le cose di questo mondo, nessuna è così bene distribuita come il buon senso ». Cartesio non conosceva il bolscevismo. G. R. DUE ASPETrI DI BERRIOT Oa. pipa con la. taata di Herrlo\ • In e<1mme~lo• Liona da dne acni) COMEFUGGI L "LENINSPAGNOLO" SONO state rivclatt" reccn1emcn1e le circostanze - che la rivista Time definisce « rhocki111 >, e di cui finora non si aveva sospetto - nelle quali, l'autunno scorso, il Governo della Spagna rossa, presieduto da Largo Caballero (detto e il Lenin sp:iqnolo >) prese il volo da Madrid. Questi fatti vengono ora alla luce perché il nuovo Capo del Governo della Sp:igna rossa, Juan Negrin, è in rotta con gli amici di Largo Caballero, cd è lit-10 di esporre al pubblico ludibrio e al pubblico dhprczzo e il Lenin .spagnolo >. Secondo il Ministro dell'educazione, Jc.sus Hcrnandcz, il Governo di Largo Caballero, il 6 nO\'cmbrc, quando la caduta di Madrid sembrava imminente, lasciò una lettera nelle mani del portiere del suo Quar• 1icr generale e, quatto quatto, filò ;: Valencia. Quella stessa sera, il Generale '.\tiaja, il difensore di '.\13.drid, andò in cerca di Largo Caballero; ma il portiere gli rispose che il Capo del Governo non c'era e ag• giunse: « lo ho una le11cra per voi, ma ho l'ordine di non darvela fino alle cinque del mattino>. Il Generale '.\iiaja, slupcfat• to, costrinse il portiere a consegnargli la le11era: dalla quale apprese che il Governo gli a"·eva da10 , « pieni poteri > sia di difendere '.\fadrid, sia di pattuire la re.sa alle migliori condi7ioni che potesse ottenere. '.J n prO\'crbio cintic dice: e Il vero eroe non 3ffronta mai il pericolo di oggi>. Il '"ero eroe è Largo Caballero. NYONE 11APIRATERIA ALLE CONSIDERAZTONI da noi fatte iu que.su temi, e un assiduo> fa una serie di intelligenti e perspicaci osservazioni in una lettera, di cui ci chiede la pubblicazione. Siamo dolenti di non potere interamente U>ddisbrc la richiesta, ma trascriviamo uno per uno i quesiti che e un a,siduo » ci propone e rispondiamo brevemente a ciascuno di cui. Dice, dunque, e un assiduo >: e Brillantissime, come esercizio dialettico, le variationi di Omnibus su questi temi >. Gra• tic del complimento. Continua l'c assiduo>: e Ma io vorrei chiedere a che servono quando, evidentemente, i Governi non le prendono sul scrio>. Rispondiamo: Non abbiamo mai avuto la pretesa che quelle nostre variai.ioni po-- teucro esser prese sul scrio da un Governo. Ciò nonostante ci sembrò utile farle per due ragioni. Prima di tutto, a titolo di csc-rcizio dialettico, come lo stesso e assiduo > riconosce. Si fa. della ginnastica fisica, senza altro scopo che di fare della ginnastica; perché non si dovrebbe fare della ginnauica intellettuale? La seconda ragione non è meno e\•identc. L'obiezione del nostro critico potrebbe cucre formulata in modo più ampio cosi: Posto che la grande maggioranza degli Stati moderni dimostra scarso ouequio per il diritto internazionale, e a ehe serve > che si coltivi ancora il diritto internazionale? Si ri• sponde: Dato ehc ìn tutti i paesi si col• tiva il diritto internazionale, anche in quelli i cui Governi meno lo rispettano, ciò .significa che la ncccui1à o, almeno, l'uti• lità di coltivarlo, c'è. E, probabilmente, l'utilità consiste in questo: che ciascun paese può avere intcrcue, in date c.ircoitanze, a dimourare che altri paesi violano il diritto intcrnuionalc. Per conto nostro, ci siamo .sforzati di dimostrare che gli statisti di Ginevra non conoscono il diritto internazionale o ne fanno mal uso. E questa è la seconda ragione delle nostre variaz:ioni. Continua e un assiduo>: e In diritto internazionale>, dice Omnibus, e la pirateria prende posto fra i fatti illeciti di individui o enti... che non sono Stati >. L'umile verità gli risponde che tutto il mondo civile si è trovato d'accordo durante la guerra mondiale... nel considerare come « pirateria > i siluramenti di navi mcrcan. tili fatti dalla Germania a danno di paesi coi quali, si noti, essa era in guerra. Anche nel 1915-1918 b Germania era uno Stato. Rispondiamo: Prima di tutto non è vero c~ e lutto il mondo civile si sia trovato d'accordo ccc. >. In realtà, fu solo la stampa politica delle potenze dell'ln1csa a chia• mare atti di pirateria i siluramenti tedeschi, e q••r.sto non nel senso tecnico, ma nel senso ,,\Jramcntc ingiurioso o spregia. 1ivo della parola. La stampa degli Imperi ccnlrali, per contro, dcfinl pirateria il diritto che si arrogò la floua inglese di fermare le navi mercantili dirette alla Ger. mania e di ,cqucstrarne i carichi. E la stampa dei pa~i neutrali - roprattullo quella nord-americana - chiamò pirateria l'una cosa e l'ahra. Tutto ques10, si noti, fece e disse la stampa politica; ma nel lungo e vi\·aciuimo carteggio, .scambiato prima fra l'America e l'Inghihcrra per il blocco, poi fra l'America e la Germania per i sot1omarini, mai ricorre una siffatta definizione. L'America considerò - e giusta• mente - il blocco inglese come violazione dei suoi diritti di neutralità, e la guerra sottomarina come violazione, sia dei suoi dirilli di neutralità, sia della morale comune. Ora la stampa quotidiana, anche se autorevole, ha, in tempo di guerra, la funzione di tener deste e di incitare le cncr• gic nationali, ma non certo quello di insegnare diritto. Durante la guerra, i tedeschi furono detti unni ; a nessuno, oggi, verrebbe in mente di sostenere che la più lontana parentela o arnnità esista fra unni e germani. Durante la guerra, si disse che i 1Cdeschi mou:a.ssero le mani ai bambini nel Belgio, e furono pubblicate anche delle fotografie documentarie; a nessuno verrebbe in mente, oggi, di scrivere la storia sulla base di siffat1i documenti. In una parola, la stampa quotidiana specia.1mcntc dei tempi di guerra, come non ~ tcslo di etnografia o di storia, così non è testo di diri110 internazionale. IL DIRITTOINTERNAZIONALE I L DIRITTO internazionale si apprende alruniversità o dai trattati. Sarà un modo noioso di apprenderlo, ma non ce ne è altro. Ora se e un assiduo > si dà la pena di scorrere i tra11ati, constaterà che e secondo la gran.de maggioran.{a degli oulori la carat1eristica esun- -tialt del pirala J di correre i mari di sua autorità e per suo conio, stn-ta esservi auto· riuato dal Gouern.o di alcuno Stato>, Anzi Gcffckcn insegna che e la mancanza di qualsiasi mandato di un Governo responsabile è 1/ segno caratteristico della pirateria >. Donde questa duplice conseguenza: cht JOlo navi privalt po!sono essert colpe• voli di atti di pirateria e che uno Stato non potreb 1 Jt essere mai pirata. In questo senso: Gcffcken, Hall, Jeannel, Kli.ibcr, Lawrencc, Oppcnheim, Ortolan, Pradicr Fodcré, Whea1on, ecc.. Con grandissima ulilità ,i possono consultare il trattato di Fedou.i e Santi Romano, o il Corso di An• zilotti, o, se non si ha tempo da perdere, J'Enc.iclopcdia Italiana alla voce e pirateria >, redatta dal prof. Balladore Pailicri, in cui si legge: « t pirata chi, un-ta autoriua-tione di alcuno Stato, anzi contro i divie1i degli Stati, naviga il mare ptr spirito di rapina, aggredendo e depredando le navi che incontra >. Non vogliamo n:isconderc che vi è stato qualche trattati,ta e qualche giudice disscnticnte. Fra i trattatisti, ricordiamo La• pradellc, Poli1i.s, Fauchille. E, nel campo della giurisprudenz.i in1ernazionale la scn• tcnza del giudice Lushington sul caso del Magellano (1853). Costoro argomentano non dai giornali del tempo della guerra, ma dal caso dei pirati barbareschi. Al che si risponde che è dubbio se le tribù barbaresche costituissero Stati; e, in ogni caso, esse, più che della pirateria, facevano vera e propria guerra ai pae$i cristiani. E andiamo avanti nella lettura della let• tera di e un auiduo >. e .t altrettanto inc• satto che gli atti di pirateria di cui Nyon si t: occupala fossero attribuiti alla Spagna nazionalista e a questa soltanto, Basta ril<"ggerc i nostri giornali di queste ultime settimane per sapere eh.e quegli atti furono attribuili fuori di Nyon un po' a tutti. .. mentre Nyon non li ha imputali ad alcuno, limitandosi a concordare i mezzi per rcpri3:ierli, da chiunque fossero compiuti o tentali>. Riipondiamo. Quando parliamo di e imputazione > in1cndiiuno: imputazione risultante da documenti o aui ufficiali. Non prendiamo, quindi, in alcuna considerazione le accuse fatte dalla stampa politica di alcuni paesi ai Govuni di altri paesi o dalla stampa di questi ai Governi di quelli; e cib non pctché teniamo in poco conto la suddetta stampa, ma unicamente perché essa non è atto o documento ufficiale. Ciò premesso, nel preambolo dell'accordo di Nyon del 14 sct1embre leggiamo che gli auacchi di sollomarini contro navi mercantili neutrali awcnuti nel Mediterraneo e de'"ono euere a giusto titolo qualificati atti di pirateria >. Di fronte a questo tr sto, abbiamo ragionato come segue: pirata non può essere che un privato (vedi sopra); ma Nyon definisce atti di pirateria gli attacchi di sot1omarini a navi mcrcan• tili; dunque la Confuen:za di Nyon o ignorava il diritto intcrnazìonale o ha ammesso che i sottomarini attaccanti appartenessuo a un privato, Poi ci siamo chiesti: esisteva agli occhi degli statisti di Nyon un pri,•ato, 11n ente, un'as.sociaz:.ionc,che non fosse uno Stato, e che potnsc possedere 10ttomarini? E abbiamo risposto: c'era cd era uno solo, il Governo della Spagna nazionalista, dato che i partecipanti a Nyon non lo riconoscevano come Govemo. Conclusione: il preambolo dcll'arrante• mtnt o fu un errore di dirillo o era un'im• puuzionc implicita alla Spagna nazionalista. ATTI DI RAPPRESAGLIA 11 1 X ASSIDUO> con1es1a che 1i pos• sano definire atti di rapprcu.glia gli .at:acchi di sottomarini contro na'"i neutrali portanti contrabbando. Per maggiore ehiarena, riassumiamo la nostra tesi: dato e non eoncuso che i 10ttomarini attaccanti appartenessero ali.a Spagna nnionalista, come Nyon ha mostrato di ritenere, questi attacchi, se diretti contro navi spagn\:,lc dell'altra parte, furono atti dì guerra; se diretti contro navi ncu• trali portanti contrabbando di guerra, furono atti di rappresaglia. Rinviaroo e un aniduo > al Corso di Di• ritto intcrnaz:ionale di Anzilotti, voi. Ili, pag. 1 50 e seguenti, ove, fra l'altro, si legge: e A balc del concetto odierno della rappresaglia sta l'idea di un allo illecito compiu10 da uno Stato contro un ahro Stato, il quale reagisce con atti che .sarebbero del pari illcci1i (obiettivamente) se non li rendesse leciti hubiettivamcntc) la condotta .antigiuridica del primo >, ccc. E, infine, e un auìduo > ci chiede e come mai l'Italia, aderendo a Nyon, si sia voluta mettere nella situazione di do\·cr prendere a cannonate> chi esercitava un diritto di rappresaglia. Rispondiamo: per la semplice considera• zionc che l'Italia mai e poi mai ha condi\'iSO il punto di vi.sta franco-inglese. Per l'Italia gli incidenti av\'cnuti nel Mediterraneo si devono attribuire a sottomarini e aerei del Governo di Valcncia (che essa non riconoKe come Governo), i quali hanno attaccato navi di varie nazionalità, non perché queste portassero contrabbando, ma per cercare di allargare il conflitto. E per oggi, forse, potrà bastare. O~NIBUS ANNO I, N. 29, 16 OTTOBRE 1937-XV Il. OMNIBUS SETTIMANALEDIATTUALITA POLITICAE LETTERARIA ESCE IL SABATO IN lZ-16 PAGINE ABBONAMENTI Italia. e Oolonle1anno L, 46, umotrt L. 23 Estero: anno L. 701 1emenrt L, 36 OOHl Ji'OMERO UN.l LIRA 11!.aooaorlt.ti, diugnl e rotografie, ancbe se non pnbbllca.tl, non ai rtni\uiaceno, Dln1!on1: Roma • Via del Sudarlo, 38 Telefono N. 661.635 .lm.mlnhtraziona: Mlla.110• Piai1a Oarlo Erba, 6 Telefono N, 24,808 LSoc. Anon, Edltrlc• " OMlfIIIUI" • Mlluo

ASSISTIRIA IASIIITA lll~ ~ll@rlllll~ :I S I E ][ IETRO IL QUARTIERE nopolare della Garbatclla sc·orgemmo una piccola collina isolata fra orti e prati. In cima Jlla collina appariva un grande edificio di m!\ttoni, in stile ra.zionalc. Dalla strada ne osservammo la forma bass::fe mas..,iccia, gli ampi finestroni, i pilastri di marfl\O bianco o grigio venato: era l'architettura della «Villa IX Maggio», che l'istituto di Ao:~icurazioni e Previdenza dei Postelegrafonici fece erigere l'anno scorso. Salimmo al cancello e attraversammo il giardino. La signorina Anna Dc ).{icco, direttrice del Convitto-Scuola della Villa, ci ricevette nel suo ufficio. L'ufficio appariva pieno di luce, confortevole, arredato con sobria eleganza. Dalla finestra si vedevano i grandi abeti del giardino e il profilo dei Colli Albani. Os,;ervammo che il posto era splendido. Di lassù si godeva uno dei più vasti panorami della campagna romana. « In cima a questa collina >, preci- -.ò la direttrice, « prima non c'era che un c.,,cinalc adattato sui resti di una an:ica villa. Ceno, l'Istituto non poteva trovare un posto più bello e più adatto r,er costruirvi la "Villa IX ~aggio '>. La pregammo di spiegarcene l'ordinamento e l'actività. « L'Istituto di Previdenza dei Postelegrafonici >, disse, « non ha costruito soltanto questa villa per l'assistenza verso i figli dei suoi associati. Esso ne possiede altre due : " Villa Rosa Maltoni Mussolini" al Calambrone e" Villa XXVI I I Ottobre" a Pesaro. Queste v_illeaccolgono un migliaio fra ragazzi e ragazze j qui essi preparano il proprio avvenire ~iale, s'iniziano alle professioni e agli studi che più si confanno Jlla propria indole>. e " Vitta IX Maggio " ~ la più recente; essa fu inaugurata nel decennale della fondazione del!' Istituto. Tutti i convitti dell'Istituto ospitano i figli orfani dei postelegrafonici, li educano, li fanno studiare o apprender loro un mestiere; infine li assiuono fino a che non hanno trovato la 1010 occupazione nella vita. Si tratta di- un'::issistenza che vuole avere un ca- [•~t~f~o ~cif~~~iint~he ii~n~~~sos~!i tutto familiare. · «" Villa IX ~{aggio" è una .scuola femminile di avviamento professionale. Le ragazze che entrano qui, imparano a cucire, tessere, ricamare, confczio.n:i.re abiti, calze, maglie e biancheria, a far fotografie, a coltivare un orto o un giardino. Nello stesso ccmpo, oltre al lavoro, vien data loro anche un'educazione e un'istruzione conveniente da imegnanti che vengono qua<iiSÙtutti i giorni a fare le loro ore di lezione. Fra alcuni anni, esse si troveranno ad essere delle brave mas- ,.aie capaci di e-.ercitare abilmente un mestiere, preparate al matrimonio, al1'.illcvamento dei figli; insomma alle necc,...ità della vita >. Bussarono alla porta. Entrò una signorina. Sulla soglia si affacciarono un uomo e una fanciulla. La direttrice si alzò r li raggiunse. L'uomo e la bam• bina rivelarono nei vestiti e nei modi la loro condizione di gente del popolo. « Allora, signorina, glie la lascio> di~<e lui. ' « Va bene », disse la direttrice sorridendo. « E tu >, chic.se alla bambin.1, accarezzandola, « sei contenta di rimanere con noi?». Rossa, confusa, sorridente, rispose con un entusiastico segno di assenso. « Ti è piaciuta la nostra villa ? > chiese ancora la direttrice. « t un paradiso!> esclamò l'uomo con un'espressione meravigliata. Poi -.aiutò }a direttrice, baciò la bambina e scomparve. La bambina venne affi. data ad una ragazza, che la prese amorevolmente per la vita e la portò via. « f. una nuova arrivata», spiegò la direttrice tornando a sedere di fronte a noi. « Le ragazze che vengono qui, per lo più sono figlie di postini e ricevitori postali. Quasi tutte vengono dalle campagne o. dai sobborghi popolari delle città. Quest'anno ne aspettiamo molte. Vnite a quelle che sono qui già dall'anno scorso, saranno più di duecentocinquanta; e ciascuna ha un carattere e un temperamento diveno, che noi ci sforziamo prima di comprendere e poi di curare con equilibrio e tatto: ma soprattutto con affetto. Questa villa è stata costruita per loro, coi risparmi dei loro genitori; esse devono goderne tutto il conforto, devono sentirsi come a ca-.a loro, in un'atrrosfcra di serenità e di hcnevolenza >. ta, crea un beneficato e un benefattore; la previdenza è tutto l'opposto: essa è anonima cd è insieme lo Stato e il cittadino medesimo, fra i quali non esistono altri rapporti che di diritti e doveri. Ci alzammo e ci facemmo accompagnare attraverso le sale e i laboratori. Visitammo dapprima le camerate. Esse apparivano divise per categorie; le ragazze più piccole stanno nella camerata più grande, le altre, a seconda della loro età 1 hanno i loro letti in camerate più piccole. C'è perfino una cameretta con solo quattro letti, e non manca nemmeno un caminetto; cosa che dà :-ubito alla stanza un'aura di intimità. Si tratta infatti della camera per le convalescenti. Come gli altri mobili, anèhe i letti sono di legno, tenuti con estrema pulizia e con semplice eleganza. Ogni ragazza ha, oltre al proprio letto con biancheria di lino e coperta di seta, una seggiola e un armadio fornito di specchio. Ne aprimmo uno; dentro si vedevano gli abiti, la biancheria di dosso e gli oggetti per la pulizia del COrJ>? : non mancava !o spazzolino da denti e un tubetto di pasrn •,.,.ntifricia. Nel bagno, ogni due ragazze dispongono di un lavabo. Sopra il b.vabo sporgono due arffiadietti, dove ciasr.una ragazza tiene i suoi oggetti per la pulizia. Poi vi sono le cabine per le vasche e le docce, con acqua corrente calda e fredda disponibile in ogni ora e in ogni stagione. Scendemmo 11ella vasta cucina. 1l personale addetto ai lavori pesanti sta• va lavando il pavimento con la pompa dell'acqua, ripulendo le bianche macchine elettriche e i tavoli. Mentre lavoravano, le donne cantavano a bassa voce. L'andamento della « Villa IX Maggio> può far pensare a un grande albergo, magari ad un transatlantico; ma non ha nulla dei vecchi e tristi collegi. Le ragazze che vivono qui hanno l'impressione di essere ospiti di qualche gran signore, di cui tuttavia non avvertono mai la presenza. li refettorio, il ,;;alone, la sala di studio, il cortile e il giardino, non hanno certo l'aria di appartenere ad un convitto. Vi si trovano i tavoli, le poltrone, le lampade e i pavimenti che si possono incontrare soltanto in certi ambienti moderni,.-.imi e lu-.~uosi. Non a torto, del resto, tutti i convitti dell'Istituto di Previdenza si chiamano ville. Una luce viva entra dalle grandi vetrate e illumina ogni cosa con allegria. Le ragazze crescono e lavorano sempre in mezzo a questa luce, col senso dell'aria aperta da per tutto-. Alla mattina escono sulla terrazza, fuo• ri dai dormitori, e li fanno la ginnastica; quando scendono nei laboratori, al pianterreno, è come se si trovassero ancora ali' aperto, in giardino. Nel giardino dànno infatti tutte le vetrate e i finestroni 1 che d'estate vengono aperti per lasciare entrare la brezza e l'odore dei campi. I laboratori della « Villa IX ~aggio > non hanno nulla di uggioso e stipato. Abbiamo detto che la luce è tanta da dare l'illusione dell'aria aperta: bisogna aggiungere che lo spazio è in propor.1.:ionealla luce. Quando entrammo, le piccole operaie si alzarono e salutarono romanamente. Era questo l'unico particolare che ci rammentava d'essere in una scuola. Tuttavia, noi osservammo bene come le ragazze guardavano la direttrice : nessuna ombra di apprensione o timore a~iva sui loro visi, sorridenti di simpatia. Il lavoro continuò tranquillamente, in un lieve mormorìo. Parlammo con le maestre, chiedemmo qualche opinione sulle loro allieve: come risposta, ci fecero vedere alcuni lavori di ricamo, di sartoria, di maglieria e di cueito. La direttrit'e ne spiegò la destinazione. Queste ragazze non solo provvedono al loro fabbisogno personale o a quello che fa parte dell'arredamento della Villa, ma forniscono il nece-.sario alle altre due ville dell'Istituto, le quali non possono provvedere al proprio corredo, l'una perché ospita solo maschi e l'altra perché l'attività che vi svolgono le ragazze è dedicata esclusivamente agli studi. t così che « Villa IX Maggio> è considerata come la « Villa Madre > ... e l'utl1tec.1a (uolna l&Mlocmp1g11&:iella •lta .. , dell'Istituto di Previdenza. La Villa possiede anche un reparto di tessitura. I telai sono già. in funzione; da essi sortono per ora tovaglie e lenzuola. Quando il reparto sarà. in completa efficienza, vi si potranno tessere tutte le stoffe e la tela occorrenti per uniformi, grembiuli, coperte ed altro. Sarà una industria al completo, che potrà lavorare anche per una clientela privata, come accade già per il reparto sartoria. Ecco dunque che cos'è la previdenza e l'asshtenza sociale in regime fa. scista. Fra alcuni anni, quando queste ragazze avranno finiti i loro corsi e trovato il loro fmpiego nella società, non dimenticheranno certo quella che per loro sarà stata una villa di soggiorno piuttosto che un convitto. Esse ricorde• ranno soprattutto la luce, l'igiene, il buon gusto 1 la bontà in cui sono state educate e si son fatte donne. Sarà un ricordo non soltanto sentimentale, anzi un te-rmine di paragone cui si riferiranno nella considerazione delle cose della vita. Le loro case risentiranno del beneficio di quella educazione, e sarannò certamente ca<::epufìte, chiare, arredate con buon gusto, tenute con grazia. La vita sociale italiana viene così migliorata specialmente attraverso le opere di a-.sistenza e di previdenza istituite dal Fascismo. L'assistenza fascista non è perciò né una carità 1 né tanto meno un simbolo di carità. t addirittura uno strumento, uno dei più efficaci e radicali strumenti civili. GIULIO DAZZI LA SORTE degli arcrutetti moderni è triste : contro di loro continua ad essere un sentimento ostile, che non si sa se sia di rancore o di disprezzo. Hanno costretto la gente ad adattarsi ai loro gusti, ai loro ragionamenti, tradotti in architetture1 ottenendo ciò che l'arte moderna della pittura e della scultura ormai non ambisce nemmeno. Le mostre d'arte contemporanea non vengono frequentate che da pochi dilettanti: i quadri e le sculture moderne hanno pochissimi compratori priv,tti, ed è sempre lo Stato che interviene, non in quanto senta il bisogno di opere d'arte, ffia quasi obbedendo a uno scrupolo. Gli artisti devono essere aiutati e protetti perché sono l'immagine della nazione! Ciò non può essere vero in ogni tempo; anzi, in molte epoche, gli artisti hnnno poco a che fare con la nazione. Finiscono con essere soltanto una classe; capace di proteggersi e di trovare i mezzi per vivere. E il caso di oggi. La classe degli ar. tisti, non quella degli iscritti al Sindacato, ma l'altra risultante dall'insieme di tutti coloro che fanno arte 1 o che se • ne dilettano, ha saputo difendere tanto bene i propri interessi da trovare compratori di quadri e di statue. Tutti devono pagare il tributo: i ricchi, gli uomini politici, gli istituti politici, gli enti parastatali, fino allo Stato. Chiunque rivesta pubbliche responsabilità, sia esso un ente, un istituto o un individuo, non può negare il proprio aiuto. Al contrario, una volta, era il privato, l'umile professionista, il piccolo impiegato ad acqui!tare quadri e sculture. Le mostre conoscevano questi visitatori; li conoscevano anche certi mercanti d'arte, che ormai hanno fatto il loro tempo. Ne restano alcuni in piccole città di provincia. Costoro comprano quadri da pittori vecchi e manierati che nessuna mostra sindacale accetterebbe. A Livorno, per esempio,· esistendo una tradizione locale proveniente da Fattori e da ::iltri macchiaioli toscani, un barbiere, lasciato il suo negoziuccio, ha fatto fortuna con l'arte. Sbrig"a i suoi affari nelle piccole città toscane vicine. Vende più quel piccolo mercante in un mese fra. Lucca, Pisa, Pistoia, che il Sindacato toscano di Belle Arti in un anno. E il Sindacato toscano, come tut• ti i Sindacati, ricorre puntualmente al Partito, alle Casse di Risparmio, ai Co• muni, alle Provincie 1 ai personaggi della politica e della finanza, appena apra qualche mostr,l sia provinciale che re• gionale. Enti e persone che comprano per comprare, senza preoccuparsi di amare le opere che pagano. Certo, col Fascismo, molte cose sono cambiate; le prime a mutare furono proprio le opere di assistenza sociale. Queste opere hanno perduto ogni traccia di •quel caritatevolismo e di qucJI' umanitarismo d'altri tcmpi 1 che non serviva se non a dividere sempre più le classi privilegiate da quelle povere. Al contrario, oggi le opere di ao;,;;istenzasociale hanno assunto uno . spirito di solidarietà vera e nazionale. Questo è il nostro collettivismo. La previdenza non ha nulla a che fare ..-:onla carità. La carità concede, aiu- PARJOJ1 SVAOBl DEL FRONTE POPOLARE Così per la pittura e la scultura. Per l'architettura !e cose stanno diversamente. Lo Stato, gli enti pubblici hanno dato; hanno mostrato di avere fiducia negli architetti moderni; ma questi avrebbero fatto fortuna anche senza quell'esempio autorevole. L'architettura è come una moda : un anno la moda può essere brutta; ma il caso può dare la fortuna ad un modello di pessimo gusto. Tanta gente ocmai abita in case senza che sappia apprezzarne la bellezza. Non soltanto le fnmiglie che sono costrétte ad accontentarsi di appartamenti in grandi stabili. Queste possono sempre mantenere in sé una riserva : possono rimandare a domani la realizzazione del loro idealè di abitazione; ma hanno ceduto in pieno anche le altre famiglie che si fanno costruire una casa ai margini della città, o in campagna o al mare. Hanno ceduto n:tti, in nome della comodità. Sono comodi i terrazzi a bagnarola che rendono mostruosi i grandi edifici; sono comode le grandi finestre che dal di fuori paiono negare ogni intimità alla casa. Ma siamo arrivati ad un assurdo; si qede ormai fermamente che una casa comoda e moderna non po-;- .sa non essere orrenda all'cstemo. Si incolpano le necessità di luce, ecc.. Il problema dell'architettura moderna sta invece tutto lì : nella incapacità degli architetti a fare architettura secondo nuovi bisogni. Hanno costruito senza architettura case spesso comode, e credono che la comodità non possa darsi se non restando a metà strada ...D'altra parte, tutti .sanno come quasi sempr'.! sia comodo restare a metà strada. Intanto, i nuovi quartieri continuano ad essere squallidi. Cadute le prime piogge, i muri restano bagnati a lungo anche se torna il sole. Quando la pioggia cade, le case non appaiono accoglienti, almeno dall'esterno; come sanno esserlo invece altre, pure di recente costruzione in quartieri costruiti un trentennio fa. A Roma, le ampie vie dei Prati, quelle di tutta la periferia, come Via Appia Nuova, Via Nomentana, Viale del Re, hanno edifici che mostrano in tutto e per tutto la vita delle famiglie. I negozi di generi alimentari e di stoffe hanno una loro gaiezza: sono i padroni~del luogo. Nei quartieri più recenti, perfino il commercio si ..sviluppa lentissimo. Qua e là, qualche negozio che a prima vista non ti dice cosa venda. La farmacia è uguale alla salsamenteria, il bar al negozio di tessuti. Sono poi le grandi architetture razionali ad allontanare , del tutto ogni indizio di vita. Molte di quelle costruzioni 1 cosi squallide all'esterno, hanno magari dentro una loro intimità. Ma, d'altra parte, ogn: luogo limitato da quattro pareti, e co.t pcrto da un tetto, finisce con l'avere sempre una propria intimità. t fuori che la vita cittadina non si svolge naturalmente. I negozi restano misteriosi1 e la cordiale vita in comune finisce. f. proprio il caso di parlare di vita collettiva, simile a quella delle caserme o, peggio, dei penitenziari. Ciò accade in una città come Roma, vivace e cordiale : dove anche le famiglie che vengono dal Nord, in po· co tempo si adattano ad una vita tipicamente meridionale. I oiemontesi del '70, venuti a Roma, vollero fare dei . Prati di Castello una nuova Torino; e l'architettura, propria di una seria società borghese, ebbe ,1d estendersi con fortuna anche .:1ltrove. Era molto conveniente ad una città antichissima e i!lustre che doveva accogliere un esercito di burocrati. Era una architettura adattissima per una capitale moderna, e sepµc affermarsi, nur non conscivando niente di Torino; anzi diventando subito romana. Questo invece non accade, o non pare accadere, per i quar~ tieri tuttora in sviluppo. I ragazzi che giocano per la straoa non fanno nunore: le loro grida si sperdono come in un ambiente troppo grande, ma senza eco. Tutto al più si fanno sentire i trnm che corrono velocemente stridendo sulle verghe di acciaio. La sera scende molto triste. Chi torna in famiglia, non indugia nel viale a ragionare un attimo con qualche conoscente. Sale di corsa nel suo piccolo appartamento: chiude la porta alla svelta, cerca di allontanare i cupi fan• tasmi che spesso, tornando a ca$a, lo sorprendono. AR. B.

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