~d:>.<l!lC!.SCD>SY'U'© I L C0~1POSJTORE Kalina, direttore d'orchestra, assentì con la test~L « È vero, l'impossibilità d'agìrc è una cosa tremenda. Anche a mc, una volta, capitò un'avventura dello stesso genere, a Liverpool. Ero stato invitato a dirigere un concerto organizzato da un'orche~tra di quella città. Come sapete, non ho mai imparato l'ingk!>c, ma per noi musicisti non c'è bisog11» di lunghi discorsi per potersi intendere. La bacchetta ci basta. Urliamo un po' 1 picchiamo sul lcggìo, <:graniamo gli occhi, gesticoliamo e ricominci:1mo daccapo. Si giunge così ad esprimere perfino i sentimenti più inafferrabili. Per esempio, se faccio questo gesto, bisogna proprio non capire nulla per non comprendere che ciò significa uno slancio mistico, qualcosa come b liberazione da un peso, o da un patimento della vita. e Così giunsi a Liverpool. Gli organizzatori m'attendevano alla stazione, e mi condus,;ero subito all'albergo, pen,;ando che avessi bisogno di riposare. Ma, fatto il bagno, decisi d'u- 'ìcire a fare un giro per la città. ~1'incamminai, e mi smarrii alla prim:1 cantonata. Quando mi trovo in qualche luogo sèòno~ciuto, il mio prìmo pcn'ìiero è d'andare a veder l'acqua. Dal fiuroe, se mi posso esprimere cosi, si riconosce l'orchestrazione d'una città. Da una parte, voi disponete di tutto il fracasso musicale della strada: tamburi, grancasse, cornette, tromboni, ottoni; dall'altra sponda, il pianissimo degli strumenti a corda, violini, violoncelli cd arpe. È sul fiume che si può a'ìCOltare la sinfonia d'una "tittà. E Liverpool è una di quelle dove non si può fare a meno di andare a vedere il corso d'acqua che la tr:i.ve~a. Non vi dirò il nome, ma vi basti sapere che è livido, fantasmagoriéo, irto di barche, rimorchiatori e piroscafi, di magazzini, di gru e di cantieri, e che soffia, brontola, mugghia, rugge, sciaborda, echeggia. Per dirvi la verità, mi piarciono i rimorchiatori neri panciuti, le havi da carico rosse e i candidi transatlantici. e Alla prima svolta pensai: "Se non m'illudo, il mare dev'essere di qui a due passi : non conviene privarsi di questo spettacolo". Affrettai il passo e seguii il corso del fiume. Per due ore inter~ non feci che percorrere depositi, tettoie e docks. A lunghi intervalli riuscivo a scoprire gli alberi d'un bastimento alto come una cattedrale, o tre fumaioli lunghissimi e obliqui. L'aria era satura d'odor di pesce, di sudore equino, e dei più vari sentori : rhum, grano, juta, ,arbonc e ferro. Il ferro ammassato ha un odore particolare, percettibilissimo. e Sopraggiunse la notte. Mi trovavo su un lido sabbioso, e vedevo un faro che brillava dirimpetto, e luci che fluttuavano all'ingiro: forse era l'oceano. Mi sedei su un mucchio di sassi, felice di sentirmi solitario e perduto e d'ascoltare il rumore vasto e profondo dei flutti. ~[a all'improvviso, un uomo e una donna s'accostarono senza vedermi. Si sederono dall'altra parte del mucchio, voltandomi le spalle, e cominciarono a parlare fra loro a bassa yoce. Se avc~si saputo l'inglese, li avrei avvertiti con un colpettino di tosse che c'era qualcuno che li poteva capire : ma non conoscevo che due parole, Jtreei e .shillrng. Per ciò non fiatai. Dapprima i due parlarono abbastanza staccato; poi l'uomo cominciò a spiegare qualcosa, con lentezza, come se s'esprimesse a fatica. La donna emise un grido di spavento, poi re}>licòcon esaltazione. L'uomo la prese per la mano e gliela strinse fino a farla gemere, e riprese a parlare, fra i denti, con insi.sten.ca. Quello non era certo un dialogo d'amanti o di fidanzd.ti: è un musicista che ve lo dice. L'insistenza d'un innamorato ha tutta un'altra cadenza, e non rende un .suono così teso. JI colloquio di due amanti è come un violoncello basso. Ciò che io stavo ascoltando somigliava a un contrabbasso suonato con un tempo di pruto rubato, sempre nella stc'i- ,;a posizione 1 come se l'uomo ripetes,;e incessantemente. la medesima co'ìa. e Cominciavo ad avere paura: non c'era altun dubbio, quell'uomo diceva delle cose cattive. La donna proruppe in un pianto silenzioso, e ogni tanto cacciava un grido, come se voles~ fermare qualcosa c!1e la voleva colpire. La sua voce aveva il timbro d'un clarinetto, d'una voce di legno che non fosse pia giovane. Quella dell'uomo si faceva 'ìemprc più <;ibilante, com~ per un comando od una minaccia. La voce di lei da esasperata si mutò in supplichevole: balbettava come un malato a cui si applica una compressa di ghiaccio. Sentivo di,;tintamcme il battito dei ,;uoi denti. Allora la voce dell'uomo cominciò a borbottare profondamente, come una voce di contrabbJ..so, quasi con un senti- \. / , I l mento d'amore. Dalle lacrime, la donna tornò ai singhiozzi, intermittenti cd inerti : ne trassi la conclusione che la sua resistenza era infranta. e Senza pause, la voce di contrabbasso amoroso salì ancora di tono. Intcrrotta da riflessioni, ma imperiosa, essa modulava frase su frase; la voce della donna interveniva di quando in quando; con un gemito o un singhioz101 ma onnai non si trattava più di resistenza, ma soltanto di paura 1 una paura folle, certo non ispirata dall'uomo, ma dalla visione terribile d'un evento che si doveva compiere. Finalmente la voce dell'uomo s'abbassò al livello d'un brusìo, a una specie d'andirivieni di minacce pili suggerite che espre'-sC. T lamenti della donna fecero luogo a dei sospiri di deboleua, d'abbrutimento. Con una voce gelida e ba~sa l'uomo pronunziò ancora qualche domanda, a cui probabilmente fu rispmto con un muto cenno d'assenso, poiché tralasciò immediatamente d'insi\tcrc. Entrambi s'alzarono in pica,, e cia~uno partì in direzione opposta. e In verità, non credo ai prc~ntimcnti, ma credo ciecamente alla musica, e così, quella notte, dopo aver ascoltato quei due, avevo sicura coscienza chi" il contrabbasso trascinava U?fA SOSTA NEL PELLEOR.I:NAOOIO il clarinetto in qualche orribile afTare. Ormai io sapevo che il clarinetto stava facendo ritorno a casa con la volontà dominata, e che prima o poi il terrore e la disperazione l'avrebbero portata ad eseguire quello che il contrabbasso le aveva ordinato. Ciò l'avevo inteso benissimo, e intendere è pili che capire il significato delle parole. Sapevo che si stava preparando un delitto: anzi, mi rcn<l"vO conto an• che di che si trattasse. Avevo indovinato tutto, solo dal terrore di quelle voci, dal corso e dalla cadenza delle pause e dalle reticenze del discorso. La musica, v'assicuro, è più precisa, di certo, proprio più precisa dr-I linguaggio. Il clarinetto non sarebbe stato l'esecutore principale; era troppo scmplicetta per un lavoro cosiffatto; essa si limiterà a fare da comolicc o da palo, ad aprire una porta o a procurare una chiave. L'atto è il contrabba'i'iO profondo e brutale che l'eseguirà, e nel frattcmr~) il clarinetto diventerà pano e muto dal terrore. e ~ii misi a correre verso la città, posseduto dall'idea che bisognava fare qualcosa, che bisognava agire per impedire quello dw 'iarebbe successo. Che cosa terribile, il pensiero d'arrivar troppo tardi! Finalmente, scorgo un a.gente a un crocevia, corro, anelante e sudato, fin da lui1 e gli grido: "Signor agente! si sta preparando un delitto nella vostra. città!". L'agente alza le spalle, e mi risponde qualcosa che non capisco. "Dio mio! " faccio da me, "non capisce una parola di quel che gli dico! ". Allora gli grido a squarciagola, come se fosse sordo: "Un assassinio! Capite?! Vo~liono ammazzare una donna sola, con la complicità d'una serva o d'una ca- ~eric_ra ". _Giunsi perii.no,, ad ,urlare: Sbngatcv1, sangue d1... . L agente, per tutta risposta, si limitò a scrollare la testa, e brontolò qualcosa come: '' Ju rvé ". Ostinato, continuavo a spiegargli tutto, tremando d'indignazione e di terrore: "Signor agente 11 1 ripetevo, "la donna aprirà la porta all'amante; non c'è il minimo dubbio! Bisogna impedirlo! Cercatela! 11 • :\1cntrc io gridavo così mi rendevo conto che non sapevo neppure come quella donna fo,;;sc fatta, e che se l'avessi saputo, non mi sarei mai potuto spieg.lre. "Gesummaria ! " gridai an~ cora, "è un delitto lasciarli fare!". e Il poliziotto m'esaminò ancntamrntc-, poi fece un gesto come per volermi calmare. Oi~prrato, mi presi il capo fra le mani. "Idiota", gli urlai dietro, completamente fuori di mc: " sarò io che andrò a cercarla! ". Era una vera pazzia. Ma voi mi capite, nevvero? Bisogna pur fare qualcosa, quando ne va della vita d'un uomo. Passai tutta la notte a vagabondare per Liverpool, colla speranza che, forse, sarei capitato su questo qualcuno a tempo giusto, quando avrebbe tentato d'introdursi nel casamento. V'assicuro che è uno spettacolo curioso, quasi funebre, quello della notte d'una grande città. All'alba, mi sedetti sul margine d'un marciapiede, con le ossa rotte dalla fatica. Un agente mi sorprese e mi disse: "Jurvé "; e mi ricondusse all'albergo. e Come diressi la prova quella mattina? Non ne so nulla: so soltanto che, a prova finita, getta.i in un canto la bacchetta e mi precipitai nella via. Gli strilloni annunziavano qualcosa, sventolando le edizioni della sera. Corsi a comprare un giornale. Che cosa vidi? Il seguente titolo a caratteri cubitali: MURDl:.R. S0110 c'era la fo. tografia d'una signora dai capelli bianchi. Se non mi sbaglio la parola murder vuol dir proprio assassinio,. KAREL CIAPEK (uersio11e dal cèco di R. P.) AVVOCAT SI SENTE spesso dire che 11 periodo aureo per la classe forense è finito: ciò in parte è vero, 1 giornali non dedicano più pagine intere ai processi celebri, non riportano più per esteso le arringhe della difesa, e la figura del penalista non è circondata, come un tempo, da un'aureola di generosità e di potenza. Pure gli avvocati continuano a vivere e a prosperare. Ho visto nascere un avvo.:ato, qualche anno fa: un mio cx-compagno di scuola, Aldo M ., figlio di una distintissima famiglia, apprezzato in tutta la buona società cittadina come saggio giovane e come ottimo partito. Poco dopo la laurea era entrato in uno studio legale, considerato il migliore fra quelli dellfl nostra città, di cui era titolare un avvocato ormai anziano, luminare del foro e vigile difensore della innocenza minacciata dall'errore giudiziario: breve pizzo alla moschettiera, molto brizzolato, occhiali severi, abiti scuri su camicie bianchissime, po.sso deciso e c111ppello leggermente a tese lnrghe. Nello studio di noce scolpita, pieno di quadri e di volumi, Aldo si era subito trovato d'incanto: due mesi gli cra'l stati sufficienti per assumere un'aria autorevole e paterna, figlia minore di quella del titolare, e per abìruarsi a ricevere i clienti con soave gelidità. Primo ostacolo da vincere en1n gli esflmi di procuratore, ma già il fururo gli si presentava con benevola certezza. Il titolare si sarebbe riservate le cause penali, lasciando a lui •il civile ; più in là la successione appari,•a inevitabile. Seppi del buon esito degli es:1mi di Aldo, e incontratolo poco dopo, mi congratulai con lui.• Grazie, grazie•, mi disse. • Ormai posso difendere in Tribunah:. Sto già preparando la mia prima causa E me la raccontò. Ricordo ancora il nome dell'imputato: si chiam;i,va Pcllagosi Baldassare. In ,società con due altri, cosrui aveva tenuto in piedì per un po' di tempo un magazzino di generi alimentari, poi aveva fallito. Ma i due soci lo avevano accusato di sottra• zione di attività. , La bancarotta non gliela cava nessuno•, mi diceva il mio amico, , ma per il 1'esto spero di accomodar rutto•. Era preoccu• pato, in fondo: gli venivano in mente tutti i racconti delle feroci ironie con le quali i giudici si erano divertiti alle spalle di avvocati esordienti, e, poi, come imputato, Petlagosi non era l'ideale: oltre ad avere una gamba di legno, era grassoccio, rubizzo e di carattere irritabile. Aldo gli aveva raccomandato un atteggiamento umile e dimesso, da uomo affranto dal peso della sventura, ma quello diceva di aver le sue brave ragioni e che, al momento buono, si sarebbe fatto sentire. • Non vorrei che indisponesse la Corte•, pensava il mio amico. Il giorno della causa andai in Tribunale. Era un pomeriggio nebbioso, d'autunno: quando entrai nell'aula, il processo era già cominciato. Riuscii a sedermi in· un banco; ,·icino a me, il cronista del giornale cittadino disegnava; dietro a una staccionata, una ventina di persone eran lì a sentire, vigilate da una severa coppia di carabinieri. Pellagosi se ne stava a sedere con la gamba di legno rigida, e un maglione rossiccio invece della giacca: Aldo era al suo posto e alla sua sinistra appariva il principale. Uno dei soci stava deponendo e, con un libretto bisunto in mano, cercava di dimostrare quel che l'imputato si era preso: assicurava di averlo visto un paio di volte con un carrettino carico di roba. I giudici lo ascoltavano in silenzio, fuori dalla finestra si vedeva la nebbia sempre più fitta. Si alzò infine il Pubblico Ministero, ma, invece di parlare di Pellagosi, prese tutt'altra strada. Chiesta licenza al Presidente, si rivolse ad Aldo e lo salutò a nome della classe forense, paragonò il suo debutto alla prima messa di un sacerdote, e subito accennò ai meriti del principale del mio amico, tirò in ballo la fiaccola accesa che si tramanda, mentre l'avvocato, vistosi o~- getto di tanta attenzione, assumeva un'aria fra dignitosa e irritata, quasi che quei complimenti offendessero la sua proverbiale serietà. I giudici sorridevano, e Pellagosi scruta\'a i loro visi, per vedere St qualcosa di buono ci potesse essere anche per lui. Ma il Pubblico Ministero lo liquidò in due parole. Aldo allora sorse in piedi, un poco pallido, e cominciò a parlare con voce che tremava: ma il Presidente lo guardava con benevolenza, scuotendo il capo, il Pubblico Ministero era compiaciuto. C'era un'aria da laurea a pieni voti, da esame del primo della classe, pure si aveva l'impressione che i giudici non stessero nemmeno ad ascoltare ciò che il nuovo difensore diceva. Aldo parlò per una diecina di minuti; il principale intervenne una volta per chiarire un punto; e Pellagosi, in silenzio, guardava nel vuoto. Quando l'arringa fini, ci fu come un mormorio di approvazione, il Pubblico Ministero rinnovò il suo saluto, poi la Corte pan·e scuotersi e ricordarsi dell'uomo con la gamba di legno. Si liberò di lui come di uno straccio: assolto per mancanza di prove dalle accuse dei soci, e condannato, non ricordo più a qu:lnto, per bancarotta. Aldo uscl coi magistrati, e solo un'ora dopo lo trovammo al caffè. Offri l'aperitivo a tutti, sorrise ni nostri rallegramenti. , Però è stata una cosa emozionante•, disse. MASSIMO ALJ3ERINI
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