@UANDO ERANO alle scuole elementari coloro che og~i sono sui trent'anni, costituivano arredo indispensabiJe delle aule comunali, col pallottoliere e la lavagna, certe oleografie di qucJlc che ancora si chiamavano e le patrie battaglie>. C'era Carlo Alberto che passa il Ticino con la feluca in mano Vittorio Emanuele fra gli zuavi a Pa: lestro, lo scoglio di Quarto, e una mischia di camicie rosse e di cappottoni verdi intorno a un cannone che era la battaglia del Volturno. ~ rievocazioni di parte regia e quelle di parte rivoluzionaria confluivano poi nella rappresentazione dell'incontro di Teano. Per i bambini era in fondo come guardare le figure di un libro di avventure, dove remoti pellirosse combattono con remoti scorridç,ri : già Sciara-Sciat e la battaglia delle Due Palme, il generale Amcglio e il capitano Moizo avevano cominciato a far uscire la stona dai libri di testo. E più tardi al ginnasio, fra i lanciafiamme in azione sulla Domenica del Corriere invano G. C. Abba da una pagina di antologia cercava di comunicarci la sua esaltazione assicurandoci che Garibaldi e Bixio a Calatafi.mi sembravano « Goro da Montebenico e Ferrucci a. Gavinana >. Probabilmente data da quei giorni l'indifferenza, senza dubbio colpevole, di molti per colui che ci guarda solitario dal colle sacro al cannone di mezzogiorno. Tanta ostinata e ritardata retorica ha imburr'ato fatti e personaggi della sua leggenda, che se ne è perso il genuino sapore di avventura. Tuttavia fra quei personaggi storici che i maestri avevano la ingenua prttesa di gabellare per favolosi alla competenza dei bambini, uno conservava non so che indi.stinta attualità. Era forse a causa del suo nome infantile che lo faceva omonimo di tanti? O della x che rendeva arduo a compitarsi il suo cognome breve? O semplicemente era il suo berretto di te• nente colonnello, più bello coi galloni e la visiera di quello tondo e disadorno del Generale? Nella penombra dei secondi piani, Nino Bi.xio fermava per un istante la nostra sensibilità. ~itrova.ndolo_ oggi, ci si accorge che egh menta d1 fermarla ancora. Di tutte le figure del Risorgimento, egli è forse la più inquieta e Ja più modern_a.. Quest:uom~ che fu .mozzo, guer• ngl1ero, g1omal1sta, cospiratore, ·generale di divisione, membro del Parlamento, per finire ... capitano di lungo corso, propone un esempio tuttora valido. Non fu soltanto il « Secondo dei Mille >. Questo non è che il titolo di un capitolo, e nemmeno il più significativo, della sua esistenza prode e venturiera dalla quale tralucono at• teggiamenti e ispirazioni che portano testimonianza delJe qualità di una razza. L'~omo che passò dal cam'J)o di battaglia al Parlamento per portarvi questo solo programma: « lo mi oppongo al fermarJi! >, e che per mantenervisi fedele, quando l'J talia parve volersi davvero fermare, passò dall'aula insordita alla tolda di una nave, per morirvi di una morte oscura :n~'~ciil~:~. è per gli italiani d'oggi ALLA VELA Tutta la sua vita non fu che una lotta intrepida. Cominciò da bambino. Nei «carrugi > di Genova non c'era discolo che potesse star alla pari col figlio del signor Bixio Tommaso, già orefice in Chiavari, e poi direttore del marchio dell'oro. Nelle memorabili battaglie ali' Acqua.rola faceva caricare contro gli avversari, sotto la mitraglia dei sassi, un suo grosso mastino, e poi lui accorreva a sostenerne strategicamente l'azione coi pugni sulle facce e i calci negli stinchi. Non erano certo, quelle, le patetiche battaglie dei ragazzi della Via Pal, con la loro giustificazione territoriale e il loro CO• dice da samurai : egli piuttosto andava ali' arrembaggio dei coetanei per gusto di provocazione, per l'ansimante ebbrezza di contare alla fine i colpi dati, e non importa se il naso gli sanguina e un occhio non vede più. A scuola, quando si ricordava di an4 darci, era il terrore dei Padri scolopi o barnabiti del corpo insegnante : l'indulgenza lo imbaldanziva, la repressione lo eccitava. Ed è un calamaio tirato in testa al maestro che segna con la sua traiettoria la fine del prologo della sua vita, e lo conduce, appena tredicenne, sul ponte ài un brigantino che fa vela per Pcrnambuco. Per la prima volta egli si trova, ora, di fronte alla sola cosa più grande di lui che potesse riconoscer tale : la forza muscolare dei grossi marinai maligni, ostili al « signorino » messo a fa 4 re il mo?.Zo per cattiva condotta. Nei lunghi giorni di calma piatta, quando il veliero si abbandona inerte I! dimenticato, quel ragazzetto torvo da incattivire è il passatempo della gente di prua. « Dove sta papà, signorino? Chi ti aggiusta il lettuccio, signorino?>. E grandi sghignazzate quando quello si avventa, e dita nodose che lo immobilizzano come un cane alla catena, e botte sulla testa e calci nelle reni, e finalmente il capitanG: Caffarena che arriva bestemiftiando e mette il mozzo ai ferri perché impari. Ma è la vita di mare. E sotto la ribellione e. l'odio che spingono il mozzo a disertare appena arrivano a Pernambuco, si infiltra inconsapevolmente un consenso e poi si risveglia una vocazione. A bordo e ai regi>, dove la famiglia lo arruola per forza appena se lo rivede capitare in casa, egli sente che quella è la vita che fa per lui. Allora il mare era ancora tutto avventura e caso. I primi battelli a ruote facevano ancora scuotere la testa ai nostromi: Se in navigazione una vela spuntava a babordo o a tribordo, poteva ancora essere un'ultima goletta di Tripoli o di Tunisi in cerca di preda. In certe coste d'Estremo Oriente i capitani di lungo corso trattavano da pari a pari con potentati pittoreschi dei quali ancora non s'erano accorte le fregate inglesi. Bixio lascia la Marina Regia, per la quale il mare non era che un lago fra la Liguria e la Sardegna, e si imbarca su una nave americana che parte per Sumatra. Ha studiato, e ora è aspirante ufficiale. rl capitano lo prende a ben volere; anche troppo : è un quacquero rigido e triste, e vuol insegnare a Bixio a non bestemmiare più. ll giovane aspirante alterna le manovre con interminabili audizioni dei testi della Bibbia. Per tenersi su, nemmeno un bicchiere di vino, ché a bordo del veliero vige un proibizionismo inflessibile. Appena è in vista la costa boscosa di Sumatra, Bixjo si mette d'accordo con due compagni per evadere a nuoto. A terra giungono, sfiniti, in due: l'altro lo hanno divorato i pescicani. Le avventure sognate arrivano subito nel• l'aspetto a\ un gran capo indigeno coi suoi armati, gente piena di cordialità e di cerimoniale, che tratta bene i catturati. Il monarca vorrebbe addirittura naturalizzarli cittadini della tribù; la formalità, spiega, è semplice : ?asta fars~ circoncidere dallo stregone, IO omaggio al culto ufficiale! Bixio e il suo compagno difendono ostin'atamente l'integrità della loro... religione; il re se ne ha a male, e già sta per scoppiare una piccola San Bartolomeo, quando arriva in buon punto, come in un romanzo di Fenimore Cooper, il capitano quacquero che li riscatta e li riconduce a bordo, rassegnati ad ascoltare fino a Nuova York le sue pie esortazioni, con le quali, in fin dei conti, non c'è nulla da perdere. Quando Bixio ritorna a Genova ha venticinque anni. La vecchia città è piena di agitazione. Ha sempre odiato il Regno Sardo e l'annessione, e ora è felice di poter confondere il rimpianto per la repubblica antica con l'aspirazione per la repubblica di domani. I moderati acconsentono a ~ar dimostrazioni e cortei, $"ridano: « Viva Pio IX! >, e il principe Doria porta la bandiera azzurra dello Stato; ma i radicali vogliono la guerra all'Austria nelle ventiquattro ore, rifiutano di aver fede nei prìncipi italiani, e ogni giorno annunciano che Palermo è insorta e le Calabrie sono in fiamme. Bixio è subito con loro. Non ha imbarco,è disoccupato,quelle zuffe nei «carrugi> coi carabinieri per non far sequestrare una bandiera tricolore, quelle cariche di cavalleria da affrontare a sassate, sono tutta la sua bellicosa infa~zia che ritorna, con motivi eroici, e IO fondo la rivelazione di un ideale da colmargli tutta la vita. Non si attarda a speculare su unità o federazione: purché si faccia la guerra! E quando vede passare Carlo Alberto a cavallo, fra le uniformi del suo Stato ~Iaggiore, nel preJentat' armi dei soli reggimenti che domani potrebbero misurarsi con gli austriaci, Bixio rcpub 4 blicano si butta avanti, afferra le redini del cavallo del Re, e prima che le guardie lo respingano gli grida: « Sire, passate il Ticino, e saremo tutti con voi!>. GIORNALE DI GUERRA DI UN VOLONTARIO I generali piemontesi si fecero uccidere con valorosa incompetenza per una bandiera che fino a poche settimane prima era un emblema sedizioso. E i volontari? Fu facile esaltarli 1 e altrettanto facile denigrarli. Numerosi certo non furono, né fecero grandi cose: ma era errore aspettarne a centinaia di migliaia, quando si sa che il volontarismo è fenomeno di élite~ e per far grandi cose mancò loro quello che è indispensabile per disciplinare e comporre in un unico intento qualunque movimento volontaristico: il fascino di un capo. Garibaldi allora non era che un cabecilla italo-americano per i più, e qualche cx-ufficiale napoleonico non aveva che una notorietà da campanile. Bixio fu uno dei primi a raggiungere il campo. I corpi volontari li girò qua. si tutti, sempre alla ricerca di un vero stile militare. Su un t.1ccuino che gli aveva regalato Goffredo Mameli segnava con strana pazienza tutte quelle giornate sulle quali si velava così presto il bel sole della vigilia, e che si facevano nebbiose smorzando la v,\na baldanza delle uniformi fantasia. PasNINO BIXIO, BEOONDO DEI II JCILL:& 11 sò dalla legione del marchese Crivelli a quella del generale Torres, poi a quella mantovana, infine nella legione Zambcccari. Quando arriva al campo, « trovo poche persone armate». La Lombardia, checché se ne dica nei caffè di Genova, « non è ancora insor• ta > : i contadini guardano sfilare le compagnie che cantano e infiorano i fucili; contrattano meticolosamente i polli e la verdura, e di arruolarsi fra quei letterati non ne vogliono sapere. Ogni due righe Bixio registra : « si vocifera ... ~i dice ... >: è la malattia che mina le formazioni volontarie e le fa passare dal caldo entusiasmo di vittorie favolose al gelido scoramento di tradimenti complicati. Egli avverte che i volontari non sono impiegati come si dovrebbe : « sarebbe assai meglio che i corpi della natura del nostro fossero cacciati sulle comunicazioni del nemico>. Ogni giorno il disordine aumenta. Bixio è sottotenente, « ma come comandare con gente siffatta! >; sospira: « tutto è partigianeria, tutto serve per alimentare il malumore>. E vanno così su e giù per la Lombardia, facendo suonare le campane a stormo, capitando ogni tanto su una pattuglia austriaca che si ritira tra fucilate che sembrano salve di saluto. « Marce e contromarce inutili, combattimenti vani, dimostrazioni chiassose >, anche quando, per non seguire oltre il Mincio i regi, « nelle mosse dei quali non ho nessuna confidenza >, Bixio passa nel corpo del generale Ferrari, che finisce per capitolare a Treviso. Bìxio se ne va negli Stati pontifici proprio in tempo per veder arrivare il corpo del generale Oudinot. A Civitavecchia il preside Mannucci non ne vuol sapere di impedire lo sbarco dei francesi. La plebe reazionaria gridn : « Viva il Papa! >. La fanteria francese sbarca con gran pompa e occupa la città come una piazza nemica, malgrndo le promesse del ,uo comandante. Bixid affronta Oudinot con tutte le bestemmie in uso nella marina genovese: « ]e,rne homme, ammiro il vostro ardire, ma voi siete troppo giovane e troppo bollente per giudicare i gravi motivi che ci portano a Roma>, gli risponde, non senza simpatia, il generale Oudinot. !L "GOFFREDO MAMELI" Capitano per merito di guerra, maggiore per merito di guerra, e non era adesso che un ozioso capitano di mare che fumava un sigaro dopo l'altro, appostato con le mani in tasca fra i gruppi di piazza Banchi. La difesa di Roma, Palestrina e Villa Corsini non erano più che ricordi, che I D.. · di arricchire coi traffici, e riesce ad _ nnnare un bel clipper, col quale fa il viaggio di Austrafia, primo fra i capi- , tani mercantili d'Italia a toccare quei , porti. La bandiera sarda è sconosciuta in quel mondo nuovo, appena u.sci-' to dalla fase coloniale delle deportazioni, e gli armatori di Sydney la con- . • fondono con quella messicana. Due anni di navigazione, ma al ritorno a Genova il conto della spedizione è chiuso in passivo. Una parte del carico, zucchero di Manila, è in fondo al mare davanti al Capo di Buona Speran 4 za dove una tempesta per poco non ci mandava la nave, e gli armatori se la prendono con quel pazzo di capitano che ha voluto fare il Cristoforo Colombo invece di accontentarsi di portare rifornimenti alle truppe di Crimea. Bixio risponde a tono, pugno sul tavolo per pugno sul tavolo, bestemmia per bestemmia, e non si arrende. Ora sa di essere un vero marinaio e vuol continuare a viversi in quella parte di navigatore che gli permette di sfogare in urli, imprecazioni, e bastonate sulla testa di chi non capisce, la sua indomabile nevrastenia. Vuol armare un'altra nave più bella della prima, e portarla in India, nei porti favolosi delle spezie. La prima nave l'aveva chiamata Goffredo Mameli, questa la chiamerà A,/ arco Polo, e fra questi due nomi c'è tutta una di.)tanza che egli crede di aver superato. Ma i denari son finiti prima della nave, e il navigatore rimane ancora a terra, mentre i creditori vendono all'asta il legnarne dello scafo. GIORNALISTA E allora? Il capitano Bixio non ha. che un mezzo per rimanere uomo di mare : navigare. Se sta a terra, altre vocazioni lo chiamano e non può resistere. Le discussioni coi suoi amici, mazziniani intransigenti, lo invischiano nuovamente nella politica, non fosse che per la rabbia di vederli così fermi nelle loro teorie, così chiusi a tut 4 te le lezioni dell'esperienza di dieci anni prima, e per la smania di aprir loro gli occhi. Quel collerico è un realista, e difende con scalmanata vee• menza idee piene di moderazione e di buon senso. Invoca la dittatura militare del Piemonte, accetta l'aiuto dei suoi antichi avvers.ari di ViUa Corsini BilfO BIXIO (1870) nella realtà mediocre sembravano quasi fantasie. La polizia sarda tiene d'occhio quel profilo magro e pallido di di!,()Ccupato. Ma lui ora guarda senza rancore i carabinieri e i bersaglieri che presidiano Genova, riconquistata da La Marmora con i veterani di Goito e di Novara che Gioberti avrebbe voluto mandare a prender Roma. Invece erano venuti i francesi della Repubblica col tricolore di Jem 4 mappcs e di Valmy. Confuse meditazioni vagano nel cuore di Bixio mentre discute con gli armatori i suoi titoli di uomo di mare. Dopo tutto, questa., compagnia di fanti che suona la ritirata per le strade, ha ancora la coccarda che Carlo Alberto ha distribuito sul Ticino. Chi ha mantenuto la parola, i regi, o la fratellanza universale delle libere democrazie? Ora Carlo Alberto è a Oporto, e il maggiore Bixio ringrazia Iddio di aver trovato finalmente un posto di secondo a bordo della goletta // popola110, già Pio IX. Sembra che la vera vita cominci adesso. Una buona vita ligure di mare e di mercanzia. E anche di famiglia. Bixio sposa, col permesso del Santo Padre, la figlia di sua sorella. Pensa per cacciare più sicuramente gli austriaci dalla Lombardia e dal Veneto, e poi sarà quel che sarà. E cosi, discutendo e litigando, un giorno al caffè, un giorno in certe case dove ancora ci si riunisce con la maniera della Giovane Italia per persuadersi che Cavour è ocggio del conte della Margherita, si accorge bruscamente che il mare non è stato che una parentesi, e che il suo vero ieri è quello che riflette su di lui un prestigio e un'autorità che lo stupiscono un poco, e che non lasciano insensibile nemmeno il ministero di Torino: quello del combattente del 30 aprilt e dell'aiutante di campo del generale Garibaldi. Il suo nome dà un peso formidabile al partito di quelli che il « grido di dolore » cal.1mita verso Casa Savoia, e Nino Bixio si decide audacemente per un nuovo inaspettato mestiere: coi pochi soldi salvati al naufragio bancario del A1ar• co Polo, fonda un giornale. Lo chiama San Giorgio. Ma è il tempo di ricordare i Santi protettori delle repubbliche medioevali ? Dopo pochi numeri, il giornale diventa La X m:io,1e. MANLIO LUPINACCI (La fine al prosJimo numero). TECN ill@&300 EUGENIO LYONS, che per sci anni fu direttore amministrativo dcll'.ufcio dell'Unit,d p,.JJ a Mosca, rica• pitola ncll'Americon Mer,11.rJ il roec• canismo dei proceui sovietici fissandone una formula costante, secondo la sua espe4 rienu personale. e Un processo a Mosca>, dice il LyonJ, < ha sempre uno )COpo di propaganda interna. La colpa dell'accusato è già garan• tita: i complici, il più delle volte, sono già stati giuniziati ancor prima che il processo cominc.i. Lo scopo del processo è di drammaticuare questa colpa per il pubblico. La procedura del processo si può c.onsiderare vero e proprio teatro: una commedia c.he si 1viluppa fino a una condusione che già si conosce e che ricapitola una lezione imparata a m<moria. Ogni attore ha la sua parte ben definita ed è stato scelto secondo le sue 1peciali attitudini. « Ma perché i prigionieri dei Sovieti cooperano cosl di buona volontà, coi loro persecutori e con la stampa, per la buona riu.c.ita della commedia ideata dal Governo? Molti ac.cusati vengono tenuti in prigione per mesi e anche per anni, prima che cominci il processo (Zinoviev e Kamcnev erano in prigione già da un anno e meno prima del processo): durante que4 sto tempo la loro resistenza morale viene fiaccata da terribili interrogatori. L'interrogatorio di teno grado è stato portato dalla Chcpcù a estrema raffinatcz.za e c.rudehà. In molti usi i figli della vittima vengono torturali sotto gli occhi dell'accusato per forzarne la c.on(cuionc. Sotto un trattamento simile c'è da meravigliarsi se un uomo si disgrega nelle mani della Chcpeù? < Molto praticato è il sistema degli ostaggi. Se un soldato (ugge oltre frontiera, la sua famiglia sconterà la sua pena. Durante la permanenza all'estero di un famoso Jc.riuore .«>vietico, il vecc.hio padre fu tenuto in prigione per garantire che il figlio non parlasse male del regime, e che fa.e.esse ritorno in Russia. « Ncuun " processo dimostrativo " è uguale all'ahro, ma la procedura è sempre la stessa. In un periodo di eccezionali difficoltà per la popolazione o pcl Governo, si comincia a dire che gli eroici guardiani della rivoluzione, le squadre della Chepeù. hanno se.aperto i malfattori responsabili ($_1 disordine. Segue un formale annuncio dell'imminente processo. Allora, tutti i gi• ganteschi strumenti dell'orchestra ufficiale vengono messi in moto per eccitare la folla apatie.a. Il processo si risolve in una confessione giurata e in un'auto-accusa dei prigionieri, che si affannano a confessare. Ho assistito, per sci anni, a molti processi dimostrativi e ho notato sempre le stesse caratteristiche. < Il proccuo è sempre uno spettacolo controllato dall'alto. Non è mai il rllultato di un'esplosione di odio pubblico; al contrario, le esplosioni popolari sono le conseguenze che si spera dtrivino dal pro• cesso. Spesso sono miserabili buffonate. Se il regime sovietic.o fucila, prima, un gruppo di uomini e, poi, ne pubblica le confes 4 sioni, o viceversa, queu.a è una procedura che il governo soltanto decide, secondo i bisogni politici del momento. e Il delitto dell'accusato non è mai il fatto principale e spesso non ha importanu. " Morte ai traditori! " è il grido laociato prima che il processo cominci, e questo grido continua senza che ci si preoccupi di ciò che trapela nella sala delle udienze. E il paese as.sine al processo avviato verso la prevedibile fine, come la folla che assiste a una corrida aspetta il momento dell'inevitabile uccisione. < I pochi prigionieri portati al processo, sono sempre accuratamente scelti fra centinaia d'altri arrestati sotto la stessa accusa. Molto del mistero di questi processi scompare quando ci si rende conto che gli accusati sono tipi esemplari, scelti perch~ particolarmente adatti al cerimoniale della confessione. • < Nel famoso processo Sciakty, furono 1 portati nell'aula cinquantuno accusati; ma quante c.entinaia erano stati gli arrestati? Secondo le circostanze, durante il processo, la Chepcà tirava fuori di prigione qualche colpevole, lo portava alla ribalta e gli fac.c\!a dire quel che era necessario, per ric.ac.ciarlo poi nella sua cella. Se• condo la sua stessa testimonianza, quell'uomo avrebbe dovuto essere nella gabbia degli accusati , ma c'erano buone ragioni perc.hé il Cremlino lo tenesse chiuso. Nel processo controrivoluzionario di Ramzin, secondo le stesse dichiarazioni del Governo, furono ::i.rrestate duemila persone, ma soltanto otto comparvero al processo. E non erano i c.apintesta del c.omplotto; no, e1ano fritturina minuta, mentre nelle prigioni della Chepeù c'era gente c.omc il profe»or Osadsci, vic.c•p~sìdente della Commissione Statale del Piano, vale a dire la figura più importante del supposto complotto. < 1..a principale prova consiste di solito in c.onfessioni e auto-ace.use. Non c'è mai un vero sforzo dell'avvocato patrocinatore per proteggere l'ace.usato. Un qualunque avvocato occ.identale potrebbe con facilità far crollare tutta la costruzione della c.osì detta prova, come l'intendono i Sovieti. Nel proccs.so Ram-iin, per esempio, due dei supposti congiurati erano morti prima della data che la Chepeù aveva attribuito al complotto stesso. < Lo stato d'an~mo dei prigionieri incuranti di quello che può essere la sentenza, rim:anc un mistero. Lo Stato dei Sovieti non rcstituisc.e i corpi degli uomini e delle donne giustiz.iati, e la terribìlc possibilità çhc un condannato di cui è stata annunciata l'esecuzione, poua essere anc.ora in vita (forse in seguito all'impegno di comJ>Ortarsi convenientemente al processo) rimane a torturare i suoi parenti. Nella mag. giornn1.a dei casi, il plotone d'e:secuz.ione fa il suo lavoro. Ma il dubbio raramente viene c.anc.cllato ncll':animo dei parenti >.
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