zò nuovamente dalla poltrona, attraversò in punta di piedi la camera, aprì la porta del salotto, affacciò la testa a guardare. Lo sconosciuto era ancora al suo pouo, nella stessa identica posizione, sulla mcdcsim~ sedia, immobile come prima, ma dormiva. Dormiva. Le palpebre erano scese completamente a chiudere il gelido sguardo e il sorriso, ìl suo perfido sorriso, si era dissolto nel sonno, si era dissolto. La bocca era chiusa, atona, rigida come un suggello. Dom1iva. Non di un sonno placido e umano, ma di un torpore quasi di catalessi. Il petto non si agitava per il respiro 0 1 se palpitava, era un moto impercettibile. Si sarebbe detto ch'era morto, se non fosse stata quella trista creatura. • e Se continuasse così per tutta la notte! • si augurò Giovanni ritraendo lentissimamente la testa. Ma non osava ancora sperare. Riaccostò i battenti della porta, a minuscoli passi riguadagnò il suo angolo sotto la lampada, prese il libro in mano e stette così, fermo, con le orecchie tese al minimo rumore. Ma non giungevano che i tradizionali suoni notturni della Ca!a. Gli orologi 1 un gorgoglio d'acqua nei tubi, un mobile che si assestava scricchiolando, le persiane che ogni tanto gemevano al vento, quella notte così insistente. Carlo continuava a dormire. Ora anche su lui, Giovanni, scendeva prepotente il sonno, facendogli pesante la te'ita, tirandogli giù pazientew mente le palpebre. Gli occhi volevano chiudersi. Solo le orecchie restavano sveglie e ascoltavano avidamente il silenzio. Forse l'uomo non si era ancora ridestato. La voce degli orologi, gli intermitten• ti scricchiolii, il penoso respiro di Carlo, il greve silenzio che su tutto ìricombeva divennero a poco a poco un lieve unico rombo, con un suo ritmo metodico, che annebbiava progressivamente la stanza. La lampada parve spegnersi (le palpebre di Giovanni si erano, infatti, chiuse) ed egli si sentì dolcemente tra• scinar giù negli abissi del sonno. Fu rideuato improvvisamente- da una anonima angoscia, che, ripresa conoscenza. egli non stentò a identificare. Si voltò di scatto verso il letto di Carlo. Certo la sagoma luttuosa dello sconosciuto doveva essere là, sulla sedia, a negare il riposo al malato. Invece niente. Carlo dormiva, e nessun alt,ro era nella stanza. Allora Giovanni s'accorse che qualcosa di nuov•, stava accadendo. Subito non riusci .t capire:, poi, guardando la fine--..tra: n•Jtò sulla persiana strane strisce r,tm~·h~. La speranza! Con una febbrile agita~ zione Giovanni spalancò la finestra, af• ferTÒ la serranda della persiana, aprì. questa di schianto. L'alba, l'a.lba era giunta. Ai limiti del limpidissimo cielo, tra gli alberi nudi lavati dal vento, si ampliava meravigliosa la luce del sole. e: Carlo, Carlo! > gridò Giovanni voltandosi indietro. Il ragazzo si riscosse bruscamente, si levò a sedere, si guardò attorno. e Cosa c'è? cosa è successo? • chiese spaventato. e E: l'alba, ti dico! > gridava Giovanni pazzo di gioia. et l'alba, e lui non è venuto!•· ~on occorreva più andare a vedere. Era certo, ben certo, che dietro la porta, là nel salotto, ade550 non c'era più nes'iuno. Il nuovo giorno era nato e lo Konosciuto era scomparro lontano, succhidto dai rigurgiti della notte. L'incanto or~ibile era stato spezzato. Mai pii\ sarebbe venuto. La città dormiva, ignara che stesse nascendo il primo sole della primavera. Il viale era deserto, le finestre tutte ,prangate, le case immerse ancora nella narcosi notturna. Un sorriso ancora incredulo fiorì sulle labbra del ragazzo che da solo scese dal letto e, a incerti passi, si avviò verso la fine.stra a guardare. I due fratelli "tettero vicini e muti, oppressi dalla gioia : pensavano alla vita che ricominciava, a mille stupide felicità, bevvero, tremando insieme, il primo raggio di iole. GIOVANNI DROGO ~ CONCORSO PERMANENTE ~~.:~~~!!::~.::. rt&lmen accaduto &chi 10ri'\'e. LL nt.rn,stont non dt'\'e superare lt t.N eolODH del ,ioni.alt, e dt'\'I HHN ln'\'t&t& 1crttta a maccb.1.na, da una aola part4 del ro1llo. 01.ni na.rra.ston• pubbllcat.a., ucondo l'ordine dl a.rr1'\'0 • d'aoc1t.t.a11011t, "•"' comptn1au con LlN 600 (einquecent.o). • I d&t.t.llotorlt.U non acctt-- t&tl non 11 re1i.tt.uiloono. - Per la '\'allc\lc.1 della 1ped1stone, u"lrll del t.a1Uando aumpat.o qui 1ot.t.o, 1ncollat.o 1ull& bUlt.&. C0!IC0RS0 PERIIIAIIBITB Alla Direzione di OMNIBUS Via del Sudario 28 ROMA NEGLI A..1~NI intorno al i910 appariva ogni tanto sul Timtt, nella colonna degli • Impieghi Professionali», un avviso di questo tipo: • Cercasi uomo di media età, intelligente, di vasta cultura, che abbia viaggiato molto, buon navigatore, come segretario di compagnia per gentiluomo. Deve essere disposto a vivere all'estero. Ottimo ono• rario. Rivolgersi, ccc. •· Appena il candidato si presentava all'indirizzo indicato, un signore lo sottoponeva a un interrogatorio imbarazzante: • Quali altri incarichi o impieghi avete avuto? Quali paesi avete visitato? Che libri leggete? Chi sono i vostri amici? Amate la musica, la pittura, il teatro? Avete un buon carattere e sapete controllarvi? Quali lingue parlate e scrivete? Sapete andare a ca\'allo, fate sport?•· Alla fine dell'intervista, il candidato en. invitato a mandare per posta un riassunto della conversazione, come prova di buona memoria, di accuratezza nel dettaglio e di stile letterario. Poi gli veniva dato l'indirizzo di un altro signore che lo avrebbe sottoposto a un secondo esame: • Abbiamo avuto 600 offerte, ma ciò non deve impressionan'i, perché non tutt.i hanno requisiti per soddisfare il signor Pulitzer, e del resto il signor Pulitz.er farà la scelta finale personalmente. Ed è probabile che veniate invitato a passare un paio di settimane ,ullo yacht o alla villa di Pulitz.cr a Cap Martin •. E l 'intervistatore, che era il corrispondente lon• dineae del JVorld di Nuo,•a York, soggiungeva: • A proposito, vi rincrescerebbe di mandarmi una breve narrazione della vostra vita? Non più di zooo parole, come per un articolo di risvolto,. Il panfilo delle stranezze Cosl era capitato ad Allcyne Ireland di incontrare Joseph Pulitzer, il re del giornalismo americano. Su Pulitzer correva in quegli anni, nel mondo anglo-americano, una specie di leggenda. Si sapeva che era nato in l,Jnghcria, da padre ebreo e da madre cristiana; ch'era sbarcato a ~uova York a 16 anni senza un centesimo e senza capire una parola d'inglese; che, dopo unà serie d'avvcnture, era diventato proprietario di un giornale, e aveva portato il suo World alla testa della stampa americana; che, al culmine della sua carriera e della sua potenza finanziar; era diventato cieco; che uno dei Rots- - ,d aveva detto che, se J oseph Pulitzer non avesse perduto la vista, avrebbe radunato nelle sue mani tutta la ricchezza degli Stati Uniti; e che ora passava la vita a bordo di un magnifico yacht, circondato da una schiera di segretari scoperti in tutte le parti del mondo, ch'egli adoprava come le sue pupille perdute e trattava come schiavi. Alcuni giorni dopo Ircland ave,,a ricevuto un telegramma che gli ordinava di partire il giorno seguente per Mentone, do,·e il signor Pulitzer lo avrebbe sottoposto a una quindicina di prove: al suo circolo londinese avrebbe trovato poi una busta con un a1segno per le spese di ,,iaggio. Nel piccolo porto di Mentone era ancorato uno stupendo panfilo a vapore. Si chiamava Lib~rty. Pulitzer abitava in quei giorni la sua villa. Un'automobile trasportb il signor lrcland alla villa. Alla sera, Pulit-zer entrò nel salotto al braccio del maggiordomo. Era, a un primo sguardo, un uomo alto con le spalle quadre, ma il resto del corpo sembrava affusolarsi come una gig:mtesca trottola. La te.sta era nobile, con una barba spinosa e rossastra striata di grigio; i capelli neri, spazzolati all'indietro, argentati sulle tempie. Un occhio appariva spento e mezzo chiuso, ma l'altro era di un azzurro cosl brillante e grifagno che sembrava !'ocçhio di un'aquila. Con voce chiara aveva detto: • Eccovi davanti la miserabile creatura che deve essere il \'Ostro ospite. Datemi il vostro braccio per andare a pranzo•· Il maggiordomo aveva fatto .segno ad JOSEPH PULITZER A. XENTONE Ireland di sedersi alla destra di Pulitzer. Attorno alla tavola attendeva una mena dozzina di signori in abito da sera, i quali si erano inchinati mentre il vecchio diceva: • Signori, questo e il signor Alleyne Ircland. Più tardi lo metterete al corrente delle mie stranezze. Non dipingetegli il diavolo più brutto di quello che è ,. li pranzo era a mala pena cominciato che Pulitzer già aveva iniziato un interrogatorio del nuovo arrivato. • Che cosa a\'C• va letto nell'ultimo mese?•· • I Saggi di Macaulay, l'Asia e l'Europa di Townsend ,. • Ditemi qualcosa di quest'ultimo •· Ma dopo un quarto d'ora: « Basta: volete farmi credere che c'è gente che s'interessa a quelle sciocchezze? Trovate qualcosa di più divertente. Nessuna commedia nuova?•. lreland citò A11tonìo e Cleopatra di Shaw. Le cose andarono meglio per alcuni minuti; il narratore aveva buona memoria e il voho di Pulitzer s'accendeva d'allegria. Ma all'improvviso agitò la mano gridando: • Basta! Basta! ~on vedete che mi fate soffrire?•. Dopo una pausa imbarazzante il vecchio si rivolse a uno scozzese, che si rivelb un'enciclopedia ambulante; e infine il pranzo fini. • Signor Ireland, sono lieto di aYervi co• nosciuto. Tornate domattina alle 11, e vi condurrò a fare una gita in carrozza•· Prese il braccio di un segretario e uscl dalla stanza. Tutte le porte di quella casa si aprivano e si richiudevano in ailcnzio automaticamente. Gli altri segretari dissero ad I reland che era norma non essere né troppo seri né troppo allegri, perché la noia urtava la sensibilità intellettuale di Pulitzer e l'eccesso di riso gli causava una pena fisica. Lo informarono anche che l'invito a una gita in auto per l'indomani implicava una particolare preparazione. Il segretario anziano mostrb al nuovo collega una catasta di giornali e riviste arrivate da Londra e dall'America. La conversazione con Pulitzer l'indomani mattina implicava una rapida rassegna dei giornali; bisognava cercarvi tutto quello che piaceva a Pulitzer in quella data ora del giorno. Al mattino n$>nera permesso nessun argomento eccitante, niente politica, niente delitti, disastri o corrispondenze di guerra: restavano le rassegne di libri, la critica d'arte o i viaggi. Tutto questo materiale doveva essere • preparato,, le parti importanti del giornale se• gnatc per essere lette a viva voce, il resto riassunto a grandi tratti, ma tutto ridotto al necessario. Ossessioni La passeggiata mattutina cominciò con questo preambolo: .-Adesso, signor Ireland, è necessario che voi comprendiate che, se dovete rimanere come mio segretario, debbo esplo~arc il vostro cen•cllo, il \'OStro carattere, i vostri gusti, le vostre simpatie, i vostri pregiudizi e il vostro umore. ~ necessario ch'io veda se avete tatto, umorismo, capacità di condensare le informazioni, e soprattutto se 11-matela precisione,. li giovane comincib a rispon• dere, ma il vecchio lo interruppe: • Lasciatemi finire! So benissimo che questa parte di candidato è poco piacevole; ma è spiacevole anche a me. Ho bisogno di riposo, di amicizia, di simpatia. Signor I reland, posso fare molto per chi, in compenso, mi dà riposo e simpatia. Posso fare potente un amico. Ma sono cieco, debole, invalido: come posso sapere di chi mi posso fidare? ,Non m'intendo finanziariamente, ma moralmente, intellettualmente•· Una pausa. e Ora guardate dal finestrino e ditemi quello che vedete. Fatemi un quadro di tutto. Non pensate mai che un dettaglio sia troppo insignificante. Descrivetemi ogni nuvol11-,le ombre degli alberi, le case, la faccia della gente, tutto. Fatemi vederci•. Al ritorno disse:• Adesso andate pure a riposarvi. Avete il pomcri~gio libero. Iersera mi a,•cte fatto ridere. Ma un po' troppo•· La sera, a pranzo, Pulitter si di,·ertl a mostrare al candidato quanto vaste fossero le sue rone di ignoranza. Lo traacinb in una conversazione di continente in continente, di secolo in secolo, attraverso la storia, la filosofia, l'arte, l'economia, il dramma, la musica, la politica contemporanea. Era inutile fingere di sapere una cosa che si ignorava, perché, se si mcnziona\'a uno. commedia, il vecchio era capace di dire: • Bene, cominciate dalla se• conda scena del terzo atto quando il marito entra colla lettera in mano ... • E a questo faticoso conversare si aggiungeva l'ossessione dei rumori .• -vlche il semplice urto di un cucchiaio contro il piatto, il gorgoglio dell'acqua versata nel bicchiere, lo strofinare un fiammifero, tutto facc,•a passare sul volto di Pulitzcr uno spasimo di sofferenza. Impallidiva per un nonnulla. li maggiordomo aveva cessato di servire in tavola mandorle salate, perché uno dei segretari soleva spe:tz.arle coi denti prima di mangiarle: il lieve rumore irritava il Vecchio. Il pranzo procedeva in tale stato di tensione, che se un cucchiaino cadeva sul vassoio tutti balzavano come se fosse stato sparato un colpo di pistola. Segretr.rio-m usico e segretario-lettore I segretari di Pulitzer lavoravano per il vecchio dalle otto del mattino fino alle undici di sera. E le ore di libertà erano non meno faticose di quelle che gli si passavano al fianco. I segretari, insomma, dovevano essere delle spugne sempre aperte. a succhiare notizie od osservazioni per alimentare la inesauribile sete del cieco. Una visita al Museo di Biologia marina di Monaco diventava una minuziosa osservazione di cose e particolari che gih. appartenevano in spirito al vecchio: il segretario si trovava automaticamente a contare i punti neri sul dorso di un pesce raro, i gradini che da Monaco vanno alla collina, le navi in vista dalla terrazza. Originale era il metodo di lavoro di Pulitzcr per sorvegliare la produzione quotidiana del suo giornale da qualunque punto del mondo egli si trovasse. Tutti ì giorni veninno spedite da .:"luo,•a York a Pulit:ter parecchie copie delle varie edizioni del giornale. Inoltre vi era a ~uova York un signore che aveva il compito di tagliare da tutti i giornali di Nuov~ York, e delle altre maggiori citth. ame• ncane, ognì articolo che riteneslle interessante per Pulitzer. Questi ritagli Yenivano spediti a centinaia su ogni piroscafo rapido in partenza per l'Europa. Su una copia speciale del World era stato segnato in rosso il nome del redattore che aveYa scritto ciascun pezzo, fosse un articolo di fondo, o una cronaca nera o una corri- !pondenza dall'estero. Frattanto, di porto rn porto, la segreteria di Pulitzer compra,·a i principali giornali francesi, tedeschi, italiani, mentre l'ufficio di Londra mandava a fasci i giornali inglesi. Ogni giorno, ad un'ora fissa, la segreteria doveva confrontare le copie del World con quelle de!lli altri giornali, segnare la dif. fercnz.a nelle cronache dei grandi fatti internazionali o locali; e poi 1I risultato dell'analisi comparativa veniva comunicato a Pulitzcr. Questi sceglieva un soggetto, e allora gli si leggeva a voce alta la narrazione contenuta nel World. Seguiva una discussione della presentazione del medesìmo soggetto · negli altri gìomali. Dopodiché, Pulitzer dettava una fila interminabile di cablogrammi e di promemoria alla redazione del World a :stuova York: • Cronaca su lndianopolis eccellente; dettagli sul linciaggio insufficienti; chi ha scritto l'articolo sul Municipio?•. Pulit-zcr seguiva minuziosamente lo stile di ciascun redattore, ne esaminava la varietà del vocabolario, la scelta degli aggctti\'i. e degli avverbi, l'impiego opportuno ed efficace dei superlativi, Tutto questo lavoro veniva fatto al mattino. :--lei pomeriggio Pulitzer, dopo la colazione, si ritirava per \a ~i~sta. Allora uno dei segretari dove~a sedergli accanto con una pila di libri a fianco. Il segretario cominciava a leggere con voce chiara e incisiva qualche libro di storia o un romanzo. Dopo qualche minute- Pulitzer diceva: • Più piano,, e il segretario abbassava la voce finché diventava un mormorio conciliante. • Pianissimo». A questo punto il lettore cessava di formulare le parole e cominciava a mormorarle indistintamente, come il suono di una persona che leggesse nella stanza accanto. Se dopo dieci minuti Pulitzer rimaneva immobile, si do• ve\'a dedurre che si era addormentato; e il segretario doveva allora continuare a mormorue finché Pulitzer si S\'egliava. Questo mormorio durava magari due ore, cd era un'arte difficilissima perché bastava alzare od abbassare la voce di mezzo tono perché il cieco si svegliasse di soprassalto, e allora guai al malcapitato. :Ma la lettura più difficile era quella che alla sera accompagnava l'andata a letto del vecchio. Quando Pulitzer si coricava, il segretario-musico doveva suonare il pianoforte nella sala attigua alla stanza da letto, lasciando aperta la porta, mentre il segretario-lettore doveva leggere a vo. cc alta abbastanza per poter essere udito aopra le note di una Sonata di Litz. Una fatica nervosa e vocale: ma Pulitzcr amava addormentarsi al duplice suono della musica e di una ,·occ che gli leggesse un poema. Qualche volta, se il pianista suonava un'aria favorita, fJ.litzcr l'accom• pagnava fischiettando: se lo sciagurato segretario si distraeva un istante o perdeva il fiato, la voce spietata diceva subito: • Per piacere, leggete di nuovo quella strofa e cercate di recitarla distintamente». 200 Avana speciali La superiorità fisica e mentale del vecchio sui segretari era sovrumana. I aegretari avevano gioventù, salute cd erano in molti; eppure Pulitzcr, invecchiato dalle sofferenze, tormentato dalle malattie, era sempre di dieci passi avanti alla schiera dei giovani. Lavoratore tremendo: i segretari gli sottoponevano miriadi di notizie e di informazioni: la sua impazienza gridava sempre: Avanti, avanti! La va1tità della sua cultura e della sua capacità di assimilazione, messa in confronto con le crudeli limitazioni impostcgli dalla cecità, faceva dimenticare la severità della sua disciplina; e lo sforzo che egli imponeva agli altri era sempre superato dallo sforzo imposto a se stesso. Un giorno, nel golfo di Napoli, Pulit-zcr annunziò la sua intenzione di aalpare per Nuova York su un pir0&cafo della JVhite Star che partiva il giorno dopo. Il maggiordomo Jabez lavorò come uno schiavo a preparare la partenza. A bordo del pi• ro,cafo, fu preparato un appartamento speciale affinché Pulitzer potesse avere una biblioteca, una sala da pranzo, un salotto; furono portate a bordo trCf\ta casse di libri, acque minerali, vini, sigari, frutti, cibi speciali per la sua dieta, tappeti, mobili. Quando tutto fu pronto, Jabez annunziò ai .segretari: • Il signor Pulitzcr ha mutato idea. ~on andiamo più a ~uova York. Partiamo sullo yacht per Atene». Mentre il Liberty usciva dal porto, il capitano del transatlantico fece salutare lo ,•ac.ht con la bandiera. Pulitzer grugni per alcuni minuti, poi ordinb: • Telegrafate a Nuova York di far mandare una cassetta di 100 Avana speciali a quel ca• pìtano. t:; un uomo che ha del buon senso». Alla fine, un paio di mesi dopo, la brigata fece ritorno a Nuova York. li Li• ~erty, che aveva preceduto il piroscafo su cui Pulitzer si era imbarcato, s'era trovato a fianco di questo al punto di quarantena, e aveva ripreso a bordo Pulitzcr e il maggiordomo J abcz e tutti i .se• gretari, ripartendo poscia per Bar Harbor, dove il giorno dopo gettava l'àncora davanti alla villa di Pulitzcr. Qui s'era gi!I.radunata la famiglia: la moglie, che era stata una famosa bella donna di \Vashington, e i tre figli. Ma la pre1enza della famiglia aveva avuto poco effetto sul curriculo quotidiano del vecchio. Le ore spese con la famiglia erano pagate con altre ore di intensissimo lavoro, notti insonni e stanchezza disperata. L'interesse che Pu• litzer aveva per i familiari era immenso, indescrivibile. Ognuno doveva essergli descritto .le volte, soprattutto il piccolo Ralph, il suo ultimo nipote, che era nato dopo la sua cecità. Un giorno, il vecchio aveva detto al segretario Ircland: • Non vi hanno mai raccontato come sono diventato cieco? h stato nel novembre del1' '87. li World aveva fatto una campagna contro la corruzione nel :Municipio di Nuova York, un1t campagna che era terminata con l'arresto di un finanziere, il quale aveva comprato i voti di un consigliere per ottenere la concessione di una linea tranviaria. Quell'uomo era morto in prigione, di crepacuore, cd io ... ed io! .. • S'era interrotto, come se gli fosse mancato il fiato. • lo ero stato attaccato violentemente, Era stato per mc un periodo di lotta terribile. A,·evo cominciato a soffrire d'insonnia. Una mattina ero andato, come sempre, al TVorld e mi ero fatto portare le bozze degli articoli di fondo. Fino a quel giorno avevo sempre corretto di mio pugno tutti gli articoli di fondo; ma quel giorno, quando presi la penna in mano per cominciare il lavoro, non mi riusci di vedere i caratteri. Un oculista mi ordinò di rimanere in una stanza oscura per sei .settimane. Quando le sei settimane furono passate, mi disse che si era spezzata una vena negli occhi e mi ordinò di non leggere più. E cosi è venuta la fine. Yli hanno detto che la rètina si è staccata in ambo gli occhi•· Tacque alcuni istanti; poi, preso dall'ansia di non sembrare debole, gridb con impazienza: • Perché non mi avete ancort dato le no• tizie del mattino?,. Tre mesi dopo lo yacht era all'àncora nel porto di Charleston. Durante la colazione i segretari si erano scambiati l'impressione che il vecchio sembrava peggiorato. D'improvviso la porta del salone s'aprì, ed entrò l'impassibile maggiordomo Jabez, annunziando compostamente: •Il signor Joscph Pulitzer è morto•. C. M, FRANZERO FR._ANCESCO CHIESA lo scrittore ticinese al quale l'Universitl. di Rom• ha decre- 1 1 tato, in riconoscimento delle sue alte benemerenze patriottiche e lettera.rie,la Liurc.a".ad honorem", è uno dei nostri scrittori più limpidi e rappresentativi. Poeta e narratore di schiett.a ispirazione e di rara maestria espressiva, egli è dei pochi che abbiano saputo conquistarsi subito un vasto pubblico di ammira- , tori e che se lo siano mantenuto fedele. Le sue opere, che hanno arricchito di tanto il nostro patrimonio artistico, non dovrebbero essere ignorate da nessun lettore italiano. ROMANZI Vili adorna Tempo di marzo L. 8 RACCONTI Compagni di viaggio l, 10 Racconti del mio orto L 10 Racconti puerili L. 10 Scoperte del mio mondo L. 10 Voci nella notte L 11 POESIA La stellata sera L 10 TRADUZIONI Taide di Ana.tolc Funce (Biiliot<'t• /(o•"'"tit") l. 10 MONDAOORJ
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==