( PALCHETRTOI MAN) I TRIBUNALE L'At.;LA DEL TRIBUNALE esercita su molti una irresistibile attrazione, Non perché cì si pratica la giustitia, ma perché ci si tratta il delitto. Il sadismo del delitto dev'essere non poco sviluppato anche a Roma, se 3.ll'annuncio che per la prima del Processo Folt:kner di Ayn Rand, la sala del Quirino sarebbe trasformata in aula di tribunale, cavalieri e com• mendatori accorsero in gran copia con le e loro signore >, come spagnoli agli autoJ ~e:,~• ne!:•af1::fi::n~: s~!nii :i:a:~.:ul~c:;,~~ \ Corte d'Assise a New York>, dal che sco• primmo che il regista della compagnia CaU,. Bonora, presuppone in noi una facoltà di illusione non comune. L'aspetto dei mobili richiamava piuttosto all'aula della Corte di Assise di Catanzaro. Quanto al giov-.snouo con ganascia turchina e sopracciglia riunite che rungeva da G.~·t:an, egli durante i tre atti del Procuso Folck.ner non aprl bocca, ma ~i sentiva che se avesse parlato, un magnifico c. Fauo,is1a in iuudura > sarebbe uscito dalle tue labbra. Chi ha detto che le nostre compagnie drammatiche non curano i particolari? All'inizio del primo atto l'usciere del tribunale annunciò: e Entra la Corta >. Questa pàpcra passò inosservata, ma a noi che l'afferrammo tuonò come un segno infausto. Che stava per capitarci? E ora dovremmo parlare del signor Avn Rand e della sua opera. Ma che dire di questa replica sfocata del P,o,euo di Mary Dr.itan? Una intensa campagna pubblici1aria aveva preceduta questa e prima>. Il programma avvertiva che e laranno invitate a Car parte della giuria persone del pubblico. La giuria dovrà liberl\mente pronun• ciani per l'assoluzione o la condanna dell'imputata e il finale della comrnedia si uniformerà alla sentenza emesu dai giurati >. ~ia la promessa non ru mantenuta. I giurati non furono scelti tra. il pubblico, e quando si aprl il sipario, una dozzina di comprimari già preparati e sparsi per la 1ala salirono mogi mogi sul palcoscenico e andarono ad accatastarsi djetro un cancelletto di legno, Questa la prima delusione inflitta a_gli spettatori, e Giocare> il pubblico con un'opera di poesia paui ancora, ossia con argomenti che poco gli stanno a cuore; ma c. giocarlo > con quei temi e gialli > che gli dominano la mc'nte e gli attanagliano le viscere, è un atto impolitico di cui a dir vero non credevamo capace un capocomico cotl aavigato come Romano Calò, Ma la delusione maggiore il pubblico non l'ebbe da Calò, ma dall'autore ste$SO. Il P,ocuso Folc'h,r è il giallo più giallo che si possa dare. La demagogia teatrale del si_gnor Ayn Rand ci ha cacciato dentro _gli ingredienti più flogistici di questa cucina da mangiatori di c:a.davcri conditi col curry: sostituzìone di cadaveri, cadaveri sorretti sono le ascelle e .che e fanno> gli ubriachi, morti che pasS:t.noper vivi e vivi che passano per morti, testi che irnbrogliano le carte per occulti fini e altri che le imbrogliano pt> insufficienza mentale; al che vanno ag- _giuntele trovate della regìa: l'urlo improvviso tra gli spettatori, il proiettore che spu.- za il teatro sepolto nelle tenebre e illumina via via dei personaggi sparsi sul palcoscenieo e in platea, l'annuncio che venticinque milioni di dolbri sono panati da una mano in un'altra {ma dove trova il coraggio l'attore. italiano, di sparare davanti a un pubblico italiano balle dì questa fon.a!). Il pubblico godeva, il pubblico trepidava. Colpi di scena gli enno stati serviti alla fine del primo atto e a quella del secondo. Che sarebbe stato il colpo di scena finale? Le gole si serravano, i nervi si tendevano, gli oc.chi venivano fuori come quelli delle arag:oue... E invece niente! Ci dimro che il P,oc,uo Fold.ner era finito, e il sipario si chiuse. Cavalieri e commendatori furono colti da stupore. :-l'on poteva esser vero. Qualcosa - la e coi'a > - doveva ancora accadere. Quel finale era una finzione. Un cadavere sarebbe piombato dal soffitto, il colpevole vestito da maschera e con la petrina di pizzo sulle mamme globoseue, sarebbe schiu.ato fuori di sotto la nostra poltrona. E se il colpe,role eravamo.noi? ... No: i lumi erano tomati nella sala, il Prou,so Foldn.tr era finito per davvero. Allora il pubblico che aveva pagato per lo schianto finale, il pubblico che fino .all'ultimo aveva ,~rato, il pubblico u1d in uo urlo tpavento$0, come urlo di belve che fuggono attraverso una Carena incendiata. In mezzo al disordine e alla disperazione, vedemmo il commendatore Re Riccardi, assiduo di ogni e prima>, tastare col piede i gradini della se.aletta che sale al corridoio, e con passo trepido avviarsi ai camerini. E se qualcuno godeva di quella delusione, questo qualcuno eravamo noi. Due giorni dopo, apparve nei giornali questa nota: e Al Quirino, contrariamente al verdetto cmeno l'altra sera, la giuri.a ha ieri sera ritenuto colpevole Karen ,".ndré dell'uccisione di Bernardo Folckner, cosicché si è avuto un incidente molto grave proprio alla conclusione del dibattito. Il 1an.1ster Regan ha sparato contro uno degli indiziati, per sostenere, secondo lri, l'innocenza di Karcn André >. Gl'intenditori non mancheranno di vedere in questa relicc innovat.ionc, un ritorno alle sane tradizioni della Commedia del· l'Arte. L'idea sta facendo strada A tutti i finali sari data d'ora innanzi maggiore ela· sticità. Re Lcar .all'ultimo ti taglierà la ~ ~s:~d: ~~~cr~r~a :h~~~::~ 11 :1~:nm;:~:li~j sole, un'altra chiederà la luna al padre mor• ' to. Un solo lavoro non subirà variazioni: ome ui piace, Xuovi orizzonti si aprono le noure scene. ALBERTO SAVINIO DOClJ1CE:N-n, Il mh1inro Ed.-o alla prima M:01tu. d.Ua Ri•oluione LA NUOVA MOSTRA DELLA RIVOLUZIONE SI SA QUALI sono sempre stati gli emblemi delle rivoluzioni; tuttavia il loro stile varia secondo i popoli: meglio, secondo la geografia. In Italia, lo stile di tali emblemi si è sempre distinto per una sua ingegnosità popolare e casa• linga, non priva di una ccrt'aria pitto- .resca. Da noi, il senso di casa entra un po' dappertutto: si tratta di una particolarissima facoltà di improvvisare, servendosi di clementi poveri, a portata di mano, ma ricchi di carattere. Che è poi carattere anche inventivo. Gli antichi Romani erano abilissimi nell'inventare le macchine belliche; ma le inventavano sul posto, di fronte al caso che si presentava. L'uniforme garibaldina è più rivoluzionaria che militare: è una uniforme improvvisata, fatta con mezzi casalinghi e poveri. La storia del Risorgimento non è altro, in fondo, che la storia della nostra povertà ingegnosa e ardita, che a un certo punto decide di riscattare la propria libertà, e si butta sulle barricate. ~ destino che le cose grosse, in Italia, sorgano sem• pre a questo modo. Anche la Rivoluzione Fascista nacque cosl. L'uniforme dei Fasci di Combattimento era quella degli arditi, ma senza giubba. Tuttavia, noi rammentiamo benissimo come vestiva uno squadrista, che non appariva più un militare, benché quasi sempre fosse un reduce di go;erra. Le camicie nere spesso non erano che camicie da operai; i fez si •arrangiavano• da vecchi cappelli di panno nero, ai quali venivano tolte le tese e f"J cui ai appjccicava un teschio ritagliato da un pezzo di biancheria smessa. Quanto ai pantaloni, qualunque forma o colore andava bene. Le uniformi degli squadristi erano • fatte in casa•, ciascuna secondo il gusto e le condizioni familiari di chi le indossava. Ma non tutti gli squadristi possedevano l'uniforme. I più erano senza. In ogni modo il loro stile era questo, ed era uno stile popolaresco e garibaldino. L'Italia moderna e fascista è nata con questo stile e in fondo non l'ha perduto del tutto, anche se molto è mutato. Il tono del mutamento si ha visitando la nuova :\-tostra della Rivoluzione a Valle Giulia. Si scopre qui un'Italia che non ha più l'aria modesta e remissiva di un tempo, ma un assetto che appare per la prima volta, dopo tante vicende, con la dignità di una nazione grande e potente. Vi è oggi in Italia un popolo ormai maturo, all'altezza dei grandi avvenimenti che vive. Quindici anni di Regime, a pensarci, sono pochi per una trasformazione tanto evidente e radicale. In questi quindici anni il Fascismo ha preso un carattere duisamente militare, e.on una disciplina non più soltanto conungente ma anche etica e simbolica. Lo squadrismo è diventato milizia; e c'è nella parola un significato classic.o e romano, che per noi italiani ha un valore preciso. I simbob del Fascismo s1 identificano con quern dj Roma# e non certo in senso(V!torico e coreografico. li ritorno dell'Impero va considerato anche come un'eredità ideale. t chiaro che l'inaugurazione della nuova Mostra della Rivoluzione, avvenuta nello stesso giorno che si inaugurò al Mostra Augustea della Romanità, non rappresenta una coincidenza fortuita; al contrario, non sfugge il nesso che unisce le due manifestazioni nel medesimo spirito. Le sale della Mostra si svolgono intorno ad un cortile centrale. Entrando, a sinistra, ci si trova subito a contatto con una materia drammatica e fatale; si tratta dei ricordi di Serajevo. Poi si passa alle sale dedicate all'intervento e all'irredentismo, che sono state arricchite di /nuovi documenti importantissimi, appartenenti ai volontari della Venezia Tridentina. Si sbocca quindi nel grande salone della Vittoria. ~ella parete più importante è collocato un altorilievo che raffigura il Re soldat0, chiuso in un lungo pastrano e col volto in ombra sotto la visiera del kepl calato sugli occhi. In queste p:-ime sale c'è un gusto forse un po' eccessivo per la stilizza7ione del particolare decorativo, un gusto per il massiccio e il pesante, che del resto era lo stile dell'epoca in cui la Mostra fu allestita in Via Nazionale. Oggi si vede con chiarezza quanto avrebbe giovato una semplicità più linea.re e tranquilla; i documenti e le fotognfie non hanno bisogno di contorni simbolici e polemici: da sé, parlano con maggior forza e persuasione. La realtà cruda, in questi casi, ha in se stessa già tutta l'espressione della storia e il significato della polemica. La prova più evidente è la ricostruzione del • Covo• dì via Paolo da Cannobio, che è la cosa più riuscita e impressionante della Mostra. Tuitavia, giungendo alle sale dell'azione squadrista, tutto cambia e migliora. I do• cumenti e i ricordi risultano nella loro piena evidenza drammatica. Era impossibile, infatti, aggiungere dei commenti decorativi al troncone del ponte di Berta, al masso che fu fatto precipitare sul cam.ion degli squadristi presso Lucca, alle camicie insanguinate, alle fotografie dei martiri stesi nelle bare, ai gagliardetti anneriti, senza turbarne il valore umano e il senso religioso. Nella nuova sistemazione della Mostra, specie per ciò che riguarda direttamente il Fascismo, è evidente lo sforzo di adeguarla ai suoi scopi finali, che non sono più quelli polemici e celebrativi per cui è sorta nel 1932, ma storici e ormai culturali. Ed è cosl che, percorrendo queste sale, si ha l'impressione di tro• varsi in un musco dove tutto è composto secondo un criterio di testimonianza per il futuro. Ogni cosa ci Pt ria o~ma1 in questo senso; cosl la sala di Fiume, e quelle dove sono raccolti i documenti del Congresso di Roma e della crisi ministeriale del '22, dell'occupazione di Palazzo Marino, dell'adunata di ~apoli, del discorso al San Carlo, sino alla Marcia su Roma, e infine alla sala quieta e luminosa dedicata alla vita del Duce. t una sala con poca roba, la più sobria di tutte; ma Il c'è il principio di un nuovo mito che apre la storia insospettata d.iun'Italia che farà stupire. Nella sala di :)itussolìni ci sono poche fotografie commentate da qualche passo autobiografico del Duce o da qualche brano di discorso, ciascuno fissato da una data o da un documento personale. Sono fotografie che non si vedono in, giro o sui giornali; povere, sbiadite, alcune vecchissime, esse ci raccontano quello che non sapremo mai da nessun biografo e da nessun memorialista. I visitatori le guardano con stupore, con una simpatia che ha del patetico. Non s1ha idea di come la gente ami conoscere i grandi uommi ir. quello che hanno avuto di comune col resto dell'umanità. Quel tanto di inafferrabile e intangibile che hanno acquistato con la grandezza e la gloria, viene per un momento dimenticato; essa si trova per tanti lati vicina e con un certo orgoglio si sente come protetta da una sob larietà che è data dalle comuni origini. L'uomo grande che sorte dal popolo, ha subito la simpatia e la fede della gente oscura, di quella su cui egli può contare in ogni momento; essa lo ama anche per quel senso di mitico e di fatale che scopre nel suo destino. 11 visitatore della :vlostra della Rivoluzione osserva le testimonianze dell'epopea squadrista con un nobile distacco, senza quella curiosità disordinata e impulsiva che in genere ispirano le cose di cui non s'ha conoscenza che pf'r sentito dire; ma piuttosto con un atteggiamento di disposizione tranquilla, molto simile a quella che ci porta verso le memorie. t che di fronte a quelle testimonianze il visitatore si trova già nel futuro, e il significato che esse hanno acquistato per lui è quello d'una specie di palingenesi. I giovani nati col Fascismo non possono averne che una coscienza più che altro storica e intuitiva, ma gli adulti ne conservano un ricordo che è rimasto vivamente impresso nella loro vita. Oggi forse più di ieri capiscono che lì, in quelle sale, c'è una rottura e imicme un ricominciamento della storia e della vita degli Italiani, La vita italiana rievocata nella 7\iiostra della Rivoluzione è già tanto lontana e diversa. Chi si rammenta di quegli anni stupisce nel constatare quanta acqua è passata e delle proporzioni assunte dal- !' Italia d'oggi. Ma di una cosa, soprat• rutto, non stupisce: come i morti dei grandi eventi si rassomiglino sempre, sia nel volto, sia nel vestito, sia nelle condizioni sociali. t una rassomiglianza che scopre l'Italia più vera e immutabile, quel• la in cui il Fascismo ha creduto e per la quale si battt quotidianamente; cd è l'Jta. lia p~polarc. Guardate questi morti, guardate I loro indumenti macchiati di sangue e forati dai proiettili: questa è l'Italia che prima della guerra emigrava nelle Americhe e oggi ha conquistato un Impero. GINO VISENTINI Perugia., settembre. [ jOK IL :.1:AGGIO musicale di ~ Firenze, i concerti romani della Ball(ilica di Masscnzio 1 l'Opera alle Terme di Caracalla 1 le rappr~~cmazioni del carro di Tespi 1 e il Festival di \·enezia, si può dire che l'estate di quest'anno fu eccezionalmente piena di intema attività musicale. Quand'ecco 1 ·un ultimo anello si dovrà aggiungé~c illa catena delle recenti feste, con la Sagra i\1usicale dell'l:mbria, già cominciata da due settìmane e ormai presso a finire : svol- ~entesi wnza interruzione, ora jn Perugia, ora in Assisi, nelle differenti chiese di queste due città 1 nelle sale, e nei teatri, con programma sacro e profano. Sul ricordo brillante del Festival di Venezia era rimasta come una macchia, una macchiolina tri,;te, col nome di .Sch0nbergi e l'effetto della sua musica interessante, ma deleteria. Nelle note illustrative dei programmi del Festival ce n'era una di Ferdinando Ballo appunto su Arnold Sch0nbcrg, che attrasse la nostra attenzione per l'opportunità e il modo con cui era scritta. Diceva cosi : e .E: for,e necessario aver visto un ritratto del Maestro dell'espressionismo per rivivere l'atmosfera di limpida e disperata follia che avviluppa tutta la sua musica. Una fotografia, ad esempio, premessa ali' edizione del terzo quartetto, lo rivela in modo pauroso : l'abito nero ha un tono macabro le mani pesanti e rugose sembrano' di creta, la sinistra raccoglie con gesto avaro le dita intorno a un mozzicone di sigaro. La testa è quella di uno ~accin~ in abito da: sera; la figura 1~tera e quella di un delinquente, e ncord~ cene figure di Fritz Lang, l'orrore d1 Franken$ttin e certi personaggi dei Giganti di D0blin :t. Il mondo angosciato e delittuoso della su.a. arte ha una celebre epigrafe: « Vo,c, le temp$ de$ assassins >. .E: la profezia di Rimbaud che si compie traducendo nei simboli della vita moderna le illuminazioni di una follia. Press'a poco questo effetto ci fece anche la sua Suite, irta, vuota, leggera, come una scultura fatta col filo di ferro. Che composizione stranissima, un cifrario da codice segreto! Ascoltandola vien paura di capire, Musica senza su~ pcrficie: d'una vibrazione così debole e vecchia che fa pensare al pelo d'un ebreo. Sordità di stoffa. Scricchiolìo di mobilucci nel buio. Fremito di carte scolature di candela, soffio di fe~sure. Tutto evoca un'assenza. Quintessenza dell'inerzia e dell'abbandono. Tutto è in briciole e lembi, come un guardaroba mangiato dai topi, intorno a un tavolinetto a tre gambe s~I- quale qualcuno ha fatto dello spirmsmo. Musica degli alloggi sordidi 1 dei vecchi mendicanti spariti, e che han un tesoro sotto il materasso marcio. Ricerca, prurigine, grattamenti dietro una porta. Frammenti ricuperati da una corrente d'aria che saltano come rabbuffi l'uno sull'altro, senza riuscire a far corpo, né peso. Poi lo stridore minuzioso di molti pennini d'acciaio che scrivono cose insematc in lettere sconosciute, e ogni tanto il diabolico gocciolio del lavandino, attraverso il qualei secondo il poeta, s'introduce nella cella dell'asilo il demonio degli alienati. Di quella musica, insomma, che ha l'aria di una confessione abbietta, e chei pur valendo moltis.simo 1 avvilisce l'ascoltatore. Cn'arte, dunque, tutt'altro che mediterranea. ~[a qui da noi non alligna la paura selvaggia e il romanticismo spietato di quei tremendi paesi dell'oscurissimo ~ord, che sono i paesi dei cast'elli in aria e dei buchi nell'acqua. Qui la vita non è un problema da risolvere, la natura non è un nemico da combattere e da uccidere. Eerversioni, sdoppiamenti, ubbriacature e fantasmi 1 ideologie e rimorsi del Nord, noi mediterranei non vi conosciamo. Qui, in questo classico e luminoso mondo mediterraneo, l'immortalità è nell'aria. Gli uomini e le statue se l'intendono benissimo fra di loro 1 senza bisogno di medium e di complotti spiritici. Questo antichissimo centro umano 1 che è il bacino del Mediterraneo, è sempre stato come un gran teatro echeggiante senza tregua di azioni sublimi e contornato di solitudini mute. Teatro della storia e della civiltà: l'Egiziana, la Greca, la Romana, se- (tuite da quella del Rinascimento, poi dagli splendidi dominì, di Venezia e di Genova, e finalmente, oggi 1 dal realismo imperiale dell'Italia forte e. pacifica. L't:mbria, terra dei santi e della semplicità cristiana, ci ha dato con la Sagra .\1usicale una serie di ammaestramenti, d'incoraggiamenti e di gioie riposanti e dolcissime. In questo senso iniziamo l'elogio e l'elenco delle varie manifestazioni di Perugia e di Assisi, fra le quali meritano una speciale menzione quelle di musica sacra, con il fortunato e pre· q:evole Stabat i\l!ater di ~lario Labroca, che inaugurava la stagione nella Chiesa di San Pietro; con i concerti sinfonico coralii comprendenti L'in/an- '-ia di Cristo di Ettore Berlioz; con l'oratorio La p(LJsione di Cremisini, vincitore del Concorso Visconti di ~1:odrone; e con lo Stabat ,Water di Rossini diretto dallo stesso maestro Viscot)ti di ~odrone. Dentro la famosa chiesa di San Francesco in Assisii invece 1 venne eseguita una .\1essa Gregoriana diretta da Y!onsignor Onorio Magnoni. :"J'ell'atmosrera azzurrìna e isolante di questo luogo sacro, appartato come un angolo del cielo, echeggiarono le melodie liturgiche 1 i canti più remoti, gli inni cristiani delle catac?mbe. . E intorno a queste solenm esecuz10ni1 fiorirono le più svariate celebrazioni della cultura musicale, con le conferenze, nella Sala dei Notari ?i Perugia, di Johannes \Volf: e L'Italia e la musica religiosa medioevale >, del maestro Visconti di Modrone su e Berlioz e l'oratorio romantico dcli' '800 >; con la conferenza-concerto sul canto gregoriano, tenuta da Monsignor ~agnoni del pontificio Istituto di Musica Sacra; e, finalmente, con quella di Fausto Torrefranca sulle e Forme musicali organistiche >, seguita da un concert~ per organo dell'organista Germani. Qui non possiamo dire di tutto qu~l che si è fatto, e di quel che ancora nmane a fare in Umbria, prima che la Sagra sia finita. li programma, foltissimo di avvenimenti e d1 nomi, fa un volume inter• minabile. Basterà menzionare i direttori che ebbero la parte più impor.tante nelle feste: Ferdinando Previtali, Gino Marinuzzi e il Visconti di :Modrone, ai quali bisogna aggiungere, per le prossime rappresentazioni del Teatro Spirituale "(sul quale tcrrài prima, una conferenza Henry Prunière, il celebre musicologo di Parigi), quello del maestro Capuana, che dirigerà al teatro ~{orlacchi Giona di Caris,imi, ,\! aria Egi{iaca di Respighi, e la Sacra Rappresenta1;ione di Abram e d'lsaac di Ildebrando Pizzetti. Fino ad ora, quel che ottenne il maggior successo, e la cui esecuzione va lodata senza riserve 1 fu l'oratorio L'in/antia di Cristo di Berlioz eseguito sabato scorso1 • e per la seconda volta, nella chiesa di San Pietro a Pcrugia 1 sotto la direzione \·eramcnte ispirata di Gino Marinuzzi e con i migliori interpreti che si potessero desiderare : Elena Nicolaii Giovanni Malipieroi Carlo Tagliabue 1 Duilio Baronti, Adelio Zagonara e Augusto Romani. Ci siamo domandati cosa avrebbe detto quel puro e ferocissimo Berlioz se avesse potuto ascoltare un1edizione italiana così bella e completa del suo intere~~ante oratorio. Gran nemico del melodramma e del e gigionismo :t italiano era Berlioz, e un romantico più acceso del pittore Delacroix. Aveva infatti un caratteraccio, stravagante ma genialissimo. Qualche volta così avventato da sembrar matto : un artista che metteva facilmente il piede nel vuoto, e come l'astrologo, inseguendo le stellei precipitava nel pozzo! Quest'uomo che rischiava d'essere immortale 1 pigliava luccìole per lanterne1 e, per una svista, le sue più audaci concezioni, qualche volta 1 tombaient à l' eau. Fece anche lui della critica durante la sua lunga e agitatissima esistenza, e la fece con un cattivo umore e una malagrazia spaventevoli. t..:n giudice eccessivamente spietato e infelice fu il povero Berlioz: un uomo, prima, tutto fuoco, e, poi 1 tutto catarro; ma sempre irriducibile. La funzione di censore lo aveva avvelenatoi e lo condus~e alla tomba. BRUNO BARILLI RIZZOLI &: C.•. \n. ptr l'Anc d~l1• S11mp•. Mil,n., RIPRODUZIOSI i;SEC,UITE CO:-. )UTf:Rl.\1.K FOTOGR,\FICO • FF.RR.\SI,\., -
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