Omnibus - anno I - n. 26 - 25 settembre 1937

(CONTINtJil. D.U NVl[Bl\O PRBOBDBNTB) 'JBARONO un'altra macchina, e lasciato St. Louis fila- . rono verso sud. Attraversarono il Texas senza incidenti; ~: non a quelli che capitava loro di derubare, Cominciavano a sperare in un futuro meno tempestosb. Vicino a Pecos, nel Texas, videro sulla strada uno zoppetto, magrolino, dall'aria a- ~tuta e malazzata. Lo fecero satire, e gli chic5ero se andava lontano. « Verso la costa, quanto mi porteranno le gambe >, rispose. e E se incontra~i parecchia gente come voi, arriverei a tempo in California per il raccolto delle lattughe, e troverei lavoro>. Irene disse: « Se prima non litighiamo, potremo arrivare in California tutti insieme >. Cosi chiacchierando, cercavano un po' di scandagliarsi; e a poco a poco la conversazione si fece più confidenziale. Lo zoppctto s'era pl'C5Cntato come Joe Wells; ma dette presto il suo vero nome. Rimboccò un gambale dei calzoni, e sciolse un bastoncello che teneva legato allo stinco e che l'aiutava a fingersi wppo. Era ~appato di carcere. Irene e Dague si dettero un'occhiata. Con un tipo simile, c'era da fidarsi? Ma Joe Ji prevenne: « Meno mi racconterete di voi, e meno $.iprò se, un giorno o l'altro, fossi costretto a parlare >. e Benissimo>, rispose Irene; « e ba.sta soltanto che anche voi sappiate questo: ch'è meglio non vi facciate peKare in no• stra compagnia>. Joe Wells era un elemento prezioso : come cuoco, come ~ntinella e come buffone della brigata. Progettavano di scendere al Messico; e risalire poi in California, dove si metterebbero a fare i contadini. Ne avevano abbastanza della vita di gangsters. ,Ma in Arizona cominciò a tirare cattivo vento un'altra volta. Les!(_·ro nei Aiornali che le loro tracce erano state se'guite fino al Texas: "Presso Florence, ]rene andò con la macchina a una pompa di benzina; Dague e Joe .si tenevano un po' indietro, a vedere che cosa sarebbe succCMO. Un omaccione, col cappellaccio da cowboy, u~i dalla baracca. Irene chiese benzina ; e l'omaccione si mise ad empire il serbatoio. Ma andava facendolo in maniera cosi inesperta, che Irene s'insospettì. Quando stava per ripartire, l'uomo cacciò sulla nuca il cappello, e domandò il certificato d'acquisto della vettura. Irene cascava dalle nuvole. L'omaccione insisté, vociferò. E le ordinò di fargli posto al volante; avrebbe pen~to lui a por• tarla dallo sceriffo. Fingendo di piangere e disperarsi, Irene non mancò d'urtare il bottone del clacson. E lentamente faceva posto all'omaccione. Questi s'era aµpena messo al volan• te, che sentì alle spalle· una voce d'uomo : « Mani in alto, e scendere subito >. Non c'era che rassegnarsi. Sotto alla minaccia di due rivoltelle, passò sul sedile posteriore, fra Joc e Irene. Col passeggero involontario, i tre disperati viaggiarono a gran velo• cità; finché sostarono, a notte, in una campagna deserta. Joe non volle saperne dell'idea d'accendere un po' di fuoco. Studiavano il loro prigioniero, ma senza nessuna acredioe. Ed anche lui si fece cordiale. Confessò ch'era un agente dello sceriffo. Aveva letto che Dague e Irene dovevano trovarsi da quelle parti; e nonostante l'abito maschile aveva capito che Irene era una donna. e I giorni di lavoro, son Joe Chapman. Ma le domeniche>, aggiunse con una r,unta di vanità: e le domeniche, sono il reverendo Chapman, protestante episcopale >. In quella 1regua notturna, ricordandosi deUa propria adolescenza e del presbiterio paterno, Dague di-.cusse di materia teologica col reverendo Chapman; e Joe Wells inseriva caustiche battute da miscredente. Irene stava a sentire, fascinata dall'eloquenza e dalla dottrina di Daguc. Possi• bile che quell'oratore dalla voce p~- stosa e così istruito, possibile fosse 11 suo uomo, il suo amante? E provava un orgoglio non scevro di paura, come un mend·co che per istrada abbia raccattato un tesoro. La mattina, nell'automobile, prima di ripartire, Joe Wells disse a Chapman : « Lei è un bravo predicatore. Ma .sia buonino con noi. La deporremo sano e salvo in qualche parte. E lei in compenso, c'insegni la strada più ;icura per u~irc di qui >. Chapman rifletteva, e i tre ~lavano a guardarlo. Avrrbbc prevalso la buona fede del prete o l'astuzia del poliziotto? e Credo che per voialtri sia meglio passare per Chandler >, disse finalmente; e lo disse da amico. Evitarono strade troppo battute; e soltanto veI"50 mezzanotte traversarono Chandler; passata la quale, secondo la promessa, avrebbero rilasciato Chapman. Erano quasi fuori dell'abitato, e si mettevano per una scorciatoia, quando Joe Wells dette l'allarme. Dague e Irene si voltarono; e videro i fari d'una grossa automobile che li inseguiva ad un'andatura talmente indiavolata che si sentirono in corpo una scossa elettrica. La loro vettura era una Packard poderosa, e Dague la faceva valere. Dalla macchina,. inseguitrice cominciò una sparatoria. e il piombo crivellava la Packard, che tuttavia faceva cammino. Ma sarebbe stata questione di miglia. E i disgraziati si prepararono a saltar giù. Fermando sul ciglio d'un campo, passarono ìh luce dinanzi ai fanali della Packard; in modo che gli illSCguitori credessero ch'erano entrati nel campo. Invece, girarono intorno alla macchina, e si misero a correre nel margine buio della strada, Uhi• mo a scendere fu Chapman i che già arrivava la piittuglia con fucili, revolver e mitragliatrici. Non ebbe tempo di farsi riconoscere per uno dei loro, e fu steso morto. Anche un altro agente ci rimise la pelle. S'era inol trato nel campo, per cercare i fuggiaschi; e nell'oscurità e nella confusione buscò una fucilata. Anziché allontanarsi da Chandler, i tre si tennero un pezzo acquattati nel buio; entrarono in città separatamente, e poi si riunirono. Quella mattina, la città s'era svegliata presto, preparandosi a una battuta in grande stile. A chi sarebbe saltato in mente che, di propria scelta, i fuggiaschi verreb• bero a ficcarsi nel covo dei persecutori? E così. es.si prelevarono ancora una Packard, che insieme ad altre automobili era al postejl!liO davanti a un garage. Joe Wells trattenne il padrone del garage, chiedendogli lavoro; e l'occupò ed esasperò con la sua insistenza, finché quello fu chiamato al telefono. Allora usci, e raggiunse gli altri due, che frattanto avevano effettuato il prelevamento. Ebbero venti minuti d'anticipo, prima che al garage s'accorgessero del furto; e ne seppero profittare. Si but• tarono in direzione di Phet:nix, capitale dcli' Arizona. Di qui innanzi, ci serviamo quasi integralmente del memoriale d'Irene Shrader, come fu pubblicato nel New York Daily Mirror. Onnai è evidente ch'era lei che dirigeva tutto. t impossibile supporre che si mantenesse così fredda ed intrepida per pura e semplice ignoranza di quanto si .stava preparando. E sapeva bcnissimo che le rotabili formicolavano di sceriffi ed agenti in automdbile, in motocicle na e a cavallo. Ch'erano stati scater,ati cani poliziotti, dopo averli portati a fiutare nella Packard abbandonata a Chandler. Che alla caccia partecipavano pattuglie d'Indiani Apache, sagaciMimi in una gufarig1ia di aperta campagna. E il cielo rombava d'aeroplani. Con ,tutto ciò, arrivarono a Phoenix. Ma era assurdo voler traversare la città, e cercarono scampo in qualche via laterale. « Nel West Virginia>, scrisse Irene, e c'è sempre qualche parallela alla strada maestra; e, se è tenuta meno bene, è anche meno frequentata dalla polizia. In Arizona è tutto diverso. Chi esce dalla ~trada maestra è perduto. E per noi era come se fossimo entrati in una trappola enonne, lunga cinquecento chilometri. e A un crocevia, in prossimità di Phoenix, voltammo a destra. A poco a poco le case diradarono e ces.,arono; e la strada diventava una carrercccia senz'altro segno che quelli delle ruote; poi diventava come il letto d'un fiume rimasto a secco, e pieno di rena e di ghiaia i finché si scancellava completamente, in una sorta di deserto, ingombro di massi e d'alberi morti, e dove era impossibile inoltrarsi con la macchina. « S'erano fatti centoventi chilometri, con questo bel risultato. Tornammo indietro, e traversammo il crocevia. Risoluzione temeraria; ma non c'era da far altro. Per fonuna, al crocevia, non vigilava nessuno. Si tentò dunque dall'altra parte. E Dague s'immaginava che questa nuova strada portasse in Messico; e che di lì, lungo la costa, si sarebbe potuto risalire verso Lo~ Angeles. « Tanto io che Dague ci si raccomandava a Joc Wclls; che ci lasciasse, e dicesse che non ci aveva mai visti. Rifiutò, e \asteneva che, senza lui, in quei posti selvaggi, non ce la saremmo cavata.; come se io e Dague fossimo ragazzini. Si fece un centinaio di chilometri, su questa seconda travc~a di sinistrai che, come l'altra, finiva in niente. Si tornò indietro; e si rifece poi un'altra volta, nel caso che qualche passaggio ci fosse sfuggito. Si rinunciò soltanto dopo quattrocento chilometri d'andirivieni. « S'era ad un fiwne chiamato Gila, dal nome d'un rettile velenoso. E per noi fu velenoso davvero. Lasciammo la macchina. Joe le dava dei colpetti sul cruscotto e la chiamava con dolci nomignoli, dicendole addio. Anche noi s'era fatto conto che alla fine ci avrebbe portati in California. E, a lasciarla, sentimmo come se ci avessero cacciati di ca,;a nostra. « L'acqua del fiume ci dava al ginocchio, e fu facile il guado. Ma le pietre mi tagliuZ7..arono i piedi. E :1 peggio fu quando la .sabbia, il sole e i vestiti cominciarono a darci una prurigine che ci pareva d'impazzire. Col~ line e montagne, la nostra mèta, s1 scorgevano laggiù in fondo. Scmbr~: vano lontane; ma erano anche p1u lontane di quanto sembras.sero. Si fece notte, e s'era sempre allo st~ punto nonostante avessimo camminato a ro~ta di collo. Dague e Joe si preoccupavano soprattutto di mc; e jo capivo che Dague meditava di cJnsegnar~i agli agenti; se con questo io mi potessi salvare. Quando Joe Wells ebbe preso sonno, chiesi a Dague s'egli era ancor sveglio e gli dissi : " Per ora, noi non molliamo; ma se più in qua dovessimo mollare, allora promettimi una cosa 11 • Domandò che cosa... Dcvi giurarmi di non prendere la colpa soltanto su te. Noi abbiamo fatto tutto ·d'accordo. Se ci anderà bene, non desidero che vivere in pace con te. Se ci anderà male, voglio dividere i tuoi guai e morire con te". « Cercò qualche obiezione. Io ripresi: " t la sola specie di matrimonio che possiamo avere tu ed io. Cercando di tenermi fuori dei tuoi guai, è come se tu mi rinnegassi. E che vantaggio te ne verrebbe? ". Così, egli giurò che aVTemmo fatto cinquanta e cinquanta. e Ci mettemmo a dormi.re. Ma saranno passati appena dieci minuti, che Joc Wells ci svegliò: "Guardate". Era un gran fuoco d'erbc secche, che correva sui lati del cammino da noi percorso. Gli Indiani davano fuoco alle erbe e alle stoppie, perché questo è il loro metodo d'inseguimento. Si dividono in due gruppi : il gruppo_ di. destra dà fuoco all'erba, e quelli _d, sinistra stanno a vedere se le siluette degli inseguiti si profilano nere contro la luce. Poi fanno lo stesso dall'altra parte; e così è difficile non esser scorti. e Disse Joe Wells : 11 Ha!1no trovato l'automobile e hanno capito che cerchiamo d'ar~ivare alle alture. O ci arriviamo prima di loro1 o per noi è finita 11 • e Sebbene stanchi morti, si ricominciò a s.cappare, gobboni; e con lung~i zig.zag, per evitare i p~ss~g~i tra 11 fuoco e le scolte. Alla pnmm1ma luce dell'alba s'era sull'orlo d'un canale piuttost~ profondo; e Joe di~.sc eh~ potevamo camminare senza nguardi, che tanto, fatto giorno, ci a~rebber~ visù in ogni modo. Mi sedetti; e ml sarei messa a piangere, se non foss1 stata intontita e talmente stanca che di piangere non avevo neanche la forza. , Dague disse: 11 Aspettiamo qui gl! Indiani". Mi riscossi. Dondolavo 1 piedi nell'acqua, e il gelo dell'acqua fini di destarmi. Si guadò, con- l'aiuto di Joe che sapeva nuotare. Si riprese il cammino. Fu allora' che Joe scorse il primo [odiano, ma lontanissimo. 11 Sono Indiani ", dis.se, 11 perché marciano sempre ricurvi, invece che dritti come noi ". La vista dcli' Indiano l'a• veva demorali7..zato; e cominciò a non esser più lui. « Non voglio dir male di Joe; uno dei più c-;i.riamici che aLbia mai avuti. Ma il fatto è questo: che gli uomini resistono meno delle donne, ad una pena e un crepacuore come quelli nei quali ci si trovava: fradici e pieni ji prurito; con quel camminare e cam• minare, urtandoci e sbucciandoci allr pietre; e con l'intima convinzione che, dopo tutto1 era inutile, perché gli Indiani e gli .sceriffi alla fine ci avrebbero presi. e Sono sicura che le donne, in trincea, sarebbero state ottimi soldati. Meglio degli uomini. Almeno le donne povere. Gli uomini sono abituati a una qualità di fatica, e le donne ad un'altra. Gli uomini non sentono le ferite, in combattimento o in una gara sportiva; dove insomma ci sia dell'eccitazione. Ma le donne sopportano la fatica e il dolore più tetro e monotono; e scot• tarsi con l'acqua bollente quando ri• governano, e rompersi le unghie a lucidare gli impiantiti. e Fino a che la cosa fu come uno sport, Joe Wells andò benissimo; e faceva da cucina nei boschi, o nuotava nei fiumi ; tutto come in un film. Ma quando quello che si faceva diventò inutile e disperato j e camminare coi piedi che dolevano, e non arrivare mai e mai; allora fui io a far coraggio. Jo ero abituata a ramminare coi piedi intormentiti. Nel ristorante dove lavoravo quando conobbi Dague, che mi dolessero i piedi o non mi dolessero, andavo in giro lo stesso, q,n quei vassoi così carichi. « Joe si buttò a terra, e di,se: 11 Fermiamoci, e aspettiamo che arrivino". Fra l'altro, era rimasto senza sigarette; e si immaginava che gli sceriffi, quando ci arrestavano, gli avrebbero dato da JOE WELLB fumare. Fui io che volli andare avanti: "Ancora rion ci hanno presi-", dicevo. " E se ci ficchiamo fra quelle gole, può essere che siamo salvi 11 • Cercavo di tener su Joe, di~ndo. come ~remmo ~tati bene in Califorma, se St poteva arrivarci e avessimo trovato da lavorare alle' lattughe. . . e Quello che lo decise ~ .muov~rs1, fu vedere la truppa che c1 inseguiva : un esercito di bianchi e d'Indiani, benché fossero ancora piccoli come formiche. Da un'ora si saliva, e Dague era un po' avanti. Lo vidi fermarsi in atto d'ascoltare. E sentii anch'io il rumore d'un aeroplano. « L'aeroplano sbucò dalla nebbia, volteggiò, e il sole gli batté sull'ali. Venne da destra, girò alle no.s_tre spalle, e spari dietro un c?s~one. S1 pe~s.ava che non ci avesse visti. Invece riapparve, e ci aveva visti di sicuro; perché calò lentamente nella nostra direzione, e giunto sopra noi fece una specie di tuffo. Joc ci spiegò ch'~ra pe,: indicar~ la nostra posizione aglt scenffi e agh Indiani. e Allora Daguc perse _un ~hino la testa · e si vede che gli torno la sua religi~ne. Guardando ~I mon~ccllo !ul quale si stava arramp1candoc1, comm: ciò a cantare l'inno: 11 O Rupe dei Tempi". Aveva una ~~ona ~oce. Gli Indiani avanzavano p1u rapidamente degli sce:iffi; e il doppi? più rapida• mente d1 quanto potessimo avanzare noi. Giungemmo, tuttavia, in cima al monticello; e si pensava di v~rcare ad un monte più alto ch'era lì dtelro. Ma gli Indiani già penetravano nella v~lletta intermedia; e così fummo circondati. « 1n cima al monticello era un blocco di macigno, della dimensione d'un ripostiglio di cucina. Era affondato nel terreno e tutto intorno correva una incavat~ra dove potemmo distenderci e ripararci. I proiettili cominciavano ad arrivare. E così da vicino, che .scheggiavano la roccia sotto alla quale si stava rimpiattati. Que~to mi fece diventare come pazza. L'avrei voluta uccidere, quella gente che voleva uccidere noi. Saltai fuori e tirai in direzione degli Indiani. Non li vedevo; ma essi vedevano mc, probabilmente ; un proiettile mi ferì al collo; mi tov cai, e la mano era tutta insanguinata. « L'aeroplano tornò, s'abbassò. No[! capivo se era il rumore del motore o della mitragliatrice. La roccia schizzava scheggie ; e mi acquattai sotto, a riparo. In tutto questo tempo, Dague era stato a contemplare una nuvola; i suoi occhi erano diventati straordinariamente grandi, e la loro espressione mi fece paura. "Che hai, amore? " gli chiesi. « Mi guardò come se non m'avesse mai vista. Accennò la nuvola, e disse che vedeva l'immagine di Nostro Signor Gesù Cristo; e su quel fracas.so, gridò che il Signore diceva : " Ra55egnatevi, e non abbiate paura, Io sono con i miei pargoli 11 • Muoveva le labbra, come se pregasse. E pregai anch'io : " A te mi rendo, dolce Signore; non agli Indiani. Amen 11 •· A questo modo, quattro o cinquemila chilometri da dove era cominciata, e tre settimane dopo che i due avevano deciso di non morire di fame: a que• sto modo finì l'avventura di Dagu<' e d'Irene. Furono rinchiusi in una carceres d'Arizona. Joe Wclls lo proces.sarono cd impiccarono in Arizona, per l'eccidio del secondo agente a Chandler; cd egli non c'entrava né punto né poco. Invece, Dagucs ed Irene furono portati in Pennsylvania. Nell'istruttoria, venne interrogato anche il bambino d'Irene. « La mamma >, rispose orgogliosamente agli agenti, e nr ha amma:u.ati due come voi ». La testimonianza ebbe grandissimo peso. Irene insisteva che era lei che aveva ucciso Brady Paul ; e Dague diceva ch'era stato lui. Risultò che il revolver d'Irene era di calibro 32; quello di Daguc, 38; e la palla che uccise Brady Paul era di calibro 38. La difesa chiedeva che a Irene si risparmiasse la pena capit3le, in considerazione del figlio. Ma 11 Pubblico Ministero ribatté ch'era meglio mandarla sulla se.dia elettrica, proprio per questa considerazione. Due ore i giu• rati stettero rinchiusi a discutere. Una donna faceva parte della giuria ; e quando i dodici giurati rientrarono nell'aula, la donna sorrideva j parve buon segno. Finché venne letto il verdetto: « Assassinio di primo grado, e si insiste per la pena di morte•· Fra il pubblico, le sorelle d'Irene singhiozuvano. Ella le guardò con c,;prcssione di disgusto. Furono ricondotti in prigione. La cella di Daguc era sotto a quella dt(rene. Se parlavano forte, per la tubatura dell'acqua potevano farsi arrivare qualche parola: « Come va, Dague? >. e Benissimo, e te? :t. e Bene>, rispondeva. cE perché non sali? :t. « Non posso•· Ed ecco una specie di poesiola d'Irene, in quegli ultimi giorni, avanti l'esecuzione: Acqua quando ho sete Whisky se la sete è più forte, O amante venuto dal cielo Per me fino alla morte. IL TARLO Nota. · R1co1tru.ita dal T arto sui docu• m,n1i processuali, sui rtsoconli del New York Daily Mirror e d'altri 1io,nali, , su. una spui, di memo,iale, dellato da Irene Shradu, i questa la storia di ,mo dtì più • c,11di t tocca11ti epiJodi di vitti (lrntr:cana

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