L ( ILSORCIINOGONDOLA ) ~u~~ DEFLESTIVAL Venezia, settembre. I PICCOLI TEATRI della vecchia Italia sono i più belli del mondo. llluminati all'antica in un modo torbido e brillante i teatri piccoli ci sembrano più teatro dei grandi. C'è dentro un'aria piena di contentezza. Ed è già di per sé un gran piacere queJlo di sentirsi seduti per bene in un teatrino come per esempio il Goldoni di Venezia. I suoi posti, i suoi palchetti, e la scena, tutto è distribuito in vista dell'economia dello spazio e della boot,\ dell'acustica. Ci si sente più vicini, ma più grandi, più legati l'uno all'altro, ma più personificati. E ciascuno, al davanzale, ha l'aria di un iperbolico colosso. Dei palchi, vi dico, di Lilliput, ove giganteggiano a mezzo busto le figure degli spettatori. Sormontati d'un fregio d'oro, come logge nelle moschee, i palchetti del minuscolo e preziow teatro son cosl piccoli e brevi che le mirifiche dame in decolleté dell'aristocrazia veneziana sembrano delle gigantesse del cielo. L'altra sera, al Festival musicale, guardando intorno per la sala ero addirittura persuaso di trovarmi tra le meraviglie di Gulliver. Che opulenza finissima e sotùle di creature mondane! Le spalle, le braccia nude, uscite da una larga e profonda nobiltà, le chiome a tre.ccie d'un biondo mas~iccio come delle corone reali, esse sfolgoravano, l'una più dell'altra, nella penombra. C'era del Tiziano dappertutto, su tutte quelle belle donne; del Tiziano, del Giorgione, e non potevo fare a meno di pensare a questo, mentre il piani<,ta Horszowsky ci accarezzava, ci risciacquava le orecchie con la musi• ca funebre e lieve del compianto Szi. manowski. Una Sonata e due Mazurche, nelle quali si può riconoscere che si tratta, senza rimedio, di musica moderna, e che si è su questo terreno sì volubile e incerto. Si brancola con delle probabilità di urtare, o di sfiorare delle cose tenere, =,ùcressanti, interrotte, e d'una turbolenza lenta, gonfia di pianto, e dettagliata e tremante, come le foglie del salice. Che nella cornice di un teatrino così perfetto il vaglio e la selezione deile diverse opere avvenga di per sé, nessuna meraviglia. .B un luogo stesso che per la sua sincera annonia ambientale ,cmbra fatto per creare sospetti e :welare insufficienze. Qui è il tappeto verde della musica. In questa atmosfera dunque abbiamo visto qualche giovanile speranza che- aveva bene cominciato anne~are miseramente in un semplice bicchier d'acqua. Passarono in carovana i numeri della Fortuna, i molti compositori senz'altra importanza che quella che si davano essi stessi i e ogni sorta avariata di nutrimenti o tripperie musicali girò intorno dinanzi ai nostri occhi trionfante di ridicolo. D'altronde le opere belle, interessanti, o forti o nuove, eccole sorgere dal silenzio, star su, farsi avanti più o meno mfracolosamente. E così, Marchievic l'astronomico, il meteorico Rieti, e~tcmporanco, che agita gli ingredienti del suo concerto come un cocktail, Rocca, che fa il Walt Disney, Massarani, irriconoscibile, Mario Labroca; e forse anche Castelnuovo e Gorini, dei quali vorremmo parlare e quanto volentieri, per quel tanto che meritano. Ma a Luigi Dalla Piccola se non altro per la prima delle sue tre Laudi, per voce acuta e orchestra da camera, va molto della nostra gratitudine. Egli si fa ascoltare per amore, non per forza. Il suo orecchio ~ un filtro. Dalla Piccola ha un tono solo, tipico, originale, ispirato e fenno j se se ne stacca è perduto. Vediamo con lui: la :Vfadonna, di legno colorato, sotto una raggiante corona di lampadine ~lettriche; dietro il vetro della custodia le larime colano; concento estatico; preghiere diluite delle trombe, e sus• :i.urrante fuga d'aria dal pedale di un organo. Dalla Piccola crea delle colonne sonore d'una qualità sorprendente, e può ipnotizzarci se vuole, a patto che rion si parta dai suoi accordi in fusione, e che vieti a se stesso ogni moto contrappuntistico. Un bambino. Nella sua voce di sonno c'è l'euforia verticale dell'assenzio. Suscitò qualche contrasto l'esecuzione, del resto impeccabile, di una Suite di SchOnberg, il campione dell'atonalismo. Atonalismo, quanto dire della scrittura in margine : notazioni sparse del dormiveglia, segnate a tastoni sulla carta senza accendere la candela : se va, va. Il mattino seguente non ci si capisce più niente, irnpossibiie decifrare quegli sgorbi.,.. Cifre strane, e però impregnate di telepatia musicale. Deboli aggruppa- .i:nenti di entità sonore senza analogie né parentela, e tuttavia tutte insieme partecipanti di quel disordine dello spirito che segue alla memoria perduta. t un'arte seguita e ricercata nell' al di là; ci fa rimaner perplessi, ma si impone all'immaginazione come lo spi-- ritismo. In quanto a Igor Stravinski egli ci sorprese doppiamente, ed era prevedibile. Stravinski è diventato anche ur:. grandissimo direttore d'orchestra. Chi potrebbe dirigere e concertare le sue cose come lui stesso? .B un fenomeno: stacca i tempi, lancia delle trovate, sempre più enormi e vivificanti, con un moto vario e un gesto così sottile e potente, che tutto è detto, e tutto è capito, in un continuo volo di insegnamenti e di coman~ di, seguiti, obbediti all'istante. E Dio sa quanto ciò sia difficile. Tuttavia è un giuoco per lui, un giuoco meraviglioso: e Jeu de cartes >, co~Si-chiama. Che aplomb, che genio: Stravinski è i1 tuono in dettaglio. La ma mu~ica di e ]eu de cartes » rientra nei ranghi con una manovra sempre più regolamentare e tuttavia profondamente fantastica. Ecco del nuovo, dell'audacia, dcli~ emozione, senza limiti. Che quest'opera sia un balletto lo si vede quand'egli dirige. L'ha nel corpo. BRUNO BARILLI Paroo del db,rtimut.1 SCENDEMMO dall'automobile facemmo alcuni passi sulla ghiaia, nel vialetto assolato: « Il signor Pelucchi? > chie• demmo. Seduta all'ombra degli alberi, accanto al carrouone zingaresco dipinto in a:zzurro, la giovane donna posò sul piattino la tazza del tè che stava sorbendo : e Lo cerchino nel parco, alla motonautica o ali' "otto volante". Dove vedono ferma un'" Ardita" celeste, troveranno anche lui >, rispose, snodando verso di noi il suo collo sottile. Ci inoltrammo nel viale del parco, e lo percorremmo velocemente su e giù, un paio di volte. V'erano macchine rosse, nere, azzurre, gialle, violette, ma nessuna celeste. Decidemmo di attendere ed andammo a sederci sotto i lecci, ad uno dei tavoli del bar. La folla passeggiava davanti a noi, soffermandosi davanti alle baracche. Pelucchi >1 ci avvertì una voce. Una macchina celeste rasentò la sieMezz'ora passò. Finalmente: « Ecco pc di mortella e venne a fermarsi davanti al bar. Scese un gigante, con la camicia aperta sul collo. Si avvicinò alla comitiva. salutò con un gesto della mano : « Ragazzi, vogliono mettere il biglietto d'ingresso>, esclamò. Ci accostammo ad Emilio Pelucchi, · e.on una certa apprensione. Forse non era quello il momento più adatto per un'intervista. Infatti, alla nostra domanda: « .B lei il signor Pelucchi? >, come se non l'avesse intesa, finì di dare un ordine a qualcuno; poi, finalmente accordandoci la sua attenzione: « Sono io>, rispose. Gli spiegammo alla meglio lo scopo della nostra visita. Quand'ebbe capito di che si trattava, parve riflettere un istante e si avviò con noi sotto gli .-11beri : « Posseggo la più vasta organizzazione internazionale di pubblìci divertimenti>, disse con orgoglio. Eravamo giunti all'accampamento dei nomadi. Una diecina di carrozzoni, da una parte e dall'altra del vialetto1 erano fenn.i nella luce che filtrava dagli alberi. Vicino al suo carrozzone, azzun o e somigliante a uno sleeping, Pelucchi scorse wpra una sedia una bacinella colma d'acqua. Si tolse la giacca, riml+>ecò le maniche e vi si gettò sopra, immergendovi la faccia. Intanto, dall'interno della vettura, ci venne portata una poltroncina foderata di raso. Sullo schienale v'erano impresse le iniziali di Pelucchi : E. P.. La stessa sigla appariva in un angolo, sui vetri molati del carrozzone. Mentre si asciugava la faccia, Pclucchi si avvicinò: « Ero a Milano >, mi disse, « quando mi giunse dall'onorevole Bonomi la richiesta di venir qui a impiantare il parco. L'offerta venne un po' tardi. Avevo gran parte del materiale impegnato all'estero. Avrei potuto metter su il più grande LunaPark del mondo, più grande di quelli americani>. In quel momento comparve H socio di Pclucchi: Drouet. Pelucchi e Drouet sono amici fin dalla più tenera infanzia. Drouet è un francese dagli occhi chiari e i capelli bianchi. Nacque a Maddaloni, durante una tournée del padre di Pelucchi. Il padre di Pelucchi gestiva un negozio di vino a Porta Vittoria, a Milano. Faceva magri affari. Una notte andò a trovare un suo amico che aveva un e otto volante>- L'amico era seduto sulla sponda del letto e verifinva gli incassi della g!ornata. Sulla coltre erano sparsi fasci di biglietti di vario taglio e monete d'argento. Il vinaio rimase qualche momento interdetto, come davanti a una apparizione. « Quanto ti rimarrà di tutto quel denaro?> domandò. e Ho pagato già tutti >, rispose l'altro, continuando a contare. Senza aggiungere verbo iJ vinaio se ne andò. Il giorno dopo cambiò mestiere. Vendette per una somma irrisoria il negozio e costruì un'altalena, Per darci la sensazione del cammino percorso sulla via indicatagli dal padre: « PoS$Cggoa Milano, in via Vincenzo Foppa 45, un grande palazzo a sette piani, che ho affittato>, disse Pclucchi. E aggiunse: « A me piace vivere nel carrozzone >. Drouet appariva e scompariva sulla soglia del carrozzone. « Hai raccontato di Madrid?> disse a Pelucchi. « Queste cose le sa meglio tuo nipote>, rispose Pelucchi. Qualcuno fu mandato a chiamare il nipote di Drouet. Pelucchi si infilò nel carrozzone, nello stesso istante in cui vi si riaffacciava Drouet. e A Madrid avevamo un " otto volante " sulla Gran Via, all'incrocio con la calle San Bernardo>, disse Drouet. Ricomparve Pelucchi con alcune fo. tografie. Vi si vedevano dei cartelli applicati dagli anarchici sulle assi del- !' e otto volante>: e Boicot por Jacista. V.]. M.>. « E come ci boicottavano! :. disse Pelucchi. « Nel '35. per trecentomila lire, avevamo ottenuta dal governo la concessione per un grande Luna-Park. Gli spagnoli amano molto questo genere di divertimenti, e il governo ne approfitta per farsi pagar care le concessioni. Innalzammo un ingresso sullo stile di quello della ~1ostra della Rivoluzione. Quando tutto era pronto, qualche giorno avanti l'apertura, salì al potere il Fronte Popolare. Per via dei fasci, che erano sull'ingresso, la concessione ci venne tolta. Perdemmo le trecentomila lire e dovemmo sgombrare. e Il nostro ambasciatore e il Primate di Spagna si interessarono di noi. Ci venne concesso di girare per le feste rionali di Madrid, ottenendo i migliori posti e non concorrendo ai prezzi di asta come d'uso. Poi andammo per Je città di provincia e a Saragozza. Rin~ scimmo a recuperare le spese >. Sopraggiunse il nipote di Drouet, un giovane biondo, che rimase a Madrid alcuni mesi dopo lo scoppio della rivoluzione: « Mi accorsi che qualche cosa di insolito stava acc.1dendo >, disse, « perché la mattina, mentre èro ancora a letto nel carrozzone, udii dei colpi di fucile e di mitragliatrice. Erano i falangisti che tiravano dalle finestre del Palace e del Ritz. La milizia anarchica s'era rifugiata dietro le impalcature dcli'" otto volante" e sparava verso i due alberghi. I pali del1'" otto " furono colpiti in più punti. « Stemmo fin verso le nove rintanati sotto i carrozzoni. Poi il fuoco diradò e uscimmo in quattro o cinque per andare a prendere un caffè. Al primo angolo che svoltammo, una pattuglia di anarchici ci fermò. Eran ragazzi dai sedici ai diciott'anni, che fino al giorno prima forse erano stati a scuola. Ci spianarono contro le rivoltelle, ~ci chiesero i documenti e ci perquisirono. Sembrava uno scherzo 1 n~ riuscivamo a prenderli sul serio, eppure dovemmo tenere le mani alzate finché piacque ad essi di lasciarci andare. Eravamo tutti francesi e avevamo i passaporti in regola. Uno dei ragazzi, prima di allontanarsi, sputò sulla scarpa del mio amico Léon, che si fece pallido e voleva reagire. Lo tenemmo fermo per le braccia. I ragazzi ci guardarono minacciosi; stavano per tornare indietro, ma furono attratti da un altro s~ttacolo. - « Da una chiesa uscivano due uomini con larghi cappelli neri e i panciotti fantasia, Furono fermati da quattro miliziani, riconosciuti per preti e abbattuti coi moschetti a neanche un passo di distanza. Ci rendemmo conto che la situazione era più grave di quel che credevamo. Intanto, da un tetto furono sparati dei colpi : i quattro miliziani si precipitarono nel portone della casa. I ragazzi si erano accovacciati dietro i gradini della chiesa. Poco dopo si rialzarono. Passò un tassì, lo fermarono con un gesto e vi caricarono i cadaveri con una indifferenza da in• fennieri. « Uno spettacolo abbastanza comune era la fucilazione in massa dei falangisti. Li trascinavano a gruppi di cin9u~nta o di cento in una piazza, dove h liberavano. Mentre i disgraziati tentavano la fuga1 si divertivano ad abbatt~rli con le mitragliatrici. La piazza nmancva seminata di cadaveri come un campo di battaglia. Se qualcuno riusciva a scampare, lo riacciuffavano agli sbocchi e lo riportavano davanti alle canne, lasciandovelo finché il terrore . non lo costringeva di nuovo a fuggire. Un giorno uno di questi si buttò a terra. Gli intimarono di alzarsi. L'altro rimaneva bocconi, col volto nascosto tra le braccia. Gli spararono sulle gambe; l'infelice si rattrappì; gli andarono sopra con la mitragliatrice e continuarono per un quarto d 1ora a tirargli sempre sulle gambe, finché non gliele stacc~rono. Morì dissanguato>. «Vivere! - senza malinconia. Vivere - nelle follìe del mondo! >. La canzone echeggiava da un altoparlante all'altro. Se la ripetevano a bassa· voce sotto i lecci le r.igazze di famiglia che nessun uomo accompagnava. Vivere senza malinconia. Il signor Pelucchi ci sorrideva soddisfatto. Ci mettemmo a guardare l'alta fabbrica di legno dell'c otto volante». « Quanto le costa? > eh icdemmo. «Trecentomila», ci disse. « E l'autopista?>. «Trecentomila>. e L'autodromo?>. « Trecentomila. Non faccio costruire divertimenti che costino di meno. Metterò tra poco la ruota gigante. Spenderò il doppio. Per il paracadute, una nuova macchina inventata dagli americani, ho già un preventivo di novecentomila>. Domandammo a Pelucchi come avesse cominciato la sua carriera: « Con un " otto volante ", che costruii a credito1 mangiando una sola volta al giorno>, riSP.<)SC«.Mio padre non mi aveva lasciato che dei debiti. Ma non ho mai avuto baracche. Ho sempre lavorato in grande. Nella Esposizione del '41 si vedrà che io sono il più grande lunaparkista del mondo I ». V.O. ( PALCHETTI ROMANI ) IL B!BI L'AUTOMOBILE si era lasciata dietro Rapallo e scivolava con ronzio di trottola sull'asfalto sinuoso che conduce a Portofino, quando emcuc d'improvviso alla nostra siniura un castello da Alcina ubriaca, un palau:o da AH Bibà rincitrullito, un ammasso di tortiglioni e cavaturaccioli, un cumulo di laterizi in aspetto e colore dì cassata, la più orrenda pasticceria muratoria che aveni mai veduta, Un tale dietro a mc domandò: < Che è quesio pasticcio? >. Al che un altro alla mia destra rispose, e Il castello di Scm Benclli >. Se per tutti gli altri membri del consorzio uma:,o « lo stile è l'uomo>, per il poeta dcll'El,fant, « lo stile è il castello>. Che importa se del bardo in st:conda dell'Italia io conosco cosi poco l'opera che quasi posso dire di non conoscerla affatto? Quando si è visto l'eremo marino nel quale il cantore di Alta" si raccoglie per darsi in braccio alla rousa, è come avere scrutato col microscopio l'anima di Scm Benclli. Sulla testa del poeta di Ali, la. penna e la canuola si stringono la mano. Cosi poco feudale in senso sociale e storico, l'Italia ha quasi sempre manifestato, e soprattutto nei cinquant'anni che hanno preceduto la guerra, una deplorevole propensione per il feudalismo letterario. I nomi dei tiranni che hanno taglieggiato le patrie lettere fino al momento in cui Guglielmo II dichiarò guerra al e cugino Nikita >, sono troppo sulla bocca di tutti perché metta conto ricordarli. Queste indecorose manifcstuioni di asservimento vo• !onta.rio sono meno da esaminare ·come fenomeni letterari, che come anomalie fisiologiche. Le falangi intellettuali di coloro che oggi stanno tra i quaranta e i sessanta, si erano a tal segno cmasculatc che si comportavano non più dativa.mente, ma riccttivamentc. Si vive, a nell'illusione e nel falso. Non dico che, da quando le signorie letterarie sono tramontate, le lettere italiane vo• !ano di vittoria in vittoria; ma un pro• gressivo accostamento alla realtà è manifesto, e, ferme restando le speranze nei risultamcnti maggiori, tanto basta a farle rispettare. S'intende che la sommissione ai Giosué, ai Giovanni, ai Gabriele, era meno un omaggio ai loro meriti, che l'effetto attrattivo dei loro vizi: sparate scnu palla di Giosué, pargolcggiamcnti di. Giovanni, rastaquerismi di Gabriele (cfr. Diz. Accademia fra,nccse). Strana epoca letteraria, in cui i poeti erano i rappresentanti ufficiali dei difetti di un popolo! QtJando ai termini « carducciano >, « pascoliano >, e dannunziano > sarà dato il significato di « condizione morbosa di chi si compiace di vedere i propri vizi ripetuti nella luce della fama >, la verità sarà detta sulla vita letteraria degli ultimi cinquant'anni. Figuriamoci gli sventurati ai quali è. toccato l'epiteto e bcncll:ano > ! Perché quasi non bastassero i tiranni, era saltato fuori anche il tirannello. Cionondimeno, il caso Bcnclli è più puro degli altri. Quelli erano l'csprcs• sionc di alcuni vizi ma pure di molte egregie qualità: Scm non è che l'esprcs• sione di un vii.io. Fuori dì questo, il poeta di Fiort:nia non esiste. Chi gli volesse riconoscere una possibilità di vita fuori del « bencllismo >, dovrebbe riconoscere a un tempo un valore etico, estetico e sociale al mobiliere che fabbrica savonarolc e ceri di legno con la finta sgocciolatura. Qualcuno obietterà che questi appunti si affanno al Bcnclli mt:dievalista, non al Bcndli di vita contemporanea, come questo Raino di cui la Compagnia Calò-Bonora ci ha dato spettacolo al Quirino. Errore! I personaggi del Ragno sono quelli medesimi delle Nou., d,i uniau,i, che si sono infilati giacche e calzor\i,• ma nulla hanno perduto della loro inconsistenza e auurdità. Macchiette, farebbero ridere. Cosi come 50no, gagà forniti di una retorica di seconda mano e sforniti di senso comune, prima c'i.spirano un triste stupore, poi ci fanno dormire. Ve la figurate voi una società composta coi personaggi di Scm ·Bcnelli? Ognuno di, questi parla e si comporta secondo uno stampo che vuole e far tipo>: l'egoista, il sentimentale, lo scettico, l'amaro, l'aris.ocratico, il borghese - sl anche ·il borghese! come questa Giulia con la quale Scm ha voluto darci il tÌJYOdella ragana d'oggi - e tutti assieme non ricsc<>no a comporre un catalogo detta Perugina. Benclli è un tormento. Non il e nostro> tormento, ché, in trent'anni esatta• mente calcolati, questa è la terza volta che andiamo a teatro per lui; ma tale è il suo sforzo continuo, strai.iantc di e voler essere > scnu. riuscirci mai, che alla fine dello spettacolo, per quanto terminato aUc 1 1 e mezzo, eravamo eosl afinnti, che appena la forza ci restava di buttarci in un tassi per farci portare a casa. Per fortuna che a vincere gli effetti delle opere di Scm Bcnclli, basta uscire da teatro. Ap· pena fuori, si dimentica tutto. Assieme col Ragno di Scm Benelli, la compagnia Calb-Bonora ha portato a.I giudizio del pubblico romano una nuova commedia di G. Adami: Trio 1"akusidl. Sì tratta di un'opera potente e che invita a pensare: a pensare ad altro. Come tcusa, i critici dei quotidiani hanno detto che in settembre non si pub sperare di meglio. Maggio porta le ciliegie, giugno i biricuocoli. Non sapevamo che settembre por• tane le scemenze. ALBERTO SAVINIO LEO LONGANESI - Direttore rtsponsablle S. A. EDITRICE •OMNIBUS• - MILANO Propriuà ■nistlea e letttr11.ri■ rl1trva1a. RIZZOLI & C.. A.n. per l'Arte d,el\■ S1■mp■ . M1l■M RIPRODUZIONI ESEGUITE COS )IATERIALY. f-'OTOGRAFICO • PERRANIA •·
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