Omnibus - anno I - n. 26 - 25 settembre 1937

[)l]Jj~[! E FUHRER I GRANDI TEMP! fanno i grandi avvenimenti. Di incontri frn Capi d1 Stato o dì Governo e fra Ministri ne succedono spesso, ma quello di Mussolini con Hitler è incomparabile con qualsiasi altro fatto • d1plomatico • contemporaneo. Ciò appunto perché esso è al di là della diplomazia. 1:: incomparabile anche con l'incontro dei due Uomini :wvcnuto fra Stra e Venezia or sono quattro anni. Sono cambiati e sono più grandiosi i tempi nei quali fortunosamente si , ive. Cambiati per l'Italia e per la Germania. Oggi l'Italia ha l'Impero, conquistato attraverso una dura vicenda che ha messo a nudo il cancro che rode l'Europa, anzi il mondo civile: l'egoismo materialistico, sia quello dei popoli statici, che pretendereb- f bcro di sbarrare la strada ai popoli dinamici, sia quello delle classi che con cieche distruzioni o cieche resistenze non ottengono che rovine. Ogni vera risoluzione non può essere che idealistica. Quando i motivi profondi della rivoluzione fascista e di quella naz1onalsocialisrn sono riapparsi trionfalmente al di sopra delle questioni contingenti e delle discussioni marginali, si è visto quel che di comune esse hanno nella loro storica grandezza. L'Italia è stata a fianco della Germania precisamente allorché questa ha rivendicato, contro l'assurdo diktat • di Versaglia, il suo onore e riconquistata la sua libertà. In nome dell'uno e dell'altra i Tedeschi hanno farto la loro rivoluzione, hanno ritrovato una fede. hanno riscoperto le inesauste virtù della razza. E nessuno poteva meglio comprenderli degli Italiani, che altrettanto rapidamente, ma ancor prima, avevano risalito la china in fondo alla quale erano scivolati in un momento di smarrimento. La molla segreta della ri\'olu;,if)ne f1scista è serripre stara un sogno di grandezza e di poten:a. Senza alcun rispetto per gli egoismi, fossero d'indi\•idui o di classi o di popoli, l'Italia è infatti giunta allo Stato, e dallo Stato all'Impero. Tutto il mondo, può dirsi, era contro di lei, non comprendendo o non volendo comprendere né la rivoluzione né la conquista; ma la Germania ha compreso, e la sua solidarietà non è dimenticata. Questa comunanza ideale e pratica ha allarmato molta gente, ma senza ragione. Intorno all'asse Roma-Berlino non si pretende che debba girare il mondo. Quel che esso '-'Cramente significa si comprende se si riflette che t tcntatl\'Ì o alrneno le speram.e britanniche di spezzarlo hanno avuto lo scopo d'isolare l'Italia, mentre le analoghe speranze francesi avevano quello d'isolare la Germania. Ora la funzione europea dell'asse consiste invece nell'offrire un CTÌterio, un principio, uno spunto per la costruzione di un sistema nel quale né l'Italia, né la Germania, né la Francia, né l'Inghilterra siano isolate. Ridotta a un fantasma la collaborazione mternazionale di tipo societario con la relatirn formula ingannatrice della pace e della guerra indivisibile, che cosa hanno saputo suggerire, di diverso e d1 meglio, Parigi e Londra? Sarà forse perché né alla Francia né alla Gran Bretagna conviene qualcosa d1 diveno e d1 meglio, ma è certo che esse si sono tenute abbracciate al fantasma. Realtà viva e massiccia e formidabilmente logica è, al contrario, l'associazione haliaGermania. :-,.:'u~nteda fare contro di essa. Tutto si pub fare, dagli altri, con essa. Ma c1 vuole una diplomazia superiore. L'incontro di questi giorni è tanto importante non semplicemente perché avviene fra due, sia pure &rand1ssimi, Capi di Governo, a1 quali risale l'i!:pirazione prima della politica estera dei rispettivi paesi. !\on si tratta solo d1 dare, dell'asse famoso, una immagme pla.suca. Coloro che s'incontrano sono né più né meno che la personificazione di due fenomeni storie, nel momento del loro ptù splendido sviluppo, fenomeni possenti e fatali come quella della natura. Il fenomeno del • Duce e quello del• F'lihrer • è la prima volta che si prc,entano nella storia. ~on c'è, dietro di essi, né la consacra1:1one divina come per gli antichi pastori di popoli, né il prestigio di una discendenza come per i re leg1t11mi; non si tratta né di simboli né di mctcOTe, e la prrola dittatura• non rende che un aspetto, e il più estrinseco, del fenomeno. Mullsolini e 111tler sono due formidabili, ma solitarie forze, inddìn1hilt con I vecchi concetti poluici, in,pie((ahih col criterio normale delle cau-.e e degli effetti. Sono queste forze, al umtrario, <.hc sen·ono a misurare, a ddinire, a spiegare la stona che fugge sotto gli 0<.·ch1di colcro che credono d1 poter continuare nell'ordmana amministraiionc loJ.:-,rando I capitali aviti, oppure si tormentano nella ricerca di un ubi cQ,isùtom là don: non pos:<1ono trovarlo. Volere o no, il secolo, per il mondo launo e per il mondo J!Crmanico, prenderà da .\11 ,ohm e da Hitler il suo aspetto. \\'. CESAIUNJ SFORZA rn DEOLOGlA razzista è oggi, com'è noto, l'ideologia ufficiale della ;ermania nazionalsocialista. Essa 10n è affatto un'improvvisazione del dopoguerra, né un'escogitazione di teste calde dell'immediato anteguerra, come troppi ancora credono. Ha una storia lunga e complessa, che parte dalle prime affermazioni di I [erder e Fichte per arrivare fino alle opere classiche di Hitler e Rosenbcrg. :vta perché proprio questa dottrina è andata al potere con IJitler in Germania? Ecco la domanda a cui tenteremo brevemente di rispondere. Crisi economica, reazione al fiscalismo socialdemocratico, esasperazione patriottica, passione di rivincita: queste, e simili, sono le cause che si ,ogliono enumerare quando si vuole spiegare il trionfo del movimento nazionalsocialista. Sarebbe più esatto dire che quelle cause costituivano la situazione cui l'llitlerismo reagiva. Ma enumerarle nulla ci dice sulla natura specifica di quella reazione che è l'Ilitlerismo. Tanto vero che a quella stessa situazione altri partiti tedeschi reagivano in altro modo. In che consiste dunque l'essenza specifica, l'individualità inconfondibile dell'Hitlerismo? Perché questo si arte~gia a Razzismo? Perché è il Razzismo che ha trionfato? Per rispondeTe alla domanda bisogna realizzare m tutta la sua estensione ciò che significò per la Germania il processo d'industrializzazione dell'ult1mo secolo. Esso triplicò la p )polazione della Germania ma, insieme, d1é luogo a uno smisurato urbani~mo e al nascere d1 un immenso proletanato industriale. Urbanismo e proletarizzazione formidabili, che significarono per gran parte della popolazione germanica il passaggio fulmineo dalla vita patriarcale dell'art1gianato e della piccola borghesia rappresentata in Erman110e Doroua al mammonismo e al demonismo della più avanzata civiltà industriale. Di qu,: colla-.-.o della \'ecchia morale, rottura : brusca di tradizioni secolari, frantumazione del costume ancestrale, abbandono del~ l'individuo a ~e stesso nel deserto pauroso delle metropoli, senz'altro nesso tra individuo e individuo che quello puramente economico del sindacato o politico del partito. Finché l'Impero fu in piedi apportando pace potenza prosperità, del quadro della Germania industrializzata non si videro che le luci. Ma venneTO la di<-fatta, l'umiliazione patriottica, l'inflazione, la catastrofe economica della media e pie• cola borghesia, la minaccia comunista. Quello che restava in piedi dell'antico mondo di tradizioni morali fu squassato da movimenti sismici spaventosi. Il trionfo dell'Hitlerismo non è che una violenta disperata feroce reazione a tanta rovina. L'Hitlerismo, innan1.i tutto, si riallaccia a tutti quei movimenti ideali che contro l'atomismo individualistico borghese e liberale e contro il Marxismo (che nega, si, l'individualismo, ma tra gli individui non vuole altri vincoli che quelli creati dal lavQrO: cioè da qualcosa di riflesso, di volontario, di cosciente, di universalmente umano) riaffermano il carattere organico vitale biologico naturale spontaneo della Società e dello Stato. La filosofia politica del Nazionalsocialismo è vitalistica, spontaneistica, organicistica. La Società e lo Stato per essa non sono opera riflessa e cosciente dell'uomo, non sono effetto di controllo: ma fatale e necessario fnlcto di uno spontaneo e oscuro istinto vitale. Percib l'l litlerismo è nettamente romantico, perché è il Romanticismo che da un secolo e mezzo in qua contro la filosofia politica del Settecento riafferma la Società e lo Stato come opera non già della volontà (individuale o collettiva) chiara e cosciente, ma dell'inconscia e ..pontanca forza vitale operante nella stona. A questa generale tonalità romantica l'HitleTismo dà una colorazione tutta sua. Esso batte non tanto sui concetti di Stato e di Nazione, quanto su quello di Razza. Più che Nazionalismo è Razzismo. Differenza profondissima. Perché il Nazionalismo vede nella Cultura, nella Storia, nella Tradizione il fattore precipuo delle diversità naz.ionali, e il Razzismo, in"ece, scende ossai più giù verso la natura: è biologismo e naturalismo puri. Esso nega che esista l'umanità in generale, ammette come dato dì natura solo le razze umane, disuguali di valore. Perché l'Hitlcrismo si è atteggiato come Razzismo più che come Nazionalismo? Ma perché il passato della Germania era tale che, a trovare un punto su cui far leva per un processo di vivificazione e di unificazione del corpo del popolo tedesco, non si poteva far capo né alla religione (venuta dal di fuori e scissa .in d.ue grand~ c?nfc~sio':i e i'! un pQlveno d1 confessioni mmori), né alla cultura (importata dal di fuori fino al na• scere del Romanticismo), né alle tradizioni storiche (multiformi, contrastanti, caotica~ mente varie), ma solo e unicamente alla Razza, al San~ue, al Suolo. Era quasi fatale che il giorno in cui una esasperata volontà di riaffermazione del Germanesimo si fosse accesa, questa assumesse la forma del Razzismo, levasse in alto a sei,:nacolo in v~sillo il mito della Razza eletta (naturalmente, la tedesca ariana), del Sangue puro, del Suolo santo. Di qui alcune caratteristiche peculiari del movimento hitleriano. Esso è come abbiamo visto - nato come reazione allo stritolamento delle tradizioni ~ermaniche a causa dell'industrializzarsi dello Germania. Di questo mdustrializzarsi la causa prima è il Capitalismo. li Capitalismo novera i suoi più cospicui artefici tra 1,di Ebrei. l,'il1tlerismo è perciò esasperatamente antisemita. Antiscmna perché anticapitalista. Ant1cap1talista m quanto (e solo m quanto) il Capita\i,.mo è internazionalismo e materiafo,mo, economicismo e utiSPEDIZIONE IN ABB. POSTAU litarismo, liberalismo e democrazia, e contro tutto ciò l'l litlerismo è riaffermazione dei valori biologici organici ancestrali che legano l'uomo all'uomo. Che il Capitalismo rinunci ad essere internazionalistico e si adatti ad ubbidire ad uno Stato organicista e razzista, e l'I litlerismo si acconcerà benissimo con esso, come ci si è acconciato di fatto, almeno finora. Esso, infatti, ammette la proprietà privata, purché questa accetti di subordinarsi ai fini supremi dello Stato impostile dall'alto. Ri~ conosce la diseguaglianza delle classi come una cosa naturalè, necessaria, benefica alla salute del corpo sociale. Ma nega la lotta delle classi, e intende superare il naturale contrasto degli interessi col sentimento dell'onore (che lega l'uomo all'uomo, impegna l'inferiore all'esatta esecuzione del suo lavorn e il superiore a trattare l'inferiore da uomo e non da mero strumento) e della camerateria soldatesca che di tutte le classi fa un popolo solo. AII' Antisemitismo segue per logica conseguen7.a l'ostilità al Cristianesimo. f:: forse il tratto più caratteristtco del Razzismo filosofico (che i;,i:iO\'adistmJituere da quello politico e ufficiale, poiché su questo punto, per comprensibili ragioni di tattica politica. il Nazismo ha temperato il suo atteggiamento, non però tanto da non provocare gesti di reazione da parie delle Chiese cristiane). In due parole, in quanto il Cristianesimo è univeN:alismo, religione dello Spirito e non dd Sangue, il Razzismo (filosofico) lo respinge. All'ideale dell'Umanità esso oppone quello della Razza eletta; all'ideale dell'eguaglianza, l'ideale della naturale gerarchia delle rane e degli individui e del vincolo di naturale ubbidienza di chi è nato inferiore a chi è nato superiore; all'ideale dell'Amore, l'ideale dell'Onore; all'ideale della Pace, quello della l\lilizia. La ,·ita gli app;\Te una eroica milizia che non hn fine oltre se s,essa. Col suo rifiuto dell'ideale di amore, di el{Uaglianza, di fratellanza uni\'eruli, col suo erigere a valori assoluti la Razza, la ì\lilizia, l'Onore, l'Eroismo, la Gloria mi. litarc, cQI suo nghc~~iare un ritorno all'etica feudale e c:nalleresca, il Razzismo (come filosofia) è puro immanenti<tmo, che non ammette nessun ideale oltre la \'ita, la quale non gli appare dc1,tna di essere \ 1ssuta che in quanto milizia lotta vmoria. 1)1 qui 11 trapasso - avvenuto in certi ambienti estremi~1i non ufficiali - dd Hazzi~nv> in risnluto Neopaganesimo. In ques1a visione della vita lo Stato s1 subordina al Popolo e il Popolo aìla Ra.7.1.,1 Conforme alla sua logica interna, il Ra,:- zismo conccrlsce lo Stato come S1.110organico, che rispetta e tutela i \ incoli lwllogici del sangue, i \·incoli profr..,siorrnli del la\'Oro nella corporazione, 1 ,·irn..oli morali degli usi. costumi, 1rad1ziom. ~,-- rarchie lemamentl.! cri<,talliz;,•ati nella ... wria e depositati nd costume. E~so conc1..- pisce lo Stato come milizia, come :\,t;,inne armata, m cui il comando i: tutto ;.;0n<.l·ntrato nelle mani di un unico c;ipo, da l u1 promana e c!iscende per le vie ddl,1 .Ct:- rMchia. In quanto naffcnna la prioritJ del collemvo sull'individuale, l' I lnkrismo si dice socialismo, hcnché il su,> "'}- cialismo non abbia nulla a che fare l'0:-1 quello socialdemocratico o comuni~ta. Questi sono, al limite. cssem:ialmcntl' classisti e mternazionali:.11; LSSO è ran,. Stico e OTganieistico. ~ un -.ocialismo d1 Stato in regime di salute puhbhc:a. Compito essenziale dello Stato raui!-.lico l· d1 , conservare e di promuo\·ert.· con 0J,tn1 mezzo la purezza della Razza ek·na, dd Sangue, eliminando dai pubblici uOìt 1 coloro nelle cui vene non scorre il sangue della Razza eletta, impedendo là prnpagaz1onc dei maiali deficienti colpiti d.l ingi1aribili tare fisiopsichiche ccc .. Lo Stato al seni1io della ~atura, della Biologia. Sembrerà un ~iomo ai posteri un \ t·r,, paradosso della Storia che proprio il pat..,t· in cui J'indu,.tria (il dommio volontarm riflesso cosciente dell'uomo sulla "attuai aveva celebrato i suoi p1u gra.nd10:--1tnonfì, abbia eretto a suo ideale ufficiale il purn e semplice ritorno alla :"\'atura ("°aturn come Razza, come Sa~'l.lc, come Suolo). .Ma appunto perché il ~rande Captt:1li!'.1w, vi aveva prodouo tutti i Juot effetti (proletarizzazione, socialisn10. pol\'crtnazionl· di tutte le trad1,:1on1. u,;,1,co:-.1umi, abitudini or~an1che e naturali), la Germani., si è huttata all'estremo oppo:-10, riaffermando con csa-.perato furore tutto t·iò cht• era minacciato d, irreparabile ro, ina. L:1 Storia più che mai ai tempi nostri prm:cd1.: per accesi,;,-.1mc ant1tts1. per oppos1zmn1 radicahsstmc. t per quc.-.to chl• la n1l«.tr.1 è un'età csscn;-ialmentc t: incornparnh1lmente sii.mica. A. T.

U NO DEI PRIMI SEGNI che mostrarono il profondissimo rinnovamento morale della Germania fu l'ostracismo decretato ai nome e all'opera di Bi.ilow. La nuova Germania non poteva riconoscere come un degno rappresentante del popolo tedesco !\:omo che all'indomani della sconfitta non esitava, nelle proprie Me morie, a riconoscere esatte le accuse che i governi alleati e la stampa mondiale avevano rivolto al suo proprio paese. E. ben vero che il principe di Biilow accusava di incapacità i .suoi .successori, ma gli errori e le incapacità degli uomini di governo diventano, per i nemici, colpe di tutto il popolo. Era lecito, al principe di Biilow, di riconoscere fondate tali accuse solo pe1ché Guglielmo II lo aveva tenuto lontano dal potere? La nuova Germania non si è limitata a sconfe5.5are l'antico uomo di Stato, ha fatto di più : ha demolito pezzo per pezzo le .sue Memorie che destarono tanto inlcresse e suscitarono tante discussioni al loro apparire. Ci si sono messi in una dozzina per finire Biilow, le sue A1emorie e la sua memoria. .E: stato fatto un appello a chiunque a~esse qualche cosa da dire sulla p<>stuma pubblicazione del Principe, in favore o contro. Nessuno si è presentato in favore, tutti contro. E n'è venuto fuori un tremendo schieramento contro Biilow1 Front wieder BU· low (Monaco, Bruckmann), messo insieme dal Thimmc, l'editore della grande collezione dei documenti del Ministero degli Esterì tedesco (Die grosse Politik), il quale ha contribuito, anche lui, alla sillo~e antibiilowiana con due saggi fra i piu importanti. Dirctt_amente, o per interposta persona, c1 sono qui i pcrsonag~i principali attaccati dal troppo spiritoso e maledico Can• celliere : da Guglielmo Il a BcthmannHollwcg, dall'ambasciatore Monts al suo successore presso il Quirinale, von Flotow. Uno dei punti ripetutamente illustrati in questo libro è la famosa intervista del Daily T elegraph (novembre 1908). Nessun dubbio, oramai : la responsabilità di quella disgraziata fac. cenda1 che per poco non costò il trono a Guglielmo Il con un anticipo di dicci anni (esatti), pesa sostanzialmente su Bi.ilow. In quell'occasione Gu- ~lielmo II aveva agito con scrupolosa correttezza costituzionale, comunicando preventivamente il testo al Cancelliere. Era !tretti,,imamcnte dovere di questo - ed era anche cosa ovvia, non difficile n.t lunga - esaminarlo personalmente per rendersi conto dell'opportunità o meno della pubblicazione. Egli se ne scaricò sul Ministero degli Esteri: per giunta 1 l'incarico dell'esame a questo fu dato in forma per 1 ~is:~i 0 st~~~~~~ d~heod:~é t~c~~ pronunziarsi in merito alla pubblicazione o meno (cioè sugli eventuali effetti politici di questa), ma solo sui particolari. Caratteristico è il cumulo di bugie accumulate da BUlow, allora e dopo, per scusarsi. Non è vero che il testo datogli dal Kaiser fosse di lettura difficile; scusa puerile, in ogni caso : era scritto a macchina. Non n Kt.rt1ol&lloJboknuo, U Oner&le 't'OD Prh1cb e Il Onerale 't'OD Blomberg è vero che al Ministero degli Esteri fosse chiesto il parere politico sul do-- cumento. Non è vero - come pretcic, appena avvenuto il disastro, Billow - che egli avesse dato l'incarico al suo assistente MUller di esaminare l'articolo. Non è vero chC Schoen, il mi. nistro degli Esteri, avesse letto anche lui l'articolo. SchoeQ era assente, a Bcrchtesgaden, per ricevere Isvol.sky, il ministro degli Esteri ru1SO. t stata fatta perfino l'ipotesi estrema che Biilow facesse accadere a bella posta tutto, per !!ereditare il Kaiser e divenire padrone lui dell'Impero. Ma sono fantasie di antibillowiani arrab~ biati, che hanno perso il lume degli occhi. Biilow era capace di un piccolo intrigo: .si veda quanto è raccontato sul mezzo da lui adoperato - comu• nicazione di lettere private di troppo libera satira - per rovinare la carriera di Kiderlen-Wacchtcr. Ma non era affatto capace di piani grandiosi e satanici. Ribadito e .su$"gellato è anche il giudizio sulla politica di BUlow nella crisi bosniaca ( 1908-1909). Come dice lo Schocn, egli ebbe il torto di essere più austriaco del)'Austria, compromettendo le relazioni colla Russia. La famosa comunicazione a questa potenza del '21 marzo 1908 viene riconosciuta, e biasimata 1 per un quasi ultimatum. Fu, quello, uno dei motivi che determinarono l'accerchiamento della Germania e la Tesponsabilità è tutta del Bii1ow. Pare che anche durante la crisi bo• sniaca il vero direttore della politica estera biilowiana (salvo, forse, il breve periodo in cui Kidcrlen tenne interinalmente il segretariato degli Esteri) fosse la sfinge Holstein, sebbene non più in ufficio. Una curiosa descrizione ci è fatta dal Flotow delle visite misteriose che Holstein faceva a Bi.ilow, nell'oscurità e coll'aiuto di servitori istruiti al silenzio. Il Principe racconta nelle Memorie che, prima di congedarsi da Guglielmo Il, lo avvertl espressamente di non ritentare l'esperimento della crisi bosniaca. BU!ow, dunque, si sarebbe reso conto del pericolo per la Germania di far5i prendere nell'ingrannggio austro• balcanico; e tutti abbiamo ancora nelle orecchie le sue fiere invettive ai successori per esservi incappati in pieno nel luglio r914. Ahimè! ecco testimonianze, che, dopo il Juo ritiro dal Cancellierato, Btilow seguitò come prima a C!SCrepartigiano della maniera forte negli affari ba:canici, e giudicò con grande ottimismo la situazione in• ternazionale. Scriveva, nell'aprile 1913, che l'Austria• Ungheria avrebbe dovuto, r.ei mesi precedenti, occupare il Sangiaccato o entrare a Belgrado, e ch'egli non credeva che la Russia avrebbe fatto la guerra per questo. Se le Potenze Centrali fanno una politica virile, coraggiosa, le probabilità contro una grande guerra sono 99 contro 1. In altre lettere anteriori alla guerra, Biilow dice che Ja Russia non è pronta con i suoi armamenti, che l'Inghilterra non può arrischiar la guerra a causa delle sue condizioni interne e della flotta tedesca. E ancora alla fine del luglio 1914, se dobbiamo credere a \Vedei, BUlow escludeva, nei discorsi di spiaggia a Norderney, un'entrata in campo dell'Inghilterra. Se al Ministero dlii , ~~~~if;~tis~tva altrimenti, si\ve e•, Esagerazioni e contraddizioni non mancano in questo Antibiilow. Si è già accennato all'ipotesi stravagante che Bulow volesse isolare e screditare Guglielmo Il per esser padrone lui, « su fondamento parlamentaristico-giornali- .sti~o>1 come si esprime lo Haller, uno dei più intransigenti antibi.ilowiani. E dovremo credere che un diplomatico inglese _avrebbe detto - dopo l'affare del Da,ly Telegraph ! - che agli Inglesi un'intesa col Kaiser sembrava possibilissima, mentre era esclusa con BUlow perché non se ne fidavano? Accettiamo pure la seconda parte, che trova una conferma nell'ultimo scritto edito postumo, di Austen Chamber~ lain i ma la prima? Bi.ilowaveva avuto il gran torto di lasciar pubblicare l'intervista i ma le cose di questa erano bene del Kaiser. 11 Thimmc, antibiilowiano a fondo parla di Holstei11 quasi come di u~ genio; ma non ci si racconta ch'egli era il vero direttore della politica estera di Biilow1 giudicata disastrosa? Del resto, ~olstein 1 genio per Thimme, è un sc1mpazzo per Haller. E Schocn che riconosce il grande errore dell'ul~ timatum alla Russia nel marzo 1909, non era allora Segretario di Stato per gli Esteri? Lo Schocn dice che era difficile rcsis!e~c agli err_ori di Biilow, perché al ~•~istero. degli f;.steri perdurava la tra• dmone b1smarckiana di una rigida dipendenza gerarchica. Obbiezioni non si potevano fare che con cautela. Inoltre ~i.ilo\': i:on di. ra?o metteva gli alti funzionari mnanz1 a1 fatti compiuti. Si apprende_, d3: questo stesso libro1 ehc perfino 11 disastro dell'intervista del Daily T elcgraph si sarebbe potuto evitare, se un alto impiegato del Ministero degli Esteri, Klehmet avesse accettat<:> fl .suigerimento del' suo collega Stemnch, d1 far notare al Cancelliere l'inopportunità della pubblicazione· Klchmet volle tenersi entro i limiti del: l'incarico, ricevuto dal Cancelliere. A questa rigidezza . burocratica, oltreché alla leggerezza d1 BUlow la Germania dovette la crisi estera ~ intema del novembre 1908. Quello 0c i tedeschi di oggi educati alla .severità della nuova concezione hitleriana non possono perdonare a DUlow è l'estrema leggerezza. Non gli possono pcrdoi:1arc - cd hanno pcrf ettamentc ragione - quell'aria di su• pcriorità con fa qunle grndica nelle sue Memorie la sua patria che soffriva sotto le catene del trattato di Versailles. Di tutti i libri trattanti la questione ?clic rcsponsabilìtà di g~erra e neganti 11 «dolo> della Germania, le Memorie bUlowianc •ono quelle che più insistono sulla « colpa > stessa. La differenza fra dolo e colpa può essere notevole in morale e anche in diritto j in politica è quasi nulla. I governanti tedeschi, i Bethmann e gli Jagow1 non vollero la guerra europea; questo lo dice e lo ripete anche Bulow. Ma ebbero il torto di lasciare carta bianca all'Austria per la sua spedizione punitiva contro la Serbia. La Russia non poteva rrmettcrc questa spedizione. Di qui i conflitto austrotedcsco-russo; e, una volta entrate in guerra Russia e Germania, l'intervento francese e inglese. BUlow ci fa sapere chc1 nella crisi del luglio 1914, nessuno lo consultò. Ebbe un colloquio con Bethmann, dopo l'assassinio di Francese.o Ferdinando, ma il suo successore non gli fece il miriimo accenno a ciò che si preparava. e Noi restiamo>, disse, « tranquilli spctt;itori. Ciò di cui il mondo abb~ogna, ora, è la calma >. Espresse, però, al Principe la sua opinione che il delitto di Serajevo avrebbe scavato un abiuo morale fra la Russia e la Serbia. Biilow replicò raccontando quel che avreb?C. detto Alessandro 11 nel 1814, a Parigi, apprendendo che il Duca di Rovigo1 a lui molto simpatico, era considerato incompatibile col restaurato regime borbonico, perché aveva presieduto alla condanna a morte del cugino di Luigi XVIII, il Duca di En- ~hicn. « Commenti il n'y a qu.e cela?> esclamò Alessandro. « Et moi qui din, tous ics jou.rs auec Benningsen et Ouchacof, r:/ ont ltra!1glé mon père! >. Il buon. ·thmann, nfcrisce Biilow, fece un VlSO attonito, ma si rinfrancò affermando che un tale cinismo apparteneva al passato. Se, invece di raccontare uno dei suoi soliti aneddoti, Biilow avesse esposto la situazione come la vedeva e messo in guardia contro i passi falsi? Un eccesso di precauzione non era troppo data anche la scarsa stima intcllettual~ ch'egli aveva del suo successore. Avrebbe, ad ogni modo, nel nuovo colloquio avuto_ con Bethmann, poco dopo lo scoppio_ dcli~ guerra, P?tuto esporgli le sue idee circa la poht1ca da seguire con I' l talia. Invece, stette a sentirlo quando questi gli disse che la gucrr~ avrebbe durato tre o quattro mesi e che avc_v~orientato in conseguenza la su~ J?Oht1ca.Fece, per verità, qualche o_b1e21one,ma senza insistere. E'. cur!oso : un uomo di .spirito come Bulow nmanerc così a corto dinanzi a un pover'uomo come Bethmann ! E si trat• tava della salvezza della Germania. Alle affermazioni di Bethmann d'aver raccolto una eredità difficile BUlow si comprende, reagisce vivac~mente. 1 Si .sen_tcpunto sul ~ivo. Ma pure era la verità. Il Cancellierato di Bi.ilow è un bello scenario; ma dietro di esso si preparava il peggio. Insomma la Triplice Intesa si è formata 1 c~mpiutamentc formata, durnnte il suo governo. Marocco, Bosnia1 la grande flotta sono fatti biilowiani. Nessuno di essi da solo, e durante il suo governo, ha' portato alla catastrofe. Abilità di BUlow? Anche, abilità di Bulow. Ma non si fa permanentemente politica con l'abilità sola. Occorrono fondamenta solide e serietà morale. Non c'è affatto da stupirsi se la nuova generazione tedesca1 che ha fin tr?Ppo,son:cno d~gli errori degli uomini dcli .1nt1co regime, non riesce a perdonare la leggerezza con la quale fu- ~ ono trattati i grandi problemi che interessavano la vita, l'avvenire, l'csisten~ stc.!Sadel popolo gennanico. Gli errori sono sempre perdonabili e degni di compatimento quando provengono dalla mente più che dall'animo. Gli erroi:-i di BUlow non sono di questa specie. La nuova generazione vede in lui un egoista che antepose la sua va. nità alle cose dello Stato. Per questo non gli perdona. GUIDO ZORZI !IYOII PERCH! la cod detta Conferenza mediterranea si riun1 a Nyon? Cc lo spiega un collaboratore della Tribune d,s Nations. e. noto in quali condizioni fu scelta, a suo tempo, la città di Montreux come sede della Conferenz.a per gli Stretti. Il Governo turco, per defcrenz.a veno l'Italia, non vo• leva che la Conferenza 1i riunisse a Ginevra. D'altro canto, il ricordo dei trattati di Losanna e di Ouchy rendeva difficile la riunione in una di quelle due cittadine. A un certo punto Titulescu, che era, allora, ancora Ministro degli esteri del suo paese, saltò su: e Perché non a Montrcux? >; e Rustu Ara• si affrettò ad accettare. Qualche cosa di simile accadde, alcune Jettimanc or sono, per Nyon. Poiché si prevedeva allora che l'Italia e la Germania avrebbero partecipato alla Conferenza, Ci• nevra era esclusa. La partecipazione della Turchia faceva escludere Losanna. Montreux era troppo lontana, dato che una buona parte dei delegati avrebbe dovuto far la spola fra )a Conferenza mediterranea e Ginevra, per auistcre alle sedute del Consiglio e dell'Assemblea della Società delle Nazioni, Si prese una carta della Svi:,. zcra e si cercò una località che non fosse troppo lontana da Ginevra: entro il raggio di 20 o 25 chilometri al massimo. Non c'erano che due sole cittadine che rispondessero a queste condii.ioni: Nyon e Rolle. Quale delle due? Crudele enigma! Qualcuno propose di lasciar decidere alla sorte: testa o croce. Giusto di tloria disperuiuo, un franco - sviuero, s'intende - decise che Nyon dovesse pa.ssare alla s1oria e Rolle rimanere nell'ombra. Ma se ogni trattato infausto, ogni ac• cordo infelice esclude una città svizzera dal novero delle possibili sedi di Confe~nze internazionali, dove potranno mai riunirsi le Confc~enze future? Ogni trattato, ogni accordo è una di• sgrazia per qualcuno, e di siffatte disgrazie la storia del dopoguerra è tutta costellata. Con l'andare degli anni, il numero delle disgrazie aumenterà, e aumenterà di pari p:i..sso il numero delle città proibite. Dove, dove metteranno mai le tende i diplomatici europei per esempio nell'anno di gratia 1950? COIIPERB!IZAO DIALOOOf COMUNQUE, ora è stata la volta di Nyon. La Conrerenu mediterranea vi si riunl il 10 settembre e il 14 aveva concluso i suoi lavori. E di qucJta rapidità la stampa francese (u estremamente lieta. Abituata allo spettacolo di conferenze e1erne e inconcludenti, eua si mostrò orgogliosa di questa Confercnu, che era stata pro• moua dalla diplomatia francese, e che non solo ave\•a concluso qualche cosa, ma aveva concluso presto. La sullodata stampa non tenne conto del fatto che si era trattato non di una Confe• r<..nzainternazionale, ma di un incontro an• ~fo.runcese. L' "ARR&IIODIBXT" QUEL che fu concluso a Nyon non (u detto trattato, né convenzione, né accordo. Fu detto arrangement. Parola che non ha l'esatto equivalente in italiano. Ln fertilità della diplomazia interna:r.ionale in fatto di trovate verbali o terminologiche non accenna ad esaurirsi. In forza di queuo arrangement, una flotta di 6o navi - di cui 36 inglesi e 24 francesi - ,i trasrerirl nel Mediterraneo e scorrazzerà in lungo e in largo per il suddetto mare. Lo rue est à tout le monde, diceva Crainqucbille. E anche il mare ,st à tout le monde. Ma, nel caso specifico, le cose stanno in modo alquanto diverso. La sud· detta flotta avrà il compito di contrattaccare e, se possibile, di distruggere ogni 1ottomarlno che attaccasse una nave di commercio non spagnola o che si tr0"Vas.sein un punto ove una nave di commercio non spagnola fosse stata attaccata. Ulteriori accordi hanno, poi, esteso l'a,rav,ment ai casi di at• tacchi da parte di navi di superficie o di aerei contro navi di commercio. t ovvio che, finora, nulla impedi"Va alla flotta da guerra inglese di proteggere le navi mercantili inglesi e alla Aotta francese di proteggere le navi mercantili francesi ; e non occorreva cerio uoa convenzione in• ternaz.ionale perché l'Ammiragliato inglese potesse mandare delle navi nel Mediterra• neo a sorvegliare la sicureua dei traffici imperiali. Ohe cosa, dunque, ha creato di nuovo Nyon? Semplicemente que110: che finora navi da guerra inglesi proteggevano navi contrabbandiere spagnole, greche, ccc., viaggianti sotto bandiera inglese; e ora pro1cggeranno na"i ruue viaggianti sotto bandiera ruua e che portino aeroplani o carri armati a Valencia o a Barcellona. Per colmo di ironia, nel preambolo dell'a,rangrment, .si legge che scopo fondamen• tale della Conrerenza fu e di stabilire delle misure collettive particolar,i contro gli atti di pirateria compiuti da sottomarini > e la Conferenza stessa fu definita e Conrerenza cc;ntro la pirateria >. A nessuno venne in mente di denominarla come si conveniva: Con/aen{a pro contrabbando. VERSO UXA JIUOVACOXFEREXZA ...,..A UNA Confctcnu mediterranea .&'f.& alla quale l'Italia non aveva partecipalo era una contraddizione in termini. E l'assurdo era co.d C\•idente, che, dopo Nyon, la diplomazia inglese e quella f1ance1e hanno fatto vari passi per ottenere che l'Italia prendesse parte alle misure stabilile dall'ar,ang,menr. Al momento in cui scriviamo, gli incaricati d'affari di Francia e di Gran Bretagna hanno proposto al Conte Ciano una Conferenu a tre, a Parigi, di esperii navali « per determinare le modifi. che di ordine pratico da apporlani alle di• sposizioni stabilite a Nyon al fine di permettere la partecipazione dcli' Italia > ; e il Conte Ciano ha aderito alla proposta. Con ciò il negoziato è entrato in una fase nuova, di cui è impo,sibile, per ora, prevedere gli sviluppi. Una sola cosa si può fin da ora affermare: che la partecipazione dell'Italia alla sorveglianza sui traffici mediterranei baste• rebbe a togliere a qursta il carattere di favoreggiamento del contrabbando d'armi ad opera dei Sovieti. Ma lasciamo da parie l'immediata attualità e passiamo a considerazioni retrospettive. PIRATERIA E BELLIOERAIIZA LA DENOMINAZIONE di cConfe• renza contro la pirateria > fu un er-: rore giuridico e un falso politico. Alcuni sottomarini di ignota nazionalità avevano attaccato alcune navi mercantili, che portavano armi o munizioni in Ispagna. Questi fatti furono definiti e atti di pirateria>. Ora la pirateria, al pari della traua desii schiavi o di certi traffici, prende posto in diritto internazionale fra i fatti illeciti di individui o enti che non iono persone di diritto internazionale, cioè non sono Stati. Pertanto, definendo quei fatti e atti di pirateria>, si ammetteva senz'altro che fossero atti di privali Pu~ entrare in menle a qualcuno che esistano dei privati, i quali armino a loro spese dei sottomarini e li mandino ad at• tacca.re n~vl mercantili nel Mediterraneo? Quella singolare definizione, se pure non fu, almeno in principio, una semplice svista, implicava un'imputazione. La Spagna nazionalista non è stata ancora riconosciuta come Stato e, conseguentcmenle, non è persona di diritto internazionale. Definendo atti di pirateria gli incidenti avvenuti nel Mediterraneo, si imputava senz'altro la responsabilità degli incidenti stcul alla Spa• gna na:r.ionalista, unico e: privato > al mondo in grado di possedere sottomarini (strano e privato > che governa 35 provincie della !r.~;• ~~:1,q;;::u~iJ~em:tt~::o~~a:!:• ,t; mancasse qualsiasi prova della nazionalità o della appartencnz.a dei sottomarini. Cosi un assurdo ei rinvia ad un altro :t:,U~c:., 1:n!::n~;~i 11 s~n~~/l~::~~ ~~ noscere lo status di belligerante al Governo di Salamanca e, an:r:i, nel preambolo del• l'arrangem,nt di Nyon fu fatta l'esplicita riserva: e senu. affatto ammettere il diritto dell'una o dell'altra parte in lotta in hpagna di esercitare i diritti di belligcranu > ecc.. Ora la belligcranta non è un p~mio o una ricompen1a. t un fatto. E se si nega questo fatto, ne deriva una serie di conse• guenze tutte più o meno assurde. La prima di queste conseguente è che in Ispagna esiste un solo Governo, quello di Valencia, e che questo Governo deve rispondere inter• nazionalmente di tutto quello che accade in lspagna. Quindi, se un sottomarino di Franco attacca una nave inglese o n.nsa, è il Governo di Valencia che ne risponde. Il diritto internazionale su questo punto ha da tempo raggiunto un notevole grado di precisione. e Le azioni commeue da individui o enti privati >, si legge in un manuale elcmentare, .,:lesive di interessi internazionalmente protetti, non sono in sé e per sé imputabili né ad eui privati, né. ai soggetti di diritto in1ernaz.ionale (agli Stati); ma a questi può imputarsi w·Jotto di non auul, impedite o punite>. Né basta, in questi casi, a scagionare un Governo il fatto che esso non abbia la forza necessaria per im:iidiCo~:~o~a~\~:te~~n r~,:~a~:~~ann~: volte nel secolo scono le repubbliche sudamericane dovettero rispondere di danni arrecati a stranieri da ribelli o insorti. PIRATERIE O RAPPREIAOLIEf LA VERITÀ è che, ammesso, per un istante, che gli incidenti avvenuti nel Mediterraneo fossero da ascrh•ere a sottomarini della Spagna nazionalista, non di alti di pirateria si sarebbe dovuto parlare, ma di rappr(saglie. L'istitu10 è antico cd è da tempo definito e studiato in ogni suo particolare dal diritto internazionale. A base del concetto odierno della rappresaglia è il presupposto che un atto illecito sia stato compiulo da uno Stato contro un altro Stato; in questo caso, lo Stato, il quale sia stato viuima dell'auo illecito, pub reagire con aui del pari illeciti, ma che sono leciti appunto perché sono una reazione alla condotta antigiuridica del primo Stato. Questi atti non costituiscono guerra, anzi i trattatisti modcmi li definiscono appunto alti coucitiui fuori della 1uer,a. E non v'ha dubbio che il diritto in1ernazionalc li ammct1a, dato che ammette la forma massima di violenza in1ernazionale, che è la guerra. Supponiamo, ora, che un Governo partecipante all'accordo di non intcn•ento - per esempio quello russo - spedisca armi e munii.ioni a Valencia per mezzo di una sua nave mercantile, e che un sottomarino del Governo di Salamanca incontri questa nave in alto mare e la auacchi. In questo caso, il fatto fondamentale, e che la Con• ferenu di Nyon ha, ~-·· :-,.ri:dibile facilità, dimenticato, è che il Governo russo, spedendo armi a Valencia, commette un auo illecito, in quanto viola gli obblighi di non intervento, che esso volontariamente si è assunti ; perciò il Governo di Salamanca può, a questo atto illecito, reagire con un altro atto illecito; e cioè con le rappresaglie. 11 siluro del sottomarino, nell'ipotesi che abbiamo configurata, non viola l'ordine giuridico, ma lo restaura. '-1a ir ,,"I mon. do, il quale sì ostina a negare che a Sala· manca c'è un Governo o che il sole esiste, non ~ meraviglia che i difensori dell'ordine sian detti pirati e che vecchi svaligiatori di banche, come uno Stalin o un Litvinof, sian detti il e Governo sovietico>. OMNIBUS ANNOIJN,26, 2&8E'tl'EKBBE1937.XV JMNIBUS SETTIMANALEDI ATTUALITÀ POLITIOAE LETTERARIA ESCE lL SABATO IN li-16 J>AOlNE ABBOXAMEXTI ltt.\l& e 0clonl11annc L. 4&,umeatre L. 113 Et.t.ero1 anno L. 70, 1emt.1tN L. 36 OCiWI JfUMERO OJU. LIRA Mauoaorltti, dlugnl • fctognfle, anohe u non pubblloatl, non 1! mtltnlscono, Dlndou: Rema - Via del Sudarlo, 28 Telefono }i, &61,69& b..mlAl1tr1.done: llilanc - Piana Oarlo t,ba 1 8 TelefonoN. 24.808 loc. Allon.Uilrtct1 "ODDftBOI" • lllluo

ES 12 DICEMDRE. Alle 5,30 di mattina, mentre stavo vestendomi, dopo l'esercizio ginnastico, sentii alcuni colpi di fucile, ~roprio davanti alla porta del mio quartier generale. Mandai subito a vedere che cosa fosse succcssco; non ritornarono. I colpi di fucile continuavano senza tregua: le truppe del nord-est erano in rivolta. Poco dopo, l'ufficiale della guardia Ski mi fece la seguente comunicazione: • I rivoltosi hanno già forzato la seconda porta del quartiere. Sono sotto il fuoco delle nostre mitragliatrici. Vi prego, Eccellenza, di lasciare immediatamente l'appartamento,. • Poco dopo giunse un altro portaordini da parte del tenente Mao. Mi disse che la rivolta era scoppiata, ma dalle comunicazioni telefoniche con la sentinella, nascosta dietro il monte, risultava che lh. il terreno era sgombro. Domandai allora a quali reparti appartenessero i rivoltosi, e fui informato che portavano berretti di pelo e che n~partenevano alle truppe del nord-est, Sperai che la rivolta non fosse predisposta da Ciang Sue Li1mg, ma che si fossero ribellate solo le truppe corrotte dalla propaganda comunista. Se soltanto avessi pot\.ltO raggiungere le montagne e aspettare il giorno successivo, la calma a,•rebbe potuto essere ristabilita. Accompagnato da Tso Pei Chi, un ufficiale della mia guardia personale, mi dirigo verso le montagne che s'alzano dietro la mia casa. Scaliamo il muro di cinta, alto solo tre metri; ma proprio sotto di esso troviamo un canale d'acqua abbastanza profonda: alla scarsa luce delle prime ore del mattino, inciampo e sdrucciolo nel canale. Sento un acuto dolore e non riesco ad alzarmi. Dopo pochi passi, fatti con gran difficoltà, arriviamo a una piccola chiesa dove ci aspettavano alcuni soldati della mia guardia. Ci dirigiamo verso est, arrampicandoci tra le rupi. Dopo mezz'ora raggiungiamo la cima della montagna e sediamo per una breve sosta. Mando una guardia di sentinella sulla rupe davanti a noi. Poco dopo, colpi di fucile rintronano da tutte le parti: le pallottole ci fischiano intorno. Alcuni rTliei soldati sono colpiti. Mi accorgo d'essere· circondato; la rivolta non è dunque locale, ma si estende all'intero contingente delle truppe del nord-est. Decido perciò di non mettermi al coperto, ma di ritornare al mio quartier generale per prendere le djsposizioni più opportune. Scen• do dalla montagna quanto pili celermente posso, ma a metà pendio precipito in una piccola caverna piena di arbusti spinosi, dove posso a stento rigirarmi. Mi sento sfinito, per due volte tento di alzanni e di uscire, ma cado ancora: debbo aspettare. All'alba potei scorgere dalla caverna che il monte Li-scian era circondato da un gran numero di truppa. Raffiche di mitragliatrici e detonazioni di bombe a mano rintronavano intorno al mio quartier generale. l ribelli mi cercavano; per due volte passarono vicino alla caverna dove mi ero rifugiato, senza scoprirmi. A circa venti o trenta passi dal mio rifugio, udii qualcuno che discuteva accanitamente con i ribelli. Era la voce di Ciang Siaho Ciung. [ ribelli intensificarono le ricerche e gridavano tra di loro: • Qui c'è un uomo in borghese; sarà il generalissimo•. Un altro rispondeva:• Tiriamoci un colpo dentro». E un terzo replicava: • Non dobbiamo farlo•. Alzai allora la voce e dissi: • Sono il generalissimo e non dovete mancarmi di rispetto. Se mi considerate come vostro prigioniero, uccidetemi, ma non umiliatemi•. I sediziosi dissero: • Non osiamo•. Spararono tre colpi in aria, gridando: « Il generalissimo è qua•· Sung Ming Kiu, un comandante di battaglione, mi si avvicinò e si inginocchiò davanti a me con le lagrime agli occhi, pregandomi di scendere dalla montagna. Egli mi accompagnò fino al quartier generale. Il terreno era sparso di cadaveri e c'era un gran disordine. Sun mi chiese di andare in automobile insieme con lui fino a Sianfu. Gli ordinai di cercare il vice comandante, Ciang Sue Liang, ed egli rispose: • Il vice comandante ci aspettava appunto a Sianfu •· Poi aggiunse: «N'on osiamo ribellarci a voi; ma vogliamo fare qualche richiesta alla quale speriamo che Vostra Eccellenza vorrà aderire•· A queste parole gridai incollerito: • State zitti, voi ribelli! Se volete uccidermi, uccidetemi subito•. Poi, siccome volevo vedere Ciang Sue Liang e domandargli che cosa significasse tutto quello che era accaduto, entrai nell'automobile. L'auto si diresse celermente verso Sianfu e verso la porta orientale della città scorsi l'auto personale di Ciang. Su di essa però, non si trovava il vicecomandante, ma un suo ufficiale che aveva ricevuto l'ordine di condurmi al Palazzo dtlla Città Nuova, sede del quartier generale del commissario per la pacificazione. In quel ioomento, l'automobile oltre• passava la porta orientale e fui grandemente sorpreso nel vedere che le guardie della porta avevano i distintivi della 17• armata (posta sotto il comando di Liang). E pensai che quei bracciali fossero stati presi ai soldati di Liang e che ora servis• sero ai rivoluzionari per nascondere la loro identità. I Ca1.toradi rihlll lo. 1'aoeloria Entrato in città, il comandante della seconda brigata mi disse, sospirando: « I capelli di Vostra Eccellenza diventano sempre più bianchi. Lei è invecchiato in confronto a due anni fa, quando ero a Lushang come suo allievo! La nostra nazione non può fare a meno di Vostra Eccellenza, neanche per un giorno. Soltanto Vostra Cccellenza col suo "pi~no di ricostituzione del Nord Ovest della Cina" è riuscita, negli ultimi anni, a dare tanta prosperità alla città di Sianfu ! La prego di aver cura della sua salute•· Non ebbi tempo di rispondergli, essendo arrivato al Palazzo d~lla Città Nuova; erano circa le dieci. Diedi seni' altro l'ordine di cercare Ciang, che comparve mezz'ora dopo. Salutandomi con molta deferenza, mi ascoltò sull'attenti. Gli chiesi: e Sapevate della rivolta di oggi?• La sua risposta fu ne• gativa. Continuai: • Se non eravate a conoscenza di qi.resto incidente, dovete fare in modo che io ritorni immediatamente a Nanchino o a Lo J ang. Non sarebbe in tal caso difficile liquidare la faccenda,. Ciang rispose: • Non ero al corrente degli sviluppi attuali, ma voglio esporre i miei punti di vista davanti a Vostra Ec. cellenza, Generalissimo•· Replicai: • Mt chiamate ancora generalissimo? Se mi ri• conoscete ancora come vostro superiore, dovete inviarmi a Lo Jang, altrimenti siete un ribelle. E se sono nelle mani di un ribelle, sarebbe meglio per voi farmi morire. Non e'~ altro da dire,. Ciang rispose: • Se Vostra Eccellenza accetterà i miei suggerimenti, obbedirò ai suoi ordini•. Lo interruppi dicendo: «Chi siete voi, un mio subordinato o un nemico? Se siete subordinato dovete ubbidirmi. Se siete mio :_emico dovete uccidermi, senza indugio. Scegliete una di queste due vie, ma non dite una parola di più, perché non voglio ascoltarvi•. Ciang allora spiegò che il suo scopo era rivoluzionario, non sedizioso. Gridai sdegnato: • Perché non volete ancora riconoscere di aver a,•uto già prima conoscenza della rivolta?.- Ciang mi rispose che, benché nemici, potevamo avere ancora la possibilità di intavolare delle trattative. Fui quasi sopraffatto dalla collera, e replicai: • Per chi mi prendete? Credete forse che i ribelli possano costringermi a cedere con la forza?•. Ciang rimase piuttosto deluso e aggiunse: • Non sono il solo responsabile di questo, ci sono molte altre persone che appoggiano il movimento. Anche il popolo dovrà esprimere il suo giudizio. Se esso sarà favorevole, significherà che io rappresento la volontà popolare e Vostra EcceUcnza riconoscerà che la mia azione è giustificata; e si dimetterà lasciando 'che io continui l'opera. Se il popolo non dimostrerà simpatia per il mio movimento, ammetterò la mia colpa e Vostra Eccellenza potrà riassumere il suo lavoro. Credo di non aver trasgredito ai vostri insegnamenti in alcun punto. Vi prego di non incollerirvj e di considerare la cosa con ponderazione•· Appena udii • il giudizio del popolo• compresi che si trattava di un malvagio complotto per uccidermi, usando la folla come giustificazione. Gridai: e Siete pazzo! Voi pensate che il popolo simpatizzi con la: rivolta, mentre neanche il cosi detto Frorite Popolari vi darà il suo appoggio. Pretendete poi che i vostri motivi siano rivoluzionari. t possibile che una rivolta venga chiamata una rivoluzione? Anche Ken Ciung Ming pretese di essere un rivoluzionario, ma nessuno lo ritenne tale. Quanto a voi, non siete che un ribelle. Come potete sperare di con• servare l'obbedienza dei vostri subordinati che circondano questa casa, come po• tete essere sicuro che i vostri uomini non seguiranno il vostro esempio e non vi tratteranno come voi state trattando mc ora? D'ora in poi, benché il mondo sia grande, dove sperate di poter trovare rifugio? Ricordate che quattro anni fa il popolo voleva punirvi (Ciang Sue Liang aveva perduto la Manciuria) e non so quante volte vi ho protetto. Soltanto grazie alla mia protezione avete potuto rifugiarvi all'estero. Non vi rendete conto della conseguenza del vostro agire, ho veramente paura per voi•· _Nel sentire questo, il volto di Ciang impallidl. Egli disse: • Siete ancora cosi ostinato?•. Replicai: « Che volete dire con ostinato? Sono vostro superiore e voi siete un ribelle. In base alla disciplina militare e alla legge nazionale, meritate non sol• tanto dei rimproveri ma anche una punizione. Anche se il mio corpo dovesse essere mutilato, devo mantenere l'onore della razza cinese, e preservare la giustizia. Sono oggi nelle mani di un ribelle, ma se consentissi che l'onore dei quattroctnto milioni di cinesi che rappresento, si degradasse !ccettando le vostre richieste per salvarmi la vita, noi tutti perderemmo ogni ragione di esistere come nazione. Non tradirò la fiducia posta in me dai martiri della rivoluzione. Non diffamerò e disonorerò, dinanzi al mondo, la memoria dei miei antenati e la dignità della nazione. Avete torto di giudicarmi ostinato. Se siete un uomo di fegato uccidetemi, al• tnmenti confessate le vostre colpe e lasciatemi andare•· Tnippe dtl &•o•r•l• CIANO K.AI SCEK 111trioou A queste parole, Ciang Sue Liang rimase interdetto. Poco dopo mi domandò: «Perché non ripensate a quanto avete detto? Altrimenti sarò costretto ad andarmene•· Con un gesto dissi: •Uscite!•· Egli assunse un tono più rispettoso e mi chiese se volessi essere trasferito. Risposi: • Non entrerò mai nel campo nemico•. Egli dichiarò allora che stando con lui non avrei corso pericoli. Replicai: «Non ho bisogno della vostra protezione». Ciang si alzò e si rimise a sedere parecchie volte, spiando ogni espressione del mio volto. Chiusi gli occhi senza badare a lui. Durante la mezz'ora seguente, Ciang fu molto irrequieto; poi si sedette e or• dinò al servo di portare del cibo nella mia camera, invitandomi a mangiare. Dissi: «Ho vissuto già cinquant'anni, e come posso mangiare il cibo conquistato dal sangue della nazione quando sono per essa causa di tormenti? ~on toccherò mai cibo del nemico•· Rifiutai di mangiare. Ciang mi rimase vicino per lungo tempo. Gli domandai dove fosse Shao Li Tzu, govtrnatore della provincia dello Shensi, e mi rispose che anche Shao si trovava al quartier generale del Commissario per la pacificazione. Aggiunse che gli alti ufficiali militari del governo centrale erano in salvo, escluso Chjen Ta Cun, eh 'era stato ferito da una palla di fucile in una scaramuccia coi rivoltosi. Gli ordinai di mandare a cercare Shao; cd egli mandò una guardia, continuando a restare presso di mc. Pochi minuti dopo, Shao giunse e s'informò della mia salute. Ciang si ritirò quindi dalla mia presenza. Domandai a Shao: • Venite dall'ufficio del governatorato provinciale?,. Shao rispose: • Vengo dall'ufficio del comandante delle guardie personali del Commissario per la pacificazione. Il generale Chien era con mc; è ferito al petto e ha perso molto sangue. Lo hanno portato altrove per curarlo•· Bènché Ciang avesse lasciato la stanza, il comandante del battaglione Sung rimaneva ancora sulla porta. Gli ordinai di andarsene ma non mi obbedi. Allora feci per chiudere la porta, ma egli entrò nella stanza chiedendomi di perdonarlo, perché aveva ordine di vegliare su di me. Compresi che doveva sorvegliarmi, ma non vi badai. Riferii brevemente a Shao quanto avevo dichiarato a Ciang, e quindi scrissi un telegramma per mia moglie. Consegnai il messaggio al comandante del battaglione, dicendogli di mandarlo a Ciang perché lo inoltrasse. In quel momento, ero certo di essere vittima della rivoluzione, e che dovevo mondare un'ultima parola alla famiglia. Quando Shao mi vide deciso a sacri• ficare la vita, ne fu grandemente com• mosso. Mi disse: • Credo che sia impoS• sibilc per voi ritornare a Lo Jang, ma penso che Ciang non avrà il coniggio di farvi del male; se però il sequestro si prolungherà ancora, temo altre complicazioni. Siccome la sicurezza della nazione è intimamente legata a quella di Vostra Eccellenza, dovreste cercare di risparmiaré la vostra esistenza. Ricordo che nel 1927 e 1931, per due volte, avete presentato le dimissioni, ma poiché i vostri servigi erano urgentemente necessari al Partito ed al governo, siete rientrato nella vita politica dopo un breve periodo di ritiro. Avete pensato a ciò?•· Gli risposi: «Causa della presente situazione sono state la mia eccessiva fiducia negli altri e In mia trascuratezza nel prendere le precauzioni necessarie. Una grande offesa è stata fatta al paese, e quindi, dopo i1 mio ritorno a Nanchino, presenterò di nuovo le mie dimissioni e chiederb al governo centrale di punirmi. Ma non rinuncerò mai al mio posto qui a Sianfu come prigioniero dei miei subordinati. Essi vogliono che io dirami un ordine imposto da loro o accetti certe condizioni; preferisco morire piuttosto di farlo. Se cedessi su qualche punto per la mia sicurezza personale, tradirci la fidu- ' eia posta in me dn quattrocento milioni di cinesi•· Shao restò silenzioso. Ero poco vestito, cd egli mi pregò di coprirmj di più. Dichiarai di non averne bisogno. [I comandante dì battaglione Sung mi offri allora una pelliccia, ma rifiutai d'accettarla. I servi portarono la colazione e dei biscotti, ma ordinai loro di portar via tutto. Ero quasi esaurito e mi coricai. Shao mi lasciò, dopo avermi consigliato di prender cura della mia salute. Dopo la partenza di Shao, il comandante di battaglione Sung entrb e mi chiese se lo riconoscessi. Gli dissi di no. Mi raccontò di essere stato cadetto all'accademia militare di \Vongpu. Solo due mesi prima della sua nomina ad ufficiale, era stato dimesso dall'accademia per ragioni non precisate. Pretendeva di essere mio allievo. Sung mi trattò con molta considerazione, offrendomi vestiti e cibo e pregandomi con gentilezza di accet~ tarli. Aggiunse poi: «t ormai inutile muovere rimproveri a Ciang; è meglio che accettiate qualche suo progetto per liquidare al più presto possibile questa faccenda; altrimenti, per la nazione e per Vostra Eccellenza saranno guai•· «Ricordate ciò che vi insegnai quando eravate all'accademia?• chiesi; cun rivolu• zionario deve essere un uomo integro. Non posso ammettere di sacrificare la mia dignità personale soltanto per salvare la mia vita. Farò quanto vi insegnai nel• l'accademia. Se le mie azioni non corrispondessero alle mie parole, come potrei essere maestro agli altri ?:t. Sung si ritir9. Quel giorno non mangiai. I servi rimasero svegli rutta la notte. All'una della mattina, Sung entrò nella stanza per visitanni. :Mnresciallo Cinng Knl Scek (Trnd117, di L. T.) ~A W<ID<C DELLA RADIO i VEZZO corrente dir che le zit• tellc non esistono più, la macchina da cucire e quella da scrivere le hanno uccise tutt.~, dando ad ogni ragazza la possibilità di un lavoro che la faccia indipc,1dente: e così con stupore si rammenta che il primo incontro fra donna e macchina fosse anzi aipris.simo, così che ncll' lnghiltcrra invasa dalle prime filature meccaniche, da un entusiasmo industriale e modernista~ propr!o le zittcllc si aggrappassero, i,,cr darsi uno scopo ccl un'occupazione, al 1.woro manuale, cd ostinate filassero a mano, meritandosi il nome, che ancor oggi ricevono di Spinsters, filatrici. Poi si rifugiaro'no nel romanticismo, e l'Ottocento è tutto popolato di caste viaggiatrici a riccioloni, che sognavano harem dove sultani con quattrocento mogli rimediassero alla desolante superiorità numerica femminile. Sì, direte voi, ma subito dopo con la vit:1 moderna han fatto pace, e difatti le ultime zittelle ufficiali furono proprio le suffragette, eroine della strada e degli strilli, del voto, della paglietta e del solino inamidato: la guerra, folta di donne tranviere o direttrici di banca, il dopoguerra gremito di emancipate e di vampire, abolirono infine lo zittellaggio. Giusto, ma la zit• tella c~istc ancora. Non la cercate in provincia, come vorrebbe una tradizione che da Go1,- zano va a J. ~-1. Darric, dall.l signor in,\ Felicit:1 alla Via Bclgarbo: piuttosto in città, in uno di quei ca'iamcnti g,~ ndi grandi, con duemila finestre e un ascemorc solo, qualche balconcino in stile razionale, verniciato in verde pisello, bruno cacao, o giallo limone. Qui stanno, solitarie. le zittelle: piccolissimi appartamenti dove ,_j 'ì0n ridotte per il moi;r di parenti, il calar di soldi, cd anche pcl_ desiderio di ,cntin,i strette da• qualco~, se non da qualcuno : la vetratina, il corridoictto, daranno loro un calore d'intimità, mentre i rumori innumerevoli, che per Jc innumerevoli vite volano nei palazzoni e li colmano, riscaldano loro pure. ! I mattino è quasi .dolce, tra le fanfare dei tappeti sbattuti, le mille bottiglie di latte, i fragoro~i piedini dei bimbi che vanno a ~cuoia; la zittclla li ascolta, imuppando~i il pane nel caffè, e co~trui"-Cc ,torie intorno ad ogni suono: c'è, in lei. qualcosa che ricorda la lente d'ingrandimento, la sua smisurata potenza d'ingrandir le cose, facendole risuonare nell'acustico vuoto della. ma (':,isknza. Afferra la rete, va al mercato, cacciando cavolfiori e notizie, ma non al• trimenti si cacciano le farfalle, con ansia e reticella. Là incontra amiche, che le somigliano oppure no, csi!iìtono zittcllc di ogni sorta, le gra~onc e le scheh..·tritc, le fanta::iiose e fo aride; e non è tutto, molte volte le antiche ragazze ~i legano a donne che non cono- :;cono bene, avventurose forse. o sventurate: son quelle che raccontano le storie più belle, che arricchiscono la vita. le danno sapore e colore, e le zittelle giustamente le amano molto. Poi rientrano, cucinano, e non è gaio cucinare pc:1 due ore quel che ~i mangerà in dicci minuti; niente dà il sel'\so della solitu~ine, del vuoto, quanto il preparare cibi per o;é.. oli. Così. qualchevolt:-.i la zittclla invita un nipotino. uno 1io scapolo; ma non li ama, avido l'uno, opaco l'altro, e poi. vero-o le tre, la zittclla è prc.,a da un'impazienza "-Ottile, che la fa di~tra.tta, qua,i crudele: a quell'ora, infatti 1 ,;i aprono : cinematografi. Lei non è ricc::-i, oh no. ma quelle due lire le trova ~cmprc, e scivola nelle sale rionali raggiando. dcli.d:ua: dello schermo !.a. tutto, e dei divi, e delle dive, le piacerebbe scrivere a Shirlcy Tcmplc cd a Robcrt Taylor, ma non o.,a, teme gli o;candali, i ric;ttti. Davanti alle splendidissime ombre "-OCchiude la bocca, vive romanzi su0i, "-UC fortune: sospira, alla fine, e so..,pi,anclo si avvia verso casa, ver~o la ccn.t di caffellatte. il lavoro di maglia, i nuovi rumori della casa, fatta notturna, cd improv, isamentc mi,tcriosa. Come le conosce, questa ca.-.a, qu<'~te vite! Saprebbe tradurre ogni soffio, ogni cigolio, e qualche volta un gemere di cardini le fa male. qua,;;i il suo stc5.so cuore gcmcs11c. Le piacerebbe pregare, e non sa, uno scettici.;;mo facilone e dclmo l'ha inaridita, allontanandola dalla felicità immediata del Rosario del ~1csc Mariano: ascolta salir l'ascensore nel pozzo buio d<'lle scale, calar le saracinesche della latte• ria d'angolo. Allora tutto il suo giorno un poco pigro, un poco goloso, un poco egoista, le par vuotissimo, spettrale: posa il lavoro, si avvicina allo specchio, forse non è ancora troppo tardi, il mondo è popolato di vedovi con figli, di scapoli con stomaco guasto, e perché no, e perché no! Si guarda, con le dita stira tutte le rughe lontano dagli occhi, dalla bocca, si compone una faccia nuo\'a, sorride, e vorrebbe piangere. Va a dormire, e pur tende l'orecchio alle voci della ca11a: ma è solo una voce di radio, ornmai, che da Tolosa canta: « u qur rh•nu les dcllles fillcs... mais c>estIcs vicux garço,is! >. MA.RIÙ

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