Omnibus - anno I - n. 24 - 11 settembre 1937

IL SOFM DELLE musE ~u~~ ARISTOCRATICA 01 IAROIIHA INVERNIZIO ~,o..~ UALI e quanti errori si sono ,'~1\ già commessi scrivendo della si- ~· ig gnor~ Carolina ~nvcmizio! Noi ~ ~ stessi, e ne arrossiamo, per molto tempo la credemmo modesta, borghesissima, sposata ad un commissario di P. S.: ci parve anche bellissimO il matrimonio dell'agente di Polizia e della romanziera, e li imma~inavamo volentieri intenti, dopo il desinare, a scambiarsi impressioni sui delitti che ciascuno, nella laboriosa giornata, aveva scoperto e castigato. Li credevamo la coppia più esemplare e più grigia della Firenze umbertina; Carolina ci apparve sempre in grembiule: Angelo del Mercato, della C11ci11a t de.Ila Penna, come nei titoli dei suoi ro. manzi si dice. Invece no, neanche per sogno: il padre era un funzionario della Real Casa, la madre un:1 nobile tortonese: e Carolina, nata a Voghera nel 1858, crebbe poi a Firenze. capitale, dove il papà aveva se• guito la Corte. Era una bambina corret• tissima, con le trecce bionde: tre sorelle quanto lei corrette, e con loro imparò i bei modi, il garbo, la buona creanza: fa. ceva la riverenza alle amiche della mam. ma, lavorava d'uncinetto, aveva quegli abitucci bigi e quelle cappelline di paglia che alla signorina Ida Baccini sembravan la necessaria uniforme delle ragazzine ammodo. Frequentò Poggio Imperiale per qualche tempo, ebbe amiche certe prin• cipcssine tedesche che le si affezionaron per tutta la \"ita; poi entrò alle Normali, dove si djstinsc, non per diligenza né per prontezza, poiché anzi era piuttosto tarda, ma per il giornaletto che fondò. Ora tutti noi conosciamo benissimo si• mili giornali, ne abbiamo anche diretti, ma ci domandiamo con ansia come fosse quello della scolara lnvernizio. Ci si par• lava gill di morte violate, o di adultere in maschera? Oppure eran delitti svolti in ambiente infantile, e vi si uccideva, non per passione, ma per barattoli di manncl. lata? Infine, è cosa che ignoreremo scm• pre: sappiamo soltanto che il giornale valse a Carolina di venir allontanata da scuola, ma anche di scoprire la sua gran• de vocazione. Ila diciott'anni, è sempre bionda, ha la ragguardevole dote di lire 120.000; ma che cosa sogrla, nella cameretta ver• ginale? Crimini e colpe. Scrive; ma non bigliettini d'amore o romantici diari, no: dal ,uo cuore nasce Rina, ovvero l'Angelo ddle Alpi. Diciannovenne, la gloria la bacia in fronte: ha dato il suo lavoro a $alani, modestissimo editore di canzo• nette tosc<me; e rapidamente libro, cdi• tore ed autrice diventan celebri. Dav• vero, è un libro importante, lo avete !et• to anche voi? Ci si incontran marchese assolutamente spregevoli, e violinisti di grido, fanciulle spa!lnole, contrabbandieri, banchieri, vezzosissime contessine. Pochi mesi fa lo si ripubblicò in appen• dice su di un importante quotidiano, e ogni giorno vede\'amo arrivare in reda• zionc decine di lettere, che ansiosamente chiedevan se Rina si sarebbe sah-ata, se :\lendcs sarebbe finito bene; ciò che pro• va la dyreYolezza del successo, nato nel 1877, vivissimo ancor og~i. Aureolata di celebrità e di ricciolini, Carolina andava anche al ballo: oh, abili in tarlatana scozzese, tulle operato, pie• ché! Fra le sorelle, rapidamente fidan• zate, certo Carolina brillava di eccezio. nale splendore; ma che le avran detto i suoi ballerini, durante la quadriglia? Che si può dire alla giovane e casta autrice di sì poderosi romanzi? Si saran professati adoratori e lettori: timidamente le avran chiesto la terza mazurka e l'esito dell'avvelenamento che la malvagia duchessa opera sulla perSona dell'angelica crestaia; le avran domandato un posto nel suo sensibile cuore, ed una particina da~ nulla, magari quella del fido servitore, nel pros• simo libro, ciò che avrebbe assicurato loro l'immortalità. Carolina modestamente sorrideva die• tro il ventaglio, e lasciava sperare: le domande di matrimonio pio\·cvano, pri• mo fra i pretendenti un contino di Mon• tevarchi, che la famiglia incoraggiava. Ca. rolina, invece, si era segretamente innamorata d1 un baldo tenente dei bcrsa• glieri, Quinterno. Veniva dalla gavetta, è vero, ma che denti sfolgoranti! E così lo sposò. ~1atrimonio felice, an• che se Carolina era gelosa d1 belle dame, e Quinterno di romanzeschi eroi, quelli che la moglie im·entava. Poi nasce una bimba, ì\larcclla, e la famiglia Quinterno è un esempio di felice virtù, degna di fi. gurare all'ultimo capitolo di Spazzata• mino, o della Villa delle Fate. Nel r883 esce L'Impucato delle Cascine, neJ1'84 li Bacio di u,,a .\tforla, ncll'Ss La Vendetta di una Paz::a, nc11'86 L'Orfana d~l Glutto: documentario, quest'ultimo, .._p. rezioso, a chi rimpianga le demolizioni. E non si creda che, come oggi purtroppo ,tccade, solo un pubblico semplicione la .;eguissc, cd i suoi volumi si tro\·asscro nelle cucine soltanto, o nelle portinerie: mai più, anzi dame raffinate se li tenevan al capezzale, rile)?ati in marocchino, guai~ citi da letture frequenti, e prefcrivan lei al pessimista signor Zola, agli .ahezrosi Fratelli de Goncourt. Come non riconoscere a Carolina una genialità particolare? Ebbe il genio del travestimento, anzitutto. Un carnevale e• temo, e ceno superiore a quel di Vene• zia, aleggia intorno ai suoi protagonisti: le biondine si tingon di nero, le brunette s'imbiondiscono, la vecchia l::raronessa si finge notaio, il rubacuori prende i panni dell'ostessa, il feroce bandito mette il tutù dcllA ballerina, la sposa tradita com• pare quale fantasma, le bambole rapprc• sentano i bambini, ed un senso vastissimo d'imprevisto e di avventura domina la mascherata generale. Ebbe anche il senso della campagna. Bucolica Carolina! Una campagna tutta sua, e simile a un giardinetto giapponese, minuscolo e ben sistemato, dove si trova l'orgoglioso•castello, le rovine-del•cOn• \"ento, la capanna.del-buon.pastore, il cimitero•abbandonato, la villetta.solitaria, il burrone, la cascata, l'ameno praticello e l'impervia montagna: il tutto raccolto in un raggio di pochi chilometri, per la necessità dell'intreccio. Ma anche nei drammi cittadini ci son giardinetti, magari un balconcino fiorito, o al\che un vaso di basilico sulla finestra; ogni tanto poi i Campi Elisi di Parigi prendon aspetto di parco, o una rosa solitaria assume importanza di simbolo. 'n,• (), , Ebbe il senso del viaggio. Carte geografiche, carte topografiche, orari ferroviari le servirono a darCi Londra, Parigi e Nuova York: lei stessa conohbe il Pie• monte e la Toscana soltanto, ma le ba• starono, e regalò ai suoi lettori il vasto mondo, assai meglio che non l'abbia fatto il signor Paul Morand. Lo 1erit\Ore1 "La 1011 poe1l1 ob'!o 1♦nto ~ qu,llt. ohe riporti 111101110 t.11• ■o• origine 11lnggi1 ed 1rn.bond1" Quando nel 196, suo marito, dopo aver preso parte alla battaglia di Adua, ri• mase in Africa per un breve periodo, Ca• rolina pensò di raggiungerlo. Non lo fece: ragioni di salute non lo permisero, e lo rimpiangiamo; avremmo avuto una !et• teratura africana. Invece ne abbiamo una torinese, ché là fu destinato Quinterno, a capo del Panificio i\lilitare; e qui CO· minciano gli anni più splendidi di Caro• lina. Vestiva da de Gasperis, e con sfarzo; i suoi cappelli c.ran della Camera, modista insigne, e tanto coperti di piume di struzzo che valevan trecento lire cadauno. Quanto ai gioielli, parliamone: l'editore Sa• !ani, sempre più ricco, a Natale regolar• mente regalava una monile alla sua au• rrice, o, ancora meglio, una smaniglia, come lei stessa scriveva. Negligente, non si curava di riscuoter diritti d'autore; non ne aveva bisogno, e le pareva cosa inde. gna di una dama. Del resto ogni tanto, dal Brasile o dal Perù, le arrivavano commissioni di ammiratori che le portavano son• tuosi doni e caldo affetto. Cosi im-ecchiò; ma chi se ne sarebbe ne• corto? Una parrucca bionda, arricciolata, aveva sostituito i ricciolini: prima fra le donne oneste italiane, Carolina Inverni• zio usò minio e belletto, si dipinse di rosa, bianco perla e turchino. Appena sveglia, al mattino, dedicava due ore .:.d abbellirsi, poi, rivestito un peignoir vaporosissimo, prendeva un quaderno, e rapidamente, tenendolo sulle ginocchia, scriveva, in• terrompendosi per dar ordini alla cuoca. ~el pomeriggio, abbassata la veletta, calzati i ~anti, brandiva la borsetta e vo• lava nel mondo. La Principessa Letizia la riceveva, e la Duchessa di Genova: più tardi, ritirata a Govone, nell'avita casa del marito, organizzava i balli di bcneli• cenza, i trattenimenti, le recite di carità; il tutto, lo speriamo, con lo stile dei suoi romanzi mondani. Popolarissima. I bei caffé di Torino s.i agitavano al suo apparire, direttori e Ca• merìeri ossequiosi le volavan incontro; il matrimonio della figliola richiamò alla Consolata una folla variegata e folta, an• siosa di vedere non la sposa, ma Carolina stessa; al mercato l'adoravano, e nei ne• gozi; e nei giornali. Lei era gentile e di. stratta, come le vere signore d'allora: trasferiva i suoi conoscenti nei suoi libri, e dovunquè trovava soggetti: L'Orfa• nella di Collegno, La Ballerina del Teatro Regio, La Cieca di Vancl1ig/ia. Non leg• geva mai, non amava la lettura. Non SUO• nava il pianoforte, preferiva la pianola. Aveva delle belle mani oziose. Aveva anche il piloro troppo stretto, po• veretta, e si nutriva con difficoltà; ma la sua magrezza era distintissima. Il marito pure faceva un figurone: bel bersagliere invecchiato, fatto colonnello e marzialis• simo. Vecchi colonnelli, vecchi generali, diplomatici in riposo e vedove di senatori frequentavan la sua casa; e per discre• zione non chiedevan notizie della Ptcca• triu, né dei Lndri dtll'Onort, o di Satat1ello, ma solamente di Dora, di Fior di Pentiero. Morì nel 1916, ed ebbe funerali impo• nenti. 11 coneo lunghissimo traversò tutta Cuneo: supremo omaggio, i due cinema• tografi locali programmarono pellicole ispirate da soggetti di lei, e sul suo passaggio schieraron, come bandiere abbru• nate, cartelloni variopinti che mostravan ladri inguainati di nero, assassini barbuti, onesti giovani convolanti a giuste nozze, e una crudele duchessa, che con un pistoletto incrostato d'avorio e argento, si fa saltare le cervella. .-- - -- • ·- .::-::::-----'- ~ _.;::,;i--'-,,,,,,,;::;:;;;;.----_·~ _..-.... ·- COPERTINADI u PA88IONEMORTALE•'DI O, INVERNIZIO --;- "?. A POESIA di Ugo J3c1ti nacque prima, come tanta del suo tempo, e forse non la più nobile, dalla poc::.ia crepuscolare, dove Cf,{li1m• mise di suo certo fiabesco, che vuol dire poi. in parole po,•ere, che ridus~e quella poesia ad uso dei bambini: e eib gli valse il ijusro (e il comodo) della filastrocca. Nacque col & pensieroso. l\la ebbe il suo periodo eroico in Canzondlt. Lo J\fortt; anzi nelle Con• :zoneltt sohanto. Eroico, dico, per lo sforzo di ricerCMe da un tono e da un'ispirazione tutti i possibili effetti, fino alla sazietà. Che poesia era dunque questa? Poesia di modi popolareschi. Detti, per dieci unni, sperò di .azzeccarne una almeno, di queste poesie, che :urivassc ad c55cre popolare d:w• vero; e che potessero cantarla e il carrettiere, - il poveretto avanti l'osteria, - quelli che tornano a casa, le acre, - quelli che vanno via•, o diventasse, come ancora dice, • di tutti - come l'acqua delle fontane, - come le strade, come i frutti - delle siepi, come le campane•). E vi lavorò, o mi sbaglio, t.nn conseguenza di passione, non certo con una sua consegucn;,;a di stile; dunque non da poeta vero. , Provatevi a ricordare un \"erso solo, in tutte ques1e Canzonette, che hanno pur fa. cile il piglio e l'aria domestica., o una sola immagine, o l'idea d'una strofa pur che sia. Non vi riuscirà. Un verso, una immagine, una strofa han da essere delle cose ~n per• fette, ben tinile, perch~ durino nella mcmorin; han da a\·ere quel sintomatico, che è il segno d'un ingegno nuovo e d'una voce nuova. l'.ktti, tolta una cer1a pas.sione, una certa in• clina,ione e volontà, non ha ahro. E~li, fa sua poesia. è venuto formandola dai detri,i della poesia popolaresca, della poesia roman• tica, un po' a casaccio, e sempre lasciandosi andare, coi modi a\-ventanti dell'ane d'im• provvisazione, ,·ersi tirati alla bnwa, rime facili, parole facili, e co~ì le bislncche e fa. ciii deformazioni del linguag11:iofigurato, del linRuaggio azzardoso e improprio. Ora mi basterebbe fare un nome, un no• mc solo, per intenderci; quello di ',alvatore di Giacomo. Ecco un poeta che, fin dal suo inizio, seppe rivivere e ricantare originalmente i più Yecchi temi. stancati per giun1a da tutta una tradizione dialettale. Ma del Di Gia• corno, anc.,e di quello più giovanile e inge· nuo, i momenti di poesia, e soprattutlo l'aura poetica, come non riconoscerla? E questo gli nacque per sola virtù di stile. Perché Di Giacomo fu, se si potesse dire, il pamas• siano di tutta una scuola poetica arrivata all'eslremo, che veramente trasfigurò e i(. leggiadrl, direi scttccentcscamente, una ma• teria troppo intinta di lai;crimc e sospiri, e di sanp:ue. La pooia di Beni invece tenne un c.im• mino a dirittura orposto. Deviò prim:•. e poi COl"'!le precipitò nell'anonimo, nell'im• personale, nel fattizio, per tutte le Yie. Rom:mtici!mo di maniera che fa la scrittura sciatta; e i toni mescola1i, col mfllinconico, il fantastico, il tenero; fino la predica:.:ione umanitario tiTata un po' grossamente dal fondo d'ispirvionc dell'arte di popolo; ché, a dir vero, non risulterebbe Betti avesse un pensiero proprio suo, una sua filosofia. Ncp• pure ha quella che è filosofia d'artistR, che sa da un tema dedurre concor<lemente la logica del tema. Se i:tli capita d'indovinare un bel principio, svilupparlo non gli ric5cc; e allora l'umor popolaresco buono a tutto gli presta gli artifici e im.broglia le carte. Non sa ciò che sa un poeta popolaresco nato: svolgere a perdifiato un'idea lirica su una bcll'aria d, canto. Prendete /.,a fanciulla mli• tata in rio e prendete Caterinella. L'una can• 7.0netta, dato un primo felice avvio tern1ina alla fine in destrcrie letterarie, l'altr-~ sperpera in luoghi comuni un bello e franco comincia. mento di strofa. Ma l'ultimo libro di Bettì, Uomo t donna (Mondadori, Milnno, 1937, I.. 10), avrebbe di botto, secondo certuni, oltre che toccat..> l'originalità, fatto qualcos'altro; scavalcato avrebbe gli stretti termini del liricismo fra.in• menturio. La critica, 1ut1a in coro, ha con• cesso Ìn ver11à troppo alle intenzioni, e ha fatto passare un libro dispersivo all'estremo, per quasi un poema, per una specie di epic-a de.ll'uomo, dal punto della creazione alla caduta, con i ricordi della felicità antica, e fughe nel fiabesco, e brevi riacquisti a prezzo di dolore, e chi sa quante altre cose mai. Ma la natura non fa salti, e non ne pote"\a fare neppure la poesia di Betti. Nella quale, ad essere esatti, altro non c'è se non una mi• stura di modi stilistici i più opposti, che la infedeltà dell'autore, o la facilità as.simìla• tiva o imitativa ch'è lo stesso, di volta in volta gli è venuta apparecchiando, quasi a sua insaputa, F.,d ecco che trovi, nelle parti mitiche, il freddo e olimpico sereno; nelle p11r1idrammati ...lic, il bruto e il brutto rt"a• lismo; nelle pani cosmiche, il pascolismo cr• metico ultimamt"nte tornato di moda; e solo nelle parti gnomiche, l'affabile mediocre. Un campionario dunque di forme liriche per entro le qu:-tli i,;isono volu1i vedere sensi nuovi e sovrasensi, e un'idea fulminea di potenza. Mentre il meglio, decisamente, sta nel mezzo, in un temperamento di que• sti varii stili, che è un misto appunto di po• polaresco e di riflessivo e di moraleggiante, per niente difficile, anzi dimesso, con appena un'incrinatura, che fa mordente quell'im• pii.Sto. La poesia di Belli arriva qui a perdere, perfino, ciò che di occasionale e di fortuito aveva innanzi. Ed t"ra accaduto altre \"Ohe che in fondo a una lirica tutta inancmente volta al sublime, per mezzo d'una felice im• magine, d'un tra110 pigliasse terra. con un ripiegamento non scevro di valore. Ora vediamo dunque qualcosa che. in progresso, pur torna dalla stessa ispirazione antica, da quella 1ua decenne fatica. Bam• bina, per esempio: Prediletto dai padri J fu bambi,ra. f.'lla J 1ui nn,rpùi, agrdto La 1,v,a o,r&ora,n11.·itla lo mom,ra. Dom.a11i, iJ UlfO g1ot,•l,rtllo '" iltlSÌo T,,,,idamt11te premtrd la 1.ttt, . .. SL Ma questo non è che Pascoli prosasti• cizzato, è a dirittura Saba, con le stelSe ca• dcnze dettate da quella sua sag~ezza stanca. E leggiamo allora RaJ(a::::a alla fontana: Un peruiuo ntl t:uor m'hajallo spiga .. ~ d'Annunzio? No, è Pastonchi. Quella spiga è coha in uno Jeì campi sperimentali di Pastoncui. E il motivo popolaresco certo è dedotto con un'arte letteraria accorta, ma muovesi su nient'altro che un bisticcio di parole, grazioso, arioso, ma un bisticcio. i\fa fone in Cam:ondta troveremo un che di più unito, un'ombra di idea lirica e di scn• timento: Talt·olta i,i gior,ii amori Tm~ita, 111lmio broccio, t111foro10 Jfano 11 pota, l\la è ancora Saba! • So,r qui ro,r te~ dlCt. AU,a,rdonata battt .Velia mia ma,ro, uutlletto /elirt. Saliamo allora più su, o scendiamo più in profondo. Questa immagine davi.·ero è insolita: Foru tra ,iell'etn-no No" 10 rhe rr,pa obliata: Da essa, t"ita. t1tferg11ti,piuola muffa Suita urtigi1tosa parei,. !\la è un cominciare quasi come t,.lontale, e un continuare quasi come Pascoli. Quanto a finire, non è Betti di quelli che acquistano nello sviluppo d'un tema dato. Se mai, egli è uno che perde l'acquistato. Sempre per la tiranna sua infedeltà, la traditrice facoltà assimilativa. Ora io dirb concludendo: pub darsi, specie nei poeti improvvisatori, che in un primo tempo, e in una subita illusione creati,"tl, spe• cie &e sia facile e fertile orecchiante, uno si lasci ,mdarc a comporre alla maniera di ... , senza saperlo. Ma a una rilettura, e smorzati i fuochi dell'1spirazionc, la mente dovrebbe riaçquistare chiare le sue potenze: scegliere, rifiutare. Si vede invece che in Betti non le riacquisu.. E che un poeta dell'orecchio man• ca quasi sempre dell'altro senso giudice, man~a di quella vista, senza di che non si fa poesia vera. GIUSEPPE DE ROBERTIS ( LETTURE ITALIAN :ft~~t~ 'ltt:O ALL'ANTICA fffe ··«, AOLA DRIGO anche ad operette 'I che per il numero delle pagine potrebbero userc chiamate romanzo, ha preferuo sempre dare_ ~ome di rncconto. Che è come premunirsi d1 fronte ai letton e ai recensori. Dd resco, impossibili sono, a rigore:, quelle distin:--:ioni fra •romanzo• e •racconto• che pure si vorrebbero fare. Ro• manzo e racconto è sempre una indicazione yaga; il senso glielo dànno, di tempo in tem• po, gli nutori che \·i si adoperano. Riguardo a Paola 01'igo, si potrebbt· dire questo: che tuttavia pe1 lei certe differenze rest:tno, come res1n,-ano nella leueratuni del secolo scorso, do,·e •racconto• era narrazione più lineare e pili vicina alla cronaca di quanto non fosse •romanzo•. L'ultimo rac• conio della Drigo, "Maria Zef • (Trcves, Milano), è la &1oria di una ragazza friulana, di una /011tatr, a dirla diale11almcnte. Molt_o c'è di dialettale in ;\otaria Zef •: la sua va• vacitl\ nasce proprio dalla sua vicinanza al colore di un panicolare paese. A ;\laria muore la madre, ed ella rimane con una piccola sorella ed uno zio. Andata in un osped.::alela sorella minore in seguito ad una sua malattia, ;\1aria resta sola con lo zio, in unR casa di montagna, isolatissima, e quelln convivenza ha una risoluzione tra• gica. Lo zio, che è abbrutito dal here e dallA solitudine, seduce la fanciulla, La rag&z7.a, dopo una prima ribellione, s1arrende, e quella sua sottomissione non manca di verità. L'"n giorno, poi, che si ritrova incinta e ammalata, prende una scure e ammazza il suo seduttore. Maria Zc-f è la pro1agonista d1 un fattaccio. Tutt'al ptù è chiaro come, qua e Ila, la Drigo ha inteso dare un particolare senso a certi avvenimenti. 1\laria non ammazza lo zio per ,endctta, ma pensando alla sua sorella mi• non~ e per evitarle una sone uguale allu sua. Insomma, si fa di tullo perché il ges10 della ragazza sia se non gius11fica10 almeno spiegalo nobilmente; mentre altra giustificazione non è dato trarre dei ges1i di un personaggio che non sorta dall'anbm suo; una i,:-iustifi. cazione psicologica. l\.•lala psicologia dei per• sonagi,:1 della Oril(o è spcs~o lien-, e saerifi. cata alla moralità o al pmoresco. J,'occh10 della scrittrice vede soprat1ut10 il quadretto, la scena. Oi ;\laria Zcf non è precisato il carattere. ma è detto con commozione il dr• stino; ed {' nella comprensione del caso che le capita il meglio dellR sua storia. Cosi la fanciulla, prima presa a forv1., finisce con av. vezzarsi a dormire con , barba Zcf •· Coi1ì il vecchio, quando lA raJ:az1.a. risen1i1a. lo a,. sale, non prot.:sra. Smette la 1ua bravura; si lamenta miseramente, si lascia battere: • Di quando in quando le gettava di sfugg!ta uno sguardo pieno di pnura, e infine si mise anch'cgh sommessamente a piangere. E nel pianto, come un bambino ripeteva un suo querulo lagno: "Ah, ah, povero Zef! Ah, ah, povero Zefl"•. Kella comprensione non dei personai,:gi, ma dei fan i, la Drigo sa eu.ere vera. Sono, i suoi, pregi di raccontare ormai disusati. • !\1arìa 7,cf •. è un racconto all'antica: di quelli che un tempo stavano un gradino più in basso del ronianzo; cd è forse riferen• dosi ad un'idea di romanzo o,mai 1nattuale che la Drigo insiste a chiamare " racconto• le sue operette, anche se prendono tutto un volume. Ma è una difft>rcnza quella fra "romanzo• e racconto• che ora 11 va ,ent• . pre più sperdendo; ora che ogni narrazione, sia di due colonne di giornale, sia di trecento pap:ine. non vuole rinunciare a certa solli• glie:n.a r precisione. Quello della Drigo in• vece è un racconto di fatti con effetti che p,J.. tremmo dire cinematografici. S1nmo, ragib• nare di cinematografo a proposito di una scrittrice cosi lontana dai ~usti contempo• ranci; ma il taglio dei suoi racconti è SfX!!>-o \·eramenle cinematografico. Del resto, le pa• ;~~~el~t:;.t~?::::gr:~~n~i 'i:~tt~':a'~-r~~r~: do il racconto è visco soltanto dall'esterno, quando la comprensione di chi narra nnn \"ti ai perlonaggi. che restano \-aghi e appena caratterizzati, ma a(lli a,Ycnimenli, si pub ra~ionare sempre di maniera cinematogra• fica: un modo di intenderci come un altro. ARRIGO BENEDETTI B,. RTE~IISJA Zimei: L11ciod'llmbra-Etiut l'\ faròsta nell'opera di_ 11n roman::in-t. Unione Ednoriale d'Italia, Rom~ Artemisia Zimei dagli studi 1rancescani è passata a quelli di Lucio d'Amhra. Da una accurata bibliografia apprendiamo che Lu. cio d'Ambra c.' autore di ben 87 opere. Esordi nel 181)6 col Yolumcllo di liriche: Le sottili f>l!71t; scrisse il primo rC"manzo. li ,ni• roggia, nel 1()00, all'alba del .-ccolo. :,..;:é poteva a\·ere migliore i1..ugurioper un romanziere partito al dominio di un secolo. La Zimei chi.1• ma il nostro romanziere: e 11poela della ma• ternità e della famiglia •, Il moralista della Disciplina , 1:educatore de-Ila Coppia"; lo# chiama il Ba\7.ac, lo Stendhal, il 01ckens, il Dosto1c.:vsl,;i della nostra~ lcueratur.-i, e in appendice ci d\ te!>timonianzc sulla sua fama all'estero. '1J1? !CO D'Arena: Scritlori 1n m11rria. - Pm• !YJX fili bio.bibhogr,1_tici. Studio di Propagan• da hhraria, 1',1poli. :\lico D'Arena vuole scri\"ere un pnnorama letterario dcJ primo anno dell"lmpero. Si compiace che Papini e d'Ambra siano stati nominati accadcmìci; che a Galdini sia stato as~p:nato il premio !\tussohni; che Il poema africano• di F. T. ,\tarinclli 1ia andato a ruba; che le onoranze a Alfredo Baccelli siano riuscite; che la di iui figlia abbia esor• dito brillantemente col volume Terra di sole•; poi, pa~~10 questo tributo a scrittori già noti, passa a rffendicare le fame di tutta una letteratura siculo.,mpolciana a noi mi• steriosamcnte ignot.1. Ci f13rla di Alceo ~PC• ranza già deputato al parlamento. Di Alceo Speran7.a sl. apprende che, durante il suo periodo parlamentare, f~cc inaugurare moltissimi monumenti. Segue poi un profilo di Carmelo Cordaro, laureato m lettere, del sa• ccrdote Giulio Amadio, di Antonio \'ar• varo Bruno, di Jolanda ;\lilani Lclli, di Maria Dusillo, di Tina Alaim<l, di Antonieua d1 Bari Bruno. !\la :\lico 0'.-\rcna non è che al suo primo Yolumc. e Questi non sono che appunti·,, egli afferma nelle sua prcfa. ?.ione al volume che vuole esserc gù da sé una sintesi di quella che è la nostra moderna letteratura.

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