AL j L • SAi~ :\<!ARTI NO• era, negli anni che precedettero la guerra europea, il locai~ notturno di Milano. I giovanotti v1 si facevano portare a gruppt, vociando nei tassl. Terrore delle famjglie, bersaglio del clero e di Paolino Valcra, moralista anarcoide denunciatore di sozzurre spicciole nella sua rivista « La Folla•, questo caffè-concerto era quanto di più •parigino• si potesse trovare in Italia in quei tempi; e con i caffè di • kellenne •• • La Sigaretta• e • Quelle signore,, costituiva il nucleo erotico-corruttore contro il quale infieriva la classe dei benpensanti. Il locale era frequentato da studenti e 1mp1egati, ai quali si mescolavano tipt di industriali e commercianti, oltre a qualche grosso agricoltore della provincia, riconoscibile per il vest.ito nero, le scarpe gialle e le guance paonazze sopra i baffoni con le punte arricciate; mentre i cittadini porta.van, quasi tutti, i baffi tagliati all'americana, simili a spazzolini neri Q biondi da denti. Qua e là si distinguevano facce sospette di giovinastri sbarbati completamente, il che era già una ragione di scandalo; essi s'alzavano di tanto in tanto come periscopi allarmati sul mare di teste, e spesso si spostavano per andare a bisbigliar minacciosamente qualcosa nell'orecchio di certe ragazze incipriate e truccate che sedevano ai tavolini in mezzo alla sala, Dopo quegli ammonimenti, le ngaz.ze raddoppiavano l'intensità e la seduzione dei loro sguardi addosso agli spettatori che parcvan più ricchi. Nelle prime file e nelle barcacce c'erano signori anziani, calvi, talvolta ac,;ompagnati da mogli insaccate ed arcigne, dalla schiena triviale, oppure da vistosissime concubine rutilanti di gioielli. Sparsi un po' dappertutto, tipi di usurai, di cameri-:ri arricchiti gialli come limoni, un lottatore dalla faccia di mastino che teneva la direzione di una grande casa equivoca, dei bookmaker,, pugilisti, maestri di pattinaggio, fantini, sensali, agenti di cambio, uno che aveva fatto a pezzi la moglie, parecchi truffatori e alcuni cornuti celebri. C'era anche un prete travestito e un deputato socialista. Un gruppetto di sottufficiali stava compatto in una barcr.:cia. In fondo alla sala, in piedi, apparivano numerosi commessi di negozio dalle cravattine a farfalla sul colletto duro e altissimo. Molti tenevano il cappello in testa. Il primo numero dello spettacolo era sempre riservato all'orchestrina, che dirigeva un tipo occhialuto e svagato, dalla marsina troppo stretta, sul collo della quale s'adagìava uno strato denso di forfora. Di rado lo applaudivano, ma si vedeva che il pubblico lo stimava molto. t:sciva subito dopo una canzonettista che, fra gli urli, dimena\'& di continuo i fianchi, forse per farsi perdonare la \'OCe da bevitrice d'acqua,•ite. Quello e altri due o tre che seguivano, erano i• numeri d'entrata,, riservati a povere donnette in fin di camera o già fallite all'inizio, sia per la scarsa avvenenza, sia per l'ugola guasta. Se non eran fischiate, non raccoglievano che gli applausi dei camerieri che si nascondenmo dietro le colonne per assolvere quel pietoso ufficio. Calato die1ro di loro li sipario, si rivestivano in fretta e \'eniv:mo a sedersi nella sala, chiedendo il passaggio con enormi sorrisi. Le ultime di quelle iniziatrici \'emvano inesorabilmente fischiate dal pubblico che sempre più s'anda\'a divertendo della propria crudeltà., Ballerine in sottanella di. garza e il corsetto a lustrini, con la magha rosa incollata sulle gambe corte e nodose, si sfoga\'ano disperatamente a gettar baci agli sptttaton più anziani e più cal\'i, contando con quella mah7ia di far ridere gli altri, rna lo stratt3gcmrna era così stantìo che non riusciva. Grida- \'ano ì commessi d1 negozio, in fondo alla ,ala, che le volevano nude, quelle disgraziate, ma se una appariva sul palcoscenico troppo scollata o alza\·a appena un lembo del ~onnellino, scoppia"ano dappertutto ululati, muggiti, cori ruinosi da serraglio affamato. t.:na volta, per far la danza indiana, una tedesca si presentò con le gambe e i piedi nudi; il pubblico nmacte senza fiato e inter\'ennc la polizia. Alle fami~l1e di acrobati, padre, madre e un paio di ragazzini, talvolta denutriti, s1 usava un certo riguardo. 11 pubblico era scmpre disposto a intenerirsi per chi faricava e arrisch1a\·a la "ita col duplice scopo d1 sfamarsi e dt"ertirlo. Quando i J('innasti facc\'ano la piramide, oscillando m un equ1l1brio cosl precario che i loro occhi pare"ano supplicanti come quelli di Cani battuti, e le bocche faticavano ad aprirsi nel sorriso d'obbligo, il pubblico gridava: • Basta, basta!. .. •, e quando la famiglia balzava a terra a ventaglio, allargando le braccia dimostrati, 1amente, tutti applaudivano a lungo, rispettosi e convinti. C'era poi, di solito, una• stella,, donna assai formosa dalla vocina di grillo negli acuti e di ca.pretta nei recitativi. Aveva in capo un turbante verde adorno di piume rosa di struzzo lunghe un metro, portava una veste pure rosa fino ai piedi calzati in scarpette di raso, e manovrava un ventaglio, anch'esso di piume rosa, ora nascondendosi allusivamente il grembo, ora roteandolo dietro le natiche a guisa di tacchino. Quelle audacie erano compensate da scrosci di applausi, ma la stelJa scatenava il maggiore entusiasmo quando, riapparsa vestita da collegiale, si metteva a cantare strofette piene di chiarissimi sottintesi e giuochi di parole che facevano arrossire e sganasciarsi dal ridere le mogli e le concubine dei signori in prima fila, mentre gli uomini, con le lagri"le agli occhi, si davan manate sulle spalle per avvertirsi reciprocamente di aver capito i doppi sensi. La donna invitava poi il pubblico a cantare insieme con lei i ritornelli, e dopo qualche resistenza dovuta a strane soggezioni o timidezze, tutti cantavano, studenti e commessi, lottatori e usurai. Tutti trovavano che quella donna era una grandissima artista; l'intera città infatti ne parlava, il suo nome sui manifesti era stampato a caratteri ahi un metro, Si conoscevano i milionari dei quali era stata l'amante, qualche grosso uomo politico che l'aveva mantenuta, un senatore, un ministro, e si sussurrava che uno studente aveva tentato d'uccidersi per lei. Doveva ripresentarsi sempre più volte; ogni volta, con un vestito e una canzonena diversi, entrava sul palcoscenico con passo regale, pomposa e alter-a, coi suoi grandi occhi e i suoi alti seni, e, alla luce dei proiettori, quando stava a raccogliere gli applausi, pareva una dea ·come se ne vedono dipinte nei soffitti dei teatri d'opera. Un famoso parodista, ometto grasso e tondo dalle sopracciglia sempre inarcate come per un'incessante meraviglia, imitava tutte le sere gli uomini più in vista, da Giolitti a Caruso, da Mascagni a Marcora. Una sera imitò anche il conte N.1 che era nella sala con la sua gardenia e il suo virginia, e tutti risero come impazziti dalla gioia. Rifaceva anche il verso alle reclute sbadate, ai seminaristi, alle zitelle inglesi, ai balbuzienti e ai sordi, recitando filastrocche musicate che tutta la città sapeva a memoria, e che tutto il giorno si ripetevano nei ginnasi, nelle banche e fin negli austeri uffici del demanio. Finiti i suoi tre • pezzi , regolamentari, vole"·ano che uscisse altre cin• que o sei \'Ohe, soprattutto per recitare dei \·ersetti, chiamati malt111ia,ii, nei quali si facc\'an paragoni per lo più osceni tra 1 pili disparati oggetti; nessuno avrebbe più voluto che quello spasso finisse, e tutti si ridicevano i maltusiam entusiasmandosene sempre più, fin che era soltanto il pubblico a urlarli in coro men1re il parodista stava zitto a dingere. Nell'intervallo la gente si nversa,·a quasi mua sul Corso a canticchiare ancora i maltusitmi e ad insegnarli agli amici che eran rimasti nei bar; e in mezz.'ora le strofette cran già. arrivate, sui 1ran\'ai e sulle carrozze, a Loreto e a ;\,lonforte. I pro\'inciall im·ece restavano nella sala, e ne approfit1avano le ragazze per abbordarli chiedendo loro una sigaretta o un fiammifero; sei;(Ul\·ano contrattazioni nelle quali la parsimonia e la diffidenza degli agricoltori era messa a dura prova dalla cupidigia femminile. Della pausa profitta\"ano anche gli strozzini per andare alla ricercn dei loro creditori, e se qualcuno ne trovanmo lo portavan dietro una colonna a confabulare, supplicano o minacciosi. I pugilisti e i lottatori contrattavano con gli impresari, i fantini sussurravano pronostici nelle orecchie di fi~li di famiglia; signori con la barba bianca bevev:ino champagnt in compagnia di donne celebri, e i sottuffl,1ah si reca\'ano in massa nei camerini delle attric1. Alln. ripresa, dopo qualche comparsa se• condaria, '>'inizia\'a 11 grande numero• della serata. Gran successo ebbe, in quc- ~li anni, la nVJMa musicale intitolata Il co11rertoeuropeo. Alzata la tela appari\·a un palcoscenico sgargiante di handicrine d'ogni paese, e un tizio 111 marsina rossa e calzoni corti celesti, con due lunghissimi baffi castani, commciava ad introdurre a una a una le • Nazioni,. Erano ragazze che venivano a canticchiare una canzoncina e ad eseg'uirc un balletto, mettendosi poi sculettando da un lato per aspettare le altre. Veniva per pnma la Francia, bionda e grassa come si conveniva, vestita di rosso papavero, scollacciata, le bretelle ricadenti sulle braccia bianchissime e un nastro d1 velluto nero stretto al collo. Portava la sottana spaccata su un fianco per mostrare il fiocco rosa della giarrettiera; cantava le lodi del • :vtoulin Rouge, e di • Chez Maxim •, diceva che lo champagne inebria e fa sognar, e da'"a infine un breve saggio di ca11-can dirigendo un corteggio di donzelle vestite da uomo che poi ::.i getta, ano ai suoi piedi fin,:?endo ebbrezza e beatitudine amorosa. Dopo la Francia, che piaceva molt_o e inducen i gio\'ani a partire al più presto per Parigi, giungeva la Germania con due trecce color carota dietro le spalle, rotonda, solida e se,·era, un elmo a chiodo in testa e due bacinelle d1 latta, scagliose e puntute, che le tintinnavano sul petto, Brandendo una spada dorata eseguiva 11 passo dell'oca e si metteva anche lei da parte mentre l'orchestrina fimva d1 scannare la marcia del • Lohengrm "· Lna Carmen dagli occhi mtrisi di nerofumo, con in 1esrn un'enorme parrucca nera riccioluta sormontata da un altissimo pettine, strepitando con le nacchere e snnrngliando la gonnella gialla tra precipitosi rulli dei tacchi sull'impiantito, entra\'a a dimostrare di essere la Spagna. Un torero halza,·a come una belva da una quinta ad abbrancarla per la \'ita, e tutti e due ,·eni\'ano rap1t1 dall'onda esitante e risucchiant_e d'un tango, scandaro e delizia di quct giorni. L' I n~hilterra era una sottile, diafana scoizese in gonnelhno a scacchi, le rosse ginocchia nude, che belava le sue strofette tra uno stuolo di marmaretti con la pipa d1 gesso stretta fra i denti. lmpellicci'lta in un giubbone di finto ermellino, Jtli stivaloni rossi e un gatto a no'"e code in mano, la Russia ballava una danza russa tra un fioccar di bioccoli d'ovatta dal soffitto, mentre tre cosacchi saltellavano seduti sul sedere incrociando e allargando ritmicamente le braccia: tanti erano gli applausi che bisognava concedere il bis. L'Austria, una ragazzona ve. stita alla tirolese, vemva a braccetto di un'Ungheria tutta nastri e fiocchi variopinta, e dopo le danze e i canti la coppia ind1ssolub1lc si metteva al fianco della Germania, aspettando l'ltalja per fare la Triplice. La musica accelerava i tempi, e l'ltalia entravi\ di corsa rav\'olta in un mantello nero, un cappello da bersagliere m testa e una bandierina tricolore nella destra. L'entusiasmo degli spettatori trabocca\'a impetuoso. \;na sera, un tipo m fondo alla sala gridò:• Buffonate!, e m un breve parapiglia fu buttato fuori. Intanto un gruppo di giovanotti vestiti da ostricari, le gambe pelose nude e il berretto rosso in testa, con cembali e 1amburelli s'eran prc• c1pitat1 sul palcoscenico a ballare la ta• rantella. Rifatto il s1lenz10, il presentatore dalla manina rossa proclamava la pace generale, e il • concerto europeo,, le mani nelle mani, cominciava a danzare vorticosamente intorno a un donnone maturo e cordiale, ommantato m un bianco peplo, che agi1ava senza posa un ramoscello d'oli\·o. In secondo piano le comparse s'erano nunite ad osannare fra uno S\'entolio frenetico di band,enne d1 tt1tti i paesi; un piccione bianco veniva liberato da una scatola e svolazzava sgomento su quel tumulto scatenato in suo onore. Calata la tela tra raffiche decrescenti di applausi, il maestro attacca\'a estenuato il galop finale che accompagnava e quasi spingeva gli spettatori alla porta. A lungo per il Corso risuonavano i motivi fischiettati delle canzoncioe ch'eran più piaciute 1 gionnotu riprendevano a gruppi i tassi e partivano. vociando, gli usurai tornavano inug21ti e preoccupati alle loro sordide case, i sottufficiali aspcttanno un tram sl:ambiandos1 impressioni sulla serata. E le ragazze, deluse, stanche, ,·ig1late dai loro implacab1!t protettori, si dirigevano ,·erso la Galleria a distribuire sornsi e sbadigli agli ultimi passanti. • AMIJROGIO SPADARI G.CORBETTA '8APPBIESE N iUAN l\E VlVIA110 in un mondo pieno di luo· ghi comuni. Da anni letteratura e teatro ci mostrano il viaggiatore di commercio come un individuo che passa la maggior parte delle giornate e delle noui in treno, mette i. piedi sui sedili, annoia ì compagni di scompartimento con 'sto• riellc umoristiche e ingombra le reticelle con enormi campionari. In realtà ben poco di questo è rimasto; le grandi case han ritagliato la carta d'Italia in infinite piccole zone, sottoponendole a un sistema di sfruttamento intensivo, e i loro agenti han quasi del 1u1to abbandonato i lunghi viaggi e, quando non hanno la e serie > r;gionale, usano e l'automezzo>: persino la \'ecchia denominazione di viaggiatore non corrisponde più alla realtà: sindacalmente e nei contratti è stata. istituita una nuova gerarchia che va dal e pianista > ali'< agente di commercio, e al e rappre• scn1antc >, mentre qualche casa, in vena di affabilità, arriva, nelle lettere di ufficio, a chiamarli e nostri cotlabora1ori >. Il sig·nor Giuseppe Corbetta, rappresentante di articoli di scatolame e dolciumi, lo conosco da anni, ma la nostra, più che una amicizia, è una conoscenia occasionale, di caffè. Corbetta è nella professione, come dice lui, fin da quando era ragano. Al caffè è un tipo poco invadente; si limita spesso a stare a ,·eder gli altri che giocano; e ha soltanto il debole di far sapere che ha grandi amicizie fra le autorità. li sabato, giorno di mcrc.:.10, per~ le cose cambiamo: il bar è vicino alla piana degli affari, e allora Corbct1a lo considera un poco come una succursale del suo ufficio. Vi arriva spesso tirandosi dietro cer1i suoi clienti di campagna, bra11a gente dai vestiti stretti e dai cappelli in11erosimili. D'altra parte, il sabato il caffè è pieno di gente di quel genere, cd i colleghi di Corbetta si riconoscono subito, sia per una cert'aria di sicura padronanza, sia per certi detta.gli del ,•cstire, di una eleganza trasandata e vistosa, che ogni anno trova nuovi appigli: le camicie con la chiusura lampo, le magliette di seta bembert a righe e le scarpe comt,e,uio si son subito viste addosso a loro. Storielle umoristiche ne ho sentite poche: ragionan più volentieri di affari in linea generale : discutono di automobili oppure parlano di donne. L'amore motorizzato, le avventure concluse con la macchina, son diffusinime fra gli agenti di commercio, ma sarebbe errore confonderle con le cspericntc suburbane dei giovani clcgan1i di città Queui rappresentanti agiscono in tutt'.1.hro campo: loro viuime predilette sono le ragazzoue paesane, le contadine con pretesa di civiltà, le parcn1i prossime dei bottegai di borgale rurali ch'es.si visitano per ragioni di commercio. Finite le visite alla clientela e riempilo il t:arnet di commissioni, l'agente di commercio si lascia molto spesso tentare dal piacere dell'avventura, e, fermp con l'utilitaria all'uscita del paese, aspetta al \!arco l'incauta che ha dato retta ai suoi discorsi nella bottega della zia o nei pressi ,del tabaccaio. Un giorno che non sape110 cosa fare, accompagnai Corbetta in una delle sue git'e in provincia Mentre andavamo in su in macchina, il mio conoscente mi spiegò che, delle due case da lui rapprcscn1atc, una, quella dello scatolame, era seria e solida, mentre i dolciumi erano un a,tit:olo di bat• ta1lia, di poco prezzo ma di buon guadagno, A guardar bene, lui non si poteva lamentare, ma certo, concludt\'3., e non son più gli anni di 4uando il soldo girava >. Senti\!O che ci tene\'a ad atteggiarsi a uomo d'affari, a persona pratica del com• mercio, e, comt: tutta la gente dt:l suo stampo, il .,, rimpianto andava agli anni dcll'inAazione, al periodo nel quale tutti comperavano e vendevano a casaccio, guadagnando quel che volevano. Giungemmo in un paeJC, nel solito paese di11isoin due dallo stradone. e Comi11cercmo da.Ila ve• dova Bcrgamino >, disse Corbetta, e è una vecchia cliente che mi vuol bene >. Notai che non avc.. a campionario. e Non cc n'è bisogno >, dis.sc, e è genie che mi crede sulla paroi,a >. Entrammo nella bot1ega, scostando due 1cnde sbiadite: c'era buio e un odore forte di gorgonzola e di merluuo. La vedova Bergamino sta\'a servendo una cliente, una contadina che dispone,,a i pacchi degli acquisti in un enorme fauolettonc nero. Al saluto gioioso di Corbetta rispose brontolando, poi, sempre aggirandosi per Ira. bottega, cominciò a di"' gli infiniti difetti della roba ricevu1a: non avrebbe più com• perato niente. Corbetta si era seduto su un sacco di riso e b. ascoltava sorridendo mentre facc\"a ~ahare la chiavetta del~ l'auto nella mano. lo ero seccato, anche perché il mio conoscente si era vantato spesso del rispetto che gli dimoscravano i clienti. Quando l'altra si (u un poco calmala at1accò lui un lungo discorso, per dimostrare che i difetti non eran altro che pregi male interpret.ati: la vedova non lo ascolta\ a nemmeno, si \'edeva che il disc.orso di prima era stato fatto tanto pu uno sfogo, per aver modo di scaricare su qualcuno la noia e il cattivo umore di un pomeriggio. Continuò a andare qua e là per la bottega, poi chiese delle matice rlclamt: avutele, si ammansl del tutto. < Vedete come si fa?> mi disse poco dopo Corbetta. con accento di profonda soddisfatione, mentre ritornavamo in auto; 'GIUSEPP INEGITT 2 VOLUMI DELLA COLLEZIONE "MEDUSA" DI COMPLESSIVE PAGINE 716 LIRE 24 È la terza parte della grande tetralogia di "Giuseppe e i suoi fratelli", ddla quale fanno parte "Le storie di Giacobbe" e "li giovane Giuseppe" già apparsi nella "Medusa". ~i l'opera del Mann mostra in pieno la vastità della sua architettura e la sua altezza poetica. Giuseppe esce dall'angusta vita pastorizia e nomade, per entrare in un nuovo p,ondo, in un grande mondo: nelrEgitto dti Faraoni, non solo nei suoi templi e tra i monumenti della sua forza, ma anche nella sua società mondana, tra la raflinatczza dei suoi costumi, tra le superstizioni della sua religione tanto diversa da quella ebraica LEGGETE ANCHE.- [L GlOVANE GIUSEPPE LI R. E IO LE STOI\IE DI GlACOBBE LIJt! l 0 LIRE 8 ~esto,tomanzo, come"[ Pitud , s.i!'.1un.a guta sorprua per qu.inti conoscev.ino il Simenon solunto come scrittore di ucconti poli1.ieschi. In questo potente e .irdito roman:10 J'.amo!'c t rapprescnt.1to lo stunissimo mondo che gravit.1 intorno .1\ e.in.aie di P.anam.i, un mondo preso tra le più diverse influe-mc, schiacci.ito e stirato da due rontl· ncnti ... Aincric.mi, negri, europei, mtticci ... Le più stune proless:oni e le più diverse- psicologie sono <lte bisogna esserci, nel meuierc, per ,apcrscla sbrigare cosl >. Poi sviò il discorw per ac- l. cennarmi alle sue benemerente citt.1.dine: uritte d.1 Simenon in p.1gine degne di un Conr.id da quanto ho compreso, Corbetta deve penS.1.rcche la sua carta inccs1ata iia ora troppo semplice, e vorrebbe vcdCrla rifinita da un titolo cavalleresco. MASSIMO ALDERINI 1.MOHDADO
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