Omnibus - anno I - n. 24 - 11 settembre 1937

ILMERCURIO cronaecchoenomiche L'lngb!lterra e la questione delle 40 ore In questo mese si deve tenere a Norwich 11 Congresso delle • Tradc Unions • e, probabilmente, l'argomento al quale esso dedich<-rà h: <,ucmag(ciori cure sarà la settimana di 40 ore. Ncl\'1mesa, la stampa riapre il dibattito sulla vessata questione e il Daily Ttlt;:raph ha pubblicato un articolo, note"ole per l:lP sua chiarezza, di l {arold Stannard. La settimana di 40 ore~ diventata una delle questioni più ardenti del giorno. Per dir meglio, essa costituisce una delle pietre miliari del movimento sociale contcmpornneo. l,'lnghihara, che, in passato, qu.tndo il suo primato industriale era indiscusso, fu St;mpre alla testa delle n;i.zioni in fatto di legisluione sociale, ha, invece, esitato a lungo e tuttora esita dinnnzi a quest'ultimR innovazione. Quinch le discussioni e le poltmiche, di cui l'articolo di Harold Stannard è una felice sintesi. La clt,sse padronale inglese resiste con abilità. l~a non re<ipinge in prinripio la richiesta operaia; ma oppone che debbano essere tutte le nazioni industriali ad accoglierla contemporaneamente per via di convenzione internazionale. E adduce due ar(,t'.omenti. Prima di tutto il fatto che c'è l'Ufficio interna,donale del lavoro (D.I.T.). Se quest'ufficio esiste e se la sua funzione ~ di promuo,·ere il li\'ellamento e il miglioramento delle condizioni dei lavoratori dei vari paesi, è logico ed è naturale che quest'ultima rivendicazione ope- ( t 00BE DI FRA.NOIA lt . _,, .... .--., I . • ~t-~-•·~, · \ '( t{ - ... \. I .. '"'."'''"' rai11 ,·enga realizzata per mctzo di esso, - e quindi mediante convtnzionc intcrnazionalt, - e non già al di fuori di esso. L'altro arp;omento è la lcp;ittima ansit'tà di tutta la nazione bnlannica per l'a,'\•cn1re del suo commercio di tsportazionc. L'industria britan11Qtz,1porci del pit.110di sopr1.non aapiacouoohe nelle O&Mruiont.lJ 11den mengi1.repcco 11 LUI1 "V1. lt&I boou, Ju.nc.ett•J pou,1111, che in 1111111.ocgoom, 4110'4, do•• iott4 • pace e rlpo,o, t11non r!eaca mal a tHer f•_"'_'_'_•_m_,.i_1__"______________________________ ---, nica, - dice la classe padronale, - non può sopportare una riforma, che implichi un aumento dei CO'iti di produzione, se le industrie che sono sue concorrenti sui merc::ati neutrali. mantenf(ono "le mani libere•. E qunndo a Gine"ra si discusse la riduzione delle ore di lnvoro nelle industrie tessili, i datori di lavoro in-'!:le,i obiettarono che i te• lai al Giappone fa\'onwano 120 ore alla uttimann e 28 giorni al mese. È stato appunto il timore di porre l'industria nazion11le in una condizione di inferiorità, che ha reso il Go,·erno britannico estrt"mamcnte cauto in qut"sta materia, e ha dato occasione ni su(?i R\'Versari di accusarlo di aver lascuuo passare in altre mani il primato - il lu1duJhlp - nel c:unpo delle rifo1me sociali. <J <..,&~ ( ..... f, HToa maglie ù h1. luolat.o aolo oon qun• febbre111 - / /) I,llmpre11rlo1 11 No, il no 11111muo• non n pltll t leltl rulon&ll d'oggi sono molto pi\ perlMlos.l. ," N1turalmcnte, l'esempio dell'Italia viene tpcsso ricordato nel corso di questa polenica. • l/attenzione dell'Ufficio intcrnazio- \ale del lavoro•, dice Jo• S1annard, •fu per a prima volta richiamata sulln questione delle ,o ore dall'Italia nel 1932. I..'inten7.ione dtl Duce era di comb:utere la d1soccupaz1onc. [.e ore di lavoro, come spiegò., rappresen• ante italiano a Ginevra, dovevano essl"re ri- :1otte senza aumento dei costi di produ7ione. L'ammontare totale dei 1alarì doveva rima- 'lere immutato. Questa politica fu di fatto una ridistribuzione del la,·oro. E al momento 1n cui l'economia di tutti i paesi trascinava il peso di una gra,·t disoccupa7ionc, la pro• po~ta italiana doveva c11scre accolta con simpatia. Che cosa sia accaduto in sl"guito i pl"esto detto. L'Italia, il cui capo non ~ un uomo da stare ad a,pettarc i verdetti di commissioni, mise m prntica la riforma nel 1934 e gli italiani, cosi, diventarono i pionieri in questo campo,. 11 811 ha molt4 da fare, t: purueua del oomlt&UIper)lt.11ilte111e. del cao..l unme.lat.l" J.c • Tmde Unions • britanniche sosten• nero a Ginevra il principio che la riduzione delle ore d1 la,·oro dovesse euere accompagnata d::. un proporzionale aumento dei salari, in modo che i guadagni settimanali degli operai non diminui11sero. t;n::a esplicita risoluzione m quc!to senso fu debitamente iscritta e fu vigorosamente sostenuta da :\lr Bevin. Questa risoluzione t'rn fondament.ile e toc• ca,·a il cuore della questione. Contro di essa insorsero I datori di lavoro sostenendo che pa'{are più dannro per meno la,·oro significas.se aumenlarl· i- costi di produzione. Due cose avreblx;ro potuto accadere: o la settimana di 40 ore avr..:hhe dato una spinta alla ~ meccaninazione, e, c,m,e1,:uentemen1e, avreb• f be eliminato nuno d'opera; o i prezzi sal"ebbero :iumcntati, e, conseguentemente, la domanda sarebbe diminuita. Da p::.rte operaia fu opposto l'aumento del potere d'acquisto dei consumatori all'aumento dei costi. Alla fine la risoluzione fu ritirata e fu sostituita con un 'ahnt del tutto incolore - • per salvare la faccia•, con cui si aflida,·a ai Co,·emi, che av('sscro firm::ato la fu1ura con• venzione, la cura di fare i passi che usi aneb~ro ritenuti opportuni pt'r salvare lo 11tandard di ,·ita dei rispetti,·i paesi. Infine, la Conferenu interna,ionale del la• voro accolse il prmcipio delle 40 ort, ma con tante ri~en·e e modifiche da farne poco più che un 11ioco di parole. Poi è sopra,"'enutR l"e11perien7..aJllum, la quale, secondo Flan• din, ha auml"ntato i costi di produzione francc<ii di due terzi. Si ammetti", ormai, da tutti che una riforma come quella delle 40 ore, con guada'{ni settimanali immolati, dl·bba es· ure accompagnata da un auml"nto d1 produ• zione, se si vuole che il guada'(no sociale non vcnp;a più che spaZ7ato via dall'aumento dei pre7z1 interni. Secondo lo Stannard, la ,,ia giusta sarebbe stata indicata da Lord Ualdwin: si deve cercare quale sia l'orario di lavoro « ottimo , cioè l'orario che, eliminando errori, accidenti, ecc. porti la capacità di rendimento dell'operaio a tal punto da compcn11are la per<litn della dimir 1zione delle ore. A nostro modesto avviso, questa è in gran parte un'illui;ione. :,.;essuno può fare in sene ore quel che prima faceva 1n 01to. F. Sf" lo fo, è p-::-l"ch~q,uando la- \'ora,·a otto ore, la,·orava male. Altrimenti non si capirebbe perchl non faccs1e allora, nelle prime 11ctte ore delle ottc>, quel che o.a-g1 fa appunto in sette ore. Del resto, po,cht lo stesw arltomento fu addotto a favore della giomal.:l delle 10 ore e poi di quella di 9, sembra si d<-bba concludere che meno l'uomo lavora, più produce. Ciò non IOil'lie, per altro, che alla settimana di 40 .ore ~i debba g;ungcre; ma per altre RV0LUZI0HE DELLA BELLEZZA - 141S8 AMERICA 1921 1 1921), 1927, 1936

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