... j r (, '/ SONO PASSATl quindici anni da quando incontrai la prima volta Charlie Chaplin a un pran20 dato da Ralph Bloek, a Hollywood. Ave. vo panato undici anni di povertà. e di sacrifici, e in quel tempo avevo se.ritto un libro, che finalmente Block aveva accettato di pubblicare: fo lui che mi portò da Chaplin. Finito il pranzo, quando tutti ormai 1c. ne erano andati, Chaplin volle condurmi a ca.sa nella sua automobile. Forse note} il mio smarrimento nel trovarmi ,eduto con lui, in quell'ampia vettura, e sorridendo disse: e Siamo due mendicanti, Jim >. Il mio editore non m'aveva dato nessun anticipo sul libro, e Paul Bcrn riusci a convincere Chaplin che avrei potuto cuergli utile. Il mio stipendio era di !')O dollari all3, settimana, e non sarei nato di pelO a un uomo che guadagnava un milione di dollari all'anno. Ci accordammo: avrei do. vuto .crivere articoli col nome di Chaplin, che mi sarebbero stati pagati a parte, Q'la l'attore non ne firmò mai ncuuno. Chaplin passava molto tempo solo, e spesso, pu ore, seguitava a pestare il piano, cantando canzoni patetiche. Una sera, dimenticò la mia prcscnu. Le luci della strada si riftcttevano nella stanza. Stavo in un angolo e tacevo. Era forse mezzanotte, quarldo improvvisamente Ch11-plin mì doman_dò: e Siete là, Jim? ... Facciamo due passi>, Attravenammo lo studio deserto e scen• demmo in istrada. La luna e le atelie apparivano lonlanc nel ciclo basso. Chaplin le guardò per un momento. e Napoleone si sarebbe meravigliato se non e.i fosse nato un Dio a c.rcare quelle nelle>, diui. Chaplin abbassò lo sguardo e lo volse veno di mc. et possibile. Una congettura vale l'altra >, diuc. e Fu un uomo fa.tale, Napo• Icone >. e SI >, gli suggerii. e Mentre stava per encre incoronato, Napoleone disse: " Qucno stcuo popolo ritornerebbe per vedermi sulla ghigliottina., >. Un giorno leggevo ad alla voce, a Chaplin, i panegirici che Faure, l'autore della Storia dell'Art,, aveva scritto su di lui. Chaplin a.scollava con espressione di disprt:u.o: si capiva che riteneva Elic Faure del tutto scemo. Allo stcs.so modo, non si curava delle opinioni di Gilbcrt Seldes, Konrad Bercovici, Max Ea.stman e altri s.crittori d'arte. Ma quando George Jean Nathan scrisse che il genio di Charlot era tutto nelle pene dei suoi calzoni, egli rise amaramente. Era attratto dalla rurfanteria di Frank Harris. La tragica sorte di Os.car Wildc lo commoveva, e preferiva questo scrittore ad ogni altro. Né il tramonto, né le stelle, né le montagne che aila sera si coloravano di viola, lo attraevano. Una volta, parlando di Londra, manifestò. il desiderio di morire nella nebbia. C' Drappeggia i palazzi e nasconde la loro orribìle bruttezza >. Era abile a difendere se stesso. < La JOla cosa che ho cambiato durante la mia vita, sono le mie maniere >. Continuamente era preoccupato dei suoi attc-ggiamenti. Assieme con le donne, questo era il problema più grave della sua vita. Non era ostile a nessuna ra:r.:r.ae a nessuna ~ligione. Una volta, mentre si parlava di negri, disse: e Non rido mai del loro humour. Hanno sofferto troppo per divertirmi•· La lista delle paghe date da Chaplin era la più bassa di Hollywood ; tuttavia aveva qualche momento di generosità. Edna Purviancc, che fu per molti anni la sua compagna in tante com.medie, riceve ancor oggi, da lui, duecentocinquanta dollari la setti• mana. Nemmeno quando lavorava essa percepiva uno stipendio maggiore, mentre altre attrici guadagnavano parecchie migliaia di dollari la settimana. Ma Edna non lavora più da una douina di anni. Un mendicante, abiliuimo prestigiatore, spesso divertiva Chaplin per le strade di Londra. Quando il mendicante diventò veC• c.hio e infermo, s.criue una lettera chie· dendo aiuto a Chaplin, e questi lo mise subito nellà liua dei pensionati, commcn• tando in calci: et un vero grande artista>. Monta Beli, che divenne più tardi il direttore famoso, fu uno degli uomini che resero più servigi a Chaplin. Poiché il suo stipendio di 150 dollari alla settimana gh pareva troppo basso, chiese un giorno a Chaplin un aumento di 50 dollari. Ma ~Il non ottenne l'aumento. In quello stesso tempo, Chaplin aveva noleggìato cin• quc vecchi film per un n.ilione di dollari. Fu Beli che scrisse il libro sul viaggìo di Chaplin in Europa. Ne furon vendute meno di ventimila copie. < Non si fanno quat• trini coi libri> , commentò Chaplin. Il suo cameriere giapponese, Kono, gli porgeva ogni mattina venticinque dollari per le piccole spese. Spesso, la sera, gliene restavano ancora molti. Ammirava Eleonora Duse, e quando l'a1tric.e italiana andò a Los Angeles, un gior• nalista, conoscendo i miei rapporti con Chaplin, mi disse che sarebbe stato interessante c.o,noK:erc l'opinione dell'attore sulla delicata attrice italia.na. Chaplin accettò, ma come se avesse già prima preparata la cosa, arrivò tardi a teatro, quando già la Dusc era in scena. Restammo in piedi nel fondo del teatro. Quando le luci si accesero, ci avviammo per la corsia. Ricevendo un'ovazione, alla quale si era prc• paralo, si guardò attorno con meraviglia, come se riprendesse coscienza di sé. La Dusc lo affascinava. Gesticolando cd eK:lamando: e MeravigHos.a ! meravigliosa! •• use) di corsa alla chiusura del sipario, e mi lasciò solo assieme col gx,J'naJista a serivere la e sua opinione > sull'attrice. Non so se lene mai quello che io scriui : non me ne fece mai parola, né accennò piò alla Duse. Era pronto nelle risposte. Quando Eleanor Glyn lo,. incontrò per la prima volta, e gli disse: e Non sembrate cosl buffo come ere• devo >, Chaplin, senia turbani, le rispose: e Nemmeno voi >, La uorìclla che preferiva era quella di Giuseppe Grimaldi, il famoso clown, che era andato una volta da uno specialista di malattie nervose per farsi visitare: e Vi consiglio di andare a vedere Grimaldi >, gli aveva detto lo specialista. e Sono io Grimaldi >, aveva risposto freddamente il clown. Non era ricercato .nel vestire: era an:ù più accurato nel truccarsi da mendicante, che nel vestirsi da sera. Non si faceva la b1uba per parecchi giorni. Aveva t'abitu• dine di paueggiare su e giù per la scena, con la testa china, schioccando le dita e parlando fra sé e sé. e, stato detto che la debolezza delle sue corde vocali gli impediva di parlare sullo schermo. Ciò non è esatto. Ricordo quando provava in coro una c.anrone francese. Poteva pronunciare le parole, se11u. saperne il significato, e camminava iuli.i. .cena, cantando, mentre gli altri lo seguivano. Quando gli altri provarono a cantare scnu. di lui, si sentì subito che al coro mancava una voce ricca e squillante. Tranne le cote che riguardavano il palcoscenico e lo schermo, la sua conoscenza di altri argomenti era mperficiale. Amava il violino, ma non era capace di trarne fuori che pochi accordi. Raramente si curava della pubblicità sul suo nome. Lavorava con grande impegno e serictf,. Una volta che dormicchiavo, mentre egli stava discutendo la sceneggiatura della Febbre dtll'oro, mi svegliò dicendomi: e Jim, siete uno mob >. Fu uno dei pochi complimenti che ricevetti da lui. La sua generosità si manifestava stranamente. V'erano due sorelle a Londra che aveva conosciuto nell'infanzia, E quando gli sc.riucro raccontando la loro miseria, Chaplin fece pervenire a una di esse una piccola pensione, mentre all'altra non ri• spose nemmeno. Quando i suoi dipendenti avevano una idea, per originale che fosse, dovevano dire: e Stavo proprio pensando a quella vostra idea, Chaplin >. Allorché il suo assistente direttore se ne andò improvvi1.1mente a New York, senza chiedergli il permesso, tutti, allo studio, si domandarono se Chaplin l'avrebbe o no licenziato. Chaplin non parlò mai di lui. Quando l'assistente improvvisamente rìtornò, Chaplin gli disse: e Tornate al vostro lavoro, e fate il bravo ragazzo >. Di poi, l'auistente fu nominato direttore di un altro studio. Ne diede avviso a Chaplin due settimane prima: questi fu cortesissimo con lui, gli disse che era nel suo diritto di cercar di migliorare la propria situazione. Cinque minuti dopo, chiamò il 1uo amministratore e gli disse: e Licenziatelo immediatamente >. Era scontento quando i suoi assistenti riuscivano in qualcosa, e manifestava dispreno quando si pronunciava il loro nome. Non si riconosceva eguale a nessuno. Quando •'incontrò con un altro grande comico, W. C. Fields, chiacchierarono ama• bilmente assieme per qualche tempo, ma poi Ficlds raccontò che Chaplin non gli aveva affatto parlalo del suo lavoro cinematografico. Un giorno, pa»ando per una urada di Hollywood, incontrammo una comitiva matrimoniale, mentre si s1ava facendo fotogra· fare. Scorgendo Chaplin, uno del gruppo lo chiamò, cd egli acconsentì a farsi foto• grafarc as.sieme con gli sposi. ~{cntre se ne andava, si voltò più volte per saJutare. Alla fine esclamò: e Poveri diavoli! >. Una volta il discorso cadde sui bambini. Ricordò la morte del suo piccolo, che sua madre, Mildrcd Harris, aveva soprannomi• nato e topolino >. Gli occhi di Chaplin si fecero più piccoli: e L'impr,csario dei funerali gli lasciò sul viso un sorriso>. disse. Poi si fermò un secondo: e E pensare che Jim non aveva mai riso in vita sua >. Si unl a Lita Grey, e in quel periodo io fui con loro. Era il tempo dc.Ila Febbri dell'oro. Chaplin cercava una prima attrice, e la voleva sconosciuta. I nomi noli significavano danaro. Si presentarono molte beli"! donne, che fecero del loro meglio davanti all'apparecchio di presa. I provini erano girati nella sala di proiezione, ma neuuno d'essi piaceva al grande comico. Alla fine, Lita Grcy apparve nello studio di Chaplin. Abitava coi nonni, e con la madre messicana, in un piccolo villino poco distante. Era poverissima. La sua bcllcua faceva dimenticare il cattivo gusto dell'abbigliamento. Non aveva ancora se.lici anni, era orgo• gliosa come un pirata e trasandata come il vento. Aveva occhi neri, capelli neri, e la faccia rotonda: ma le mancavano sensibilità, equilibrio e immaginazione. A scuola non erano mai riusciti a farla studiare. Quando le dissero che Chaplin non era nello studio, rispose: e Aspetterò cinque minuti >. Se quel giorno non fosse stato segnato dal destino, certo l'attore non sa· rtbbc capitato nello studio. Invece quella volta vi capitò proprio dentro i e:cinque minuti>. La ragaz::r.a aveva lavorato con lui in un film pochi anni prima, quando aveva appena dodici anni, e da allora era rima.sia nella mente di Chaplin. Egli la salutò con entusiasmo, e ordinò subito un provino. Prima di andare a cola:ùone, aspettammo di vederla sullo schermo. Benché ella avesse meno qualità di ogni altra ragaua apparsa fin allora, Chaplin cominciò ad esclamare: e Mcr.avigliosa I meravigliosa!>. Seduto vicino a lui, e non desiderando guastare la mia posizione con una troppo grande sincerità, mc ne andai in ufficio. Di solito mi teneva all'oscuro delle sue faccende e mi consultava di rado. )via quella volta, per chi sa quale matto capriccio, Chaplin uscì dalla sala di proic• zione e mi segui: e Che ne pensate, Jim? > mi domandò. Risposi evasivo, e di rimando: < Che ne pensate voi, Charlic? >. Camminava su e giù nervosamente per la stanza. In quel mentre Lita Grey entrò: e Vi è piaciu10 il provino, Charlie? > strillò. Egli divenne cauto. e Non c'è male, oon c'è male >. Mostrarsi ammirato, significava destare la cupidigia della fanciulla. e Siete auunta •• disse ridendo. Ena saltò su e giù come una pazza, gli prese le mani, le batté fra le 1uc, esclama: < ~nissimo! benissimo!>. Fu steso il contratto. e Non badate allo stipendio>, le disse Chaplin sorridendo. Aveva assunto una e prima donna > a settantacinque dollari la settimana. Durante la sua relazione con la fanciulla, m1 domandò un giorno la sua opinione su d, lei. Fui franco. Egli riffetté per qualche momento: e Lo so >, mi diue. e L'altra sera la stavo tormentando. Ha ammesso che potevo piacerle perché ero Charlie Chaplin >. I suoi occhi si riempirono di noia. e Se fossi un misero impiegato, mi a\•rebbc certo voluto bene! >. Dopo il loro matrimonio al Messico, Chaplin cercò di evitarmi. Passarono vari mesi. Tranne l'amore per i giochi, Lita Grey non aveva niente di comune con lui. Presto vennero le delusioni e la stanchezza. Un giorno mi arrivò un ordine. e Venire sia• sera a vedere un incontro di pugilato col vostro direttore >. La mia condi:r:ione economica mi consigliava di obbedire. Non Kambiavamo una parola per mesi e mesi, il che non era insolito. Altri erano stati trattati allo stesso modo. Vagabondi della stessa rana, non davamo peso a cc, te cose,. Facemmo tutti e due finta di non capir nulla. Non parlammo del passato. Egli abborriva i sentimentalismi. Parlammo di pugilato. Quando uno dei combattenti fu lanciato alle corde da un colpo brutale, Chaplin chiuse gli occhi, mormorando: e: Terribile, terribile! >. Finito lo spettacolo, la folla, al solito, lo circondò. Sorridente, come sempre quando era in pubblico, se ne scappò via con mc. Per ore intere, il suo autista ci portò lungo la sponda del Pacifico. All'alba arrivammo alla sua casa di Beverly Hills. Molte set• timanc passarono prima che egli mi rivol• gessc di nuovo la parola. Rifece pace con Lita Grey, e la fanciulla, che poco prima aveva un solo abito di ricambio, 'f trovò d'un tratto in possesso di una immensa fortuna. Chaplin non riusci mai a insegnarle a recitare, né ma.i riuscirono i mi3liori fotografi a fo1ografarla bene. ORABIJE ORJ.PIJN E PAULETTEOODDAP.DA OJ:A PARTITADI TEHNI8 Quando Chaplin si attendò nel Nevada, per girare la Febbre dtll'oro, fu accolto da cinquecento vagabondi. Erano stati scelti per la scena del pa.uo Chilkoot, cd erano paonazzi per il freddo. e: Vi applaudono, Charlie >, dissi. e Lo so "'· I suoi occhi guardavano un po' sdegnosi, sotto le ciglia abbassate. ~ Vi piacerebbe tornare fra loro? > mi domandò. e Forse starei peggio >. Scrollò le spalle e soggiunse: e Ci do• vrci stare io piuttosto che loro •· La sua avventura più umiliante fu con Pola Negri. Questa donna tempestosa lo tranò peggio di tutte le altre. Fu molto avvilito, quando seppe di essere stato sop• piantato. e E con un simile salame! > borbottò con disgusto. Udendo la locuzione à-p,opo,, mi domandò un giorno che cosa significasse. Da allora, ogni cosa per lui diventò à-propos. Col suo fratcllauro, Sydney, si compor• ta\'a da tiranno. Sen:r.a le capaci1à dì Charlie, Sydney rimase scmp~ un cockne, rifatto. Era diverso da Charlie: aveva la carnagione accesa, i capelli lisc.ì divisi nel meuo, e i modi di un impiegato di banca. Un giorno confessò a un giornaliua della California che, nell'infanzia, insieme con Charlie, avevano tirato avanti coi rifiuti del cibo altrui. Poiché Charlie, in quel tempo, cercava di crearsi una discendenza dalla aristocrazia di Fontaineblcau, l'ar1icolo del giorna• tisia lo seccò moltissimo. 11andò a chiamare Sydney, e lo insolentl. Sydney taceva senza guardarlo. Chaplin si mise a pestare il piano e a grattare il violino, e per tut1a la sera restò sdegnato senza più curarsi del fratello. Il solo uomo che ricevette da lui un alto stipendio, fu Adolphc Mcnjou. Chaplin stava cenando una sera con Peggy Joyce, quando Menjou entrò nel ristorante. < Ecc.o l'uomo che può fare la parte principale di Una donna di Pariti>, disse Pc-ggy. I commenti che giornali e riviste face- \'ano ai suoi film, lo annoiavano. Amava gli animali: un giorno fermò la sua automobile per raccogliere un cane randagio. Il cane, che poi lavorò con lui nella Vita da cane, rimase nello studio fino alla fine dei suoi anni. Ogni volta che l'attore ap• pariva, il cane lo seguiva. Ciò piaceva a Chaplin più degli applausi della folla. Rese sereni gli ultimi anni di vita di sua madre, e la circondò di cure affettuose. Era orgoglioso di lei: e Si può dire ciò che si vuole >, ripeteva, < ma non sarò mai più grande di lei. Era una grande. attrice. Era buona. Quand'ero raga:r.:r.ino, mi dava tutto quello che aveva, senza chiedermi nulla: non le assomiglio•· Essa, per parte sua, lo chiamava < Il Re >. ~ rughe del suo \'olto dicevano che aveva molto sofferto. Di suo padre, Chaplin parlava di rado. Era stato imbonitore di miuic hall, e dand1 di sale da ballo i sbattuto dai venti delle vicissitudini teatrali per tutta Londra, mori giovane ancora. Pigliava in giro il sentimentalismo degli altri, ma lui stesso era un sentimentale. Gli editori del libro di Thomas Burkc: The Wind and ihe Rain (Il vento e la pioggia), gli mandarono una copia di questo libro sentimentale. Rinchiuso nel suo bi.tntalow, Chaplin lo lesse e lo discusse in lungo e in largo, concludendo: e t la mia Bibbia >. e Charlie >, insinuai, e sarebbe gra:r.io,o mandare agli editori di Burle.e un complimento per il libro >. e Scrivetelo, lo manderò>. E cosl fece. Una sera, nel crcpuKolo, Burke vagava con Chaplin per le strade dell'East End di Londra. Ricordando i tristi anni vis.suti in gio• ventù in quegli stessi luoghi, i due viandanti rimasero a lungo silenziosi. Poi si fermarono in un vicolo a guardare un gruppo di raga:r.:r.i che giocavano sotto la luce di una lampada gialla, in mez.zo alla strada. Burkc finalmente diuc: e Charlìe, se vo· !etc fare qualcosa di grazioso, andate a dire a quei ragau.i che sie1c Charlie Chaplin >. L'attore sconc la testa, dicendo: « Non mi piacciono i ragazzini >. Ripresero la via in silenzio. Non beveva liquori, fumava qualche sigaretta. La sua energia era enorme, le 1uc condizioni fisiche eccellenti, poteva correre per lungo tempo senza affaticarsi. Stancatosi improvvisamente degli altri, mi venne di nuovo a cercare. e t di umore nero •, mi disse un compagno di lavoro. Presentendo ore di tedio, andavo vagando per Hollywood, in cerca di aiuto, allorché incontrai Lita Grey. L'esperienza mi suggeriva, che se eua fos.se entrala incidentalmente al ristorante Monimartr, dove dovevamo cenare, Chaplin l'avrebbe invitala a rimanere, e avrebbe rimandalo mc a casa. Mentre ci avviavamo verso la nostra solita tavola, Chaplin si fermò di colpo. A quella stessa tavola, stavano seduti due signori che l'attore considerava molto noiosi. Si volse stanco intorno, dicendo: < Non ho mai un momento per me >. E scappò via dal ristorante. Andammo in un altro caffé. Era affollato. L'autista ci seguiva con la vettura. Si decise alfine per l'Ambauado, H~tel. Arrivati là, rimanemmo seduti alla Sleua tavola per cinque ore. lo non resistevo più. Chaplin guardava i ballerini senza par• lare. Una ragazza spagnola cominciò a civettare con lui. Mi rinacque la speranu. Se almeno fosse venuta al nostro tavolo, egli m'avrebbe < tenuto per scusato >- Lodai • la bellezza della ragaua. Chaplin la guardò attentamente. Disperato, gli dissi: e E percM non cercate di attaccare, Charlic? e veramente amabile •· e E: amabile tanto da farsi guardare, e non più >, mi rispose. Non .sempre era rispettoso con le giovani donne romantiche. A un circolo natatorio, sembrava che nulla potesse interrompere la monotonia della nostra compagnia. Una donna, accompagnata da una ,plcndida ragazza sui sedici anni, chiese di potere conoscere il grande Chaplin. Finile le presentazioni, c.hiac.c.hicrammo u11 poco, fioché Chaplin le invitò entrambe al tavolo. La ragazza, che a quindici anni aveva preso la licenza inferiore, ,i preparava per la licenza s~periore. Chaplin si interessava a lei, e io osservavo con compiacimento il modo di procedere di quei due. Ormai Chaplin mi poteva mandare a casa. Finito il pran::r.o, l'attore invitò la raga::r.:r.a venirlo a trovare al suo studio l'indomani. Ritornando a Beverly Hills, parlai delle grazie della fanciulla, dc)la sua belleua, della sua intelligenza. Seduto in fondo alla vettura, egli approvava rapito. Mi dava ragione volubilmente. Io ero contento. L'indomani la ragaua venne allo studio, ma Chaplin rifiutò di riceverla. Dopo diciotto mesi, le nostre strade presero due dirc::r.ioni diverse, ma non per colpa di Chaplin. Non si separò da mc adi· rato, ma indifferente. Più tardi mi citò in tribunale per mezzo milione di dollari. La sua richiesta fu respinta dopo mc:u'ora di dibattito, e la corte emise sentenza in mio favore. Incontratolo in società, mentre la causa era in cono, si mostrò compito come un Ta\lcyrand. Quando gli dettero da riso!~ \'Cre una sciarada, egli se.che mc per as.sisterlo. Gli fu suggerito che sì trattava di una parola di quattro sillabe. Rise e disse: < Mio Dio, io non ne conosco nessuna>. Mi invitò ad andarlo a trovare il giorno dopo. Mc ne guardai ben~. Poteva aver cambiato umore. Molto più tardi, al tramonto, mc ne stavo in un locale di Sunsct Boulevard. Un uomo mi venne incontro. Le sue mani affondavano profondamc;'ntc ocllc lasche. Il cappello era calato sugli occhi. Le spalle erano curve come se sopportassero il peso del mondo. Non nù guardò: panò oltrt silenzioso come un'ombra dello schermo: n~Jl'oscurità. Era Charlie Chaplin, l'uomo più popolare del mondo. Stavo per gridargli: e: H etio, Charlie >. Ma mi frenai. Mi ! rimasto il rimorso di quel grido rientrato. Era nello stato d'animo che io preferivo: quello di un essere abbattuto, senza la sua ma.chcra, salito per cogliere una stella, e che ha fatto cader giù una mela polverosa. JIM TULLY (Tradu(ione , ,idu{ion, di C. E.).
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