' l f PAGINA I I • - --- ( ILSORCIINOGONDOLA ) ~ta~ll~taì! E IL SIGNOR MAX Venezia, settembre. DOPO le burrasche e il raffreddore dei dì pas!'iati, Venezia ha ripreso colore. La stagione ricomincia sul tono maggiore. ti: tornato a far bello. Stabilità splendida del tempo. Bagni, passeggiate, spettacoli, e caldo temperato. Il mare luccica, tiepido. L'aria ci fa le carezze. Né più né meno. Siamo felici. Ecco due grossi battelli jugoslavi a mollo davanti al Palazzo Ducale. Si vuotano dei passeggeri, che le' gondole conducono a riva. Una folla senza numero bighellona attraverso le calli intricate. Si sentono parlare tutte le lingue del mondo. Tutti ~n sulla strada, e la « cavalleria rusticana> clama a voce spiegata dal fondo delle botteghe e dei tuguri su tutti i grammofoni. li massimo della g!oia e della prosperità sembra raggiunto ovunque tu vai. Tanto meglio. t venuta l'ora, il tempo di divertirsi e d'accogliere gentilmente quelli d'oltre confine che son venuti a farci visita. Venezia presenta un aspetto senza. uguali, in questi giorni incredibili di letizia in cui son tutti i vecchi parenti che arrivano: antiche genti dell'Adriatico e del Mediterraneo. Non manca a Venezia più altro che una visita dell'uomo sorprendente e unico che ha creato per tutta l'Italia questo piano nuovo, un tono esemplare e 50Jidis,;imo di vita nazionale e questa grandezza potente e ordinata. e Ma verrà poi il Duce, verrà? > si domandano i veneziani. La Mostra del Tintoretto, la Mostra del Settecento veneziano sono aperte in questi giorni. Le feste e le luminarie sul Ca.nal Grande si prolungano sempre animate fino al mattino. La ~fostra del Cinema invece è sul punto di finire, di finir bene e in alto, quasi al culmine. Tutti J>O".sono es.seme contenti. I giornalisti, anche loro, capite ... duecento e più giornalisti d'ogni nazione espo~ti come un bersaglio alla proiezione dei film dalla m~ttina alla sera. A una cert'ora del mattino, l'ufficio stampa del teat!'O t assediato, c'è l'arrembaggio dei giornalisti dinanzi al banco. Bi.sogna veder questa scena per giudicare di cinematografia. Tutti vogliono delle fotografie, fotografie, migliaia di fotografie. Al posto del casellario bisognerà mettere una greppia e riempirla almeno due volte al giorno, perché tutti questi signori si !..1Zinodi fotografie. Cosa ne fanno? Le mangiano, le ruminano, le ingollano come i cavalli il fieno fresco. Fotografie, non importa di quale film: ne fanno delle scorpacciate, ne portan via delle valige piene, ne spc• di.scono dei vagoni, e il giornale ne pubblica una, il più delle volte irricono~cibile. Sembrò a noi nel passato che i registi e i capitani della nostra cinematografia non avessero altro principio, sul punto di girare un film, che quello del comandante i soldati di Franceschiello: Facru 'a faccia feroce, e in un secondo tempo, di anaffiare, di coprire di musica piedigrottcsca il piatto caldo, come con 'a pommarola 'ncoppa. Tuttavia, per fortuna, non è questo iJ caso dello Scipione condotto a buon porto (un porto riparato e sicuro) da Carmine Gallone, attraverso difficoltà dirci quJ.si insormontabili, che è nostro ufficio elencare. I gesti, gli aggruppamenti, le po.se di questo film strepitoso somigliano a quelli degli affreschi di Maccari, e dei pannelli drcorativi della Consulta o di Palazzo Madama, e la figura di « Sofonisba >, per esempio, fa venire in m<'ntc Sartorio. Xcmmrno l'appassionato e compianto Caramba avrebbe potuto fare di più. Ma, fo"e, ~ qua e là l'abbondanza invade troppo lo --chermo, la colpa non è del regista Gallone, poiché finora da noi quando e.i tratta di montare un gro~ film come questo, che è anche un gro"so affare, regn~ subito sul campo la confu,;ione delle ingerenze ; archeologi, esperti di arte militare, ~torici, e.arti e .- guitti>. Ognuno parte con l,t ~ua tc~ta profe!l'ìionale. Nel conflitto la perdono tutti. Nelle navi romane ricostruite ,ommariamc-nte, si sente il legname fresco e l.t carpenteria à fot fait, leggera, frettolosa, economica, si sente l'odor di segatura, e nel paesaggio, la bonifica recente. Niente Africa in quella luce, in quel suolo, su quei volti. Senza dubbio era molto difficile con il solo appoggio d'una lettcratu;a ristretta, precaria e puerile che va da Quo uadis?, di Sienkiewicz al Nerone di Cossa, e con l'equipaggiamento l'enfasi convenzionale e declamatori~ delle nostre maestranze: attori e decoratori, di ricostituire qualcosa di vivo, di degno della prima Roma repubblicana, e for-M!,in fine dei conti, questo d'esser divertente e istruttivo non era nemmeno lo scopo vero del film, che vuol essere invece, a quel che ci sembra, una iconografia, una illustrazione popolare ricreativa, perentoria della virtù, della forza e della invincibilità romana. E se da un lato si è trascurato il dettaglio, la varietà, il carattere, dall'altro, in compenso, si son raggiunti effetti di grandiosità quasi senza precedenti e d'una efficacia educativa e politica molto profonda e durevole. In questo senso largo, positivo e dominante del film, la musica temprata del. Pizzetti ha portato un contributo, schietto, severo, ferreo, che lega, ~- e.tiene e ritma i quadri e le scene di questo Scipione Africano. Il signor A-1ax di Cameri ...· .\ l'ultimo dei film italiani presentati alla Mostra di Venezia; e senza dubbio il più modrsto, il più leggero e il più divertente di tutti. e F. un amore>, diceva lo stesso presidente dell'Istituto Luce, il Marchese Paolucci De' Calboli. ~- un film per il consumatore italiano, e nel suo genere uno dei migliori che siano mai stati fatti, pieno di futilità, e di spirito locale, vogliam dire romano, quasi romanesco. .E'. del teatro corrente concepito il cinema. Molto movimento : la tempesta in un bicchier di acqua. Gustosa e vivace commedia fabbricata da un conoscitore dello schermo, con un'abilità felice, e un'esperienza provata del piccolo tono azzeccato che ci vuole per piacere e divertire. Questo è Il signor Max. Niente di male se lo premiassero. BRUNO BARILLI A VENEZIA IL LIDO DA GL0RJA a tanta g,ente che vi arriva da rutte le parti del mondo; a Vlareg,g,lo, a Rlmlnl, a Ostia le famiglie della borg,hesla toscana e lombarda si ritrovano finalmente fra loro, con negli occhi una solidarietà commovente; ma v'è per rutta l'Italia, In Piemonte come lo Sicllta, gente che sa passare l'estate con meno spese e meno viaggi. È g,ente cui basta un luogo ameno, un monte, un colle, una splag,g,ta, e sempre a portata di mano. Sono contadini e operai, Insomma quella moltitudine che costituisce 11 grosso e senz'altro il meglio della nazione. t gente che lavora tanto e che guadagna poco: ma soprattutto che ha imparato a vivere con quanto guadagna. La signora che è riuscita ad andare a Venezia, o a Viareggio, come vedrà di dovere spenderc 1 per essere all'altezza della situazione, almeno Il doppio di quanto aveva messo In bilancio, si sentirà perduta, si smarrirà; e c'è 11c~so di sentirla esclamare: "Buon per la povera gente". È una esclamazione dove si confessa quanto sia fltthlo tutto un modo di vivere. L'0.N.0. si sa quale enorme organizzazione sia; ma soprattutto come adun1 in sé quella che è la parte mtg,llore e più vera della nazione. La campag,na una volta era lontana dalle nostre mura cittadine, e venlva g,uardata sempre dag,11 abitanti della città con g,U occhJ del proprletarlo 1 del possidente di poderi che va una volta all'anno in vllla per vlllegg,lare e per avere la mezzadrJa. Quella era la mentalità; anche I poveri diavoli g,uardavano la cam~ pagna e I suol abitanti in quel modo. Bastava essere natl ln città o in un piccolo borgo per sentirsi superiori alle cose al di là delle mura. La campagna ormai altro non è che un prolungamento del1a città: nei paesi che cong,iung,ono~clttà a città si sta formando una classe, una specie di borghesia fra operala e contadina, che non ha nulla a che fare.per gusti e costuml con la gente che vent'anni Ca abitava il contado. Nasce, H, un costume che è quelto delt'ltall.a moderna: vl è Insomma tutto un modo di vivere che è leg,ittimamcnte U più moderno che possa darsi og,gi In Italia. L'estate è la stagione favorevole alle feste. Un giorno festivo è un g,iorno di ba111e di Ceste. 0gn1 bor&o ha la sua sede di Dopolavoro 1 con teatro e bar: og,nl centro ha la •ua banda musicale. E In queste bande musicali è il trombone che sempre ha Il sopravvento. Sono alleg,re fanfare che al culmine de1la festa esaltano uo1nin1 e donne. Non si tratta di festival. non di kermesse; ma soltanto di un divertimento che spesso si svolge senza pro&ramma. È gente allegra che vuole passare un giorno come le pare. SI canta e si balla meglio che In un salotto. NELLA STAGIONE estiva, la buona società di Atene usa trasferirsi a Kefì.ssia, amena campagoa a venti chilometri da11a capitale, densa di selve e scrosciante di acque, adorna di parchi e costellata di ville. Ivi gli ateniesi facoltosi, vestiti di kniek,rboekers e sdraiati nei rot:kint•t:hairs, rincorrono un loro sogno ambiz.ioso e inattuabile, di villeggiare alla maniera dei castellani scozzesi. Nell'agosto 1904, una spaventosa notizia venne a turbare gli ozii di quei finti lo,ds, scuri di pelle e forniti di mustacchi nerissimi. La notizia era questa; e La sera del 20 ago• sto, prima rappresentazione, per uomini soli, al teatro " Omonoia., di Atene, delle Nuvole di Aristofane, tradotte in greco moderno da Giorgio Sourl >. A Kcfissia non si mangiò più, non si dormi più, non si pensò più a imitare la vìta dei nobili inglesi. Il giorno stabilito, un treno partl alla volta di Atene, pieno di mariti eccitati e con le barbe fuori dei finestrini, mentre le mogli, glaciali di bizza rappresa, se ne stava.no impettite al caffè della staz.ione, a lavorare fitto fitto d'uncinetto e ad aspettare. E quando all'una di notte il treno galeotto riportò in sede il suo carico di mariti, coloro che poche ore prima ciano partiti cosi brillanti e baldanzosi, ora mostravano delle facce di cani bas1ona1i. E per le mogli fu un trionfo. Che era successo? Era successo che gl'ingenui villeggianti di Kefinia, i quali per effetto di quel e per uomini soli > avevano fantasticato di mes.sc nere e di straordinarie rivelazioni erotiche, in realtà si erano trovati davanti a quattro pelandroni mascherati da antichi greci che di tanto in tanto tiravano fuori una parola grossa come « popò > o e pitale>, e a un vecchio guitto camuffato da Socrate, che si dondolava dentro un'amaca ed emetteva dei crepitii iodccenti. La delusione dei dopolavoristi, che la sera del 28 agouo scono salirono alle: Terme di Caracalla per assistere alla prima del Milu gloriosus, fu altrettanto grande? Certamente no. Ma un po' di delusione - perch~ nasconderlo? - ci fu. E sl che fra Aristofane e Tito Maccio Plauto la differenza è grande. Svelare il mistero che nasconde le e cose antiche > spesso è temerario. All'ombra del favorevole mistero, anche le commedie di Plauto avevano acquistalo un che di nobile e di fascinoso. Perché squarciare il sacro \'Clo? Di Plauto molti conoscevano appena il nome, moltissimì nemmeno quello, taluni credevano « il Plauto> una regione. Dalla sera del 28 agosto scorso, tremila persone almeno, nella sola città. di Roma, sanno che Tito Maccio Plauto era autore di commedie che vogliono far ridere, ma non ci riescono. Pe-r meglio dire: non ci riescono più. IJ. comico ha vita breve. Più della musica, più dei film, che pure hanno vita breviuima. Il comico è direttamente legato al costume, vive nel quadro della stretta intimità. Il più lieve respiro di univcna• lità gli manca. Il comico ì un /atto personale. Anche il comico, come la poesia, è intraducibile, ma per ragioni oppone:. Quello che faceva ridere i nostri padri, per noi è lettera morta. Figuriamoci quello che faceva ridere la plebe di Roma dell'anno 200 avanti Cristo! Plauto occupa neU'archeologia letteraria un posto sicuro; intorno alla voce e Plau• :r ~•an!~ol~~i g:an s~oa~~rc,d~la~;ttra~~~~ cato questi zelanti eruditi non venissero alle mani, per decidere se Plauto è Accio oppure Maccio. Sullo stcsM> soprannome la controversia è viva, volendo taluni che Plauto significhi « piede grande > e altri « piede piatto >. Oseremo intervenire ne-Ila spinosa quistione, proponendo e piede dolce>? Accio, o Maccio, umbro e etruscoide > per il quale il latino era una seconda lingua, componeva le s.ue commedie, sia traendole dalla propria fantasia, sia imitandole più spesso dal teatro greco, per il pubblico di Roma, che intorno al ~oo a. C. era molto umile di gusti. Tale è l'umiltà delle commedie di Plauto, tale la loro mancanza di fondo, che alcuni zelanti finsero di scoprire nel Miles non so quale tesi antimilitarista. Apostolismo sprecato! Di questo pauo, le burle di caserma di quel poveromo di Courteline diventerebbero delle opere incendiarie. O perché non vedere allora nello schiavo Palestrione, il quale attraverso numerose burle ed escamotagu degni delle pot:hades di Hennequin e Vcber, porta il proprio padrone Pirgopolinicc alla bastonatura finale, perché non vedere la vittoria del proletariato sul capitaJismo? Il modo di dare una apparenza di vita a questi mattoni vuoti, cc lo suggerisce la cucina to.sc.ana. Essa è rinomata soprat• tutto per due specialità: il pollo alla dia• vola e il pollo 3.lla cacciatora. Quando il pollo è fresco, lo si cucina alla dia\!ola ; quando è e passato > lo si ammannisce a.Ila cacciatora, cioè a dire si nascondono sotto il fuoco di una salsa infernale gl'inquietanti segni della corruzione. Il e teatro alla cacciatora > è molto usato in Rmsia, e col sistema della salsa infernale, o come dire coi :nagismi di una regla molto spinta, si riesce a mandare avanti anche delle vecchie carcasse come Giro/UGi,o/la. Da noi, ove il principio del e sano > go• verna anche l'alimentaz.ion~ teatrale, le salse infernali non sono consentite. Allora tutti si accorgono che il pollo è ALBERTO SAVINIO LEO LONGANESI p Direttore respon.ublle S. A. EDITRICE • OW'llllH:S • • ~IIL.\NO Propritotà ■rii~tiu e ll"ntnrla rl,trva1a. Rl7.7.OLI & C.. An. ptr l'Artt dtll■ Stampa. \li!■M RlrRODUZIO:-11 F.SHGUITF. COS \IATF.RL\U-: FOTOGR.\F'ICO • rERRA"/IA ,., p.,~Mtc1fll Aif'n1.i■ G. Br<"~<"hi.MIiano. \'ia Sahinì ,n Trl. 2~ • P11rigi, S6, Ru, dr F■ubovrf Salnt-llono.,r.i
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