Omnibus - anno I - n. 22 - 28 agosto 1937

Tone del La.go, agosto. FINO a qualche anno fa, l'acqua quieta del Lago di Massaciuccoli veniva a lambi• di Giac:~~I J~;ii~t iav~~nt~~~l:Oc&~ cancello, in una piccola insenatura, galleggiavano :\lcune imbarcazioni, tre canotti automobili e due sottili barche a remi. Di là partiva Puccini, accom• pagnato dal ragazzo Nicche, per le sue lunghe partite di caccia. Egli era il signore del Lago: di quel lago che aveva preso in affitto con riserva di caccia. Era il feudatario; e per un raggio di qualche chilometro, aveva diritto di vita e di morte su tutti gli uccelli e i palmipedi del luogo. ' Oggi, davanti alla casa, c'è un vasto piazzale, con aiuole polverose, e un po-.teggio per le automobili di passag• gio. Il piazzale è intitolato a Giacomo Puccini. Sul lago, proprio di faccia al. la casa del musicista, un ristorante, quasi sempre deserto, è stato aperto ai turi-.ti. A sinistra, di là della strada che porta al lago, appare nera e rugginosa la costruzione scheletrica della Tor• biera. Dal giorno in cui la Torbiera fu alzata, vicino alla sua casa, la pace di Puccini finì; addio tranquillità, silen• zio, solitudine. Quel paesaggio così ma• linconico e solitario era guastato per sempre. Oggi non è più quella Torbiera che dispiace, che sembra abbandonata e inoJ}f'rosa, ma il piazzale, con C}uelsuo aspetto balneare, quelle povere aiuole, quel ristorante pretenziooo. Il luogo è stato adattato alla curiosità dei turisti) '-' i turisti, dove arrivano, vogliono ve~ dere aiuole di gerani, panchine verni• ciatc di fresco, vialetti coperti di ghiaia. Vengono da Viareggio, da Pi• sa, da ogni parte d'Italia, sulle auto• mobili utilitarie, bruciati dal sole, con le macchine fotografiche a tracolla. Tutto fotogratano all'intorno. La casa di Puccini, il cancello, il custode Nic. che, i gerani del giardino, i bambini che si tuffano nel lago. Una breve visita, una mancia al custode, e poi ri• partono, sudati, gonfi di birra e di panini, 50ddisfatti. Accompagnato da un vecchio amico di Puccini sono venuto a visitare la ca&'l del musicista. L'interno appare, oggi, tale e quale fu lasciato da Puc• cini. Così almeno ci assicura Nicche, l'antico compagno di caccia, un uom,1 alto, vestito curiosamente tra il contadino e il bagnante, la camicia di tela a righe rimboccata sulle maniche, le scarpe di tela. Attraverso il breve giar• '.mo s'entra nel salotto da pranzo, mobiliato in ciliegio, con le poltrone in mogano foderate di velluto. Su un pianoforte, un fila di angeletti di marmo bianco, alti pochi centimetri, sembra debbano spiccare il volo. Dal soffitto pende un lampadario di Murano. Appena il tempo di guardare un po' in• torno, poi il custode ci conduce nello studio del Maestro, ch'è una grande stanza che dà sul giardino e che fa anche da salotto. Qui Puccini lavorava, seduto al piano. Per terra sono distesi tappeti, qua e là si vedono tavoli e poltrone di cuoio, un ca.mino nero in stile more• sco, paraventi giapponesi, quadri alie pareti, tra i quali un grande ritratto dipinto da Cappiello. Sul tavolo da Javoro gli occhiali e pacchi di lettere, con i vecchi francobolli sbiaditi. Alle pareti, intorno al pianoforte nero, fo. tografìe di attrici, di musicisti, di letterati, di venti anni fa. Mentre attraversiamo timidamente la stanza, cercando di non insudiciare i tappeti, il mio amico Pca, che mi seguiva distratto, ha un sospiro di commozione: e Povero Giacomo>, di• ce accarezzandosi la barba e guardan• do il soffitto, e quante sere abbiamo tra~orso insieme in questa stanza, a discutere d'arte. Ti ricordi, Nicche? Non posso pensare che sia morto. Ecco, era seduto là, e io sedevo qui >. Attraverso una specie di corridoio si penetra nella cappella mortuaria. La tomba del maestro è stata murata dietro iJ pianoforte che avevamo veduto nella sala. Fiori e lumi votivi sono posati per terra. Una lampada elettrica, con la fiamma di vetro attorcigliata, è stata posta dal figlio in memoria del padre. e E sempre accesa? > domando disuetamente. e No, soltanto quando ci sono i visitatori >, risponde Nicche. Alle pareti, un mosaico di De Ca• rolis e due altorilievi di Maraini. In quell'aria triste e semibuia, tra l'odore dei fiori e i sospiri del mio compagno, ci tratteniamo qualche minuto silenziosi, mentre le zanzare volteggia• no indisturbate intorno alle nostre guancie. Al piano superiore, non si può salire. e Ci sono le camere da letto, ma è vietato vederle >, ci dice il custode. E ci conduce invece in una piccola stanza, che faceva da guardaroba agli ap• parecchi da caccia del musicista. An• che questa stanza è rimasta tale e qua. le : per terra, sono posate in fila le scar• pc e gli stivali di Puccini, ancora sporchi del fango della palude. In un armadio, sotto vetro, si vedono i fucili a doppia canna. Su un altro armadio, un magnete e due fari d'automobile in. ottone. Fra tutte le stanze che abbiamo visto, certo questa è la più com• movente. Questi fucili, questi stivali, queste giacche di cuoio appese a un povero attaccapanni, ricordano a chi guarda i modesti e solitari svaghi del musicista. Tutti, qui a Torre del Lago, rievocano le lunghe e appassionate cac• cic di Puccini. Partiva all'alba 1 coi fu. ciii e coi cani, quasi sempre accompa• gnato da Nicche o, quando vcnivanCl, dagli amici di Lucca e di Viareggio. Trascorreva le giornate percorrendo le acque tranquille e insinuando il ca• notto tra lf>insenature e i canaletti nascosti dietro le canne. li vento portava lontano il rumore degli spari. « A me un invito a pranzo mi fa star male una settimana •• scriveva Puc• cini al suo editore, da Parigi, al tem• po della Bohème: « sono r :, così, non mi si cambia a quasi 40 anni! E, inutile insistere: non sono nato per h vita dei salotti e dei ricevimenti! A eh~ prò espormi a far la figura del cretino e dell'imbecille?•· Sempre. d11rantr i suoi viaggi, a Parie-i, a Lon• dra, in America 1 rimpiangeva la sua casa sul lago, il lavoro tranquillo, le amicizie sicure. Poteva essere diverso l'antico organista di San Paolino in Lucca, il povero studente di Conse1. vatorio, che a ~filano non aveva nem• meno i quaranta centesimi per bere un e ponce • in Galleria? L'infanzia vuol dir molto per gli ar• tisti: lascia impronte sul carattere che non ~i cancelhlno. L'infanzia di Puc• cini fu povera; figlio di un musicista, anch'egli lo era diventato, da princi• pio senza nessuna vocazione. Ma, oltre che il padre, musicista erano stati il nonno, il bi-.nonno e il padre del bisnonno. Un secolo di musica, dentro le mura di quella-,,iccola città di pro• vincia 1 senza che mai il successo e l'agiatezza venissero a illuminare quella famiglia così fedele alle sue tradizio• ni. In Giacomo la vocazione alla mu• sica si manifestò d'un tratto e fu CO· me una rivelazione. La cosa avvenne a Pisa, dove il ragazzo si era recato a piedi, partendo alla mattina da Lucca, per ascoltare l'Aida. S'era fatto un gran parlare in quei giorni della nuova opera di Verdi. Era l'epoca, quella 1 in cui si combat• teva aspramente la grande battaglla tra la musica italiana e queJla tede• sca, rappresentata da \Vagner. Tutu Italia si era schierata in due partiti: quello dei cosidetti cabalettisti, chia mati anche, dagli avvcrmri, codini o pedanti, e quello dei germanisti o avveniristi. I giovani studenti cominciavano a subire l'influenza del grande! tedesco. Sui giornali si polemizzava accanitamente: i giovani non avevano molta scelta: o Verdi o Wagner, si diceva, quasi che altra strada non ri• manesse. Quella rappresentazione dell'Aida, a c~i. il giovane Puccini aveva assistito, p1g1ato tra la folla in loggione, decise del suo destino. Tornò a casa abba. gliato ed entusiasta: anch'egli avrebbe scritto per il teatro. Anch'egli avreb• be raggiunto la gloria di Verdi. Vole• va studiare, partire per Milano, entra, re in Conservatorio. Mancavano i denari : come per miracolo, un sussicfjo della regina Mareherita valse a rompere ogni indugio. Puccini partì per Milano. Si apriva un periodo di miseria, di ansie e di studio. Ma Puccini non si scoraggiò. In una piccola stanza d'affitto, lunghe ore trascorreva seduto al pianoforte. e La fame non la pato >, scrive alla mamma, «mi riempio di minestrone e la pancia è soddisfatta :.. Tre scodelle di minestrone al giorno, un pezzetto di formaggio, e poi via a passeggiare in Galleria. Interminabili discussioni cogli amici di Conservatorio, esaltazioni, delusioni, primi amori con le sartine. Già da allora Puccini piaceva alle donne. Era un bel giovanotto, alto e robusto, coi bat fctti castani sotto il naso diritto: se i denari erano pochi, c'era sempre qualche mezzo per far fronte alle privazioni. Per fumare senza spendere, era riuscito a convincere un tabaccaio a dar lcziò• ni di pianoforte alla moglie. Cinque sigari per lezione; e per qualche tempo la cosa durò senza inciampi. Le ]e. zioni continuavano, la tabaccaia non riusciva a suonare nemmeno con uu dito, il marito taceva e aspettava. Finché un giorno la tabaccaia s'ammalò gravemente e le lezioni dovettero cessare. S'iniziava davvero un brutto pe• rio~o. Tentò, il giovane, di convincere 1I tabaccaio a prender lui lezioni di pianoforte. E ci riuscì, ma per una SO· la lezione, perché subito il commerciant~ s'avvide di non esser nato per qucst J.rte; e come compenso all'unica e sfortunata lezione, non volle dare al suo giovane maestro più di un sigaro. A calmare la fame e a spcngcre qualche dçbito venne il successo delle Villi. E le cose cominciarono ad andar mc• glio. Quel primo biglietto da mille, guadagnato in tant~ ~loria, parve per un momento dar alla testa a Puccini. e Di', Giacomo, sei veramente tu? » diceva tra sé, guardandosi amrnirat0 al}o specchio: e siamo proprio noi?». C era un contratto con un grande editore, e un mensile fisso che munifica. mente gli era pa11;satoin conto. La critica aveva parlato con ammirazione del giovane maestro. C'era dunque davvero da perdere la testa. Ma la sec~mda_opera Edgar non piacque. E ricommcaaronQ le pene, le lette, ... preoccupate alla famiglia, i debiti. Soltanto con la Manon la fama e l'agiatezza parvero divent;r sicure. Il succc~so era stato grande. La critica non aveva ~iù dubbi ormai. Il pubbli: co ,µplaudiva con entusiasmo la giovane gloria del maestro lucchese. Puccini ricomprò la casa natale di Lucca pagò i debiti, mise su famiglia. ' La moglie si chiamava Elvira. Era vedo, .i. di un e americano » di Lucca Correv<l voce che la relazione tra ii giovane maestro e la sua futura moglie fosse cominciata già prima della morte del primo marito. C'era anche chi raccontava di aver udito quest'ultimo Ja- ~e,:itarsi per i caffè della cittadina, tra indignato e soddisfatto : e Ma che si c~de, que! Pucci~i, perché è un grand uomo1 d1 poter unpunemente disturbare l'onore delle famiglie? •· ~i. stabil_iro?o. a Torre del Lago, e qu1 mcommcm 11 secondo periodo nella vita di Puccini; il periodo della Bohbne, della Tosca, di Madama Butterfly. Queste opere egli le compose nella casa sul lago. La miseria era finita, ma cominciavano altre pene. La Bohème, alla prima recita, era stata criticata severamente. Anche la Butter/l)', 8TIVALI E BTIVALOMDI AOAOOIADI PUOOllll ONAllOOLODELLAOASADI l'UOOnn A TORBEDELLAGO anni dopo, fu fischiata alla prima rappresentazione. La vita di Puccini trascorre tra alti e bassi di sconforto e di soddisfazione. Se la Bohème non era da principio piaciuta alla critica, il pubblico non se ne dava per inteso, e l'opera di successo in successo ora percorreva le scene di tutto il mondo. Lo stesso avvenne per la Bulterfly, che a Brc. scia fu applaudita e rapidamente fece il giro di tutti i teatri italiani, per poi varcare subito le frontiere. Dei dispiaceri, Puccini si consolava con la caccia. Aveva un carattere malinconico1 gli piaceva star solo o con amici umili: dalle acque grigie e tranquille del piccolo lago, si può dire siano nate le lacrimose e pallide eroine di Puccini, la ingenua Mimì, la sospirosa Butterfly, la misteriosa Liù. Di notte, lavorava seduto al pianÒ e suonando s~commuoveva; si alzava, fumava una sigaretta, usciva fuori in giardino e resta~a lungo tempo a guardare il lago buio, la notte silenziosa i lumini )on• tani di Massarosa. Nel1 1 a piccola dar• sena, le imbarcazioni dondolavano dolcemente. Allora Puccini tornava nel suo studio e si rimetteva al pianoforte. e Quando mi misi a descrivere la "'°,:te di Mirnì >, ractontava a un amico, e e trovai quegh accordi scuri e lenti e li suonai al piano, venni preso da tale commozione che dovetti alzarmi, e in mezzo alla sala solo nel silenzio della notte, mi misi a piangere come un fanciullo. Mi faceva l'effetto di aver visto morire una mia creatura:.. Di tanto in tanto, partiva da Torre del Lago per un viaggio. Andava a Milano, dal ,;uo editore, o in cerca di libretti da musicare. Ma tornava presto alla sua casa, stanco della vita cittadina : e Se sabato ho finito come spero,. filo a terrorizzare i palmipedi ado. rati che da tempo anelano il mio piombo micidiale e infallibiJe. Bum! > scriveva a un amico. e Penso al mio Tor- · re del Lago continuamente, ma que• st'anno mi rifaccio, per Dio! :.. e Sono stanco di Paris. Anelo il bosco olez• zantc con relativi profumi, anelo il libero ondeggiare del ventre mio in largo pantalone con assenza di gilet... Odio i selciati. Odio i palazzi. Odio i capitelli! Odio "gli stili! Amo il bello stile del pioppo e dell'abete, la v0lta dei viali ombreggianti, e novello druida farvi il mio tempio, la mia casa il mio studio. Amo lo stendersi verde dc1 fresco sotterfugio di bosco annoso e g~ovi~e. An:io .il merlo, il capinero, il p1cch10. Od10 11 cavallo, il gatto, il pas• scro dei tetti, il cane di lusso! Odio il vapore, il cappello a cilindro, il frak >. In America, per la prima della· Fanciulla del West, gli avevano fatto accoglienze da re. All'arrivo, la colonia. italiana era venuta ad accoglierlo. Attendevano un discorso .. Ma Puccini non sapeva parlare. e Bravi, bravi, mi rallegro, viva l'Italia:., disse confuso. Era alloggiato al Knickerbocker H0tel, uno dei maggiori di New York. Serat.:1. d_igala al Metropolitan; bandiere, fion, corone di alloro in argento massiccio, entusiasmo della folla. Ma anche in Ai:i1erica, Puccini rimpiangeva la sua villetta toscana. E non vide l'ora di tornarvi. Era timid? di carattere, poco loquace,. se non m compagnia di amici fedeli: soltanto con essi sapeva essere allegro. Anzi, nei momenti d'ozio si divertiva __a chiacchierare con chi' gli faceva. v1s1ta: componeva poesie scherzose, n.solveva enigmi e sciarade, ten• ~av~ d1 ~ssere spiritoso. Gli piacevan,, 1 g1uoch1 di parole. Quando fu fatto senatore, si firmava, nelle lettere «Giacomo Puccini, suonatore del R~gno :.. Parlava volentieri delle donne, racco!ltava le sue numerose avventure, e quando era fuori di caM, guardava le ~~~~i.passare e faceva apprezzamenAl caffè Margherita, a Viareggio, trascorreva lunghe ore con i pittori e con i letterati. Chi non lo conosceva si sar~bbc meravi~liato di vedere in quel s1~0.re. bonario, che scherzava con g!i am1c1, 11 celebre Puccini. Il suo por• t~mento era 9uello di un proprietario d1 terre : vestiva con eleganza, sceglie• va con <:ura le crav~tte, e gli piaceva correre m automobile. Quante corse ?:' Lucca a Viareggio, da Viareggio a I orrc. del _L~go. In. una di queste (si era _ai. p~111~1tem~1 dell'automobile), quasi c1 nrmse la vita. Di notte, insie- ~e alla moglie e al figlio: la vettura s1 rovesciò fuori della strada e Puccini si fratturò una gamba. E~a molto parsimonioso; qualcuno malignamente diceva addirittura avaro. Certo, con i guadagni enormi che faceva, la sua vita poteva sembrar meschina; ma l'abitudine alla povertà l'aveva contratta in gioventù, al tavolo della trattoria Excelsior, quando si sfa. mava di minestrone e di fagioli. Come tutti i lucchesi era, più che avaro, prudente e preoccupato per l'avvenire. D'altra parte il suo carattere riservato, le sue modeste pretese, la repulsione al lusso, alle feste, alla vita di società, . gli impedivano la munificenza. Unico lusso, le automobili, i canotti a motore, i fucili da caccia. Di notte spesso ~li amici stavano nt:1 suo studio a fargli compagnia mentre suonava. Puccini, seduto al piano, volgeva le spalle. C'era spesso, tra gli altri, il pittore Pagni, che, sdraiato sul divano, fumava tranquillamente una sigaretta dopo l'altra. Puccini si voltava di tanto in tanto: e Adagino>, di. ceva, « costano quattro soldi l'una >- A una certa ora il pittore cominciav~l a bere. Stappava una bottiglia di liquore e ne versava un bicchierino. e Ti piace questo pezzo?> domandava Puccini, continuando a suonare. « Benissimo, avanti >, rispondeva il pittore. A notte inoltrata, quando Puccini assonnato chiudeva lo spartito, trovava il pittore ubriaco fradicio, addormentato sul divano. e Io non sono fatto per le geste eroiche; amo le anime che hanno un sen• timento come il nostro, che son fatte di speranza e di illusione, che hanno bagliori di gioia e lacrime di malinconia>. Con questi sentimenti tranquilli, con quest'indole timida e triste, poteva Puccini andare d'accor.<Jocon d'An• nunzio? Eppure ci fu un momento che l'intesa parve possibile fra i due. S'incontrarono un giorno. D'Annunzio era Vestito di bianco, con un cappello di pa• glia in mano e un bastoncino di canna. Una bellissima spilla brillava sulla cravatta viola. In quel tempo viveva alla Versiliana 1 una villa sul lido di Pietrasanta. Parlarono a lungo e si rividero dopo qualche giorno. e Certo egli è un po' sempre nelle nuvole:., scriveva Puccini al suo editore, e ma ~ sceso a terra verso di me, abbastanza :.. Ma le cose per allora restarono li. Dopo qualche mese, d'Annunzio scriveva a Pilccini : e Il vecchio usignolo si è risvegliato con la primavera e vor• rebbe cantare per me >. r.. ogni volt.i che s'incontravano, il Poeta a ripetergli : e Giacomo ... ricordati dell'usigno• lo >. Ma anche questa volta non se ne fece nulla. Anni dopo, al tempo dell'esilio ad Arcachon, dopo il fallimento dcli,, Caponcina, Puccini e d'Annunzio si rividero. Tra le torce, le pergamene, i vetri di Murano e le e savonarole :., parlarono di nuovo a lungo. Ma non c'era modo d'intendersi. D'AnnuflziO aveva preparato la trama di una e ero• ciata degli innocenti >. e Nel miQ ulti• mo colloquio con d'Annunzio lasciai corr<'re la lingua, parlandogli come vedevo io la crociata. Mi parve che le mie idee non gli piacessero>. E infatti non gli piacquero. L'esule si mise d'accordo con Mascagni e scrisse per lui la Parisina. MA.RIO PANNUNZIO NEL 1917, Lord BalCour si recò a Washington per negoUati urgenti e importantissimi. Le sue giornate erano quan• to mai movimentate e faticose. Una sera, entrato in un ristorante, sentendosi parti• colarmente stanco, rcstitul al vecchio cameriere negro la lista delle vivande dicendogli: « Servitemi un buon pranzo :., e accompagnb 1&. richiesta con una generosa mancia. 11 pranzo fu ottimo. Da allora il Lord tornò varie volte nello stcuo locale, lasciando allo stesso cameriere l'incarico di scegliergli le vivande. La sera avanti la sua partenza per Londra, Lord Bal(our triplicò la sua mancia per dimostrare al vecchio cameriere negro quanto avesse apprc:r.uto i suoi servigi. Si stava alzando da tavola J}er andarsene, quando il negro, chinandosi confidenzial• mente, gli sussurrò: e Mille grazie signore, e se avete qualche altro amico che non sappia leggere, mandatelo pure qui, mc ne occuperò io >. UN UFFICIALE presentò a Enrico IV un mtinoriale in cui, dopo aver clen- · cato le pioprie ferite, chiedeva un aiuto. Il re, dopo aver letto il memoriale, disse al postulante, tanto per levarselo d'attorno· e Vedremo, vedremo>. e Allora Vostra Maestà pub vedere subi• to >, rispose l'uffiti,ale e, sbottonandosi la giacca, mostrò le numerose. cicatrici delle rue ferite. Il re sorris.c e concn~c al militare il soccorso richi~sto. UN NOSTRO dandy, allora alle primissime armi (dicono che fosse Carlo Piacei), arrivò a Londra una notte, e scese all'albergo, in Piccadilly, in compagnia del fido cameriere. La mattina, comincia a prcparani per uscire. Ma era perplesso sull'abito da met• tcre. E gli sarebbe dispiaciuto far brutta figura. Dice al cameriere: « Fammi il pia• cere, Battista, scendi in istrada, e dammi un'oechiata a questi elegantoni >. Tornò dopo poco Battista, tutto spa• ven~to: e Signor padrone, qui a Londra, di vestiti da inglese non e•~ che lei >. IL PIANISTA Maycr ebbe occasione di suonare davanti all'Imperatore d' Austria. La sua esecuzione era brillante e impetuosa. Quando ebbe terminato, l'augusto personaggio gli si avvicinb e gli diue: « Ho sentito Listz, Chopin, Thalbcrg e i più grandi pianisti, ma non ho visto nes• suno sudare come voi. Vi faccio le mie congratulazioni! :t. BERNARDO BERENSON, il celebre critico americano, stava dicendo peste e vituperio di tutti gli studiosi d'art·e. E specialmente cc l'aveva con i pii) giovani. Non glie ne andava bene uno. Disperati, gli si propose: e Ma, insomma, cc ne indichi uno lei ; quello dei nostri che le pare meno peggio >, Bcrcnson ci pensò un poco, e fece un nome: e M. :t. Fu un urlo d'indignuionc. « Ma come >, gli si obbiettava, « lei decapita A e impicca B, squuta questo e quest'altro, tutta gente seria; per venire a salvare quel povero M.? Signor Bcrcnaon, sc lo metta bene in testa: il suo M, non capisce nulla >. Rispose Bcrenson, soavemente carenandosi la barba: e 1:. vero che non capisce nulla. Ma ha tanta nostalgia di capire :..

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