Omnibus - anno I - n. 21 - 21 agosto 1937

PARLANDO di linciaggio, - disse l'uomo ben vestito sedu• to a un tavolo del caffè, - ricordo una mia esperienza di circa otto anni fa, a Chicago, un'e- ~perienza che, oggi, vi sembrerà inverosimile. Ero un ragazzo di diciannove anni, e di una cosa sono sicuro, che non mi ero neanche accorto che quella donna avesse un corpo : non era, per me, che una probabile cliente, come tutte le altre donne, del resto. Ero un ragazzo che cercava soltanto di guadagnare tanto danaro, durante l'estate, da potersene tornare nel Nord. Dovevo pro-- curare abbonamenti a riviste, andando di casa in casa. Avevo l'illusione che il mondo intero fosse sospeso a questa mia volontà di farmi avanti col lavoro. Volevo andate in collegio a studiare, per diventare avvocato. Quel pomeriggio, il mio « principale > mi aveva lasciato davanti a un fabbricato del quartiere Nord, a Chicago, dicendomi che dovevo cavarmela, ottenere ordinazi.oni, altrimenti... Un modo strano d'incitarvi, quell'c altrimenti:,! Voi conoscete quei pomerig~i cli sole accecante, a Chicago, e sapete come abbagliano la vostra volontà : chiudevo gli occhi e pensavo alle rive d'un lago e al fresco interno di un cinematografo. Mi sembra ieri; ogni 'particolare è ancora vivo nella mia memoria. Ci ho ripensato mille volte, ed ora non cerco neanche di dimenticare. Rivedo la strada, che percorrevo timidamente su e giù, cercando di decidermi a salire le scale di una di que11ecase. Tutte avevano un aspetto ostile : ne ero sicuro, in nessuna di quc11e case avrei avuto un--ordinazione. Così accade di pensare quando siete abbattuti e sfiduciati. Decisi infine di cominciare l'assalto da una piccola casa. Svoltai in una strada laterale, dove appariva una scala aperta che portava ai piani superiori che si affacciavano sopra lunghissimi ballatoi. Mi feci un discorso incoraggiante, mentre salivo quegli scalini, e credo d'aver anche pregato. Speravo di trovare una donna dal viso amico, una donna, come dire, un po' umana. C'erano circa dieci appartamenti in uno stesso piano. Cominciai a bussare alle porte e a cercar di parlare alle donne. e Cercare > è la parola, ma non si interessavano alle mie offerte, non ne volevano sapere. Non compravano mai dai venditori ambulanti; non gliene importava di poter ottenere un divorzio gratis il giorno in cui sarei diventato avvocato ... No, no! ... Bang ... e le donne sbattevano le porte, anche qudle dallo sguardo materno, in grembiule, mentre i bimbi mi contemplavano dalla porta della. cucina. Molte di quelle donne mi guardavano come io fossi... sì, un verme in un secchio d'acqua pulita. Se non siete mai andati a vendere di porta in porta, non potrete capire quello che provai. Il sudore mi colava sul viso e lungo il corpo, e la mia bocca era amara, come quando ci si sveglia dopo un'ubriacatura. Accesi una sigaretta - avevo da poco cominciato a fumare - e mi fermai a guardare giù nelle scale. Mi pareva che le persone con cui avevo par1 1to mi stessero tutte sorvegliando: sentivo i loro occhi fissi sulla mia schiena. Quand'ebbi finito la sigaretta feci per gettarla via, ma la spensi sotto la scarpa e mi misi la cicca in tasca. Avevo paura di sporcare le scale. Mi venne in mente di piantar tutto e andarmene in un cinematografo o alla spiaggia ch'era vicina. Ma ricordai ciò che m'avevano insegnato all'ufficio: fiducia, fiducia e fiducia in noi stessi... la vecchia teoria : se siete sicuro di potere, potrete. Ero un ragazzo che prendeva le cose sul serio, e non perdere il posto voleva dir molto per me, voleva dire entrare in collegio e studiare legge : volevo diventare un avvocato. Oltrepassai numerose porte dall'aspetto pocO attraente, finché giunsi ad una ch'era semiaperta. Una grossa bionda, in un p1g1ama roS!O fiammante, rispose al mio bussare. Cercai di sorridere, di suggestionarla ... Era come incrinare il ghiaccio. Cominciai a discorrere, ma invano : la mia voce non aveva eco; attorno a me, una densità ottusa. I lineamenti della donna erano anch'essi ottusi. Poi cominciò a rinchiudere la porta ... Seguii quella porta che si chiudeva, e fu, allora, come se dal suo schiudersi dipendesse qualcosa molto più importante di un'ordinazione. Improvvisamente, feci quello che non avevo mai fatto. Infilai un piede nella porta, per impedirle di chiudersi. Fu una cosa imperdonabile, forse. :¼a quella donna doveva. ascoltanni, doveva capire. Era solo quello che vo• levo: ch'ella m'ascoltasse, capisse che non ero un volgare venditore, ma un giovane decente. Non mi avrebbe chiuso la porta in faccia se avesse saputo ... Non so cosa capì precisamente quella donna; so che cominciò a tirar calci al mio piede, e che mi urlò di levanni daJla porta, altrimenti avrebbe chiamato la polizia. Spaventato, me n'andai più svelto che potei. Discesi di corsa gli scalini e mi fermai sotto la scala aperta, in uno stato d'incertezza spaurita. Fu allora che udii voci in alto, sul pianerottolo. Dapprima furono soltanto un paio, poi un coro. Sentii che molte porte si aprivano; una donna parlò di un uomo che aveva messo un piede dentro alla sua porta, e che si era spaventata da morirne. Un'altra disse che l'avevo guardata in maniera strana. Poi molte altre voci ripeterono che s'erano impaurite. E allora la prima voce ripetè ancora: « Ha ficcato un piede dentro la mia porta e ha cercato di forzarla». Non volevo restar lì ad ascoltare, ma non avevo il coraggio d'andarmene, di farmi vedere, e lasciar capire che avevo ascoltato e ch'ero intimorito. Restai irrigidito e teso sotto la scala, trattenendo il respiro, in attesa che se n'andassero. Ma le voci aumentavano. Le udivo ripetere ch'ero un individuo pericoloso... Sl, tutto ciò era buffo. Una di quelle donne, forse, si sporse, a guard~r giù. Dovette vedenni perché udii una voce gridare : « Eccolo lì, sotto la scala ... si nasconde come un serpe. Ci sta spiando ... ». A quelle parole mi irrigidii, raccolsi tutta la mia volontà e mi diressi verso l'uscita del cortile. In quel momento, un uomo entrava dalla stessa porta e gli urtai contro. Una voce di donna gridò: e Joc, ferma quell'uomo!...>. L'altro mi afferrò per un braccio chiedendomi cosa facessi. Mormorai qualcosa, non ricordo bene, e lui cominciò a malmenarmi, spingendomi verso la scala. Ero spaventato, ma nonostante tentai di resistere. L'uomo era alto sei piedi, ed io non ero che un gracile ragazzo di diciannove anni. Quando mi trovai di nuovo sul pianerottolo, cercai d'assumere un aspetto più dignitoso. C'erano otto donne all'incirca, e parlavano tutte in una volta. L'uomo domandò cosa avevo fatto. Una delle donne - credo fosse sua moglie - disse: « Ha cercato di entrare con la violenza in casa di quella signora là, Joe ». Un'altra avvertì di stare attenti, poiché potevo avere un'arma. Non avevo annij ero un ragazzo pie. no d'illusioni; mi sembrava che quc1l'uomo continuando a tenermi le mani addosso, mi scavasse come dei buchi in tutto il corpo. Non so spiegarmi esattamente. Mi svincolai da lui con violenza e gli gridai di lasciarmi stare, perché non avevo fatto niente. Una delle donne disse di non credermi, e a~giunse d'aver avuto paura ch'io voless1 entrare per forza anche in casa sua. Allora la grossa bionda dal pigiama rosso urlò: « Ho avuto paura che mi facesse violenza ... >. Sì, queste furono le sue precise parole. Non è patetico tutto ciò, dite? ... Poi l'uomo m'acchiappò per la gola e cominciò a scuotermi, dicendo che aveva una voglia matta di torcermi il collo. Tutto si confondeva attorno a me, eppure non perdevo una sola parola, un solo sguardo. Era come se la persona ch'era minacciata non fossi io. Afferravo og·ni movimento, coglievo ogni voce. Attorno a mc c'era circa una quindicina di persone, quasi tutte don11e. Udivo le porte che s'aprivano e nuove voci che domandavano cosa fosse accaduto. Altra gente scendeva dai pianerottoli superiori. Una donna dai capelli grigi gridò: « Ha cercato di far violenza a una donna! ». L'uomo che mi stava, scuotendo cominciò a schiaffeggiarmi col palmo della mano. Non mi faceva male. Mi pareva che stesse colpendo qualcun altro : vedevo il rapido movimento della sua mano e credo che non capissi quello che stava accadendo, finchi non vi~ di qualcosa di rosso colarmi dalla faccia. Compresi eh' era sangue; allora gridai e mi portai la mano al naso: il sangue scorse lungo la mano, sulla giacca e sulla camicia. La vista del sangue mi empì di terrore. Sentii qualcuno che diceva : « Ha assalito una donna!». Il pianerottolo era ormai stipato di donne e di uomini. Altri stavano scendendo dai piani superiori, e anche bambini, piccoli bimbi, che gridavano eccitati verso di me, perché le loro mamme gridavano. Ricordai di aver veduto in una stampi una volpe incalzata da una turba di cani latranti. Guardai una donna che mi stava davanti: somigliava a mia madre. Mia madre era una buona donna. Mi chiesi che cosa avesse tutta quella gente. Era buona gente impazzita. Cosa avevo commesso per farla diventare cosl? Non avevo fatto niente. Dovevo far loro capire che non avevo fatto niente! Ma era come parlare ai sassi. Sentii un uomo dagli occhi strani dire: e Bisognerebbe impiccarlo ». Lo so, è incredibile, quasi io stesso non lo credo. Era l'odio di una folla, la più terribile forma d'odio, che urlava, perché voleva il mio sangue. Ed io non ero che un ragazzo di diciannove anni. E tutto il mio delitto, tutto quello che avevo fatto, era stato soltanto di voler far capire a una donna ch'ero soltanto un ragazzo di diciannove anni, che voleva farsi la sua · strada. E quelle donne e quegli uomini, con tanto odio negli occhi, erano ~.Jone persone certamente. No, io non li odiavo, costoro, non potevo odiarli : capivo ch'era più forte di loro, che qualche forza irresistibile li spingeva contro di me. Non pensavano, ecco tutto. Era come una forma di sragionamento, di follìa temporanea. Tutto quello che potevano capire, era che dovevano vendicare l'onore di una donna. Bene, cominciai a destarmi da quell'incubo e a dirmi che dovevo far qualche cosa per togliermi da quella rete che mi si stringeva sempre più addosso. Non potevo neanche vedere la luce del giorno, tanto fitta era la fo11a che mi circondava; allora pensai alla polizia. Non c'era nessun altro da chiamare, e così dissi che chiamassero le guardie, e continuai a gridare, a urlare che chiamassero le guardie. Voi avete letto cos'è la folla: non chiama mai la polizia, non vuol avere niente a che fare con la polizia, è convinta di dover far giustizia da sola. L'uomo, quello che mi aveva pierhiato, disse di tenermi stretto, che sarebbe tornato subito, e qualche altra cosa che non afferrai. Dio, com'ero spaventato ... Capii come deve sentirsi un negro, quando è circondato da una folla urlante che vuole linciarlo. Udii il riso isterico di una donna, e un uomo che bestemmiava j poi qualcuno mi tirò i capelli e vidi ch'era una donna di mezza età. Sì, mi tirava i capelli. Ah, questo è buffo, lo so. Ma questo è ancora più buffo: una donna (ricordo che pensai che era la più brutta che avessi mai veduto) mi sputò sul viso. Sapete che espressione comica hanno le donne quando sputano... Sì, è proprio questo che voglio dire! Mi vergogno' a dirlo, e se oggi ,non avessi bevuto, non l'avrei mai detto. Ma è vero : quella donna mi sputò sulla faccia ... Come mi sentii? ... Nauseato, nauseato fino al fondo dello stomaco. Sentivo la nausea salirmi alla bocca, fra l'odore del sangue e del sudore di tutta quella gente che mi si pigiava addosso. Potevo appena respirare. Credetti svenire. Credetti d'essere sul punto di morire, e non me ne importava. Veramente cominciai a desiderare di esser già morto. E allora l'uomo di prima tornò indietro. Lo vidi che si faceva largo tra la folla, e sapete che cosa teneva in mano? Un fucile. Non so. Forse, in fondo, era un buon uomo, ci ho pensato tante volte da allora. Forse era un buon marito e un buon padre, e forse alla domenica andava a vedere la partita di calcio, e beveva un bicchiere con gli amici, e forse anche andava in chiesa e pregava Dio, e gli piacevano la buona musica e le cose belle. Non so dirlo. Forse, io TlENTSIN • Episodi deUa gaerN oluo-giapponeHIl'on. del oooomero , SAN JOSt: (O&ltronùa)• UN LINOIAOOIO avrei fatto la stessa cosa al posto suo, facciamo tutti strane cose quando non siamo in noi, quando non ragioniamo, quando siamo staffilati dall'odio ... Che cosa feci quando vidi quel fucile? Ve lo dirò. Dapprima Jo fissai affascinato, come l'uomo che fissa il serpente che sta per balzare sopra di lui, poi fui preso da un terrore così mo• struoso, che, !ipero, lddio non mc lo farà provare mai più. Dicono che quando si sta per morire tutta la vita ci p;usa davanti agli occhi. Io pensai soltanto a mia madre e alla nostra casa, a Springficld. Casa, dolce casa ... Come mi sembrò dolce in quel momento! Non dimenticatelo, avevo soltanto diciannove anni, e pensai che stavo per morire, e non volevo morire. La.sciate che ve lo dica, non volevo morire. Non so, forse quella gente non voleva veramente uccidermi, forse voleva soltanto spaventarmi. Forse ... Che cosa feci? Non ricordo, ora, come feci, ma so che mi precipitai a testa b:issa verso quella folla, e che, in un modo o in un altro, mi feci largo tra di essa. Non poterono fermarmi; non erano forti abbastanza per fermare un ra~azzo di diciannove anni che non voleva morire, ed io non esitai, saltai giù dal pianerottolo: c'erano circa venti piedi da terra a quel pianerottolo, ma saltai lo stesso. Fu come se la terra mi venisse incontro, proprio come scrivono nei libri. Cascai sulle mani e sui piedi e ruzzolai più volte tra ìl fango e la sporcizia. Mentre mi alzavo, la testa mi girava, e udii le parole: e Fermo, o sparo!», parole che mi sembravano giungere da lontanissimo. Ma esse mi schiarirono la mente. Me la schiarirono improvvisamente, completamente, ed io fuggii verso l'ingresso, aspett~ndomi di venir colpito a ogni passo. La porta era distante trenta o quaranta piedi circa, ma a mc sembrava fossero miglia e miglia. Correvo. sentendo la bocca del fucile bruciarmi la schiena. Avevo quasi raggiunto la porta, quando udii lo sparo. Fu una cosa strana quello sparo; io non -.o se mi colpisse o no. ~1i sprprcsi a :>ensare se avrei provato un g· --.n dolore e se, entro un istante, mi sarei raggomitolato come avevo visto fare nelle pellicole, per poi cadere a faccia avanti. Buffo, lo so: ma mi sentii deluso quando mi accorsi che nulla accadeva. Mentre stavo oltrepassando la porta, qualche cosa mi costrinse a voltarmi e a guardare indietro. L'uomo era fermo vicino alla ringhiera, col fucile in mano, e la folla gli era attorno con lo sguardo meravigliato, fisso su di mc. Sì, una cosa bizzarra, quello sguardo, e la cosa più viva di tutto il resto, come quando al cinematografo la macchina di proiezione si forma su un quadro e ogni movimento si arresta e viene fissato. Tutti erano fermi e silcnz.iosi, e tutti avevano uno sguardo folle. Mi allontanai di là pensando allo sguardo di quella gente, e cominciai a camminare !.vclto, sempre più svelto, con una strana collera che mi cresceva a ogni passo. Mi sentii diventare così furioso che avrei voluto tornare indietro, e lottare, e uccidere, finché non cominciai a rendermi conto dell'aspetto che dovevo avere. Il davanti deL., camicia e della giacca erano macchiati di sangue, ed ero mezzo accecato dal sudore. Una gamba cominciava a dolermi. Non era una storta grave, ma doleva. Entrai in un'autopubbEca, mi feci condurre al mio ufficio, e raccon~ tai al mio direttore quello che mi era accaduto. Mi rispose che ero pazzo se pensavo ch'egli avrebbe creduto a un racconto come quello. Guardò le macchie di sangue sui miei vestiti e disse che molto probabilmente ero stato a nuotare tutto il pomcri'?'gio, o che ero andato al cinematografo. Ciò mi imbcstiall talmente che gli scagliai un pugno, e poi un altro, e ci vollero tre persone per cacciarmi a calci dall'ufficio. Tornai nella mia stanzetta - abitavo in una piccola casa ammobiliata, - chiamai al telefono mia madre, nel suo paese lontano, e stavo per cominciare a raccontarle oucllo ch'era successo, quando rividi la donna dall'aspetto materno che aveva urlato contro di mc, che aveva tirato calci contro il mio piede, e tutte le altre cose, e non riuscii a dirle niente. So che quel che più desideravo in quel momento su questa terra, era trovarmi a casa mia; ma quando mia madre mi chiese che cos'era accaduto, dissi che non era sùccesso proprio niente. Per molti giorni fui un ragazzo ammalato, ardente di febbre, tremante di nausee e di vertigini. Ma non chiamai il dottore, né presi medicine, e la mattina i_n cui mi sentii meglio e potei mangiare qualcosa, prima che pensassi a quello che mi stava accadendo, ero già sulla strada della California. Questo è avvenuto circa otto anni fa, e da allora sono stato in molti luoghi e ho fatto molte cose, e penso che tutto potrebbe andar peggio di come va. Ma non ho studiato, non sono andato in collegio e non sono mai divenuto avvocato. MARTIN DREYER (trad. di A. Canina)

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