Omnibus - anno I - n. 21 - 21 agosto 1937

(COMTnroil. DAL N'UIDRO PREOBDBHTB) --~,,• ERTO le accoglienze ai giovani sovrani in quel loro viaggio di presentazione nel Regno offrivano una risposta ottimistica a parecchi dubbi : dieci anni prima nemmeno l'eterna fanciullagine popolare si era troppo lasciata attrarre dagli spettacoli regali, e gran parte degli applausi e delle acclamazioni si erano ritrovati soltanto nella pro=a dei giomali ministeriali. A Napoli tuttavia il pugnale di Passanante gelò alquanto il conforto di quel viaggio trionfale. Le vetture del corteo passavano per la strada Foria. I soldati presentavano le anni, fucilieri e ci1 linea > con le ghette bianche sotto il pantalone lungo, bersaglieri in nero, con le nappe e i cordoni sul petto, scesi dal loro quartiere di Pizzofalcone. Dietro di loro e a grappoli alle innumerevoli finestre delle allegre case meridionali, una folla immensa· gridava e acclamava : ormai i Borboni non erano più che e Lts roi.seu exil > fra Parigi e )a corte bavarese, e anche quelli di Santa Lucia, i famosi e luciani d' 'o Rre >, ammiravano il magnifico elmo generalizio di Umberto, cosi più adatto al nostro sole della spenta feluca, la Regina che sotrideva a destra e a sinistra, muovendo con grazia il cappellino di fiori e merletti in bilico sulla pettinatura bionda, il pallido viso romantico del principe di Napoli, e anche un poco la bella testa acconciata alla moda del Secondo Impero di Benedetto Cairoli, illustre di memorie e decorativo di aspetto. Passanante spuntò sul predellino della vettura, e abbassò sul cuore del Re il pugno armato. Il Re parò il colpo con l'elsa della sciabola, Cairoli scattò innanzi col vecchio coraggio di Villa Glori e afferrò l'attentatore per i capelli, ricevendo la lama nella coscia. ~oi ricordò che a gettarlo alla velocissima azione era stato il grido altissimo della Regina: « Cairoli, salvi il Re! >, e non dimenticò mai più quella voce, e quel viso pallido di donna, mentre la carrozza filava via dal tumulto intorno all'arrestato. e L'incantesimo di Ca~ Savoia è rotto>. Dentro la Reggia le autorità esprimevano la loro esecràzione, fuori sulla piazza il popolo gridava che voleva vedere i Sovrani. Su quelle parole amare della Regina bisognerebbe arrestarsi. L'angoscia dell'ora ha fatto vibrare in loro, forse, l'eco di un grido soffocato che viene dal passato, da tut,to quello che la sua Casa ha sacrificato nell'Unità: l'antica intimità familiare coi sudditi, la magìa dei secoli vissuti insieme, l'alterezza dcll'immemorabilè diritto. Sono forse l'ultima e la più patetica testimonianza al dramma oscuro del vec • chio Piemonte. La giovane Corte Dopo la semplicità militaresca e trasandata di Vittorio Emanuele, che del resto aveva cercato di stare al Quirinale il meno possibile, ora l'Italia aveva finalmente una sua Corte. Furono nominate le dame, i gentiluomini, i cerimonieri. Regnava su questo piccolo mondo aulico il conte Giannotti, prefetto di palazzo, bell'uomo biondo e stylé, che era piaciuto un tempo alle donne, con frequenza da bcll'ufficiale di cavalleria e con discrezione da perfetto signore; ma molto più di lui contava il ministro della Real Casa, e Urbanino > Rattazzi, tutto intento alla restauratio terarii resa necessaria e urgente dalle larghezze di Vittorio Emanuele. Era un amministratore severo : ma il Re aveva sempre modo di regalare ogni anno alla Regina il leggendario filo di perle, e di avere le più belle scuderie reg!'ti del continente. Nemmeno i famosissimi Windsor greys potevano stare alla pari con i cavalli del Re d'Italia. Accanto alla Regina spiccavano, fra tutti, più amici personali che personaggi di Corte, il marchese e la mar~ chcsa di Villamarina. Il marchese, imponente e barbuto, che organizzò il famoso Quintetto del Quirinale, er..i il vero tipo dell'antico aristocratico devoto per sentimento cavalleresco: « Un uomo che stette vent'anni a Corte senza mai diventare un cortigiano >, scrisse la Regina su una fotografia di lui mandata a un antico aiutante di campo del Re. Tutte queste leali e deco• rative persone non avevano e non volevano avere nessuna influenza politica. e Un Eutenburg, un Fiirstenberg sarebbero impensabili in Italia>, notava il principe Biilow, allora giovane segretario a Palazzo Caffarclli. Soltanto intorno al nome di Rattazzi indugiava qualche diffidenza nei pettegolezzi di Monte Citorio e di Aragno. Tutti gli altri e le altre non esistevano per il pubblico altro che come le necessarie comparse, il e coro > di tube e di ombrellini sul palcoscenico della eleganza regale al centro del quale appariva la Regina. Al sole romano ora la sua regalità sbocciava in pieno, coi suoi caratteri . ~ . . - ' ... ;"\, .., ~ ., ~- ·:4--' ' . . .... _., .,, . ~~~~ . -- 1': - ~ - • ~ ' inaugurazione delle esposizioni, le se. rate al Costanzi, le conversazioni del circolo privato, dove il barone Barrac• co parlava di archeologia, Emilio Broglio di Manzoni, e Ruggero Bonghi di tutto. Nella vita regale mondanità e cultura erano complementari : la prima adornava la seconda, ma la seconda giustificava la prima agli occhi su• scettibili delle maggioranze borghesi. Era lusinghiero per tutti i professori e per tutti gli intellettuali ch'ella fosse cosl supremamente ben vestita quan• do, per esempio, sceglieva Ferdinando Gregorovius per la prossima quadriglia. Ferdinando Gregoroviw, imbarazzato sa Colonna, la contessa di Santafiora, )a principessa di Teano; ma gli uomini! Gli ufficiali di cavalleria Oanno i calroni celesti, i cavalieri di Malta le tuniche srarlattc, i cerimonieri i ricami d'oro, l'ambasciatore di Turchia il tarbusc rosso. I frac con la commenda intorno al colletto,che sembravano tanto belli nello specchio di casa, qui met• tono la coda di rondine fra le gambe, e pensano che in Russia anche gli intendenti di finanza hanno una bellissima unifonne. Quando sono stati abbastanza ammirati i fiori delle sale e criticate I~ toi/ettes, e le conversazioni stanno per languire, appare il conte Gian• notti e annuncia gravemente: cLe Loro Maestà!>. I Sovrani preceduti dai cerimonieri e seguiti dai principi e dalle dame vanno a prender posto sui loro seggi dorati, e hanno intorno le colJaresse dcli' Annunziata sugli sgabelli di etichetta che affiancano all'ombra del trono sabaudo la moglie del ministro che viene dai rivoluzionari e la moglie del generale piemontese d'antica fami~ glia, non senza che sprizzino minute scintille di snobismo e controsnobismo avvertite dai soli iniziati. La Regina balla la quadriglia d'onore, solenne pas5':ggiata a tempo di musica, quando s1 va a tempo, nella quale i presidenti del Consiglio o delle due Camere, che sono per lo più scelti a ballar~ la con lei, mostrano generosamente agli invitad, che fanno ala e sorridono, una democratica impreparazione a quel• l'aspetto della vita politica. Terminato questo rito, un valzer di Strauss o di Waldensfels lancia tutti i cavalieri alla ricerca delle dame che hanno i loro no• mi iscritti sui carnets. Intanto i Sovrani fanno piano piano il giro delle sale, e Margherita diffonde il suo famoso inimitabile saluto e che dà ad ognuno l'impressione di un saluto particolare». A mezzanotte essi si ritirano; ma le danze ancora continuano e i camerieri con la cipria dei capelli impastata dal sudore, trincerati dietro le lunghe tavole coperte d'argenteria e delle tipiche « alzate > colme di dolci, sostengono valorosamente l'offensiva contro il buffet, che per troppi, ahimè, dopo la Regina e i suoi gioielli, è la cosa più ammirevole della serata. lll'ozze d'argento L& RegiH Kugberlu • il PriDolpt 41Bapoli Tutto questo durò vent'anni. A mcz~ ro, le nozze d'argento segnarono l'apoge? : ci fu il torneo a Piazza di Siena, chi non lo sa? Il principe di Napoli aveva un magnifico costume di gran maestro dell'Annunziata, immenso manto purpureo che ricadeva sulla groppa del cavallo fin quasi a terra. Guglielmo II nel palco reale mostrava1 ai romani stupiti e un po' ironici, la sua ventesima uniforme, ed ecclissava il duca di York e il granduca Vl.tdimiro. Nell'arena sfilavano cavalieri sassoni e italici, i secoli di storia si inseguivano a una « lunghezza » sotto gli occhi estasiati di una folla enorme che applaudiva, applaudiva, come aveva applaudito a Firenze, venticinque anni prima. Quanto tempo passato, quante inquietudini si erano risolte intorno a Ca.sa Savoia, e quante se ne erano formate di nuove! « Il Re buono>, dicevano: ma fin dove giungeva il potere di quella bontà? Margherita, ora una matura signora, sapeva bene che vi era tutto un mondo oscuro irraggiungibile da qualunque carità di privati o di principi, che urgeva formidabilmente contro la crosta del mondo ottocentesco, borghese con atteggiamenti ancora di patriziato, colto con indugi ancora di dilettantismo, al quale il Re e lei si erano identificati con un'esatte-.:- za che era stata la loro forza essenziale. propri e inconfondibili. Alcune immagini ne sono giunte fino a noi, conservateci dai racconti dei nostri padri, soprattutto delle nostre madri: e ci sembrano stranamente remote, balzate prodigiosamente indietro nel tempo, e tuttavia provvedute di un prezioso, arcaico prestigio. Sul Viale dei cavalli marini la lunga, interminabile sfilata delle carrozze : vittorie, huit ressorts coi cavalli quasi ignudi nelle esili tirelle, charrettes di gentiluomini con le redini strette nel pugno guantato di chiaro, e attacchi > di banchieri e di amba.sciatori, e la duchessa di Sermoneta, e Andrea Sperelli, e il marchese di Dufferin and Ava, e i pini di Piazza di Siena, e Ja guardia municipale che non serve a nulla, ma inalbera una stupenda feluca coperta di piume gialle e rosse. La Regina passa nel mezro, al trotto fitto e preciso vigilato dal gran cocchiere ~arlatto; tutti saluta• no, tutti sono salutati, chi più chi meno, secondo come sono a fuoco le fisionomie. I ragazzini vestiti alla marinara accorrono dai prati vicini sempre un po' tardi, ma ancor.1 in tempo per vedere le immobili schiene dei due stat fieri allontanarsi. Qualche volta la carrozza della Regina incontrava a Piazza di Siena il phaeton del Re; e allora Ja Regina chinava sorridendo la testa, e il Re rattenendo un istante i cavalli si toglieva ampiamente il cilindro : il monarca stesso spariVa nel gran signore, e i pedoni che avevano pagato dicci centesimi d'ingresso al principe Borghese erano tutti contenti. Poi Santa Cecilia, il Lyceum, i Lincei, le Lutura: Dantis alla sala della Palombella o al Collegio Romano, la e goffo, rispondeva che non sapeva ballare, ma che importava? L'importante era che una Regina, nel secolo e dei lumi e del progresso », invitasse la mal tagliata marsina di un erudito a star accanto al suo raso, ai suoi gioielli, e ai e pallidi meandri dei suoi merletti buranesi >. La quadriglia d'onore Finalmente c'erano i balli a Corte. Un ballo a Corte ai tempi della Regina Margherita! Ma ancora fino ad oggi le vedove dei direttori generali hanno conservato gelosamente, pur attraverso tutti i traslochi che segnano gli evi nella storia delle famiglie borghesi, almeno un carnd con lo stemma o il piccolo tubetto di cartone che conteneva le pastiglie zuccherine di menta. Di balli ce n'erano almeno due all'anno, sotto carnevale. I cartoncini con l'invito del prefetto di palazzo a nome delle Loro Maestà prendevano H volo dal Quirinale, sciamavano per tutta la capitale : si posavano nei villini e nelle portinerie delle case d'affitto, penetravano anche nei vecchi palazzi romani, dove evitavano l'assistente al soglio o il vessillifero di Santa Romana Chiesa e raggiungevano il cadetto che aspirava al Senato. Quando arrivava la gran sera, la folla degli invitati si snodava lungo le scalinate: quelli che hanno un vago timore di arrivar troppo presto si accorgono che le poche sedie dorate lungo le pareti del salone dei corazzieri son già tutte occupate da signore anziane che agitano i ventagli di piume. Le donne sono bellissime, la principcsNella vita di Corte gli anni si rassomigliavano tutti. Alle cerimonie di Roma, ai viaggi nelle provincie, succede. vano i quieti giorni di Grcssoney e di Stupinigi. Ma sotto questa impassibilità si nas("ondevano inquietudini pmfondc. Dove andava l'Italia? Dove andava la società? Da giovane la Regina aveva sentito talvolta negare la patria in nome della regione : un antico affetto impediva il nuovo. Ma ora sapeva che la negavano per un odio esasperato e beffardo. Non era solo in Italia così: il presidente Carnot e l'Imperatrice Elisabetta cadevano vittime della stessa misteriosa rivolta che annava il braccio di Aeciarito. « Gli incerti del mestiere>, diceva il Re. . La tragedi~ di Monza scoppiò in un ciclo che era fosco su tutta l'Europa fin de siècle. Alle nove e mezzo deiia sera il Re aveva lasciato la villa reale. La Regina lo aspettava tenendo circo• lo. E apparve improvviso il generale Avogadro di Quinto, e non riusciva a parlare. e Ma il Re?> interrogò la Regina; e comprese. Non tutto: intorno al cadavere del Re si affaccendavano i medici cercando le tre ferite, e uno prese da una cassetta di medicinali una bottiglia d'etere, come se ancora vi fosse da fare qualche cosa ... Ma il dottor Savio le si inchinò davanti: e Mae• stà, io non posso ingannarLa ... qui non è più il Suo posto... La prego, si ritiri ... ». Vna vecchia Signora Adesso non era più che una vecchia signora all'antica, che viveva ritirata nel bianco palazzo Piombino. Vecchia più di dolore che d'anni. Rare volte appariva in qualche cerimonia pubblica, ma coloro che ella riceveva in udienza ritrovavano nella nuova dimora l'antico buon gusto e i bei fiori del Quirinale, e in lei quell'esser sempre al corrente delle que-..stionid'arte e di letteratura, e la celebre cortesia. C'era per terra nel salotto una gran pelle d'orso bianco, e spesso la grossa tesL1 imbalsamata capitava fra i tacchi dei visitatori che uscivano indietreggiando : ella stessa, sorridendo, diceva di fare attenzione. Viaggiava molto. Tutto appariva tranquillo e pacificato nel nuovo Regno. Il suffragio universale e la guerra di Libia sembravano equilibrare le diverse esigenze del Paese. Allora Umberto era caduto vittima di un equivoco, e la Provvidenza riservava alla sua vedova, forse, una vecchiaia serena : e venne invece la guerra. Tutti i giorni, alla medesima ora, i feriti ospitati nel suo palazzo la vedevano apparire. Percorreva lentamente le corsie, aveva per ognuno una parola di interessamento e di affetto. Se in qualcuno trovava un conversatore arguto, una persona di cultura, allora rimaneva lungamente a parlar di musica, d':'.lrte, degli ultimi libri. « Ha letto l'ultimo volume di Treves? Glielo fa~ rò avere>. Passava una settimana, ed ecco la Regina col libro : e A Roma non si trovava, ho fatto scrivere a Milano per averlo>. Domandava se avevano notizie della guerra. e Vostra Maestà le conoscerà meglio di noi ». e E perché? Quando sento i giornalai che gridano, mando anch'io a comprare il giornale». Così, fino a quan~ do uscirono le edizioni straordinarie col comunicato del 4 novembre. Tramonto Nel silenzio degli armistizi le orchestrine cominciarono a suonare e Bro· ken Doli>. Sotto le finestre dell'Augusta Signora passavano e ripassavano strombettando le grandi automobili dei « pescicani > che evoluivano intorno al- .l'HOtel Excelsior, 1dove fino all'alba donne in toi/ettes comprese fra le reni e le ginocchia ballavano con cavalieri il cui prestigio non consisteva più nel numero di'Kretamente lasciato indovinare delle Joro amanti, ma in quello delle loro sbornie e dei loro certificati di maleducazione. La letteratura passava dall'incesto alla cocaina. Era la stessa corruzione cinica dei tempi del Direttorio, ma ora sembrava annunciare, non concludere, la Rivoluzione. Questa era già in atto. La Capitale burocratica e abulica la seguiva sul giornale ma le città e le campagne settentrion ... 11 e toscane la vivevano ogni giorno. Nella sua villa di Bordighera, la Regina Madre era al centro della zona infetta. Tutto doveva essere per lei in quegli anni disgusto ed angoscia. Certo avrebbe preferito essere morta all'indomani della Vittoria : e invece sembrava che il suo destino fosse di assistere, dal Risorgimento al Bolscevismo, a tutta la storia di un'opera inutile. 1\.ia ancora una volta il vecchio miracolo italiano esorcizzò la sventura : una minoranza risoluta e appassionata si slanciò avanti e fennò quello che pareva il corso fatale degli avvenimenti. e lo porto a Vostra Maestà l'Italia di Vittorio Veneto». Strano: parole che avevano costituito capi d'accusa contro Umberto, autorità, espansione, forza militare, ordine, racchiudevano adesso il segreto dell'avvenire e le masse stesse cominciavano volonterosamente a compitarle. Moltissime cose, forse, in questa rivoluzione profonda che cominciava, rimanevano misteriose per la nobile signora del passato secolo, che era stata tenuta a battesimo da Massimo d'Azeglio, che aveva teso la piccola mano al bacio di La Marmora e di Giovanni Lanza, che aveva veduto il vecchio duca di Sermoneta portare al primo Re il plebiscito di Roma, e aveva sentito parlare di rivoluzione e di catastrofi a proposito della caduta della Destra. Ma l'istinto affinato e il suo intuito femminile le dicevano che la strada era buona, e che la prima Regina d'Italia poteva adesso andarsene tranquilla verso il tramonto terreno al quale consentiva la sua fede di credente. MANLIO LUPINACCI "Un libro bellissimo,, (G. Ravegnani) , ,,,_- ~~ - l'l'I & : t' I poveri sono matti di Zavattini &utore delfmoaolibro:"Parliamotantodi me" C..ledidolll) con 6 tavole di G. Mucchi L. 6 BOM:PIA.l!fl ILIV PREMCIEORVI è stato u.,egnato, dopo la• borioaa aelesione compiuta oonoorrenti, al rom&u10: LA ,n un oompl6880 di ben 86 MONTAG DI STABRISUIBAS :!: il roman10 dolio Alpi Apuane e in eaao l'autore, con uno atile inoiaivo e peraoualiaaimon, arra le vicende, ora.triati ora liete, di un intero piooolomondo di gente aempliqe e forte, rude e generosa, ohe vive della e per 1, mont.agne.. Eooo- aintetioe.mente riuaunto oon le parole mod'4imo doll• Oom· miuione Gindìo&trioe del ' 1'Premio Oerria" - un giudisio aull'opera del Rufou: "...l'Autore è iuscaitroappresentare copnerfenttatorattme!aormegeli spiridtiellnauovIta lisaullsofondo dellAelpAi puapnaer,ticolarmente adatte arendelraerude generosa !orzdaepl opolalovoratore". Il roman10ora prem.ì&toè staro pubblicai<> in bell• edizionenella collana"I Gier vani''. edita per oura. della O&&a lliitrice Ri,10li.Nella ateaaa collelioneaonoappara.i 1. TROEPERAI DI OARLOBERJIARD 2. L'ORFANO PICCOLISSIM DI GIOVANNXI OSOA 3:LA,lEORIA SAREBBE QU STA DI Vl'ITORIO llETZ OGNI VOLUIIE È Ili VEl1DITA A LIRE CINQUE 111 TUTTE LE LIBRERIE O PRE880 RIZZOECLE.I DITORI IIILA!10 • PIAZZA OARLO ERBA 6

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