Omnibus - anno I - n. 21 - 21 agosto 1937

ANNO I· N. 21 · ROMA 11 AGOSTO 1937-XV ~~R'"i3U EPOLITICA QUANDO l lettori avranno sotto g,u occhi queste rl~he, il Duce avrà già pronunciato U grande discorso, a conclusione delle mnnovre in Sicilia, Si sa che, alcune delle mntigiori manifesto.- zionl pro2rammatiche mussoliniane sono avvenute appunto in occasione dl esercitazioni mllltart; tutti ricordano per esempio. il .. discorso del carro d'assalto". Armi e politica sono insclndibill nell'Italia d'ogg,t. Ciò accade, ftno a un certo punto, anche In altri paesi, ma In senso affatto diverso, o, per meg,llo dire, solo In determinati e critici momenti della loro storia .. O considerato come mezzo di lotta attuale, oppure e ancor più in quanto sono fon:a e potenza virtuali, le krml rappresentano Io strumento più utile della poUtlca estera; orn è In questa che oggi si raccolgono e sl condensano tutte le plù alte espressioni della vita nazionale italiana. Le grandi manovre slcl1tane hanno ricevuto, fino dall'Importanza del tema, un carattere puramente tecnico. Ciò è stato abbastanza compreso all'estero. Ma appunto da tale assenza di slgnlflcatl polltJcl è derivata la loro politica importanza. Già nel suo primo discorso, a Messina, Mussolini ha voluto fugare ,, alcuni allarmi intempestivi ed assurdi". J1 grandioso collaudo di uomini e di mezzi belllci che ba avuto luogo, du• rante una settimana, nel magg,ior baluardo dell'Italia mediterranea, non ha voluto esser dl minaccia o di monito, bensi esperimento delle posslbllità militari della maggior Isola italiana nel quadro della dJfesa nazionale. Ciò che meglio definisce e avvalora la posizione mlii tare dell'Italia forma un elemento risolutivo di più nel complicato gioco del• l'equilibrio del Mediterraneo; e questo equilibrio rappresenta la formula ottima per Il raggiungimento di una sicurezza fra I po• poli, I cui interessi gravitano con vario peso in quel mare. Non c'è che un'alternativa: o accordarsi o co1nhattersi. Ma nessuno vuole che nel Mediterraneo sprofondi la civiltà europea: sarebbe la più spaventosa Ironia della storia. D'altronde fra Italia e lng,hJlterra vi debbono essere del motivi per Intendersi, se hanno concluso, pochi mesi or sono, un "accordo di gentiluominJ ", il quale è oggi paragonabile a una di quelle radici rinsecchite ma pur capaci, al momento buono e trattate da un buon giardiniere, di metter fuori del nuovi getti. Vi sono certi conservatori inglesi che han• no ancora strane Idee sull'equlllbrlo medJterraneo, anzi non ne hanno affatto. SI vedo. quel che ha scrJtto recentemente Wlnston Churchill, non nascondendo una discreta paura per le manifestazioni presenti o future della potenza italiana. Amiclz.ia fra Inghilterra e Italia, certamente, ma non sulla base della trasformazione del Mediterraneo ln un lago italiano! D'accordo, signor Churchill: noi non vogliamo tagliare la strada a nessuno, ma forse vorreste voi tagllare la strada nostra? Bisogna trovare nel più largo equilibrio la plò durevole garanzia del rispettivi interessi. Tuttavia ft.n che si afferma che In pace europea dev'essere garantita solo dalla preponderanza della flotta britannica e dell'esercito francese, attribuendo In tal modo all'una e all'altro, aprioristicamente, un compito antagonistico rispetto ad altre flotte e ad altri eserciti che pure esistono - e come! •, è evidente che non si vuole saperne di equJllbrio, di reciproca comprensione, di parità di condizioni, ma si ritorna a inverosimili concetti di superiorità e d'Inferiorità, di padronanza e di servitù. Niente lago Italiano. va bene, ma chi può credere sul serio che possano risorgere i tempi del lago anglo-francese, o addirittura e puramente brl• tannico? Wlnston Churchill non per niente è un araldo della conservazione. C'è nella sua teoria dei rapporti fra Italia e Inghilterra un presupposto ferocemente conservatore: che cioè H mondo sia in eterno dlvlsibJle in due parti, in una delle quali stanno le ,, nazioni ben disposte " con la loro supremazia marittima che permetta ad esse di unire e di difendere collettivamente le loro risorse (la le1ta dei pescicanJ !), con le monta~ne d'oro e di credil'i, con i quali tenere alla catena le nazioni povere e turbolente, con le loro istituzioni democratiche che scalzino le djttature (quale Hlusione!); dall'altra lenazioni mal disposte, meno forti, meno ricche, con le loro dittature minate ... Tutta questa costruzione è oggi fantastica. La guerra mondiale comincia appena ora a dare i suoi frutti rivoluzlonarJ, quelll che Importano non dal punto di vista dei regimi interni, ma sul plano del1a storia mondiale. E il più Importante di tali frutti, quello che ba già Jo ~ran parte sconvolte e d~molite le costruzioni tipo Churchill, è la crcnzione de11'Impero Jtallano. Un nuovo periodo storico è cosi cominciato: lo ha detto Mussolini a Catania. Bisogna che i contabll.l d'Europa buttino i loro scartafacci, perché i vecchi conti non tornano più e occorre farne dei nuovi. Questa operazione di liquidazione dovrcb• be cominciare fra poco a Ginevra. Ma t'ltalla ha gtà aperto, per proprio conto, la nuo• va partita. L'Impero sta scritto in cima alla colonna dell'attivo. MU880LININELLE MlNlERE Dl OBOTTAOALDA Enna, agosto. UNA CITTÀ che strapiomba sulla valle. Di fronte un'altra città, Calascibetta, anch'essa su di un monte . inaccessibile. Luoghi solitari e impervi1 fino a quindici anni fa, fuori da ogni com• . mcrcio e contatto col resto del mondo. Soli segni del progresso scientifico e meccanico il telegrafo e la luce elettrica. Oggi le cose cominciano a andare in un'altra maniera. Enna e Calascibctta si fronteggiano a mezz'aria, alte sulla vallata che dominano. Viste da lontano non hanno aspetto di città; di qualcosa, cioè, che l'uomo ha costruito con le sue mani, in accordo col paesaggio ma distaccato da esso. Col tempo hanno preso il colore della terra sulla quale si distendono in saliscendi ripidissimi, impennandosi ali' improvviso per confonnarsi agli sbalzi del terreno che seguono sino nelle fo_rrc più anguste, o sui pinnacoli più alti. li colore dei monti è grigio1 un grigio vecchio, usato, sporco, africano che sta ingiallendo e facendosi 5Cmpre più nobile per il passare dei secoli; e le case son dello stesso colore, come partorite dalla montagna, simili a un frutto sul punto più alto della pianta. La vallata, vastissima c silenziosa, in questo mese è ros,;iccia, per le stoppie ba,;se e bruciate. Coltiv:\ta a grano e verdissima in primavera. d'agosto, ultimato ìl raccolto, sta ferma sotto il sole ardente, come un condannato ad essere arso vivo. 11 caldo la pcr<:eguita, la tortura, le toglie quel po' di polpa che il recente raccolto le aveva lasciato, prosciuga gli ultimi umori, succhia le ultime veni! d'acqua sotterranea, la lascia senza sangue e senza vita, arida, inutile e 'itecchita. Vene:ido da Palermo, appena si lascia il mare a Termini Imeresc e ci si avvia verso il cuo• re della Sicilia, s'incontra questo paesaggio. Più r:'.ldi i paesi, poi più rade le case, immense distese di gr:ino, con monti che spuntano all'improvviso dal paesaggio ondulato come piccole gobbe ossute, letti di torrenti asciutti intorno ai quali inutilmente si aggirano mandrc di buoi marrone che mordono Ia stoppia polverosa, capanne di legno e frasche per il ristoro dei contadini, mucchi di fieno e paglia, un uomo e una donna su un piccolo, robustissimo somaro. Si va cosi nell'interno dell'isola. La gente perde l'eleganza cittadina del vestire, il dialetto si fa più aspro ma più puro, scompaiono i vivaci colori della costa e delle grandi C'ittà, le donne vestvno di nero con larghe sot• tane e i capelli raccolti in un fazzoletto egualmente nero, che lascia scoperto solo l'ovale del volto. Si percorre una terra forte e malinconica, bella e pura nella sua povertà e solitudine come poc'altrc; appare qualche stagno solitario, e infine Enna e Calascibetta appaiono lassù, su contrafforti inespugnabili, a dominare tutta la rossa valle. * * * Per piccoli sentieri ricavati nella roccia, che accorciano il lungo nastro della strada asfaltata, s'inerpicano fitti cortei di gente vestita di nero o in divisa fascista. I Balilla col fazzoletto azzurro e le Piccole Italiane con la camicetta bianca contrastano con quel rigore del vestire paesano e spezzano le leggi del costume locare. Calascibetta è rimasta deserta. t un grosso paese di diciottomila abitanti, m:1. in nessuna re~ione come in Sicilia valgono le gerarchie tra pac,;i e città. Enna è il capoluoso; a Enna bisogna andare per vedere 11:u..solini, che non può visitare tutti i paesi. La folla scende sino al fondo valle e risale la montagna sotto il sole di mezzogiorno, composta e in silenzio; agli incroci guardie di città, con un lungo ciuffo di penne verdi sul berretto a visiera, smistano quel movimento insolito e lo incanalano familiarmente verso la piazza centrale. A Calascibctta son rimasti qualche infermo seduto sulla porta di casa, qualche \'Occhione venerabile e le donne incinte. Le strade con le finestre e le porte sprangate sembrano quelle di una città abbandonata e risuonano sotto i passi come canne d'organo. Su tutte le case, enormi striscioni inneggianti al Duce, parole di Mus- ~olini scritte sui muri, bandiere a ogni finestra ihiu'-a. Così infioccata, imbandierata e deserta, è come una sala preparata per una fe~ta che non avviene più. GIUSEPPE LOMBRASSA (continua in uconda pagina) UNA VOLTA Longancsi editore scrisse sulla fascetta del Domenico Giordani di Giuseppe Raimondi : « Domenico Giordanf è uno di quelli che passano l'estate in città >. Questa è una lode al carattere, ai costumi, alla sanità fisica e morale. Non vuole essere invece un'esaltazione della sedentarietà. L'uomo che passa l'c• state in città può benissimo partire un certo giorno di luglio per il mare ed un certo giorno d'agosto per la montagna, come può partire il gennaio per Tripoli e la Pasqua per la maremma e l'autunno per cacciare le anitre nelle paludi. Ma può anche non partire, e non averne rammarico. Voglio dire, non condiziona il suo amore per la natura o per i viaggi o per i diporti o per il cambiamento d'aria alla tradizionale contingenza che si è d' estate, che d'estate le città sono calde, che bisogna fuggire il caldo; non è l'uomo che assilla il suo capufficio per avere la vacanza proprio nel colmo dell'estate, seconda quindicina di luglio, prima quindicina d'agosto, e si crede fregato se gli tocca il giugno o il settembre, e non gli passa mai per il capo che si possa chiedere la licenza d'ottobre, quando le osterie sono così accoglienti ed i vigneti infiammano i collij o di febbraio, quando il mare di Amalfi è ~ià tiepido e liscio e sontuoso. E Domenico Giordani è per questo lato un italiano del tempo nuovoi per cui « villeggiatura > diventerà presto parola desueta e vuota di senso. Dico che la villeggiatura sta per morire. !. dura di cuoio, e ci metterà del tempo, ma morir.\. E affermo questo come per dispetto di fr0:He al fenomeno che proprio in questi anni le stazioni marine e montane traboccano di ospiti, e non si trova più un buco a pagarlo come un appartamento al Ritz di Nuova York (o come una cameretta sui di dietro all'Exce1sior al Lido). E confermo questo proprio in un'epoca di smanie per la villeggiatura che livellando e generalizzando ha dato vita ad un uguale tipo di villeggiante, anzi a due o tre tipi a serie che si ripetono all'infinito: al mare con strani maglioni ,s:revi \! fazzolcttc•ni :tl collo, ai monti t.:ongrossi farsetti abbacinanti ed occhiali neri sì che tutta la nostra ardita gente pare discenda dal tarsio spettro, quella proscimia che ha occhi neri e tondi e accostati e grandi come due dischi da grammofono. Dico questo, e ragionando per barbara e baralipton come è mio costume : I) dimostrerò che la villeggiatura è antica invenzione romana e italiana; II) noterò come la rapidità moderna dei mezzi di trasporto, la nuova concezione dello sport, gli stadi e i campi di neve c i rifugi ed i campeggi e le crociere concorrono a sostituire il concetto di « attività fisica> a quello vecchiotto di e riposo in campagna > ed allargano il tempo propizio alla villeggiatura a tutti e dodici i mesi dell'anno; III) concederò che tuttavia la villeggiatura concepita all'antica resiste e fiorisce ancora, ma solo perché, divenuta da esclusivo privilegio dei ricchi una generale consuetudine di tutte le classi fino alle più umili, è la sola av• ventura romantica concessa dalla nostra età; JV) elencherò i vari tipi di villeggiatura con garbate osservazioni e acuti riferimenti politici e sociali; V) toccherò il punto che la villeggiatura può essere considerata come uno stato d'animo, parlerò del desiderio di solitudine e della malinconia agreste nei poeti, il savio Orazio, « quid terras a/io calentes sole mutamus? >, il nevropatico Pindemontc, « Malinconia ni,ifa ge,ztile, il frettoloso noto ruscel, etc.>, il salutista Parini, « Colli beati e placidi ... dal bel ra· pir mi sento che natura vi diè ed esule contento a voi rivolgo il piè > ; e farò notare che villeggiature di silenzio e malinconia e placidi sogni non cc ne sono più, soffocate dalla rad.io e dai grammofoni; ed infine: VI) concluderò accennando a quello che sostituirà la villeggiatura nel futuro. Il tutto in tre quattro colon• nine, giuro non di più, con note citazioni di illustri. Ennepe, Mousa. Ho detto che dimostrerò che la villeggiatura è antica invenzione nostra 1 romana, italiana. Ma non dimostrerò nulla, perché questo è risaputo, non c'è luogo notabile per splendore di ciclo o dolcezza di colli o bontà d'acque dove non ci siano ruine di ville romane, ne ho viste in Britannia, ne ho viste in Romania e nella Siria. cc n'era una bellissima a Malta che gli inglesi si sono bevuta nel whisky perché ne hanno triturato i marmi per farne dell'acqua di soda (ma questa storia l'ha già raccontata Roberto Paribcni). Il patrizio romano andava in villa proprio come ci andavano i ,;ignori del Settecento e dell'Ottocentoj per lavorare più tranquillo, per conversa.re con scelti ospiti, per fuggire il trambusto cittadino, per ~odore le nmabilità della natura, e per tener d occhio il fattore e i contadini; ché una villa senza campi fruttiferi intorno e vigne e stalle non si concepiva. I nostri signori del Rinascimento dettero nuova vita a quella usanza, che non era mai morta del tutto; cd inventarono di nuovo )a villeggiatura per tutti i secoli avvenire e per tutta l'Europa. Poiché nel tempo che in Inghilterra cd in Francia, a cagion d'escm1>io, i signori vivcv:ino nei loro castelli alla campagna e non ne uscivano mai, isolati, avulsi dal popolo e dalle classi cittadine, i nobili italiani avevano già stabilito il lol'Osoggiorno nelle città, vivevano fra il popolo, col popolo; e i palagi SPEDIZIONE IN ABB. POSfAlE alla campagna erano proprio soltanto ville, pretesto per una vita più sciolta, di cacce, di diporti 1 di spettacoli, di adunate gaie ed amorose. Ma un fatto è interessante 1 e solo questo metteremo in rilievo: che già a quel tempo da noi la villeggiatura non era privilegio di nobili, ma usanza anche dei semplici cittadini 1 mer canti, artigiani 1 agiati popolani; anche i borghesi, se possiamo ~i:\ usare questa parola J)('r gente del 1300 e del • 400, avevano le loro ville o case di campa~na con podere anne~ e coi romanticismi dell'aria pura e dei fenomeni na• tura.li. Quando poi nel '700 il romanticismo mise di moda il bosco, il rivo 1 il monte, la luna e predicò la contemplazione morale e mistica della natura, ecco rifiorire per la terza volta l 1usanza della villeg~iatura, ecco SOJ1lCrequelle magnifiche ville che stanno og~i diredate, tristi, sole nel cerchio de~li inselvatichiti parchi e delle statue corrose. E tornò con l'Ottocento la villetta del bo~hese, o anche solo casa rustica nel mezzo del fondo, adattata alla me~lio ad abitazione civile, in cui ci si recava per le feste agricole del settembre e dell'ottobrei ed infine anche l'impiçgato, il bottegaio. il bo11thesuccio si arrischiò un mese all'anno fuori delle mura, prendendo in affitto il « casino di campaPTia >. Fino a questo momento la lentev,a dei tra-- sporti, immutati si può dire dal tempo dei romani al principio dell'8oo, facevano dell'andare in campagna una rara imp,esa; ed ai cittadini pri~ionicri per ~tanti mesi de11'anno delle mura cittadine. con allucinati respiri di escursioni domenicali nei sobborghi, la campagna pareva un'ardua e misteriosa conquista, con i suoi favolosi abitanti, con i suoi oriz• zonti sconfinati, con i suoi silerizi primitivi. Inutile dire che cosa è successo dalla fine dell'Soo ai nostri giorni, perché è nostra viva esperienza. La rapidità dei trasporti, il miglioramento delle condizioni sociali, le nuove teorie mediche e salutiste sul sole delle spiaggie e della montagna e sui bagni di mare hanno reso la villeggiatura una sempre più vasta migrazione di popoli per due mesi dell'anno; ed hanno fatto prosperare alberghi e pensioni : città in miniatura, ma feroci 1 anguste, irritanti e soffocanti come le città vere da cui si rifuggei et incidit in Scyllam qui vult vitare Car1bdin~ o in lingua povera si cade dalla padella nelle brace. Ma ormai bisogna meravigliarsi che tutta questa costruzione macchinosa ed effimera resti in piedi; oggi che in mezz'ora, con rapidissimi ed economici mezzi di trasporto, si va dalle città alla campagna al mare al monte, oggi che il desiderio dell'aria, del sole, dell'acqua è sempre più educazione comune dei cittadini e urgente desiderio, sì che non si può aspettare una remota epoca dell'anno per soddi5farJo, ma basta un ritaglio di giornata, un sabato fascista, una serie di tre o quattro giorni festivi per andare fuori 1 dove attenda un orlo di lago, un greto di fiume 1 una spiaggia, una palestra di r~ce e di neve. Di fronte a queste elastiche possibilità, diffuse per tutti i mesi dell'anno, già appare goffo ed anacronistico il pesante emigrare di tutta una fami• glia per un lontano luogo marino o montano, lasciando una casa comoda ed affettuosa per villette primitive o aridi alberghi, barattando la fida cucina con anonimi intrugli, rinun• ciando al godimento delle care cose di tutti i giorni, i libri 1 i mobili 1 i fidi e consolanti oggetti familiari. Eppure la cosa resiste e prospera, come ho detto; ma solo perché per il borghese scden• tario 1 per la famigliola dalle faticose econo• mie. per i giovinetti e le fanciulle timide sognanti al cinematografo e sulle dispense dei romanzi polizieschi, la villeggiatura è il solo fatto romantico ed avventuroso della loro vita. Cambieranno le cose quando saranno maturi i giovani d'oggi, dalle ben diven,e a.vvcnturc, delle crociere, dei campeggi, delle escursioni invernali e primaverili, delle guerre coloniali e rivoluzionarie, Africa e Spagna, dei voli e delle gare negli stadi. ).fa per quei venti milioni di italiani sedentari la villeggiatura apre oggi, e sola essa, il mondo de( fantastico, dell'inatteso, del subitaneo. Dice il mio maestro Monelli, che qui di seguito parafraserò liberamente, che la villeggiatura « è una bre~e follìa di grandezza, un inganno da pal<:o::,c,:nico, un uscire della buccia, un rifarsi nuovo come serpe che muda. Un impiegato levandosi dal letto un'oscura mattina di gennaio si frega dagli occhi con le cispe del sonno l'ultima fantasticheria; gli pareva di aver dormito fino alle undici, poi di essere uscito vestito di rosso per una via carnevalesca colma di cavallerizze cicciose, e tutti gli dicevano : " commendatore, che bel vestito rosso che,avctc ". Pazzo sogno. Ingolla il caffè, va correndo per la strada piovosa per non perdere il tranvai, dice fra sé : " si vede che stanotte ho digerito male 11 • Ma sei mesi dopo, se ha messo da parte i soldi per la villeggiatura l'impiegato va davvero nudo con un accap~ patoio rosso per una spiaggia colorata come un baraccone d:i fiera ingombro di belle donne in maglia e ciccia come le cavallerizze dei baracconi da fiera, e si è alzato alle undici, e il portiere della pensione lo chiama signor com-

mendatore sperando nella mancia». La villeggiatura è per un breve tempo un uscire dal cerchio delle abitudini, degli orari, dei conversari, delle conoscenze tradizionali. t davvero l' uscir di se stesso, così facile ai semplici. t una panica distruzione di consuetudini e di fedi, per cui le nonne van nude in mutandine e reggipetto e il commendatore incede in una voluttuosa cd ambigua vestaglia. L'uomo che sale sul tranvai di Riccione con lo stesso pigiama che porta nel letto ha occhi e gesti da eversore. di città e di religioni. il un'avventura d'evasione. Ed ognuno, naturalmente, evade a suo gusto; e chi verso il mistico e chi verso il fantastico, eh! si imbozzola e chi si spampana, chi vuol fare pazziate e chi penitenza. E qui passo, o signori, al numero IV del programma : descrizione dei vari tipi di villeggiatura. C'è la villeggiatura mondana cd esibizionistica : tipo spiaggia alla moda. Ciccie al sole, naturismo come artificio, nudismo più per sfida che per piacere personale, pomiciaio di corpi sulla rena e sotto gli ombrelloni e nelle sale di ballo. Qui l'avventura è teatrale; ognuno incede come sopra un palcoscenico,si ascolta, 1s'atteggia divenamcnte, inventa il suo corpo e lo veste di strani colori. :Ma non deve mancare un insegnamento moralé: tutti trovandosi così brutti e deformi e vellosi e martoriati da piaghette e foruncolini e vene varicose, tutt'ossi o tutto adipe, budda o pinocchio, son portati a compatirsi a vicenda, anzi a trovare grazia cd originalità nel brutto; e chi si vergognò il primo giorno di quella sua nudità squallida la sciorina dopo poco tempo al sole ed alla luna come una bandiera. (Solo puri e degni della spiaggia, i bambini; ai quali soli, ed ai loro ·solleciti genitori, alcuno sostenne dovessero essere ris<'rvate le spiaggie). Ci sono le villeggiature storiche, se• vc-r~,contemplative, ove va gente a cui le novità non piacciono, che vogliono riposarsi di tutta una vita durante la quale non hanno fatto nulla; assorti laghi, ondose colline, paesaggi tristi, opachi, d'immutabile e inflessibile bellezza. Son quei luoghi dove pare si debba parlare solo a bassa voce; gli ultimi luoghi dove si vedono ancora baffi lunghi e arricciati e crocchie a sommo del capo. I bambini che portano qui in ville~~iatura, quando sono grandi, si chiamano Novello, Marino Moretti, Vergani. Ed ecco le villeggiature concepite come esercizio spirituale; luoghi dove non c'è nulla, né viste amene né fresche acque né memorie storiche né boschi trepidi né allegria di gente, dove alle nove e mezza son tutti a letto; paesi al fondo di valli oscure, lungo polverose vie provinciali, scomodi per arrivarci, senza telefono e senza coincidenze, che hanno. chissà perché, nomi celebrati e son colmi tutto l'anno di penitenti devoti. Più in su, ci son le villeggiature con contemplazione obbligata della natura, vedute, boschi, aria lcge:cra, villeggiature carducciane, per maestrine e professori; dove tutti vivono come in caserma, sotto la tirannia delle feroci pensioni. E le villeggiature eroiche; dove la gente va a morir di freddo per paura del caldo, e preferisce i geloni al timore dell'insolazione. F. infine le villej!"~iature terapeutiche: lassa.tivc, stomatiche, antiuriche. Quando la politica era una vacua cd esclusiva professione, e l'età media dei deputati era la pingue cinquantina e dei ministri la sessantina e dei presidenti dei ministri l'ottantina, questa era la preferita villeggiatura degli uomini politici, e talvolta anche luot~o d'incontri internazionali. I loquaci cd importanti signori bevevano le acque s..1.lutarie fa. cevano una corte dannunziana ad at• trici sui cinquanta che bevevano anche esse a gara; prendevano le mcsoitrici per il gana.scino; preparavano fra !'ombre dei faggi le congiure e i complotti cosidetti di corridoio, andavano sotto braccio all'avversario politico e calunniavano l'ambizioso collega di partito; facevan motti di spirito e ricevevano con la prima posta la Tribu,ia e il Temps. Ai deserti ministeri gli uscieri dormivano, le br.:iccia e il berretto get• tati sulla tavola. I politici si godevano così le vacanze invocate ogni anno con un umoristico discorso; e tram pelli pure la cara Italia cd il mondo per la sua strada 1 che l'autunno è lontano e fino allora si vuole stare in pace. Ma che indelicatezza che la nave Pan.ther compaia davanti ad Agadir proprio il primo luglio, e che l'Austria mandi l'ultimatum alla Serbia il 25 luglio! cd estiva, parentesi fra un lavoro serio ed un altro, chiusa d'una giornata d'ufficio, vivace fin di settimana. L'impiegato che non aspetta la liceo~ za per andare a bagnarsi al mare o alla piscina potrà benissimo chiedere la licenza in novembre per visitare la Sicilia, o in aprile per vedere fiorire i · campi e le siepi. I nostri governanti ci dànno l'esempio di queste vacanze rapide e intense fra le continue cure pubbliche. Ed è ridicola l'idea che l'estate sia il tempo dell'ozio. Anzi è ripro-. vato che si lavora meglio al caldo che al freddo, meglio nelle lunghe giornate della canicola che nelle brevissime della bruma invernale. D'estate si mangia poco, e come dice Alceo, n.Un dè gUnaikes miar6tatai, lé ptoi d' dn.dreS 3 cioè, in lingua pover~, si ha meno voglia di fare all'amore; quindi, cosi leggeri di testa e di pancia, è il tempo più propizio per il pensiero ed il lavoro. Ma poi come si può parlare ancora dell'estate come inerte stagione dopo le estati turbolente del nostro tempo, estati di rivoluzioni e di dichiarazioni di guerra, estati di battaglie di popoli, estati di guerra spagnola, estati di trasvolate atlantiche ed estati ginevrine ed estati di manovre ed estati di discorsi dalle ringhiere che tengono sospeso ed intento il mondo? La villeggiatura 1 fatto lirico cd aristocratico presso gli antichi, fatto letterario presso i signori dell'Ottocento, fatto romantico per la presente generazione, deve diventare un fatto quotidiano ed intimo, a cui ciascuno di noi dà norma. Ci sarà chi villeggia d'inverno, e chi d'autunno; chi di domenica, e chi prima di andare al lavoro; e chi dirà: « Io villeggio ogni giorno dalle due alle tre sulla terrazza di casa mia ». BERNARDO PRISCO U(_ VILLEOOI.ATURFAINE DI BEOOLO MINATDRI E CONTADINI (eon1inua dalla prima pa1ina) Ad Enna, intanto la popolazione cresce. Per le vie strette e tortuose, così costruite in antico per difenderla dal caldo e dai venti, non c'è più posto. Mancano ancora molte ore all'arrivo di Mussolini e la gente, nell'attesa, va avanti e indietro come nei giorni di mercato, guardando i tappeti, gli archi, le luminarie pronte a prender fuoco. Qualche donna si slaccia il seno e all'ombra di una chiesa allatta il ~uo piccolo. Delle bande, venute dalla provincia, suona.no « Giovin~ ::t e «_All'armi :., marciando su e gi~ per l\ città. Mussolini intanto è ai-tivato alla miniera di zolfo di Grottacalda. Intorno alla miniera il paesaggio è livido. Il Duce indossa la tuta da minatore e il piccolo berretto con la lunga visiera. Solo il suo viso abbronzato dal gran sole siciliano è in netto contrasto con la tenuta, mentre qucsJi uomini che grattano ogni giorno il ventre della terra sono pallidi come convalescenti. L'ingee-nere che l'accompagna accende la lampada e insieme scompaiono nel pozzo. Dopo mezz'ora riappaiono alla superficie e Mussolini rivolge ai minatori parole di simpatia. Poi premia i più meritevoli. Arrivati davanti a lui non sanno con che mano salutare e con quale prendere il premio, se rimanere o andarsene e da quale parte uscire. Mussolini pronunzia il nome di ciascuno e, consegnando il rotolo della pergamena, dice: « tieni ::t. t una specie di investitura, quella del buon operaio. Questi minatori sono pieni di dignità. Portano baffi a punta molto curati, come i siciliani della generazione pas~ta. La luce dd sole, molto cruda, ferisce i loro occhi. Chissà perché li hanno vestiti con quella ridicola maglia azzurra. Intanto a Enna siamo al completo. Sui cam"i che fianchc~giano la strada moltissima gente è seduta. Dentro la città c'è quell'aria indaffarata degli ul. timi momenti. Ordini secchi s'incrocia• no. Le ~uardie di città stanno da una parte, come semplici cittadini. La mattina tutto era calmo e la loro autorità casalinga serviva a qualcosa. Al porne• riggio il comando effettivo è stato preso dalla Pubblica Sicurezza e dai Ca• rabinieri. Di B a poco Mussolini entra in città. Le vecchie campane del duomo di Enna riempiono tutta la valle. Vicino a me ci sono preti, carabinieri e donnet• te della campagna. Quando Mussolini s'affaccia al balcone queste donne piangono. Piangono serenamente, se01..atristezza, tenendo il fazzoletto tirato sotto la gola. Bisognerebbe capire che in questo pianto silenzioso e virile c'è tutta la storia della Sicilia, il suo abbandono, le lotte con gli uomini e le cose, la vita dura, la miseria, le ingiustizie sociali, una plebe morta di fame e un latifondo opulento e incosciente1 ma soprattutto la ml.Sconoscenza e l'ingra• titudine di chi ha comandato per cin. quant'anni l'Italia senza mai ricordarsi che questa gente ha sempre dato sol• dati valorosi al suo paese, emigranti che sono morti sul lavoro, donne gra• vide ogni nove mesi. Mussolini è il loro vendicatore e le sue ripetute affermazioni che non ci sono più provincie privilegiate e provincie neglette vengono immediatamente trasferite sul terreno sociale dal quale devono anche scomparire i privilegi. Il fatto stesso che Mussolini sia andato nella loro terra, dimenticata da tutti, li solleva di molte pene. All'improvviso scende una notte ne. rissima e la f:?Cntes'accorge d'essere terribilmente stanca, di non poterne più, per la fatica, per il caldo, per la com• mozione di quella •fantastica giornata. Vorrebbe buttarsi a terra 1 sulle pietre ancora calde, ma non c'è posto. GIUSEPPE LOMBRASSA Ebbene, tutto questo è già morto; ed anche tutto il resto deve morire. Al concetto antico della villeggiatura come ozio c61to e proficuo, come occasione per scrivere un trattato o filosofeggiare o coltivare conversari e concerti, al concetto moderno di una grande vacanza estiva di tutta la nazione con la scusa del caldo, si sostituirà a poco a poco il concetto della vacanza personale, sportiva, alacre, brevissima e scrn1 pre rinnovabile, invernale e autunnale u U gioni.allata B.a.dek, ooDd&nuto a morte • poi deportato In Bibe• ria per llWI uadimnui, 1ar\ proulmamnte nomlaaUI ambuclatort 11 IL PORTAORDOO 1 11 Ecco la 1'oet~J•h.oa 1 comp1gnoec«Jleu1a I 11 RADEK 1 41 Un momenui, ndo a fani,f faoilare e t.orac nblto "• IL OIAPPOIIE, QUESTO MISTERO A DIMOSTRARE quanto po<.:o noi, occidentali, sappiamo del Giappone e dei giapponesi può bastare un solo fatto: che noi chiamiamo quel paese con un nome, che non è il suo nome, e il suo Impera1ore con un nome, che non solo non è il suo nome, ma significa u.1tt'altra cosa, Il paese, che noi chiamiamo Giappo• ne, si chiama Nippon; e il suo Imperatore, che noi chiamiamo Mikado, ,i chiama Tenno (Capo divino), La parola Mikado significa « la grande porta> e fu diffusa in Occidente da un'opereua di Gilbert e Sullivan. Ed è di un immenso umorismo ìl fauo che ruen1re i giapponesi studiavano l'Occidente con cura minuz.iosissima e se ne ap• propriavano rapidamente la Ci\•iltà e la tecnica, l'Occidente si accontentava di ave· re sulla istituzione fondamentale del Giappone, sulla istituzione che è la chiave .di volta della potenza giapponese, delle nozioni tratte da un'opereua ! Per cominciare a capire quel grandioso fenomeno storico che noi, occidentali, chiamiamo l'imperialismo giapponese (e che i giapponesi chiamereb~cro, invece, la realiz... zazionc della missione divina della razza yamato}, bisogna mettersi in mente che es• so differiu:e profondamente e quasi si potrebbe dire totalmente da tutti gli altri imperialismi che si dividono o si contendono il mondo. E la differenza ~ in ciò: che gli altri imperialismi sono fenomeni politici o economici, mentre quello giapponese è un fatto es.scnz.ialmente religioso; ciò lo rende da un l:i.to più nobile, dall'altro assai più terribile e pericoloso. Vorremmo che queste nostre parole non fossero fraintese. Le manifenazioni esieriori dell'imperialismo nipponico e i suoi me• 1odi sono politici e non potrebbero non essere politici ; né differiscono da quelli dei più spt-rimentati jmpcri<1lismi occidentali: molte volte, anzi, i diplomatici nipponici hanf\O seguito con ostentazione e con chiara intenzione ironica gli esempi della diplo• maz.ia occidentale. ~fa i movenli intimi e profondi di questo imperialismo sono re• Jigiosi. I giapponesi sono shintoisti o buddisti o anche cristiani, e, in genere, sono tolleranti in materia religiosa; e ci fu un momento in cui il paese si sarebbe, per lo meno in gran parte, convertito al cristianesimo, se i gesuiti non avessero tirato fuori le unghie prima del tempo e non avessero rivelato mìre politiche. Ma sulla missione divina del Giappone nesmn dubbio e nessun dis5enso: tutti i giapponesi, dal novantenne Principe Saionji all'ultimo facchino di Yo• kohanla, dal generale Araki al cristiano Matsuoka, sono profondamente persu.asi che il loro popolo è destinato a essere il legi• datore e l'ordinatore suprt'mo del mond?. E se noi occidentali ci rifiutiamo di condividere queuo loro punto di vista, essi - scrive un arneric.'\no che li conosce a fondo e che è ,issuto lunghi anni al Giappone, Upton Closc, -- ne sono sinceramente sorpreii t' dhpiaciuti: e attribuiscono il no• stro modo di ocnsare a una ignoran1.a dc• pl,:,revole o ad un nostro accecamento voluto dalla volontà cieleste. Il lettore potrebbe J>('nsare che queste affermarioni siano il parto di una fanta• sia incline a drammatiu.are o a ingigantire gli avvenimenti. Cediamo, perciò la parola ai giapponesi. Cerchiamo di apprendere dai giapponesi che cosa vogliano o si propongano. Trascriviamo, qui di seguito, l'uno dopo l'altro, alcuni testi giapponesi del più alto interesse storico, tratti tutti dal volume di Upton Closc, il miglior libro che sia stato scritto tta un occidentale ~ul Giappone moderno e· noi raccomandiamo vivamen1e agli editori italiani di pubbli· carne al più presto, una buona traduzione. Intanto, il lettore ascolti e stupisca. OIAPPOIIE 1858 SONO PASSATI solo quattro anni da quando il Commodoro Perry ha CO· stretto il Giappone ad aprire i suoi porti. Esso ha appena aperto gli occhi alla luce: non ha la più vaga nozione della ci• viltà e della tecnica modema, non ha una nave da guerra, non un cannone. Ebbene, proprio in quell'anno il signor Hotta scri\'C una not ,>er raccomandare al Go,•erno di aprire relazioni c;,on gli altri Governi pe,-... citi questo sarebbe il primo passo per fare della e Peuona Saera > il capo del mondo. e Fra le nazioni del mondo non esiste al• cuna unità >, scri\'e il signor Hotta, nel 1 8~8 ! e Capi rivali assumono i titoli di re o di imperatori. E ciascuno mira a conquistare la supremazia sugli altri ... Ma i paesi del mondo hanno tanti interessi comuni çhe l'azione di uno di essi impegna tutti gli altri ... L'uomo di Stato deve fon• dare i suoi calcoli non sulla fona di un solo paese, ma sulle condizioni generali ... Queste rivalità non cesseranno mai finché qualcuno, che abbia una potenza straordinaria, non auuma l't'gemonia, unendo tutti gli altri sotto la sola sua autorità ... La condizione attuale del mondo rivela la mancanza di un capo sufficientemente po• tente e virtuoso, sono il quale tu1ti i paesi poHano es.sere uniti. Fra i dirigenti delle nazioni - a parte il Giappone - non ve n'è alcuno abbastanza nobile e abbauanza laborioso pu comanda.re all'uniue,so aJSer· uilo. Che un di,i1ente siffatto re1ni su. 111.tlala 1e11a, euo quale è, Jen{a dubbio, la uolontà del Cielo. Prima che i paesi di Occidente possano essere unificati sotto un tale dirigente, è necessario per noi stabilire rela2foni, fare allean2e, concludere trattati ... Bisognuà tenere sempre in uista lo ,eopo: ehe i di slabilire le basi ddla nostra e1emonia su. lutte le allre na{ioni, .. « La nostra politica non potrà essere altra cosa che il rafforzamento della potenza e dell'autorità, che ci sono state delegate dallo Spirito del Ciclo. Quando il nostro preslitio e la nostra posicione saranno cosi assicurati, le na{ioni dtl mondo finiranno col considerare il nostro Imperatore come il 1ran eapo di eS$e tutte, a se1uire la no· slra polilica, a sottomellersi ai nostri giudi{i. Quando aurà realiu.ato questo ideale, il Capo del Giappone aurà compiuto u.n'ope. ra p,oporàonata alle 1randi responsabilità clu Etli ha verso il Cielo e la Terra. Il nostro paese degli Deì è governalo da di• rigenti Celesti, appartenenti a una stirpe ininterrotta dal cominciamento del tempo ... Il Giappone non può essere paragonato ad altri paui, ove le dinastie regnanti_ e le istituzioni hanno sofferto muta.menu frequenti. Presso di noi i di.scendenti Celesti di una 11irpe ininterrotta hanno sempre occupato 11 trono e la nostra nazione ha il primo rango in quanto è la più antica delle nazioni. Inoltre il nostro popolo è valoroso e leale, il che lo raccomanderà al favore speciale dello Spirito del Ciclo. Noi possiamo fidare, senza tema, nella prote• 2:ione del Grande Signore dell'Universo. La situazione del mondo di una volta è mu· tata c. si presenta, ora, il momento opportuno perché tutta la nat.ione faccia uno sforzo per cogliere l'occasione di compiere i grandi destini riservati al nostro paese. A questo scopo, noi sollecitiamo rispettosamente e umilmente il permesso di aprire rcla?.ioni con i paesi esteri >. Non si conosce, nella storia, altro esem• pio di imperialismo che abbia fin_ dal suo sorgere parlato un simile linguaggio e con• cepi10 piani così grandiosi. OIAPPOIIE 1888 'UN SALTO di venti anni. Il regime shogunale ha avuto fine. L'Imperatore Mitsuito sta per concedere la costituzione. Il visconte Jani torna dall'Occidente e collaborerà, fra poco, alla preparazione della costituzione .. Ascol_tiamolo: « Che il nostro paese abbia la sicurezza per mezzo della preparazione militare. Incoraggiamo e proteggiamo il nostro parse, e poi atttndiamo la eonf,uione europ,a, che dovrà uenire presto o tardi ... Un simile avvenimento scuoterà anche le na{ioni orienlali, e noi diuenteremo allora lo principale nadone dtll'Oriente >. OIAPPOIIE 1918 LA GUERRA mondiale sta per finire. • Parla il Maggiore Generale Shomei Nonaka; e La pace verrà quando il mondo intero sarà sotto un solo governo. 11 mondo oggi tende a questo. Ogni nazione è stata for· mata attraverso il predominio di una o più tribù su altre tribù; e quando il potere centrale è forte, c'è la pace. Questo è vero per il Giappone. Lo seopo finale dello po• litica è la conquista del mondo da. porle di una. poten{a imperiale. E q11a.le popolo potrebbe conquistare il mondo? Qu~llo che è /ortcmenle unito dal patriottinno, che J..: ambhi9ni imperiali inestinguibili e eh è p,onto a fare t11tti i sacri/id per il suo uopo fina!L. La na{ione giapponese, in vi• sta della sua. storia .1lorio1a e della sua posi{ione, deve tendersi nello sfor{o di adempiere il ,ompito che ad eua è stato assegnato dal destino;,, OIAPPOIIE 1934 E INFINE, ascoltiamo una giapponese cristiano, Matsuoka, detto e l'ameri• c:ano > perché è slato educato in America, una delle ~rsonalità più rapprc• scntative del Giappone 1noderno: e La mis\ione della raz7.a yamato (giapponese) è di impedire all'umanità di di• ventare diabolica. La crisi generale non è che il punto morto della civiltà moderna ... La cìviltà materialistica di questa genera• zionc ha gettato il mondo intero nel turbine dell'attuale confusione ... I metodi scientifici e m~canìcì, i principi dell'individua• lismo e dei gros\i profitti non offrono al• cuna soluzione al pericolo di annientamento per opera della guerra o della crisi e .li problemi della disoccupuione... La noHra razza yamato ha una tradizione senza ri• vali, Noi non abbiamo alcun interesse a inebbriarci di civiltà occidentale ... Ritorniamo allo spirito giapponese, studiamo Ji nu0\'0 la nostra storia nu.ionalc di duemila anni. La Provuiden{a fa appello al Giappone per liberare l'umanilà dell'ineiampo della civiltà materiale moderna>, COIICLUSIOIIE SI E'. l.,.fOLTO discusso in Europa e in America della autenticità o meno del famoso m('moriale del Barone Tanaka. Discussioni oziose. I testi che abbiamo fi. porta1i, sono induhbiarrente autentici e di• cono assai più del memoriale Tanaka. e: Eui ci apprendono>, dice Upton Close, e tutto quello che abbiamo bisogno di sapert">. Così il Giappone, in questo mondo di egoismi, di interessi brutali, di materialismo e di scetticismo, si presenta forte in armi quanto le più forti nazioni occiden• tali, e con in più il tesoro intatto di una fede religiosa nella sua missione di domi• nare il mondo. Una fede che ebbero alcuni popoli dell'antichità. La ebbe soprattutto Roma. Poi venne il cristianesimo, poi ven• nero secoli di critica, e una simile f~dc non è pi\l. possibile. Perciò il Giappone d'oggi è il più grande paradosso della storia; è il più straordinario degli anacronismi. M.t questo paradosso, questo anacronismo ~ terribile, non solo per la Cina, ma per il resto del mondo. OMNI0US I ANNOI,-~- 21, 21AGOSTO 1937-11 OMNIBUS SETTIMANALEDI ATTOALITA POLITIOAE LETTERARIA ESCE lL SABATO IN U•l6 PAGINE ABBOII AMEIITI hall• e OoloDie:uno L, 45, aemeatre L. 23 Eaterol IIDDO L, 70, temHU'$ L. 36 001ft IUKERO tllA l,lllA Kuuoriul, diugul e fotogr11.fiea,nche H 110np11bbllcatl,11011 1 rut!tài1CODO, Dinnoae: Rom~eiero':o d~~ 16Dt.igi, 28 J.11u1Llabtru1oat: I .Kil111T;1~r~•:;aN~~{i~so~rb6a, SGC.Mon. Ed.ltrice " OMNIBUS" • Mllano ~ I V

PUO' RIUSCIRE interessante, dopo il Congresso mondiale rlel Sionismo, che si è chiuso in questi giorni a Zurigo, una .sommaria esposizione delle idee di Giorgio Sorel sul problema ebraico. Studiosissimo della storia del Cristianesimo e particolarmente delle origini, critico di Renan, osservatore attento e appassionato delle lotte di razze e dei conflitti di nazionalità, lo scrittore indugiò frequentemente sul problema degli ebrei. Dalla serena imparzialità scientifica del Système historique de Renan, passò ad un moderato filosemitismo durante l'affare Dreyfus, quando, cioè, si trattò di lottare contro l'ingiustizia e la persecuzione. Ma per un breve momento, e tale fase appartiene, comunque, all'attività dell'uomo politico più che del pensatore. Furono gli studi ulteriori di econo• mia e di storia e, soprattutto, quelli di critica alla democrazia, che l'orien• tarono in senso antisemita. Nella de• mocrazia borghese e nel riformismo, nell'ideologia come nella pratica, gli parve scorgere una decisiva influenza di quel pensiero semitico, che giudicava il più pericoloso corrosivo delle idee quiritarie. Postosi su questo terre~o, la sua polemica antiborghese e antidemocratica non conobbe più limiti, tanto che, per un breve periodo, non disdegnò una collaborazione con 5li stessi nazionalisti dell'Action /rançaise. t del 1912 il celebr~ e quasi introvabile saggio antisemita: Qu.elqu.es prétention.s juives, che è 1:1n'aspra polemica contro Giuseppe Remach e Bemard Lazare; un saggio tremendo, nel quale si legge una demolizione spietata di Lassalle e si dimostra l'origine ebraica di tutto ciò che vi è di ~r~zionale e di ~uasto nell'ideologia socialista. Alla glona del scmitismo egli contende lo stesso Marx, nell'educazione del quale « mancarono del tutto le tradizioni israelitiche>. Durante la guerra, il Sorci identificò addi~ttura massoneria ed ebraismo, pilastn - a suo dire - dell'ideologia dell'Intesa, e all'indomani de1la guerra, nella furibonda critica a Wilson e alla Società delle Nazioni, non ammise distinzioni r.ssibili fra le concezioni ginevrine, a plutocrazia e il giudaismo. Furono, quelli, gli ultimi anni della sua vita e quasi interamente dedicati alla difesa così chiaroveggente e appassionata dei diritti dell'Italia, misconosciuti dagli Alleati. Nessuno, in Europa, difese, con ardore pari al suo, i diritti storici dell'Italia su Fiume, sulla Dalmazia e nel Mediterraneo. N~uno, più di questo socialista rivoluzionario, che amava chiamarsi, e lo era, un « servit<'fe del proletariato>, intui l'avvenire ..iell'Italia nel mondo, la necessità della sua espansione e ne indicò le vie. Fra gli errori commessi dall'Intesa alla Conferenza della pace, il Sorci an• noverava l'istituzione del « Focolare ebraico>. Nel novembre del 1920 egli osservava come al gran pubblico sfuggissero i moventi reconditi dell'atteggiamento britannico verso gli ebrei. Perché Balfour con la famosa dichiarazione del I g '7 aveva patrocinato la causa del Sionismo? e: E:. inammissibile che Balfour ignori i pericoli del Sionismo. Se ne è • stato uno dei primi difensori, deve aver ritenuto che fossero in giuoco i più forti interessi del suo paese. Gli inglesi sanno benissimo che non potranno conservare l'Egitto in eterno. Non perché temano le insurrezioni: nessun'altrà occasione ritroveranno gli egiziani così favorevole come quella di cui non hanno saputo approfittare durante la guerra. Il pericolo vero può venire dal Parlamento. Wellington disse che se l'India doveva andare perduta, ciò sarebbe accaduto l'er causa delle lotte parlamentari; e s1vide come egli avesse ragione, allorquando Gladstone praticò la così de.tta politica della piccola Inghilterra abbandonando il Transvaal, il Sudan e le frontiere che Disraeli aveva dato all'Inghilterra nell'Afganistan. Un giorno o l'altro, come reazione all'ìmpcrialismo abbastanza stupido che predomina attualmente, ci potrà essere un Parlamento che conceda l'indipendenza agli tgiziani. Ma Balfour pensa che in virtù del Sionismo l'opinione pubblica non permetterà che si abbandoni la Palestina così facilmente come l'Egitto. I sionisti sono ricchi e potenti nel giornalismo ed è su di e$si che calcolano i conservatori per riuscire a mantenere il canale cli Suez nelle mani dell'Inghilterra stabilita in Palestina >. Uno degli aspetti più dibattuti del sionismo è quello del doppio statuto giuridico. « Gli ebrei verrebbero a possedere un doppio statuto giuridico : da una parte sarebbero membri della nazione dove sono nati, dall'altra sarebbero soci di una società di Palestina, costituita in Stato teocratico sovrap• posto alle diverse nazioni. Questa posi• zione equivoca è stata, scrive Renan neH'AntéchristJ una deHe cause dell'antisemitismo. Secondo Renan la Francia ha risolto la questione degli ebrei col riconoscerli cittadini come tutti gli altri; viceversa il sionismo dimostra che gli $forzi assimilatori non sono riusciti a modificare il fondo dell'anima israelita. L'ebreo contemporaneo, se ha lo spirito abbastanza forte per ragionare con vera libertà, pretende il doppio stato giuridico>. Ritornando, altrove, sullo stesso argomento, il Sorel istituiva un confronto che acquista, oggi, un valore di più viva attualità pei mutamenti avvenuti nella forma di sovranità del Pontefice romano. « Il sionismo viene a dare un aiuto insperato alla diplomazia della Santa Sede, rimettendo in circolazione un'idea, che si poteva credere definiti• vamente morta. La filosofia liberale, così audace quando si tratta di combattere le dottrine vaticane, si sente malsicura davanti ad un'agitazione israelita un po' seria. Una volta accettati i principii del sionismo, non si Po· trà impedire che i cattolici se ne giovino. Col sionismo, tornano anche in onore le teorie sul potere temporale, che usavano ai tempi di Pio IX. Gli ebrei, diventati ricchi e potenti, potrebbero chiedere il permesso di ricostruire il Tempio di Gerusalemme per poter eseguire integralmente la legge mosaica. Tutto ciò non rappresenterebbe che una restaurazione del potere ecclesiasti~ co; ma i sionisti hanno dellr- ..,.igenzc maggiori. Essi vogliono che Gerusalemme sia la capitale di uno Stato israelita. allo stesso modo che i cattolici hanno per molto tempo preteso che Roma fos. se la capitale d.i uno Stato del Papa >. INTERNOEBILAIOO• Veo(lhlonbblc.o cb oontempla 11cel1briU.1bntcb1 la oon.lo. Un anno dopo, osservando i movimenti antisemiti che riprendevano qua e là,· specie in conseguenza della rivoluzione russa, il Sorel si abbandonava a previsioni che, alla distanza di quindici anni, dovevano verificarsi in modo impressionante. e Si dice che se la Repubblica sovietica cadesse, si produrrebbe in Russia un'ondata di antisemitismo quale non si è ancora vista fino ad oggi. C'è del vero in iutto questo. Nelle università occidentali s'incontravano, anni or sono, dei giovani russi, che cercavano di mettersi al çorrcnte delle dottrine socialiste. E siccome gli ebrei hanno una spiccata. propensione per le idee di avanguardia, così gli studenti ebrei diventavano facilmente marxisti fanatici e alla caduta del regime zarista portarono nel loro paese le dottrine che li avevano entusiasmati. E probabile che se fra qualche anno nuove generazioni di marxisti prenderanno la direzione dell'opinione pubblica, l'ascendente degli ebrei sarà attenuato e l'antisemitismo russo perderà una buona parte della sua ragion d'essere>. Nella Germania, invece, l'antisemitismo era di origine universitaria. Già Renan nel ,Ware-Aurèle aveva osservato che nell'età romantica gli ammiratori delle leggende genn:miche provavano un senso di vergogna al pensiero che il cristianesimo dipendesse m tanta parte da idee ebraiche. Eliminare ogni traccia di giudaismo dalla civiltà te• desca pareva a questi studenti opera altamente meritoria. « Oggi l'antisemitismo sta per riprendere il sopravven• to in Germania. Come nel 18 t 3, questo paese si ricostituirà nelle uni\·ersità, dove è vivo il disgusto per gli speculatori e i socialisti. E probabile che se la Germania non fosse obbligata a sottomettersi alle ingiunzioni dell'Intesa, la gio• ventù universitaria sopprimerebbe la socialdemocrazia e finché non sarà pervenuta a questo risultato essa si servirà dell'antisemitismo per mantener vivo nel paese uno stato di turbamento spirituale>. Secondo il Batault, autore di un libro sul problema ebraico, una delle cause della ripresa dell'antisemitismo delineatasi all'indomani della guerra 1 doveva essere ricercata nell'universale scontento prodotto dai trattati di pace. Furono accusati gli ebrei, che erano numerosi intorno a \1/ilson, a Lloyd Georgc e a Clemenceau, d'aver dettata una pace ebraica. Fantasie. Egli è piuttosto incline a scorgere nei trattati di pace un riflesso di quel puritanesimo (Wilson e Lloyd George erano due puritani), che ha tante affinità con lo spirito ebraico. Ma non nel senso indicato dal Sonibart, secondo il quale il puritanesimo è l'epilogo dell'alleanza dello spirito protestante oon lo spirito ebraico. « Non è molto difficile comprendere perché la Riforma nei secoli XVI e XVII fu portata a far rivivere la civiltà giudaica. Come ai primi protestanti piacquero tutte le tesi evangeliche dalle quali i teologi romani non potevano trarre alcun vantaggio a favore delle pretese della Chiesa, così essi lessero con avidità i Profeti che si mostravano così spesso ostili al sacerdozio e al ritualismo. La Chiesa romana aveva messo i Salmi alla stessa stregua degli scritti di devozione dei compilatori più mediocri. « I protcstailti scoprirono il vero senso di questi frammenti, nei quali si manifesta la collera degli oppressi, un vi,.. lento spirito ,di rivolta e la speranza di una prossima, rivincita. Essi compresero ;~,:C~~diz1~n1ueit\has~aet 0 ~~~;~ai~~ laborioso, senza grandi ambizioni e ostile agli abitanti delle città. Grazie ad essi la Bibbia è diventata il libro nazionale degli anglosassoni ed ha reso alle moltitudini popolari di questa razza i servizi che l'Iliade e l'Odissea resero alle popolazioni della Grecia . « A misura che lo spirito capitalista allarga il s\lo dominio su di un paese protestante, il prestigio della Bibbia diventa sempre più potente. Invece quella parte degli ebrei che occupa un posto eminente nella finanza europea non possiede affatto lo spirito dei suoì antenati della Palestina. Si commette dunque un errore grossolano quando si pretende di spiegare la politica contemporanea mediante un connubio fra protestanti ed ebrei, entrambi figli spirituali della Bibbia >. Lo spirito dei trattati di pace era quindi assolutamente indipendente da influenze « politiche > del mondo israelita, anc~ se la sua derivazione ideale era ..indubbiamente di origine ebraia. Questo spiega perché nella costante, imoUcabiJe critica dei trattati di pace, il Sorel evitò scmore di colpire ~li ebrei. Nello zelo antisemita di alcuni pubblicisti francesi, che accusavano l'ln~hil• terra di mettersi al rimorchio dell alta finanza israelita, egli sospettava l'istigazione del governo francese i cui diplomatici non si rassegnavano a veder sfuggire la Terra Santa ai loro intrighi. MARIO MlSSIROLI IL KURO DEL PIANTO A GERUBALEXKE RIVOLUZIONE u~ (B@~~~u GBIIIOlPIBliA r; ON BLUM csordl come letterato e poeta deliquescente. E, in fama d'uomo e scrittore politico, giunse sol• tanto piuttosto tardi, nell'immediato dopoguerra, a quarantacinque anni. Ricco studente della Scuola Normale, in- , sicme ad alcuni amici aveva fondato la solita rivista d'avangu.irdia, stampata su carta d'Olanda, tiratura cento esemplari nu• mera.ti, abbonamento cento franchi, che oggi urcbbe come dire otloccnto. La Conque vegetò un anno appena. Fu seguita dal Banqutt che, per verità, costava solo un franco al numero, ma dopo un anno era morto lo stcuo. Liriche e prose del giovane Blum, pub• blicatc nella Conque, nel Banquel, e poi nella Reu1u. Bianche dei fratelli Natanson, ci documentano d'una psicologia straordinariamente impressionabile e delicata. Non pare un giovinotto di leva, Pare una signorina: un non ti scordar di mc, una scnshiva, una mammolctta; cresciuta lan•' guidamcntc sotto alla campana di vetro dell'utetismo. Narciso si contempla cgoisticament~ nt:1l'anima di qualche ragazzina che s'è ·innamorata di lui, e che, per quanti sforzi faccia, egli non riesce ad amare. Vivace negli approcci, versatile nell'opera di seduzione (una seduzione, intendiamoci, pura• mente verbale), quando ormai avrebbe partita vinta, non cerca che di battere in ritirata. Cosi tutto finisce in <. 1"everic et conversation >. Ma, a volte, finisce anche peggio. La giovinezu di Blum si modellò sugli eroi stendhaliani. E qualche anno dopo, com'è noto, egli dette su Stendhal un volume tutt'altro che da disprenare. < Ero arrivato a identificare la mia vita con quella di Sorel >. Un suo personaggio, accingendosi a dichiararsi a una fanciulla, applica uattamcntc una tattica illu$trata in Le Rouge et lt Noir: < Trovandosi solo con Marta, scntl battere i primi tocchi delle dicci al campanile di Sant' Agostino. Pensò subito ad una situazione analoga, in cui s'era trovato Sorel. E disse a se stesso: Ora, al decimo tocco, afferro la mano di Marta. > Stava per farlo; quando Marta gli si rivolge e con un sorriso che gli parve singolare >. Marta pi• glia\'a l'iniziativa. E l'emulo di Sorel :inuncia a ogni proposito, e se ne va con la coda tra le gambe. Un carattere costante, in questi curiosi racconti, è l'età delle fanciulle, estremamente precoce. Parrebbe che per Blum fossero a tiro fra i dodici e tredici anni. « Non siete mai stati colpiti >, si chiede, ~ dalla grazia delle bambine verso i tredici anni? Mc ne ricordo che, a quell'età, sarebbero state perfette per l'amore >. E, d'altra parte, i suoi giovinotti, non esitano a confessare anche una vivissima inclinazione per le anziane: < Ci attira, in esse, non soltanto l'incanto di paisioni pii) calme, ma l'intimità dell'amante matura, che potrebbe accarezzarci come se fossimo dei ragazzini >. Scappare davanti alle bambine, e farsi carezzare dalle anziane. Nel complesso, bisogna riconoscerlo, una faccenda piuttosto complicata. L'opera letteraria di Blum costituisce una diecina di tomi, che facilmente potrebbero raddoppiare, raccogliendo un'infinità di recensioni e di cronache drammatiche rimaste dis.seminate in giornali e riviste. Minutamente la esamina Maree) Thiébaut, in un libro divertentissimo, apparso in questi giorni (En li1ant M. Uon Blum ,· Ed. Gallimard, P:uigi), Sulla scorta di tal libro, il lettore può farsi una giusta idea. Mia, intanto, gli serviamo qualche primizia; e, come abbiamo fatto finora, lasciamo che il più possibile parli lo stesso Blum; ciò che rende quasi supcrAui i commenti. Fra le pietre miliari dell'opera blumiana 1 a parte il saggio su Stendhal, sono le Nou1Jtll61Cont1trJation1 de Goet}u av,c Eckermann, nelle quali' Blum s•~ modestamente attribuito il ruolo di nuovo Goethe. Blum è ormai socialista; bcncM d'un socialismo vago e floreale (vero socialismo da cx redattore della Conqut), davanti a cui oggi resterebbero di stucco non diciamo i dirigenti della U.R.S.S. o della F.A,I., ma i buoni borghesi della C.G.T .. IJ programma, naturalmente, ~ di < assi• curare la felicità a ciascuno.>. Su quali basi? Blum ce lo dice subito, sebbene la risposta non sia molto chiara n~ convincente: « Ci occorrerà una garanzia metafisica che nteeuariamenle tutti gli sforzi indivi~uali si fondano in un'unica armonia; e che n1:ce11ariomente la 10mma delle felicità individuali diventi la felicitl. di tutti.>, Gustando lo sciroppo di queste sentenze, non c'è da meravigliarsi diell'aueccatinimo nomignolo affibbiato a Blum da un altro Uon, Daudet: « Blum, o la rivoluzione in guanti grigio-perla> (Au temps de Judtu, pag. 123). Né c'è da far caso che il povero Péguy, a Blum, Herr, Roque• ed altri socialisti, componenti il consiglio amministrativo della Sociilé nouv,ll, de librairie d d'ldition, facesse l'effetto d'un anarchie.o pericoloso. Fu quando Péguy si dichiarò schifato del Congresso Socialista di Pa• rigi ( 1900). Péguy era allora un impiega· tuccio alla Sociltl nouvelle. E Blum con gli altri compagni del consiglio, lo butta. rono nel meno di strada. Qualche anno dopo, l'anarchico Péguy moriva alla battaglia della Marna. Blum faceva la guerra al Ministero dei Lavori Pubblici. Tornando ai Colloqui: pare che CoetheBlum accarcu.aue anche l'idea di comporre un terzo Ft1u1t. E confida al suo Eckermann: « - Voglio gettare il mio Faust nel gorgo della società contemporanea, a lottare bravamente contro tutte le forze del passato >. Premuroso, Eckermann s'informa: « - In che veste lo presenterete? >. \ « - Ne faccio un agitatore socialista >. « - Ma allora <.he cosa fa Mefistofele? >. < - Fa l'agitatore socialista anche lui; talvolta alleato di Faust, talvolta rivale. Al mio Faust darò quanto l'anima umana può avere di più nobile e puro. Il faKino, l'eloquenza. Lo voglio energico, candido, ottimista, antindividualista ... >. Veramente, Goethe aveva se.ritto: < che ciascuno dovrebbe cominciare da se stesso. E se com'autorc io mi fossi proposto di servire il pubblico, avrei finito J.)er scrivere novelline, cOmc Kotzcbue, Tengo per norma fond;.mcntalc che il padre di famiglia badi alla sua famiglia, l'artigiano faccia il suo mestiere, e pensi il prete all'amore del prossimo ... >. Intanto qualcosa di sacerdotale e apostolico, connesso forse all'origine ebrea, si risvegliava davvero nella coscicnia di Blum. Sempre più egli diventava sollceito, ansioso, dell'educazione, specialmente sessuale, dei giovani. Di collocare su fondamenta serene l'edifizio familiare. Di risparmiare all'umanità tanti dolori inutili, tanti ìnutili peccati; regalandole, fra l'altro, una ricetta infallibile per la buona riuscita dei mat~i~~n1. < La maggior parte dei matrimoni lascia a desiderare >, premette Blum nel suo libro: Moriog,. < E la priocipalc 1agionc è che l'uomo giunge alle nozze quando è già nella fase monogamica. La donna, invece, alle nozze, ci arriva troppo nuova. Ci arriva in piena fase poligamica; senza avere affatto intaccate le proprie curiosità>. Rimedio? h. tempestiva iniziazione delle fanciulle. Tale compito sarà affidato ad uomini piuttosto maturi, cauti, pieni di tatto. Mi par di vederli un po' simili a dentisti o pedieuri. Dopo di che le fanciulle sapranno continuare per proprio conto le loro esplòrazioni amorose. < Né temiate che debbano perdere la loro freschezza. Nulla offuscherà la purezza del loro -sguardo. Tomcranno da casa dell'aman· te con la stessa naturalezza con la quale oggi tornano da scuola ... Durante un pc• riodo preliminare da dieci a quindici anni, senza laK.iare il tetto materno, soddisfe· ranno a tutte le esigenze dell'istinto >. Fin• ché saranno pronte per la nottè nuziale. D'altra parte, alla formWonc dei gio• vani, provvederanno quelle anzianotte, fra i trenta e i quaranta, che già abbiamo vi• sto tanto materne e protettive. Meglio se l'iniziatrice è un'amica di casa Jel giovinetto, e se l'è veduto crescere sotto agli occhi! < Cosl, per tuua la vita >, nell'animo del giovinetto bennato, < spanderà il suo profumo la tenera gratitudine dell'amore>. Blum non ha difficoltà a che l'educaiione si compia, magari, cort quelle pra1ichc che vietiuimi pregiudizi considerano incestuose. Non lo ritiene tuttavia indispensabile. Son tutli punti su cui, egli ci avverte, non s'è stancato di meditare, Pubblicato nel 1907, Mari..ite è riapparso nel 1936, con una nuova prcfaz.ione: < Ho riAettuto a lungo su questo libro. E rileggendolo, più che mai son convinto della sua fondamentale verità.>. e Entrate in casa mia >, dice al lettore, e quasi si raccomanda. e Vi sentirete me• glio che nella vostra ... Quando l'istinto poligamico è sazio, la giovinezza del cuore può fiorire ancora!. .. .>. E qui basta. Vide bene Daudet, quasi vent'anni Ca, nel libro citato: < Ciò eh'egli {Blum) ha scritto sui costumi, l'amore, le donne, vor• rebbc essere originale in. una maniera ire• nctica, forsennata. E non è che rnediocre, crctinamente bcstemmiatorio ... Blum comidera il proletariato francese come un violino che un giorno egli raschierà, cavandone una musica macabra ... Ma ~ perito• !oso voler fare il tribuno, con un fisico da cassiere di Nabucodonosor >. Profezie che spaccano il minuto. Giudizi che cal:tano come guanti. E a proposito di guanti: sono cose, veramente, che non ci riguardano; ma quel paio grigio-perla, la < sorella latina> ha tutta l'aria d'averlo pagato piuttosto caro. IL TARLO

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