Omnibus - anno I - n. 20 - 14 agosto 1937

ÀIÀrJ;.~ \T,: ;o~~nnd~;g~:.~ ~ alle mode del secolo ~ emancipatore: una si- ~.l \.. garetta fra le labbra ~ ~ era indizio di tendenze sovversive, e governanti e precettori avevano pieni poteri di repressione. Lè arciduchesse fumavano di nascosto, come Rodolfo e Giovanni Salvatore leggevano di nascosto i libri proibiti. Un giorno una delle govcmanti entrò nella stanza da letto della sua principessa e fiutò nell'aria la sottile presenza del tabacco. La giovane arciduchessa col viso rosso nascondeva le mani dietro la scfocna, imbarazzata sotto lo sguardo accigliato della governante. Ma la severità di quei due occhi stralunò in un orrore improvviso mentre un bagliore e uno spasimo avvolgevano tutta la carne della principessa. Vi furono urla di tortura; accorrer folle di gente al salvataggio impossibile. L'arciduchessa bruciava nella stanza fra i suoi nastri e i suoi veli, nell'odore dei capelli arsi. E quando finalmente con tappeti e coperte il fuoco fu spento, non rimaneva che aspettare la morte. D:11laHofburg partirono gli autografi listati a lutto ad annunciare il decesso dell'arciduchessa Matilde, figlia dell'arciduca Alberto. Fra le prime aù essere avvertite fu la Corte di Torino: fortunate trattative avevano quasi fidanzato la piccola arciduchessa al principe di Piemonte. Vittorio Emanuele fu costernato: 9uel matrimonio rappresentava per il nuovo regno, a pochi mesi da Custoza e da Lissa, un successo diplomatico, la prova che la più vecchia Corte d'Europa in fondo ammettev.1 la durata dell'Unità sotto lo scettro dei Savoia. Ora il problema del matrimonio dell'erede era di nuovo da risolvere e non era facile; troppi principi bene imparentati, spodestati dalla rivoluzione, giravano per gli alberghi e le ville d'Europa 1 e in troppe chiese, dalla Spagna alla Baviera, si leggevano Jc proteste del Papa che reclamava Bologna alla vigilia di perdere Roma. La questione fu rimandata a più tardi. La Corte passò da Torino a Firenze, e Vittorio Emanuele istallò nell'atmosfera bonariamente ovattata degli ultimi Lorena il fumo dei suoi 5igari e r.:co dei suoi « countacc! >. Era presidente del consiglio il generale conte Menabrea, aiutante di campo del Re, e nel ministero sedevano il Gran cacciatore di Corte e il prefetto di palazzo. I giorni di firma a palazzo Pitti si 5volgcvano con la rispettosa famijjarità che sorge dai rapporti personali. e E: tempo di cercare una sposa per Umberto! > disse il Re fra una firma e l'altra. « Io l'avrei già trovata, lvfaestà. Non nanca che il consenso di Vostra Mae- ,tà e quello dcl principe>, rispose il ;onte Menabrea. e E chi sarebbe? > interrogò il Re sorpreso. « ba nipote di Vostra Maestà, la principessa Margherita! >. « Margherita! Ma rè 'na masnà! ». Palazzo Chiablese Sul piano regale Vittorio Emanuele era anche lui il parente importante che appare solo nelle grandi circostanze per fare dei bei regali, e poi sparisce : la politica dei mini5tri e quella per• sonale, la caccia, la contessa di Mirafiori, l'esercito e i cavalli, qualche al. tro sfogo, assorl,ivano tutta la sua vitalità C5uberante di Enrico IV ruba.1pino. La principessa Margherita? Non la vedeva da molto tempo: com'era? li generale Menabrea e i! marchese Gualtcrio, ben preparati, ne tracciarono un ritratto seducente, variando sul tema dei capelli biondi, della figura snella, della inteJ!igenza pronta, della cultura notevole, e su quello ben più importante di dare all'Italia una prima regina italiana e Savoia. Il principe Caro! di Rumania, dissero, aveva intenzione di chiederne la mano: -.e al Re il progetto dei Jrunistri garbava, e il principe di Piemonte vi era favorevole, occorreva far presto a far la domanda ufficiale, per prevenire Caro!. Per fa politica estera italiana di quei tempi, la Rumania, i Balcani, esistevano 50ltanto perché bisognava pur tenerci qualche agente conSOlare. Sprecarci una principessa era assurdo. Il Re, mezzo persuaso, partì per Torino. Al paJa7.zo Chiablesc, tetro nella già tetra Torino, vive la duchessa di Genova, vedova di colui che « aveva preferito esser un soldato dell'Unità piuttosto che un Re di Sicilia >. La duchessa era una tedesca di Sassonia, figlia del Re Giovanni Nepomuceno, traduttore della « Divina Commedia>, un altro di quei monarchi della vecchia Germania gioconda di prima di Bi- "marck, che facevano tante cose invece di fare i re: gli oculisti, i poeti, i mecenati e gli squilibrati, senza che i sudditi se ne avessero a male. Molte dcne sue 'qualità bonarie e intelligenti di uomo moderno erano pa55atc nella nipote saltando la figlia, che invece aveva tutt'altro orientamento: conservava le distanze, osservava le forme, e aveva imperturbabile in sé il senso delle caste. Era una gran signora rigida, una di quelle dame che facevano di certi 5alotti dell'aristocrazia piemontese quasi dei parlatori di convento. E accanto alla figlia aveva messo la contessa. ~Conticelli di Qasalrosso, rigorosa come una badessa nell'osservanza delle pratiche religiose, e che aveva verso la sua allieva la severità cor, lata di una madre superiora verso le novizie. Un giorno la piccola principessa le aveva raccontato di aver sognato di veder passare un gruppo di ufficiali: « Ce n'esl paJ un rive de demoi.selle >, ave-- va interrotto la dama freddamente. Per lei l'educazione consisteva soprattutto nei modo di comportarsi, nel ~aper commisurare la temperatura di un saluto al rango e all'età del salutato, nel dir le preghiere all'ora stabilita, e nel fare ogni giorno un certo numero di fioretti. Se la piccola principessa mancava a qualcuno di questi doveri precisi, veniva castigata: senza frutta, senza dolce, senza passeggiata. Er.l del resto il sistema educativo in voga presso tutte le buone famiglie, come presso tutte le Corti, quello che formerà tante principesse pronte a fuggire con maestri di musica o con ufficiali di cavalleria. Per la principc55a Margherita e5so venne tuttavia abbandonato quando, accanto alla fanciulla decenne, la conte55a di Casalrosso venne sostituita con la signorina viennese Rosa Arbesscr, carattere dolce e affettuoso. Allora la vita diventò più Jieta a palazzo Chiablcsc e al castello d' Agliè. Intorno alla principessa 5j racco$"1ieva un gruppo di signorine della m1gliore ari5tocrazia torinese, le due figlie del generale Morozzo della Rocca, le signorine Ghisilieri, la figlia del conte San Martino. Una volta alJa settimana veniva a palazzo il maestro Carlo Desio, illustre professore di contegno e di danze moderne. Quel giorno la principessa Margherita e le sue amiche avevano il permesso di riunirsi ai compagni del principe Tommaso, e mentre il lapeur suona-va in fondo alla sala occhieggiando di sopra il piano a coda, le adolescenti con le pettinature che oggi ci ha restituito Greta Garbo e gli adolescenti con le giacche abbottonate solo sulla fontanella della gola, si inchinavano a destra e a sinistra, avanzavano e indietreggiavano, si sfioravano le falangi, attenti a non perder la misura scandita dal battere delle mani del maestro, eh:: ammoniva: «Passi vite, Momeigneur, pas si vite.1 ». Era una vita per bene, tranquilla, e nel decoro sontuoso perfino moclesu.. Vi fiorivano discreti episodi di beneficenza, di gentilez7.a, di bontà: la prin• cipcs.~a faceva del bene, leggeva, studiava. Amava la poesia, e con le amiche discuteva Lamartine e Victor Hugo. Intrecciava lei stessa graziose rime nelle quali paggi innocenti sospiravano per castellane eburnee, e dipingeva miti acquerelli : talvolta anche fiori graziosamente futili possono rivelare una fertilità più profonda e sicura. Le nozze Vittorio Emanuele conosceva bene uomini e donne,· ma poco le fanciulle, che allora vivevano in un casto harem di buone maniere e di riserbo. Tuttavia la giovane nipote gli fece buona impressione. « Se Umberto è contento! ... ». Anche il principe di Piemonte partì per Torino, e in un salotto di palazzo Chiablese la duchessa di Genova lo lasciò solo con Margherita. Colloquio misterioso di una crinolina e di una tunica col nodo ungherese, dialogo dei tempi del rossore, inimmaginabile al tempo della « tintarella :. ! Perché i biografi aulici fanno recitare ai due giovani~ queste battute da filodrammatici : « Margherita, vuoi tu essere mia moglie? »; « Tu sai come io sia orgogliosa di appartenere a Casa Savoia. Lo sarò ancora di più diventando tua moglie>? Più vera ci appare la fanciulla che poi corre ad abbracciare tutta commossa la buona signorina Arbesser, e le confida come un segreto quello che fra poco 5arà un comunicato ufficiale: « Sono fidanzata a Umberto ! >, e per calmare la sua agita7ione si mette a copiare macchinalmente non so che autografi di un an1enato. Quri pallidi diciassette anni avvezzi a.Ila penombra adesso erano trasportati in pie-no sole. Quale destino migliore poteva attenderla? Regina di Rumania, per portare su un Danubio ancora mezzo turco la sua grazia occidentale e parlare invano ai boiardi del partito agrario dcli' esilio di Ovidio? Orna• mento di una corte cattolica di Ger• mania, granduchessa o regina soltanto per diventar poi una suddita del vecchio Hohenzollern luterano? La. preparazione che ella sentiva in sé, frutto delle lunghe letture, dcli' amore del bello, del gusto innato e affinato, avrebbe dovuto perdersi nella monotonia di qualche Corte abitudinaria, dove ella si sarebbe inserita in una lunga serie di regine. E mentre tutti i principi di Savoia si dedicavano al compito di rendere italiana la dinastia piemontese, lei sola avrebbe dovuto esulare. Era troppo italiana e troppo Savoia per non sentire una commozione pro- , fonda e grave nel misurare la differenza fra quel destino probabile e quc5to che invece le offriva la domanda di Umberto: essere la prima Regina del nuovo regno; mostrare agli italiani delle antiche splendide città comunali e repubblicane, ironicamente diffidenti del Piemonte, terra di valorosi e probi filistei, che la dinastia unificatrice non suscitava nei suoi rampolli soltanto soldati e 11.ante,ma anche questo prezioso fiore di umanità femminile nel secolo borghese: una principessa del Rinascimento. N<'ll'aprile del '68 il matrimonio fu celebrato a Torino. « Il manto e la veste della fidanzata, vere nubi di merletto, erano cosparsi di m:1zzolini di rose. Una sola rosa e due stelle di di:1manti sui capelli. Al collo la magnifica collana di perle che la regina Maria Adelaide aveva lasciato come legato alla futura principessa reale d' Jtalia >. Di già traluceva intorno alla timidità della prima apparizione ufficiale e nell'ansia intima della fanciulla dinanzi all'altare, l'alone di. grazia che un giorno farà della maestà regale una visione piuttosto che uno spettacolo. La scguiv:1 Vittorio Emanuele coi pantaloni turchini lenti sui tacchi,e diceva di non aver mai veduto una principessa così bella. Fra i manti azzurroSavoia delle dame, spiccava la macchia cupa del manto rosso di Do,ia Maria Pia, Ri;~ina dall'aspetto di Imperatrice, sulla quale si posavano senza ironia i titoli fastosi e vani lasciati dalla storia ai monarchi di Portogallo. li principe Girolamo Napoleone, coi capelli sul colletto e la divisa trasandata, «César déclassé>, conservava ancora fra Sadowa e Sedan il prestigio del primato francese e napoleonico. Era molto ammirato il principe reale di Prussia, Federico Guglielmo, bello e romantico come un cavaliere errante, e le dame raccontavano che al ballo di Corte, quando un danzatore maldestro aveva lacerato un lembo dello strascico delfa principessa, egli aveva piegato il ginocchio a terra e aveva tagliato con una piccola forbice il lembo strappato, dicendo che lo avrebbe conservato in memoria di quella giornata. I torinesi in piazza acclamavano commossi, contenti perché la cerimonia era stata celebrata nell'antica ca~ pitale, contenti di vedere nelle stampe popolari Gianduja col tricorno e ),t faccia da clown presentare i due sposi alla .NaJsiOn: e i senatori e i deputati delle provincie plebiscitarie avver• tivano per la primissima volta, ricevendo dalla principessa un sorriso in cambio di un inchino, che la dinastia d'importazione non aveva tutta la sua. giustificazione e la sua fon:a soltanto nei compromessi della politica e della diplomazia. Quadriglie di cavalieri Il treno sostava nelle stazioni addobbate di ghirlande, di bandiere nazionali e municipali, di generali in alta uniforme, di sindaci con sciarpa, di ombrellini ricamati e di cori di bimbe biancovcstite. I principi di Piemonte si mostravano senza stancarsi mai d.ì sorridere e di dirsi compiaciuti. Poi il treno ripartiva, e sbuffando e ansimando i suoi trenta.cinque chilometri all'ora si perdeva nelle colline, lasciando i notabili e le loro spose a commentare prolissi la fugace apparizione, a stupirsi che la principessa fosse piU carina elle nei ritratti, a elaborare i primi elementi delle leggende familiari « di quando pa5sarono i principi >. In una berlina a otto cavalli delle scuderie del granduca di Toscana gli sposi fecero il loro ingresso in Firenze capitale, e trasformata in un giardino al quale sorrideva con tutti gli incanti una bella stagione di prim::tvera :. : tutta fiori era via Rondinelli, e piazza San Gaetano era tutta una grande aiuola. «Fiorenza», scriveva preziosamente un cronista mondano, «non smentendo il suo bel nome antico, accolse in TT;lezzoai fiori il più bel fiore d'Italia». Erano i tempi della guardia nazionale, e i militi borghesi lustri e passabilmente marziali stavano schierati in parata lungo le strade, dove fra romagnoli, emiliani, umbri, lombardi, veneti, e contingenti agita. ti dì meridionali, convenuti a quella prima festa unitaria, i fiorentini sembravano quasi una minoranza di allogeni. Tutti si mostravano la bella duchessa Massimo Doria e le forme sontuose della marchesa Lavaggi, arnmiran~ do la loro audacia di cospiratrici patriote, che per portare alla principessa un dono della cittadinanza romana avevano osato sfidare i comodi rigori riservati dalla polizia di Pio IX al pa• triziato liberale. Dietro la berlina di gala trottavano i primi corazzieri, inventati proprio per quell'occasione dal generale di Revel, allora non troppq belli, veramente, con l'elmo senza co~ da e una corazza brunita sulla quale brillava come una maniglia un sole d'ottone. Firenze ritrovò, al di là delle ultime abitudini tirchie dei Lorenesi, tutto quello che poteva rivivere della sua antica tradizione medicea : serata di gala alta Pergola, corso di carrozze, gir:tndole, corse al galoppo, e un gran ballo a Palazzo Pitti, nel qu.lle per la prima volta la corte vedovile di Vittorio Emanuele apparve ornata dell'elemento femminile che vi aveva fatto fino ad al!Clra {almeno ufficialmente) difetto: infatti entrarono quella sera in servizio le nuove dame della principessa, con l'«M» dì brillanti sulla coccarda azz.urr:i appuntata sul seno una Corsini, una Barberini, una St;ozzi. Al centro dei festeggiamenti, il grande torneo storico alle Cascine. C'erano tanti spettatori, che un buon numero occupò rumorosamente l'are~ na, dieti-o le spalle dei soldati messi in duplice fila a contenerli, Apparve nel palco reale il conte di Castcllengo scudiero del Re, e tutti lo applaudirono scambiando1o per il Sovrano, e poi lo fischiarono sonoramente quando 5j accorsero d..l..l'equivoco; apparve la divi:ia d'ammiraglio del principe di Carignano, e quindi il Re, e finalmente i principi di Piemonte : allora fu un vero delirio, e migliaia di fazzoletti sfarfallarono candidi sui visi uccaldati, sulle bocche vocianti. Poi squillarono le trombe, e le quadriglie sfilaroi-io al galoppo grave dei cavalli ingualdrappati. Il principe Amedeo rappresentava lodevolmente 1I Conte Verde: lo seguivano le quadriglie di Firenze, di Torino, di Milano, e di Napoli coi loro antichi stendardi, duecento cavalieri in costume del secolo XIV comandati dal colonnello Laugier del Genova, dal generale Adolfo Mario, dal conte Marazzani Visconti e dal principe di Moliterno. Molti saracini di pezza caddero sul campo, trafitti dalle infallibili lance dei prodi, e le evoluzioni inap1>untabili intrecciarono con le grazie barocche dell'alta scuola fuggevoli figurazioni. Si sarebbe detto che le antiche leggende ,e le dolci ballate nelle quali si era compiaciuta la fantasia adolescente di Margherita avessero mandato i loro personaggi a salutarla e a farle omaggio sulla soglia della sua vita di donn,, e di Regina. Reggia vuota La residenza dei principi fu fissata a Napoli Gran folla li accolse in Toledo, dai balconi e dalle finestre molti mazzi di fiori vennero lanciati dalle borghesi patriote, e un mazzo di fiori colpì in un occhio il sindaco conte Capitelli che stava accanto alla principessa. Poi sotto il balcone della Reggia straripò dai vicoli l'innondazione dei dimostranti. Espansività napoletana : ma sotto covava una diffusa amarcz- ::~: :U1Rs~:ad~~?o~i:téo t~r'~~~aarar~:: chessa di San Cesareo da Napoli e ci ha narrato la visita del principe Umberto. Il principe avverte la frè'ddezza del ricevimento e ne è seccato>. Napoli soffriva: di quella bella Reggia così vuota; di tutti quegli ufficiali di « ncoppa 1 0 Piemonte • a occupare i tavolini dei caffè; di tutte quelle tasse da pagare a esattori meticolosi che parlavano furasliero. Per medicare questo sottile disagio « di una capitale esiliata in provincia•>, da principio non si era trovato di meglio del generale Enrico Cialdini, e questi aveva fatto così bene le cose, che a moltissimi, anche patrioti, l'Unità finiva per apparire indistruttibile, santa, volut:1 da Dio, tutto quello che volete : ma antipatica a starCi. Lentamente Margherita riuscì a ri~ dare a questo popplo disorientato la sensazione che nel nuovo ordine fosse possibile trovare qualche cosa di più intimo dei motivi retorici sulla libertà e sul progresso serviti dai candidati. Il vecchio sentimento affettuoso di una popolazione· monarchica da sempre, che ristagna in nostalgie pericolose, tornò a poco a poco a fluire intorno alla fragile principessa bionda che passava fiduciosa e sorridente per Toledo, e accoglieva le prime dame che si facevano presentare con una grazia regale che Maria Sofia, rjcordavano quelle, non aveva mai avuto. Certo il compito non fu facile, e incidenti significativi segnarono a lungo la resistenza. Quando usciva la carrozza della principessa, molti, nei gruooi che stazionai.-ano « avanti Palazzo», noi,_'_ sn.lutavano. Non salutò il conte Enrico Statella, e un ufficiale delle Guide lo provocò e per una settimant1 Napoli non parlò che del loro duello ::\ gravi condizioni. Il duca di Bivona, presidente del Circolo « La Filannonica >, indiceva il ballo sociale esclu- " dendo dagli inviti tutta la Casa dei principi. Don Ottavio Messa.nelli duca di Castronuovo sceglieva per dare un ballo lo stesso giorno di un ballo a Palazzo, e la polizia st~zita gli chiudeva la casa e proibiva il ballo. Con un'altcra semplicità che era un'altra delle segrete risorse della sua femminilità, Margherita metteva fra sé e quelle manifestazioni ostili una insuperabile distanza. Può anche darsi che il suo cuore di principes.sa e di dama comprendesse in fondo la fe.deltà J. una causa perduta, e che questa comp.rensione le impedisse di esser raggmnta da quanto era di meschino in quelle 5Corie d'un sentimento elevato. Senza dubbio conobbe momenti pcno- -;i: aveva diciotto anni soltanto, cd era avvezia all'ossequio devoto dei torinesi, all'affetto dei contadini di Agliè. Pure non lasciò mai che l':tmarezza di uno sgarbo subìto inquinasse il sorr~- so col quale. accoglieva un omaggio offertole. 1893 • 1A Regina )hrgberlu accompagut.11 dallo ,coltore Hcnteverd• al OirtGloArti.nico di Roma Alla fine però la sua sorridente imperturbabilità e quello che le era CO'it,uo mantrnerla ebbcrq il loro premio. L'11 novembre 1869, ~rata di g:lla al San Carlo: da un palco di prima fila si affaccia la notissima. figura di

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