Omnibus - anno I - n. 20 - 14 agosto 1937

/ Il censimento del 192 t alla voce e: classi professionali >, che comprende quelle che noi chiamiamo professioni liberali, elenca 3o6.830 uomini contro 359.982 donne. Ci sono almeno tante doAne che scrivono quanti uomini; ma mentre sono uomini gli scrittori d•eccezione, che hanno scarso pubblico e scelta produzione, i romanzi scritti dalle donne sono il pane quotidiano dei lettori inglesi : produzione quasi sempre dozzina'le o peggio, ma su cui gli in9lcsi si buttano avidamente per gli ozi domenicali ed i lunghi percorsi quotidiani in tranvai o sulle ferrovie suburbane. Acuti osservatori delle cose d'Inghilterra denunciano come conseguenza di questa parificazione sociale, morale e fin dove è possibile fisica della• donna all'uomo una e: fcmminilizzazione > del paese; fenomeno al quale contribuiscono per la loro parte quell'ideale trovadorico di cui ho detto più sopra, e le citate virtù femminili di duttilità ed agilità intellettuale. Poiché di pari passo con le conquiste della donna va un certo rassegnato ed apatico cedere dell'uomo alle sue caratteristiche inalterabili; ché la donna ha un bel farsi simile all'uomo, ma essa non può mutare la sua natura di essere recettivo e scrigno di vita futura; e quindi è conservatrice, pacifista, nemica delle novità e dei subbugli, egoista, più devota che buona, più pietista che religiosa, e via elencando. Ora è indubbio che una mentalità femminile così concepita domina sempre più il paese, dal secolo scorso, dal lungo regno di una donna che portò nel governo del paese idee e concezioni personali, variamente giudicate, ma indubbiamente e genuinamente femminili. • Così è certo che la donna e le sue rivendicazioni ed i suoi atteggiamenti hanno molto influito sull'istituto familiare; certo il senso della · famiglia è oggi ben diverso lassù che da noi. Sedevo Jn giomo a Londra con un intelligente inglese in una sala dell'Oxford and Cambridge Club; e tornato in quei giorni da un viaggio nella Scozia gli dicevo la mia mCraviglia per aver trovate le terze classi dei diretti così vuote (in Il'l.ghilterra non ci son che due classi, tranne rare eccezioni i e in prima non viaggia nessuno). e Ma siamo ooi inglesi>, m'interruppe, e che quando veniamo in Italia ci meravigliamo di vedere Je vetture dei vostri diretti cosl gremite; che co:sa hanno gli italiani da anda.r sempre su e giù? ,. e Eh>, gli risposi imbaraz: zato, e vanno, per esempio, a trovare 1 parenti, i figli, i genitori >. Su questa mia frase il mio inglese sviluppò un lungo discorso come gli inglesi si stupiscono del sentimento, dell,'attaccamento, della passione che noi italiani manifestiamo nei nostri rapporti fa. miliari; e come ceni romanzi, certe commedie nostre basate sulle conse- ~nze drammatiche di questi rapporti siano incomprensibili lassù. Le sue parole furono molte, e gli esempi ab• bondanti; il succo del dUC:orsoera che anche dentro la famiglia ogni generazione, anzi ogni individuo vive una su1 vita chiusa, affettiva e sociale, in cui gH altri non hanno ingerenza; la madre vecchia che viveva a Manchester e che non sentiva il bisogno di andare a trovare ogni tanto, la figlia ventenne che era andata a far Natale con ,certi amici, erano sì care persone per cui aveva considerazione ed amicizia, ma che si movevano ciascuna nella sua sfera e non lo turbavano con reazioni personali di alcuna sorta, né nostalgie né desiderio di espansioni né gelosie né timori di mali. Sta il fatto che la donna in Inghilterra, appena le sue condizioni economiche glielo permettono ed i figli sono un poco cresciuti, li affida ad altre persone, alle scuole private, li avvezza presto a cercare svaghi ed interesse ed affetto solo fra i coetanei. Ed anche i piccolini sono assai .più razionalmente e scientificamente allevati che da noi, ma assai meno vezzeggiati e coccolati. La famiglia si disperde presto i e il più delle volte sembra ridursi alla sola coppia dei due coniugi. E questi sì, sono spesso così bene unié(!~) ~ ,..·r ,;i' ,;)T'"· . t .. r/:i ' ~ .... ( ,. I l I, I -~ ' ~ . . .. -., ·,,; .., . •' I , .. : .... ' :-,r\ /, ' . - i J I "~:< ••-' l. •,. ,: ., l!,,l;• K. t ..,,~ ·-·-·-·•···":.... " .boora a Madrid e<111qu1to caldo '111 u A"To pre110\.ato 11.zia ca.men a 8&11S.bull.1110 1 ma ~ tuuo ~p•to dai 11uio11ali" ti e concordi di idee e di abitudini, pur ciascuno con la sua sfera indipendente di diritti, che sembran l'atomo dell'idrogeno, un nucleo nel mezzo: la donna, ,ed un elettrone che gli gira intorno: il marito. Coniugi Che non sempre, anzi raramente si sono sposati per una travolgente passione, ma vivono perfettamente insieme, integran~ dosi a vicenda con uguali abitudini ('d uguali gusti; ma in questa comunanza la donna è la più forte, ed impone al marito le sue letture, le sue ubbìe, le sue amiche1 i suoi cagnolini, il suo giardinaggio, il suo tè del pomeriggio. La inglese non è massaia come la te• desca, non ama la cucina, non è co~ì perfetta ragioniera ed amministratrice; ma socialmente parlando è spesso un'ottima compagna e sa, anch'essa, rendersi indispensabile all'uomo che ha domato a furia di subdole abitudini I! di sottili tirannie. Anche all'influsso femminile Ji deve tutta la legislazione contro lo spaccio delle bevande per cui è più difficile oggi in Inghilterra bere che fare all'amore; se le cose non son cambiate da quando c'ero io, non è possibile dopo le quindici alla trattoria, anche se Vi siete seduto a tavola da pochi minuti, ottenere un goccio di vino o di birra. Gli è che la donna vede nel!'alcool il suo più fortunato rivale, anche se qualche volta è il suo galeotto consigliere; ed ha ragione, ché I' inglese tende a far valido per tutto l'anno, e sostituendo all'onesto fiasco più raffinate bottiglie di gin, di rum e di· whisky, quel proverbio estivo bolognese: « quand la àgàla {iga, teint al fiasc e stà luntan da l'amiga >. E credo che la vittoriosa emancipazione femminile sia la causa prima della forte diminuzione delle nascite, anzi della lieta, apena e vivace campagna per la limitazione di esse, contro la quale i dissidenti osano appena levare la voce, e le rampogne della chiesa cattolica paiono risonare nel deserto. Certo, anche la Church o.f Englarid si pronunciò contro l'uso di mezzi antifecondativi; ma in tono piuttosto dimesso se dobbiamo credere ad un giornalista americano (H. E. Scarborough, nel libro Englarid muddl~s through), il quale dice che la chiesa ~i è accontentata di raccomandare che « the utilitatlon o/ co,ttraceptives should be prueded by prayer >, che l'uso di tali mezzi sia preceduto da una preghiera. E importanti appaiono i segni di quella. e femminilizzazione > - denunciata fra altri dal Pellizzi nel suo Cose d' i ,ighilterra, - nel campo politico. Leggo nello Scarborough che fino al LONDRA • R&gUMIn allenamento diciottesimo secolo l' Inghilterra ha sempre parlato franco delle sue conquiste, ammettendo senza vergogna the cercava terre oltremare per collocarvi il soprappiù della popolazione, o per cercare nuovi sbocchi al wmmercio, o per semplice e comodo bottino. Ma già il secolo dopo, alla fine dell'èra vittoriana, il concetto che un paese poteva annettersi nuovi territori solo perché gli facevano comodo ed aveva la forza sufficiente per prenderseli era distinctly not fashionable; e nacquero gli argomenti della protezione dei beni e degli interessi dei sudditi britannici, o deUa elevazione e redenzione dei nativi. E il nostro secolo ha veduto il progressivo liberarsi dei dominii dalla metropoli, il progressivo emanciparsi delle colonie, il trionfare di concetti rugiadosi ed umanitari i i accanto alle teorie sulla pace pcrpetua 1 sulla sicurezza collettiva, che hanno portato a quella creazione tutta femminile - son d'accordo col Pellizzi - che è la pax ginevrina. Ché bisogna ammettere che nella utopistica devozione alla Lega e nelle i.steriche affermazioni dei diritti dei barbari c'è stata, in lnghiltef1a, molta buona fede i non dico da par.te dei politici; ma l'uomo nella slrat.~, così femminilizzato nelle sue concezioni sociali, ha dimenticato in buonafede la conquista dell'impero, Sir Drakc e Clive Cccii Rhodcs e Chamberlain il vecchio, è, timoroso della violenza, deprecatore di ogni energica conquista, di ogni fatto che possa turbare l'aureo status quo. Dirò per codicillo che le donne inglesi sono spesso belle, d'una bellezza levigata e assorta, bellezza da efebo e da adolescente, e restano tali spesso fino ad età avanzata; hanno spesso quella fragile trasparenza 1 quella perduta gentilezza per cui paiono le più delicate creature del mondo, le più bisognose di aiuto (e sono poi intrepide mangiatrici e solidissime di fronte ad ogni emozione); hanno spesso una voce calda e bassa come in es.sa si rifugiassero tutti i sentimenti compressi ed inibiti. Nel giudicare le cose cd i sentimenti portano certi concetti naturali, semplici, vorrei dire igienici, che~sono se non altro rassicuranti ed indizio di buonafede. Un aneddoto molto noto nei salotti internazionali è quello delle parole che la donna delle varie nazioni dice all'uomo dopo di essere stata sua; ebbene, la frase attribuita all'inglese è veramente ben scelta e corrisponde proprio a quello che ho detto più sopra : « Do you feel com/ortable now? >. PAOLO MONELLI TRE MEDITERRANEI VI SONO AL MONDO tre Mediterranei. li nostro è il più carico di storia, ma, se si guarda al futuro, è facile immaginargli un grande rivale in quell'altro M'edilcrranco enorme, le cui sponde si chiamano Asia, America cd Oceania. Non parliamo del terzo, che è compreso fra l'America settentrionale, la meridionale e l'arco deU' America centrale, e della cui e libertà > gli Stati Uniti sono gelosi non meno di quanto lo siamo noi per il Mediterraneo nostro, e i Giapponesi per l'Oceano Pacifico nella sua parte OC• cidcntalc. Tutto tace oggi, e almeno da quarant'anni, nel Mare delle Antille, mentre nel Mediterraneo dell'Estremo Oriente è ricominciato un frastuono al quale non si possono chiudere gli orecchi, e anche tomo tomo al Mediterraneo europeo be.n sappiamo che l' oriuonte non è ancora limpido, Da pochi decenni soltanto è cominciata l' espansione della politica internazionale. Le qucstfoni territoriali e i problemi delle naiionalilà, naturalmente limitati nello spazio, che avevano una volta grandissima im• portan:ra, l'hanno ormai quasi del tutto perduta. Problemi, ad esempio, come quelli dei rapporti franco•tcdcschi per quanto derivano da cont•tti tcn-iloriali lungo una ::~~~sci!o p~•e ~C:;!in::r d;at~~il~::::~ tanto sangue durante i secoli, superati e fastidiosi. Vi sono questioni, che si allargano come macchie d'olio sulla carta geografica d'ambcdue gli cmisrcri. In realtà, i nostri sono essenzialmente tempi di problemi mondiali. E le questioni interne che solo importano, oggigiorno, son quelle che riguardano le Nazioni come nuclei di forza umana e di ricchcna materiale, cioè i fattori della potenza nazionale, che è l'unico valore misurabile nella 1toria del mondo. Quando si dice che la vita italiana deve essere tutta portata sul piano dell'Impero, bisogna pensare, per non limitarsi a ripetere una vuota frase, a questo allargamento di orizzonti, a questa connessione e subordinazione delle questioni interiori a quelle internazionali e mondiali. Il primo passo sulla via dell'Impero è stato compiuto dagli Italiani quando hanno smesso di pensare soltanto ali' Adriatico, essendosi accorti che c'era anche il Medi• tcrranco, Ma poiché qucst'ullimo è un mare nel quale possono restare tranquil• lamcntc chiusi soltanto popoli piccoli e anemici, è naturale che gli Italiaoi abbiano cercato di uscirne fuori. Ecco perché la politica estera dell'Italia, mentre dicci o quindici anni or sono aveva raggiunto la sua espansione massima col partecipare al patto di Locarno (ancora la vecchia questione franco-tedesca), oggi si afferma come ricerca d'equilibrio intcrimperialc at• tra\'crso i continenti. I problemi del Mediterraneo latino, di conscgucnu, sono oggi assai più vasti di un tempo, Si tratta di una « pouanghera >, sulla cros1a terrestre, che è importante co• mc un oceano. La civiltà europea è destinata a gravitarvi intorno, e sempre più intensamente. Bisogna proiettare le questioni mediterranee di attualità: fondu.ione della nuova Spagna, convivenza dell'Italia, Inghilterra e Francia, rapporti fra Asia cd Europa, su questo sfondo che è fatto di prospettive secolari, per comprendere non solo il signilìcato storico di ciascuna di es.se, ma anche il loro collegamento, e quindi la loro complicationc. La stessa cosa si può ripetere per i problemi del Mediterraneo cs1rcmoricntalc, ove si considerino dall'angolo visuale del Giappone. Quello è il punto di gravitazione della civiltà asiatica, nella quale l'impc• rialismo nipponico sta introducendo germi rivoluzionari, t probabi!c che la storia fu. tu-ra veda •vilupparsì, nel Pacifico occidentale, avvenimenti decisivi per la vita del- , l'umanità non meno di quelli che, più di duemila anni or sono, si sono svolti intorno al Mediterraneo latino. Ma la funzione storica di quest'ultimo non t tcnninata, .È nel Mediterraneo che l'Europa sarà difesa con1ro l'Asia, se mai le gigantesche forte asiatiche, uniricatc, si metteranno in moto verso occidente. t nel Medilcrranco che l'Europa sarà difc• sa contro l'Africa, se le dormienti energie africane un giorno si desteranno e premeranno verso il Nord. Queste non sono fantasie, ma ipotesi basate sulla trasformazione della politica inlcrnaz.ionalc in po• litica intercontinentale, Non saranno né la no~t"a generazione né quelle immediata• mente seguenti, che dovranno occuparsene, ma ad esse 1pet1a di ricostruire l'unità dell'Europa, cootro l'Asia e l'Africa, là donde essa è uscita la prima volta. W. CESARINI SFORZA ESTREMORIE!ITE LA COSA cominciò cosl. li Governatore di Canton pretese impedire il commercio dell'oppio, che era esercitato da sudditi inglesi. Allora l'Inghilterra fece la guerra alla Cina e a cannonate la costrinse ad aprire i suoi porti all'oppio e alle altre merci britanniche. Fu quella la cosl detta guerra dell'oppio. Cib accadeva nel 1842. Si era in periodo di liberismo acuto. Laissu. Jairt, faisse~ paJJer: laissti /umer. Undici anni dopo, qualche cosa di simile accadeva al Giappone, in una forma meno violenta. Bastarono le trattative diplomatiche: beninteso appoggiate da una squadra navale americana, al comando del Commodoro Pcrry, E cosl anche il Giappone si pcnuasc ad aprire i suoi porti al commercio e alla civiltà dei bianchi. E comincib la nuova storia dc])' Asia, A quei tempi, osserva giustamente il Pc• staloua {nel suo volume « Estremo Oriente >, edito dall'I.S.P.I.), si sarebbe pensato che la Cina sarebbe riuscita ad assimilare rapidamente la nuova civiltà, con cui veniva a contatto, e che il Giappone, invece, ass.ai difficilmente vi sarebbe potuto riuscire. Allora l'Imf>ero cinuc estendeva il suo potere Sll pii! di un terzo dcli' Asia, era circondato da una corona di Stati vassalli, aveva una popoluionc superiore a quella di tutti gli Stati d'Europa riuniti insieme, territoi. che si supponevano ricchi d'ogni risona; sembrava, pcrcib, che esso avesse, sia pure allo stato latente, la forza d'una grande po~nu. Oltre a cib, la sua antichissima civilità, la sua eredità morale e culturale quattro volte millenaria, potevano autorinarc la supposizione ehc esso fosse pronto a farsi permeare dallo spirito dell'Occidente e ad avvantaggiarsi di quanto l'Occidente aveva fatto nel campo del progresso. Il Giappone, invece, chiuso nelle sue isole - di estensione, popoluionc e risorse limitale, - non ancora desto dal letargo in cui lo aveva tenuto immerso, per quasi due secoli e meu.o, il governo degli Shogun Togukawa, sembrava dovesse essere meno preparato ad auimilare la nuova civiltà e che piuttosto dovesse offrirsi come facile preda. Come è noto, è avvenuto il contrario. La Cina soggiacque per cinquant'anni al giogo di una donna, rimase chiusa ad ogni progresso: ciò non ostante, osò affrontare più guerre e, come era naturale, passò da una KOnfitta all'altra e perdette a uno a uno gli Stati vusalli. Alla fine fu sconvolta da una rivoluzione, che fu una crisi non di ringiovanimento, ma di dccrcpitcna, e poi da un lungo periodo di anarchia e di guerre civili, Il Giappone, invece, si assimilb rapi• damcntc lo spirito della civiltà occidentale, innestandolo al vceehio tronco delle sue tradizioni ; anche esso affrontò più volte la guerra, ma pauò da una vittoria all'altra, diventò sempre più forte e potente, temibile per quelle stcuc Nazioni che avevano preteso civilinarlo. E conobbe anch'esso i mali della civiltà: l'industrialismo intcnsiuimo, il supercapitalismo, il macchinismo, l'insufficicnu della terra, le crisi, la di• ,occupazione, 101 E L'ESTRETIIOll!Elffll QUEL che è accaduto negli ultimi an• ni fra la Cina e il Giappone non è facile a intendere. Noi ci sforzeremo di ,riassumere, qui, in poche parole, sei anni di tempestose vicende con la massima obiettività. Né, del resto, avremmo alcuna ragione per non essere obiettivi. Esattamente la nostra posizione di fronte ai due protagonisti del dramma fu definita dal Ministro Galcaz:zo Ciano nello storico upos, della politica estera italiana che tenne il 13 maggio alla Camera. cL'amiciz.ia col Giappone >, dine in quella occasione il nostro Ministro degli esteri, e è di vecchia data e trova la ragione di essere non solo nel rispetto e nella reciproca ammirazione delle qualità operose e militari dei due po• poli, ma anche nell'atteggiamento apertamente assunto dal Governo nipponico contro la minaccia del bolscevismo e in difesa dell'ordine •· E per quanto riguarda la Cina: e Relazioni del pari cordiali sono quelle che corrono tra noi e 1a Repubblica . cinese. La politica, che da tempo t stata svolta in Cina, di intensa collaborazione, si è sviluppata secondo le lince previste ccc. >, Queste parole nobili e misurale esprimevano non solo un atteggiamento di Governo, ma anche un senti.mento popolare, Noi abbiamo, <' "que, vera amicizia cosi per il Giappone come per la Cina, Ma i fatti 10no fatti. E i fatti dimostrano che la Cina marcia verso il suicidio, nonostante la pru• dcnza e gli sforzi del dittatore Ciang-KaiScck, STORIARECENTE QUEL che è accaduto negli ultimi an• ni in Estremo Oriente non è scm• prc facile a capire. Che il Giappone guardi alla Cina come a una immensa pre• da offerta ai suoi immensi appetiti s'in~ tende, Ma l'imperialismo giapponese ~ mul• tifonnc, anzi muhanimc: è guerriero cd economico insieme; ha bisogno di conqui• stc e nello stesso tempo di mercati; della terra e delle risorse cinesi e della e collaborazione > cinese; vuole, insomma, il corpo della Cina e il suo cuore, Questi due programmi non si auuano fa. cilmenle insi1me. Quando l'esercito giappo~ nesc avanza, la vecchia Cina avvampa d'o• dio, impotente. Ma allora il Giappone si fa avanii ed offre la sua amicizia, i suoi mini• stri fanno dichiarazioni cordiali, i suoi in• dustriali e i suoi banchieri fanno piani cd offerte. La Cina rifiula tutto ; rifiuta di e collaborare >, rifiuta l'amici:r.ia giapponese, rifiuta - quel che più conta - le merci giapponesi, E allora l'esercito giapponese sguaina di nuovo la spada. Negli anni fra il 1924 e il J 928 il nazionalismo cinese riportb dei successi di fronte alle Potenze occidentali. L'Occidente era stato preso alla sprovvista, E la guerra mondiale era finita da troppo poco tempo perché si potesse pensare a un castigo di tipo coloniale. Cosl la Cina ricuperò territori di concessioni, ricuperò diritti, ricuperò fiducia in se stessa. Da ultimo ricuperò troppo. Si ubbriacò del successo e credette di esser diVt'ntata forte solo perché l'Inghilterra, che era lontana, aveva ceduto. E gli stessi metodi, che aveva usati con l'Inghilterra, volle usare con la Russia. ~fa la Russia era vicina: l'esercito rosso reagì cd innisse un duro castigo alle truppe cinesi. Poi ru la volta del Giappone. La Cina v~le,a ricuperare l'autorità che di fatto più non esercitava in Manciuria e pretendeva la rcatituzione delle rone che il Giappone aveva occup::uc. Incidenti violenti e boicottaggi ac· cclcrarono i tempi. Il Giappone aveva da scegliere fra due vie: o restituire o reagire. Tutti sanno quel che segul. Il 18 settembre 1931 il Giappone cofinciò a metter le mani nel Manciukuò; e non si fermò, o, meglio, non sostò che quando lo ebbe con• quistato interamente, compreso il Jchol: i~ lutto un milione e 304 mila ehm. quadrau, (un territorio più vasto di quelli della Francia della Germania e della Gran Bretagna so~mati insieme) e circa 31 milioni di abitanti. Poi fu la volta del Hopei orientale, che fu messo 10tto un governo cosl detto autonomo, Poi il Giappone allargò le sue mire al Suiyuan e il Ciahar, che fanno parte della Mongolia interiore. Alla fine, come dice un giornalista francese, tutta la Cina del Nord avrebbe dovuto formare un vasto giardino, da cui sarebbero stati per sempre esclusi quegli c:sseri inutili che 10no infagottati in una uniforme cinese: soldati, gendarmi e banditi. Si giudichi come si vuole la politica giapponese; ma è certo che la provocazione venne dalla Cina. Questi sei anni di storia della Cina dimostrano quanto danno possa arre• care ad un popolo un naiionalismo fatuo cd imbelle, che non sappia misurare i suoi gesti sul metro delle sue fone. Ma il Giappone non poteva arrestarsi. Cib che è facile oggi sarà difficile fra dicci anni, impossibile fra trenta. Il tempo lavora per la Cina; e non solo il tempo. Nell'autunno scorso il Giappone pre~ntò una serie di domande al Governo cinese. Se questo le avesse accettate - ha scritto un giornalista americano, Peffcr, - la fine del· la Cina come n:nionc indipendente sarebbe cominciata. Il Governo cinese non le ac• ccub; e non poteva fare altrimenti, ché n.• rebbe stato subito spanato via dall'indignazione popolare, Toì:io minaccib. Ma il Governo cinese tenne rermo. Da dicdne di anni non era mai accaduto niente di simile in Estremo Oriente, Secondo il 1uo uso costante, il Giappone avrebbe dovuto reagire subito con la forza. Ma esso cap\ che solo una vera e propria guerra avrebbe costrctlo la Cina a cedere, e non volle pagare que• sto prcno. Prcrcrl lanciare un attacco sul fianco dell'avversario sotto forma di una rivolta della Mongolia interiore e di un tentativo di metter le mani sul Suiyuan. L'attacco ram. La cosl detta rivolta fu K:hiacciata e lo Stato Maggiore giapponese si 1i• tirb dal giuoco. Fu per la Cina upa vittoria morale, più che militare; ma bastò questo perché di nuovo il nazionalismo cinCJC si gonfiasse di orgoglio. PAllfflA D'Alllll RIAPERTA LO STATO MACCJORE giapponese rimandò la partita d'armi. Nel marzo .corso, i movimenti nella Mongo• lia interiore cessarono e le truppe giap• r 1 poncsi si ritirarono del Suiyuan, Seguirono f proteste giappone1i di amiciz.ia. H Ministr~ Soto dichiarò che il dCJidcrio della Cina di essere trattata su un piede di eguaglianza e dovesse essere rispettato > e che < le passate divergenze dovessero essere dimen• tic.ate,. Ma, nello stesso tempo, la Cina faceva notevoli progressi verso la unificazione, Nanehino induceva a collaborare Sung-ChehYuan, presidente del Consiglio del Hopci• Ciahar, Ciang.Kai•Scck costituiva un Consiglio della Offesa nazionale cd erano chia. mati a farne parte vart generali, fra i quali Pai•Chung-Hsi, Ministro della guerra: il quale Pai è uno dei due capi del Kwangsi, che, poco più di un anno fa, guidarono la ribellione del Sud diretta a otlcncrc la guerra contro il Giappone. Un congrcqo di 200 mila comunisti invocava la gucfl'a contro il Giappone. Alle offerte giappo11~i di collaborazione economica, la Cina rispondeva: ntssuna collaboruionc finché non siano ri• soltc tutte le divergenze politiche. F, il Govcmo di Nanchino si spingeva fino a tentare di ricuperare l'autorità che aveva perduta nel Hopci e nel Ciahar; furono inviate truppe cinesi a Tsing-Tao nello Sciantung, per impedire il contrabbando; alcuni punti dello Sciantung furono fortifi('ati ; il forte di Woosung a Sciangai fu rin,nruito; fu vietato sotto pena di morte ai c.inc,i nel Hopci e nel Ciahar di vendere terre a stra. nicri; il Governo cinese si opponeva allA istituzione di u'na linea aerea Ticntsin-Tokio, rifiutava di acconsentire alla costruzione di una ferrovia nel Hopei in collaborazione coi giapponesi; il Consiglio politico del Hopci e del Ciahar decideva di far rappresentare quelle due province ali' Assemblea nazionale del popolo cinese, <'CC. t accaduto quel che il giornalista amc• ricano Pcffcr penpicacemcntc VTevcdcva. La Cina avrebbe dovuto guadagnar tempo e prepararsi. Avrebbe dovuto sopportare qualsiasi umiliazione, pur di guadagnare tempo, Invece il succeuo l'aveva accecata, Il successo riportato tra l'autunno scorso e questa primavera l'ha indotta ad osare. Allora lo Stato Maggiore giapponese ha agito. Probabilmente esso stesso ha provo• cato gli incidenti dc11'8 luglio a Linkuchau, Il metodo è VflCChio.E la partita d'armi è stata riaperta. OMNIOUS M·NIBU SETTIMANALEDI ATTUALITÀ POLITIOAE LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12-1& PAOlNE ABBONAMENTI Italia e Oolonl11 1nno L. •51 umtllte L. 23 E.Itero I anno L. 70, um&&tl't L, 38 OOJl'I IIOJIIIER.O 011 Liii lhooaerhtl, dlaegni • fotografie, anehe •• non pabbllcatl, non Il tt1titul1«ino. Dirulon•: Roma • Via del Bo.darlo, 28 Ttlefoo.o N. ~61.83~ AmmiDlstrnloD.1: lfilano • Piu1a Carlo Erba, 8 TelefonoN. 24.,808· ~ Soo.&non.Edltrtce " OIUIBOS " • llilu•

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