ANNO I • N. 20 · ROMA 14 AGOSTO 19l 7-XV SICILIA SI t'UO' DISTINGUERE in tre tempi la ricostituzione dell'Esercito operata da Munolinì. Il primo va dal 28 ottobre 1 922 al maggio 1925 quando il Duce, già capo dcli' Aeronautica e della Milizia, assume il ~·linincro della Guerra, cui doveva poco dopo seguire quello della Marina. Entro i limiti dell'ordinamento Diaz del gennaio 19231 l'E5Crcito ri• para i danni di quattro anni di crisi. Le unità, liberate dai servizi di polizia,• ritor• nano alle istruzioni, si migliorano le condizioni economiche degli ufficiali, si fissa la ferma in diciotto mesi, si riorganizza l'alto Comando. Il secondo tempo, sotto la diretta azione del Duce, dura otto anni. I problemi fondan,cntali dell'ordinamento, dell'armamento, dell'addestramento, sono affrontati in tutta la loro ampiezza e profondità. Con le sette leggi militari del 1926 l'Esucito assume la nuova fisionomia, di cui è lineamento cssen· zialc la divisione tunaria. Studi cd esperìcnze, in cicli addestrativi che si fanno via via più intensi, culminano nelle annuali grandi acrcitazioni. Contemporaneamente si apprestano nuove armi e nuovi mezzi, si intraprendono lavori stradali militari e fortificazioni, si rinnovano le dotazioni. li teno tempo v.a da.I 1934 al 1936, t,;'ell'esratc del r 933 il Duce, che nel 1 929 aveva affidato i tre dicasteri militari a tre ministri responsabìli, riassume la direzione di tulle le Forze armate. Ricostituiti i quadri, rinnovato e aggiornato il materiale, si deve ora curare più intensamente la formazione degli uomini, infondere nell'Esercito, come unità e come 10mma di individui, lo spirito della nuova civiltà na• zionale. I fini immediati e permanenti sono in• dicati dal Duce stesso nel discorso dal carro d'assalto al termine delle grandi manovre del 1934. Si tratta di fare dell'Italia una nazione «militare>, anzi, « militarista >. Meglio ancora, < guerriera >, ci'X , dotata in grado sempre più alto del- - le virtù dell'obbedienza, del sacrificio, della dedizione alla Patria >. Alle parole seguono i fatti. Le leggi del settembre 1934, sulla istruzione pre e post-militare e sull'insegnamento obbligatorio della cultura militare nelle Kuolc medie e superiori, consacrano il principio che « le funzioni di cittadino e di soldato sono inscindibili nello Sta•o fascista>. La soluzione si attua su q ..e. sto piano morale e culturale. Nuove leggi sull'ordinamento e l'avanzamento degli ufficiali e la riorganizzazione dello Stato Maggiore, si ispirano al concetto di elevare ai gradi superiori i più idonei per doti fisiche e intellettuali, per amore della responsabilità, per effettiva e provata capacità di comando. La guerra d'Africa è il definitivo collaudo del rinnovamento dell'Esercito opc· rato da Mussolini, la vittoria il suggello del supremo comando che da Roma guidava i nostri soldati sulle vie della conquista. Il Duce non attese la conquista del potere per indicare agli italiani il dominio dell'aria. Nel 1919, $0lo, intraprende, come può, la sua battaglia per l'aviazione. e: Volare! Volare per la bellezza del volo, quasi l'arte per l'arte•· Ma il poeta non distrae l'uorro politico. Come non avverte, il governo, che i cento milioni stanziati per l'aviazione sono di.scc.s.i a dicci? « Dicci milioni non banano nemmeno ptr pagare i custodi degli aerodromi >. E qual è l'or• dinamcnto dell'aeronautica? Non è ancora definito. Da chi essa dipende? Dai Trasporti, dalla Cuhra o dalla Marina? Nessuno lo sa Si vuole troppo quando si domanda che la navigazione aerea venga controllat:i da un unico ente responsabile? Tre mt-si dopo la ~arcia su Roma Mussolini pone decisamente, nel Consiglio dei Ministri, il prOblema dell'aviazione. Eravamo usciti dalla guerra con più di cinquemila arroplani efficienti e molte migliaia di motori, con alcune migliaia di piloti allenatissimi e un'organiuazione poderosa. Ch,- rosa ne rcstaN"a? Un centinaio di apparecchi efficienti, ma di tipo anti• quato, una dozzina «forse• di piloti sufficientcmrnte addestrati, un paio di scuole, otto o dieri ·campi in condizioni pietose, un servizio quasi inesistente di segnalazione atmosferica e radiotelegrafica, :,,;on è il ca.so di perdere tempo. E Mus• solini non perde nemmeno un minuto. Pochi mesi dopo, consegnando la bandiera dcli' Aeronautica agli aviatori convenuti nel campo , Francesco Baracca >1 annuncia che l'a\·iazione italiana ('Siste, finalmrnte. Pochi giomi prima trecento aeroplani a1.cvano solcato per due ore il cielo di Roma in ordine p,.rfetto, , Xell'anno prossimo il loro numero sarà triplicato>. L'ala italiana è riS')rta e non sarà mai più infranta. Ali' indomani della Marcia su Roma la Marina t-ra ancora in quello uato di lo• goramento cui l'avevano ridotta due guerre consccuti\·e. S'imponeva un duplice prog1arrma: uno immediato di rinascita t"d uno successivo di potcnziamt"ntO. Entrambi dove\ano inquadrarsi nelll' con\'l"nzioni intnnazionali. Primeg~ia\·a, fra qurstc, il Patto na\'alt di \\'ashinq:ton, cht- fiuava una grrarc!lia fra le na1ioni marittime, in base a limiti quantitauvi e qu:ilìtati'-i. ~fus· solini riHndicò ent-rgicaml"nlc la , parità • con la nazione più armata del continente europeo e alla scadenza del Patto di Washington, venuto meno il suo rinnovo, riprese la propria libertà d'azione. La Vittorio Vtneto e, fra poco, la Littorio testi• monieranno sui mari la decisa. volontà it.a· liana. IJ..,c grandi manovre di questi giorni, col solidale concorso delle tre armi, si svolgono sul piano imperfale. Non a ca.so la Sicilia e il mare che la circonda è il prc• 1celto campo di esperienza e di .azione. In ogni tempo essa fu il teatro delle compe• tizioni mediterranee. Nel quinto 1ecolo a. C. vi si scontrarono l'arianesimo e il semitismo e la lotta durò tre secoli. La vit· toria di Imera respingeva l'invasion! (enicia, mentre, quasi nella stessa ora, s'infrangeva a Salamina l'avanzata asiatica. Al termine e.ella prima guerra punica Roma non può rinunziare alla Sicilia, che diventa la prima provincia romana, il baluardo contro ogni minaccia cartaginese, la formidabile testa di ponte per l'ulteriore espan• sionc. Quando Cartagine tenia la riscossa, è sulla Sicilia che Annibale punta muovendo dalla Spagna. 11 genio di Roma avverte che il predominio del Mediterraneo occidentale presuppone una base ad oriente cd è la guerra macedonica, che dischiude l'ascesa imperiale con le vittorie di Cino• cefale e di :Magnesia. Distrutta Cartagine, la Sicilia resta il fulcro dell'espansione mediterranea di Roma, il punto di partenza verso l'Africa e l'A!ia, verso la Spagna e la penisola balcanica. Non diversamente nell'ottavo e nel nono secolo dell'èra volgare quando, conquistata l'Africa, gli arabi mossero alla conquista dell'Europa e dalla Spagna si spinsero fino nel cuore della Provenza. Più che una sta• zione di passaggio in un i1inerario obbligato, la Sicilia fu una base di operazione indeclinabile, il presupposto, durante due secoli, di ogni sicurezza e di ogni stabilità. Tramontata l'egemonia islamica, la Sicilia resta ancora al primo piano della storia e durante tutto il periodo normannosvevo sembra chiamata a fondere i dati primordiali della civiltà romana coi sopraggiunti clementi dell'ellenismo grecoorientale elaborando una nuova originalità italiana che si annunzierà nella scuola poc· tica siciliana L'unità ideale con la restante Italia non si sprw-rà mai più e l'impresa di Garibaldi, nell'ultima ra~e del Risorgimento, mrutrerà la verità della profezia di ~a12ini, che aveva indicato la liheraz.ione dcll:i Patria in un moto che procedrssc dalla Sicilia verso il Mezw~iorno e il centro d'Italia. Era giusto che quc\ta affermazione imperiale a\'eS!C luogo là dove Roma aveva iniiiato il corso del!~ sue fortune mcdit,.r• rance. 12 PAGINE UNA LIRA M I HANNO raccontato in Egitto che talvolta nelle notti di luna fanciulle inglesi chiedono ad un loro corteggiatore di accompagnarle s1;1lla cima della grande piramide; e lassù, come a prua d'una nave lanciata verso il firmamento, si concedono improvvisamente all'uomo. Ma la volta che l'uomo era un latino, ed il giorno dopo, ancora ebbro dell'avventura, indagònelle parole e nei gesti della donna le conseguenze della notte amorosa, e fantasticò di passione e d'impegni as!'iunti e di promesse eterne, hovò la donna tornata gelida, assente, perfettamente e seren;imentc obliosa di tutto. Forse que• sta storia non è mai successa e l'aneddoto è inventato; ma è uno di quei pratici esempi di sociO!ogia rudimentale che descrivono più di lunghe elucubrazioni. Pare infatti a molti osservatori che la donna inglese concepisca il fatto amoroso, l'abbandonarsi all'uomo, la pazziata, appunto come una pazziata, come un fatto contingente cd improvviso;_ anche se si tratta, intendiamoci, di abbar\donarsi al proprio legittimo marito. Per il quale fatto amoroso è sempre preparata, e può bastare a crearlo un:t buona bevuta, una nouc di luna 1 un ballo, un'auto a due po!iti, una barca sui lenti fiumi di lassù; ma che non deve aver sèiuito né suscitare rcsp6nsabilità e legami né avere una coda di languori e di reazioni sentimentali; e del quale ci sarebbe da vergognarsi il giorno dopo, o a luce mutata, ,;;e la coscienza non avesse automaticamente fatto scendere un sipario metallico ~u quanto è avvenuto. E tanto essa appare decisa, ardìta, senza meue mi\ufo"" e senza attrnu:\zioni nei momenti dell'abbandono, altrettanto è fredda, estranea, \C'nza mollC'nc, ,;enza ciwttcnc nell'altro tempo della sua vita. Cosicché la convivcm:.1 con un uomo, marito o innamorato (per mare un improprio termine no- ~trnl, f' una ,avia <.' comp<.Hi,ata dim<·· stid1<·zz,1in cui le faccende dcll'.1more erompono improwise e deprecabili come accessi di umore. Questa è storia nota, ed è commentata da molti aneddoti; ma meno noto è il meccanismo fisico e morale per cui la donna ingle~e, generalmente parlando della donna cittadina e borghese, e considerale al solito le mille eccezioni derivate dalla diver.::a educazione o da misture di sangue o da casi patologici, appare uno strano essere ambiguo 1 donna soltanto alle sue ore, cd altrimenti un altro tipo d'uomo, un uomo senza peli sul mento e con quella capacità di far figlioli (quando li vuol fare). ì\"on so se le in({lesi siano stalc sempre così. Certo la inglese è stata la prima donna europea, e fin dal secolo scorso, 'a menare gran guerra agli attributi femminili, petto florido e rotondità sèssili e anche possenti. Quella canzonetta friulana che conclude l'enumerazione delle bellezze delle donne della Carnia con l'esclamazione:· « l'è u,i taJtar di paradiJ >, non potltva certo nascere in J n~hiltcrra. L'inglese non è solo la donna più smilza del mondo, nrn è tagliata alla maschio, spalle larehe e bacino stretto. Togli qui e atrofizza la, accorcia la chioma e allunga il passo, mèttiti a fumare e magari la pipetta che Dunhill lanciò con gran fracMso anni fa, e fa dello hicking (C'hc son lunghissime camminate per le strade maestre, a passo ginnastico e in succinto co,;tume} r vèstiti col tailleur, oggi l'aspetto della donna inglese è de~lantcmente simile a quello dell'uomo. Si direbbe che essa si sia vcr~ gognata a un certo momento del suo sesso ed abbia cercato di confonder~i con il sesso oppmto; o mC'g-lio,che ri1rnvando,;i intellettualmente e culturalmrnte alla pari o superiore all'uomJ - ,mchc in ln~hilterra la donna appare pit'1 viv:\ce di mente, pili decisa, pi1'1 ricca d'immaginazione e di huon \emo cht non -.ia l'uorno - abbia voluto c:i.nccll,uc- il più po,,;ihil" i suoi <.:(•gnipeculiari, dall1• c-hiomt:' alle rotondità, lou;rndo d'altro canto per la SPEDIZIONE IN ABB. POSTALE parità dei diritti civ11i e politici, dalle clamorose guerre dei vetri rotti (window-breaking cam paigru) della suff ragista Emmclinc Pankhurst alle più silenziose ma più effettive conquiste nel campo culturale e sociale. Come si è comportato l'uomo ingle• se davanti a questa azione vasta e de~ cisa? Ha ceduto, in omaggio ad una concezione ideale della donna che dura in lui da secoli e che nulla ha servito a mutare, nemmeno i nuovi 1empi cd i mutati costumi. Uno studioso di cose inglesi, il Cohcn Ponheim 1 ha osservato che fin dal tempo dei trovatori l'inglese colloca la donna sopra un picdestallo che ne fa un immaginario essere superiore, innocente, delicato, modesto, casto, estraneo ai maneggi e dalle brutture del mondo : lady Godiva della leggenda sassone che cavalca nuda per la città per salvare il suo popolo dalle inique tasse, la Cordelia dì Shakespeare, l'Amelia di Thackerny sono successive interpretazioni di questo tipo ideale. Ancora oggi l'inglese ha mille riguardi verbali per la donna che pure si ritrova accanto come collega e rivale in ogni campo socia• le; ci sono ancora parole ed esclamazioni innocenti~sime al nostro gusto che l'inglese non osa pronunciare davan1i alla donna, e se le pronuncia, ne riceve un gelido ammonimento.i E quclJ'manza tuttora viva di mandar via le donne alla fine del pasto mentre gli uomini rest.100 a sedere col bicchierino e l'ultimo aneddoto sporcaccione, de\'I! esser proprio un antico compromesso fra il bisogno che hanno gli uomini alla fine d'una buona mangiata di mollare un po' i freni e sbrigliare la lingua, e la necessità che i delicati sensi della donna non siano offesi da questo contegno. Naturalrncntc la donna inglese non corrisponde per nulla a questo tipo ideale, di fragilis~imo cristallo che un nulla appanna, di angelo che una parola audace o un duro gesto sconvolgi~. Anzi essa è stata pioniera anche nel ,proclamare l'emancipazione femrnini; le nelle faccende amorose; e quel suo carattere controllato e sdegnoso non le vieta iniziative e intraprendenze, considerando essa tuttavia le cose amorose piuttosto come un diritto della sua Ebertà che una necessità naturale; e portando in queste faccende una curiosità che }?uomo in Inghilterra ha in misura molto minore. Sarebbe impossibile immaginare in un romanzo scritto da un latino per latini quella annotazione che si trova nel Lady Chat· terley's Louer del Lawrcnce, quando si narra del matrimonio fra il ventinovenne Clifford e la ventitreenne Constance; Clifford « had beeri virgin wheri he married :., al contrario Constance e la sorella minore avevano già avuta una integrale esperienza amorosa con alcuni compagni di scuola in Germania. (E: naturale, fra parentesi, che l'intimidito inglese davanti a una donna cosiffatta, gelida per self-control e tempc~tosa nell'abbandono, fisicamente così simile a lui, intellettualmente spesso superiore, certo più agile di spirito l" più sicura di sé, un po' si Smarrisca e un po' si spauri, preferisca spesso una buona bevuta ad un'avventura amorosa; e di fronte all'attrazione erotica che una donna esercita eventualmente su di lui se ne meravigli tanto da inventare il concetto del sex appeal; concetto tautologico e ~uperfluo per i latini). La donna è oggi in Inghilterra veramente parificata all'uomo dalle leggi e dal costume, o se mai più protetta; ha avuto il voto amministrativo e nolitico per cui la spaccavetrine Pa-~: hurst si batté per anni, ma soprattutto è riu~cita. a dare all'uomo il senso che è sua uguale in ogni campo. Se si to~ glie il servizio diplomatico, tutte le professioni ed attività le sono aperte, dal trono al governo 1 dalla Camera dei Comuni ai consigli comunali, dalle professioni liberali, ne~suna esclusa, alla polizia cd ai tribunali, dalle banche ai consigli d'amministrazione. La chiesa ufficiale, the Church o/ England, non concede alla donna d'c'lercitare il ~accrdozio, ma altre chiese importanti sì, come i metodisti ,veslcyani, la Unitaria,i Church, la 8aptist Church e la Cougregational Church.
/ Il censimento del 192 t alla voce e: classi professionali >, che comprende quelle che noi chiamiamo professioni liberali, elenca 3o6.830 uomini contro 359.982 donne. Ci sono almeno tante doAne che scrivono quanti uomini; ma mentre sono uomini gli scrittori d•eccezione, che hanno scarso pubblico e scelta produzione, i romanzi scritti dalle donne sono il pane quotidiano dei lettori inglesi : produzione quasi sempre dozzina'le o peggio, ma su cui gli in9lcsi si buttano avidamente per gli ozi domenicali ed i lunghi percorsi quotidiani in tranvai o sulle ferrovie suburbane. Acuti osservatori delle cose d'Inghilterra denunciano come conseguenza di questa parificazione sociale, morale e fin dove è possibile fisica della• donna all'uomo una e: fcmminilizzazione > del paese; fenomeno al quale contribuiscono per la loro parte quell'ideale trovadorico di cui ho detto più sopra, e le citate virtù femminili di duttilità ed agilità intellettuale. Poiché di pari passo con le conquiste della donna va un certo rassegnato ed apatico cedere dell'uomo alle sue caratteristiche inalterabili; ché la donna ha un bel farsi simile all'uomo, ma essa non può mutare la sua natura di essere recettivo e scrigno di vita futura; e quindi è conservatrice, pacifista, nemica delle novità e dei subbugli, egoista, più devota che buona, più pietista che religiosa, e via elencando. Ora è indubbio che una mentalità femminile così concepita domina sempre più il paese, dal secolo scorso, dal lungo regno di una donna che portò nel governo del paese idee e concezioni personali, variamente giudicate, ma indubbiamente e genuinamente femminili. • Così è certo che la donna e le sue rivendicazioni ed i suoi atteggiamenti hanno molto influito sull'istituto familiare; certo il senso della · famiglia è oggi ben diverso lassù che da noi. Sedevo Jn giomo a Londra con un intelligente inglese in una sala dell'Oxford and Cambridge Club; e tornato in quei giorni da un viaggio nella Scozia gli dicevo la mia mCraviglia per aver trovate le terze classi dei diretti così vuote (in Il'l.ghilterra non ci son che due classi, tranne rare eccezioni i e in prima non viaggia nessuno). e Ma siamo ooi inglesi>, m'interruppe, e che quando veniamo in Italia ci meravigliamo di vedere Je vetture dei vostri diretti cosl gremite; che co:sa hanno gli italiani da anda.r sempre su e giù? ,. e Eh>, gli risposi imbaraz: zato, e vanno, per esempio, a trovare 1 parenti, i figli, i genitori >. Su questa mia frase il mio inglese sviluppò un lungo discorso come gli inglesi si stupiscono del sentimento, dell,'attaccamento, della passione che noi italiani manifestiamo nei nostri rapporti fa. miliari; e come ceni romanzi, certe commedie nostre basate sulle conse- ~nze drammatiche di questi rapporti siano incomprensibili lassù. Le sue parole furono molte, e gli esempi ab• bondanti; il succo del dUC:orsoera che anche dentro la famiglia ogni generazione, anzi ogni individuo vive una su1 vita chiusa, affettiva e sociale, in cui gH altri non hanno ingerenza; la madre vecchia che viveva a Manchester e che non sentiva il bisogno di andare a trovare ogni tanto, la figlia ventenne che era andata a far Natale con ,certi amici, erano sì care persone per cui aveva considerazione ed amicizia, ma che si movevano ciascuna nella sua sfera e non lo turbavano con reazioni personali di alcuna sorta, né nostalgie né desiderio di espansioni né gelosie né timori di mali. Sta il fatto che la donna in Inghilterra, appena le sue condizioni economiche glielo permettono ed i figli sono un poco cresciuti, li affida ad altre persone, alle scuole private, li avvezza presto a cercare svaghi ed interesse ed affetto solo fra i coetanei. Ed anche i piccolini sono assai .più razionalmente e scientificamente allevati che da noi, ma assai meno vezzeggiati e coccolati. La famiglia si disperde presto i e il più delle volte sembra ridursi alla sola coppia dei due coniugi. E questi sì, sono spesso così bene unié(!~) ~ ,..·r ,;i' ,;)T'"· . t .. r/:i ' ~ .... ( ,. I l I, I -~ ' ~ . . .. -., ·,,; .., . •' I , .. : .... ' :-,r\ /, ' . - i J I "~:< ••-' l. •,. ,: ., l!,,l;• K. t ..,,~ ·-·-·-·•···":.... " .boora a Madrid e<111qu1to caldo '111 u A"To pre110\.ato 11.zia ca.men a 8&11S.bull.1110 1 ma ~ tuuo ~p•to dai 11uio11ali" ti e concordi di idee e di abitudini, pur ciascuno con la sua sfera indipendente di diritti, che sembran l'atomo dell'idrogeno, un nucleo nel mezzo: la donna, ,ed un elettrone che gli gira intorno: il marito. Coniugi Che non sempre, anzi raramente si sono sposati per una travolgente passione, ma vivono perfettamente insieme, integran~ dosi a vicenda con uguali abitudini ('d uguali gusti; ma in questa comunanza la donna è la più forte, ed impone al marito le sue letture, le sue ubbìe, le sue amiche1 i suoi cagnolini, il suo giardinaggio, il suo tè del pomeriggio. La inglese non è massaia come la te• desca, non ama la cucina, non è co~ì perfetta ragioniera ed amministratrice; ma socialmente parlando è spesso un'ottima compagna e sa, anch'essa, rendersi indispensabile all'uomo che ha domato a furia di subdole abitudini I! di sottili tirannie. Anche all'influsso femminile Ji deve tutta la legislazione contro lo spaccio delle bevande per cui è più difficile oggi in Inghilterra bere che fare all'amore; se le cose non son cambiate da quando c'ero io, non è possibile dopo le quindici alla trattoria, anche se Vi siete seduto a tavola da pochi minuti, ottenere un goccio di vino o di birra. Gli è che la donna vede nel!'alcool il suo più fortunato rivale, anche se qualche volta è il suo galeotto consigliere; ed ha ragione, ché I' inglese tende a far valido per tutto l'anno, e sostituendo all'onesto fiasco più raffinate bottiglie di gin, di rum e di· whisky, quel proverbio estivo bolognese: « quand la àgàla {iga, teint al fiasc e stà luntan da l'amiga >. E credo che la vittoriosa emancipazione femminile sia la causa prima della forte diminuzione delle nascite, anzi della lieta, apena e vivace campagna per la limitazione di esse, contro la quale i dissidenti osano appena levare la voce, e le rampogne della chiesa cattolica paiono risonare nel deserto. Certo, anche la Church o.f Englarid si pronunciò contro l'uso di mezzi antifecondativi; ma in tono piuttosto dimesso se dobbiamo credere ad un giornalista americano (H. E. Scarborough, nel libro Englarid muddl~s through), il quale dice che la chiesa ~i è accontentata di raccomandare che « the utilitatlon o/ co,ttraceptives should be prueded by prayer >, che l'uso di tali mezzi sia preceduto da una preghiera. E importanti appaiono i segni di quella. e femminilizzazione > - denunciata fra altri dal Pellizzi nel suo Cose d' i ,ighilterra, - nel campo politico. Leggo nello Scarborough che fino al LONDRA • R&gUMIn allenamento diciottesimo secolo l' Inghilterra ha sempre parlato franco delle sue conquiste, ammettendo senza vergogna the cercava terre oltremare per collocarvi il soprappiù della popolazione, o per cercare nuovi sbocchi al wmmercio, o per semplice e comodo bottino. Ma già il secolo dopo, alla fine dell'èra vittoriana, il concetto che un paese poteva annettersi nuovi territori solo perché gli facevano comodo ed aveva la forza sufficiente per prenderseli era distinctly not fashionable; e nacquero gli argomenti della protezione dei beni e degli interessi dei sudditi britannici, o deUa elevazione e redenzione dei nativi. E il nostro secolo ha veduto il progressivo liberarsi dei dominii dalla metropoli, il progressivo emanciparsi delle colonie, il trionfare di concetti rugiadosi ed umanitari i i accanto alle teorie sulla pace pcrpetua 1 sulla sicurezza collettiva, che hanno portato a quella creazione tutta femminile - son d'accordo col Pellizzi - che è la pax ginevrina. Ché bisogna ammettere che nella utopistica devozione alla Lega e nelle i.steriche affermazioni dei diritti dei barbari c'è stata, in lnghiltef1a, molta buona fede i non dico da par.te dei politici; ma l'uomo nella slrat.~, così femminilizzato nelle sue concezioni sociali, ha dimenticato in buonafede la conquista dell'impero, Sir Drakc e Clive Cccii Rhodcs e Chamberlain il vecchio, è, timoroso della violenza, deprecatore di ogni energica conquista, di ogni fatto che possa turbare l'aureo status quo. Dirò per codicillo che le donne inglesi sono spesso belle, d'una bellezza levigata e assorta, bellezza da efebo e da adolescente, e restano tali spesso fino ad età avanzata; hanno spesso quella fragile trasparenza 1 quella perduta gentilezza per cui paiono le più delicate creature del mondo, le più bisognose di aiuto (e sono poi intrepide mangiatrici e solidissime di fronte ad ogni emozione); hanno spesso una voce calda e bassa come in es.sa si rifugiassero tutti i sentimenti compressi ed inibiti. Nel giudicare le cose cd i sentimenti portano certi concetti naturali, semplici, vorrei dire igienici, che~sono se non altro rassicuranti ed indizio di buonafede. Un aneddoto molto noto nei salotti internazionali è quello delle parole che la donna delle varie nazioni dice all'uomo dopo di essere stata sua; ebbene, la frase attribuita all'inglese è veramente ben scelta e corrisponde proprio a quello che ho detto più sopra : « Do you feel com/ortable now? >. PAOLO MONELLI TRE MEDITERRANEI VI SONO AL MONDO tre Mediterranei. li nostro è il più carico di storia, ma, se si guarda al futuro, è facile immaginargli un grande rivale in quell'altro M'edilcrranco enorme, le cui sponde si chiamano Asia, America cd Oceania. Non parliamo del terzo, che è compreso fra l'America settentrionale, la meridionale e l'arco deU' America centrale, e della cui e libertà > gli Stati Uniti sono gelosi non meno di quanto lo siamo noi per il Mediterraneo nostro, e i Giapponesi per l'Oceano Pacifico nella sua parte OC• cidcntalc. Tutto tace oggi, e almeno da quarant'anni, nel Mare delle Antille, mentre nel Mediterraneo dell'Estremo Oriente è ricominciato un frastuono al quale non si possono chiudere gli orecchi, e anche tomo tomo al Mediterraneo europeo be.n sappiamo che l' oriuonte non è ancora limpido, Da pochi decenni soltanto è cominciata l' espansione della politica internazionale. Le qucstfoni territoriali e i problemi delle naiionalilà, naturalmente limitati nello spazio, che avevano una volta grandissima im• portan:ra, l'hanno ormai quasi del tutto perduta. Problemi, ad esempio, come quelli dei rapporti franco•tcdcschi per quanto derivano da cont•tti tcn-iloriali lungo una ::~~~sci!o p~•e ~C:;!in::r d;at~~il~::::~ tanto sangue durante i secoli, superati e fastidiosi. Vi sono questioni, che si allargano come macchie d'olio sulla carta geografica d'ambcdue gli cmisrcri. In realtà, i nostri sono essenzialmente tempi di problemi mondiali. E le questioni interne che solo importano, oggigiorno, son quelle che riguardano le Nazioni come nuclei di forza umana e di ricchcna materiale, cioè i fattori della potenza nazionale, che è l'unico valore misurabile nella 1toria del mondo. Quando si dice che la vita italiana deve essere tutta portata sul piano dell'Impero, bisogna pensare, per non limitarsi a ripetere una vuota frase, a questo allargamento di orizzonti, a questa connessione e subordinazione delle questioni interiori a quelle internazionali e mondiali. Il primo passo sulla via dell'Impero è stato compiuto dagli Italiani quando hanno smesso di pensare soltanto ali' Adriatico, essendosi accorti che c'era anche il Medi• tcrranco, Ma poiché qucst'ullimo è un mare nel quale possono restare tranquil• lamcntc chiusi soltanto popoli piccoli e anemici, è naturale che gli Italiaoi abbiano cercato di uscirne fuori. Ecco perché la politica estera dell'Italia, mentre dicci o quindici anni or sono aveva raggiunto la sua espansione massima col partecipare al patto di Locarno (ancora la vecchia questione franco-tedesca), oggi si afferma come ricerca d'equilibrio intcrimperialc at• tra\'crso i continenti. I problemi del Mediterraneo latino, di conscgucnu, sono oggi assai più vasti di un tempo, Si tratta di una « pouanghera >, sulla cros1a terrestre, che è importante co• mc un oceano. La civiltà europea è destinata a gravitarvi intorno, e sempre più intensamente. Bisogna proiettare le questioni mediterranee di attualità: fondu.ione della nuova Spagna, convivenza dell'Italia, Inghilterra e Francia, rapporti fra Asia cd Europa, su questo sfondo che è fatto di prospettive secolari, per comprendere non solo il signilìcato storico di ciascuna di es.se, ma anche il loro collegamento, e quindi la loro complicationc. La stessa cosa si può ripetere per i problemi del Mediterraneo cs1rcmoricntalc, ove si considerino dall'angolo visuale del Giappone. Quello è il punto di gravitazione della civiltà asiatica, nella quale l'impc• rialismo nipponico sta introducendo germi rivoluzionari, t probabi!c che la storia fu. tu-ra veda •vilupparsì, nel Pacifico occidentale, avvenimenti decisivi per la vita del- , l'umanità non meno di quelli che, più di duemila anni or sono, si sono svolti intorno al Mediterraneo latino. Ma la funzione storica di quest'ultimo non t tcnninata, .È nel Mediterraneo che l'Europa sarà difesa con1ro l'Asia, se mai le gigantesche forte asiatiche, uniricatc, si metteranno in moto verso occidente. t nel Medilcrranco che l'Europa sarà difc• sa contro l'Africa, se le dormienti energie africane un giorno si desteranno e premeranno verso il Nord. Queste non sono fantasie, ma ipotesi basate sulla trasformazione della politica inlcrnaz.ionalc in po• litica intercontinentale, Non saranno né la no~t"a generazione né quelle immediata• mente seguenti, che dovranno occuparsene, ma ad esse 1pet1a di ricostruire l'unità dell'Europa, cootro l'Asia e l'Africa, là donde essa è uscita la prima volta. W. CESARINI SFORZA ESTREMORIE!ITE LA COSA cominciò cosl. li Governatore di Canton pretese impedire il commercio dell'oppio, che era esercitato da sudditi inglesi. Allora l'Inghilterra fece la guerra alla Cina e a cannonate la costrinse ad aprire i suoi porti all'oppio e alle altre merci britanniche. Fu quella la cosl detta guerra dell'oppio. Cib accadeva nel 1842. Si era in periodo di liberismo acuto. Laissu. Jairt, faisse~ paJJer: laissti /umer. Undici anni dopo, qualche cosa di simile accadeva al Giappone, in una forma meno violenta. Bastarono le trattative diplomatiche: beninteso appoggiate da una squadra navale americana, al comando del Commodoro Pcrry, E cosl anche il Giappone si pcnuasc ad aprire i suoi porti al commercio e alla civiltà dei bianchi. E comincib la nuova storia dc])' Asia, A quei tempi, osserva giustamente il Pc• staloua {nel suo volume « Estremo Oriente >, edito dall'I.S.P.I.), si sarebbe pensato che la Cina sarebbe riuscita ad assimilare rapidamente la nuova civiltà, con cui veniva a contatto, e che il Giappone, invece, ass.ai difficilmente vi sarebbe potuto riuscire. Allora l'Imf>ero cinuc estendeva il suo potere Sll pii! di un terzo dcli' Asia, era circondato da una corona di Stati vassalli, aveva una popoluionc superiore a quella di tutti gli Stati d'Europa riuniti insieme, territoi. che si supponevano ricchi d'ogni risona; sembrava, pcrcib, che esso avesse, sia pure allo stato latente, la forza d'una grande po~nu. Oltre a cib, la sua antichissima civilità, la sua eredità morale e culturale quattro volte millenaria, potevano autorinarc la supposizione ehc esso fosse pronto a farsi permeare dallo spirito dell'Occidente e ad avvantaggiarsi di quanto l'Occidente aveva fatto nel campo del progresso. Il Giappone, invece, chiuso nelle sue isole - di estensione, popoluionc e risorse limitale, - non ancora desto dal letargo in cui lo aveva tenuto immerso, per quasi due secoli e meu.o, il governo degli Shogun Togukawa, sembrava dovesse essere meno preparato ad auimilare la nuova civiltà e che piuttosto dovesse offrirsi come facile preda. Come è noto, è avvenuto il contrario. La Cina soggiacque per cinquant'anni al giogo di una donna, rimase chiusa ad ogni progresso: ciò non ostante, osò affrontare più guerre e, come era naturale, passò da una KOnfitta all'altra e perdette a uno a uno gli Stati vusalli. Alla fine fu sconvolta da una rivoluzione, che fu una crisi non di ringiovanimento, ma di dccrcpitcna, e poi da un lungo periodo di anarchia e di guerre civili, Il Giappone, invece, si assimilb rapi• damcntc lo spirito della civiltà occidentale, innestandolo al vceehio tronco delle sue tradizioni ; anche esso affrontò più volte la guerra, ma pauò da una vittoria all'altra, diventò sempre più forte e potente, temibile per quelle stcuc Nazioni che avevano preteso civilinarlo. E conobbe anch'esso i mali della civiltà: l'industrialismo intcnsiuimo, il supercapitalismo, il macchinismo, l'insufficicnu della terra, le crisi, la di• ,occupazione, 101 E L'ESTRETIIOll!Elffll QUEL che è accaduto negli ultimi an• ni fra la Cina e il Giappone non è facile a intendere. Noi ci sforzeremo di ,riassumere, qui, in poche parole, sei anni di tempestose vicende con la massima obiettività. Né, del resto, avremmo alcuna ragione per non essere obiettivi. Esattamente la nostra posizione di fronte ai due protagonisti del dramma fu definita dal Ministro Galcaz:zo Ciano nello storico upos, della politica estera italiana che tenne il 13 maggio alla Camera. cL'amiciz.ia col Giappone >, dine in quella occasione il nostro Ministro degli esteri, e è di vecchia data e trova la ragione di essere non solo nel rispetto e nella reciproca ammirazione delle qualità operose e militari dei due po• poli, ma anche nell'atteggiamento apertamente assunto dal Governo nipponico contro la minaccia del bolscevismo e in difesa dell'ordine •· E per quanto riguarda la Cina: e Relazioni del pari cordiali sono quelle che corrono tra noi e 1a Repubblica . cinese. La politica, che da tempo t stata svolta in Cina, di intensa collaborazione, si è sviluppata secondo le lince previste ccc. >, Queste parole nobili e misurale esprimevano non solo un atteggiamento di Governo, ma anche un senti.mento popolare, Noi abbiamo, <' "que, vera amicizia cosi per il Giappone come per la Cina, Ma i fatti 10no fatti. E i fatti dimostrano che la Cina marcia verso il suicidio, nonostante la pru• dcnza e gli sforzi del dittatore Ciang-KaiScck, STORIARECENTE QUEL che è accaduto negli ultimi an• ni in Estremo Oriente non è scm• prc facile a capire. Che il Giappone guardi alla Cina come a una immensa pre• da offerta ai suoi immensi appetiti s'in~ tende, Ma l'imperialismo giapponese ~ mul• tifonnc, anzi muhanimc: è guerriero cd economico insieme; ha bisogno di conqui• stc e nello stesso tempo di mercati; della terra e delle risorse cinesi e della e collaborazione > cinese; vuole, insomma, il corpo della Cina e il suo cuore, Questi due programmi non si auuano fa. cilmenle insi1me. Quando l'esercito giappo~ nesc avanza, la vecchia Cina avvampa d'o• dio, impotente. Ma allora il Giappone si fa avanii ed offre la sua amicizia, i suoi mini• stri fanno dichiarazioni cordiali, i suoi in• dustriali e i suoi banchieri fanno piani cd offerte. La Cina rifiula tutto ; rifiuta di e collaborare >, rifiuta l'amici:r.ia giapponese, rifiuta - quel che più conta - le merci giapponesi, E allora l'esercito giapponese sguaina di nuovo la spada. Negli anni fra il 1924 e il J 928 il nazionalismo cinese riportb dei successi di fronte alle Potenze occidentali. L'Occidente era stato preso alla sprovvista, E la guerra mondiale era finita da troppo poco tempo perché si potesse pensare a un castigo di tipo coloniale. Cosl la Cina ricuperò territori di concessioni, ricuperò diritti, ricuperò fiducia in se stessa. Da ultimo ricuperò troppo. Si ubbriacò del successo e credette di esser diVt'ntata forte solo perché l'Inghilterra, che era lontana, aveva ceduto. E gli stessi metodi, che aveva usati con l'Inghilterra, volle usare con la Russia. ~fa la Russia era vicina: l'esercito rosso reagì cd innisse un duro castigo alle truppe cinesi. Poi ru la volta del Giappone. La Cina v~le,a ricuperare l'autorità che di fatto più non esercitava in Manciuria e pretendeva la rcatituzione delle rone che il Giappone aveva occup::uc. Incidenti violenti e boicottaggi ac· cclcrarono i tempi. Il Giappone aveva da scegliere fra due vie: o restituire o reagire. Tutti sanno quel che segul. Il 18 settembre 1931 il Giappone cofinciò a metter le mani nel Manciukuò; e non si fermò, o, meglio, non sostò che quando lo ebbe con• quistato interamente, compreso il Jchol: i~ lutto un milione e 304 mila ehm. quadrau, (un territorio più vasto di quelli della Francia della Germania e della Gran Bretagna so~mati insieme) e circa 31 milioni di abitanti. Poi fu la volta del Hopei orientale, che fu messo 10tto un governo cosl detto autonomo, Poi il Giappone allargò le sue mire al Suiyuan e il Ciahar, che fanno parte della Mongolia interiore. Alla fine, come dice un giornalista francese, tutta la Cina del Nord avrebbe dovuto formare un vasto giardino, da cui sarebbero stati per sempre esclusi quegli c:sseri inutili che 10no infagottati in una uniforme cinese: soldati, gendarmi e banditi. Si giudichi come si vuole la politica giapponese; ma è certo che la provocazione venne dalla Cina. Questi sei anni di storia della Cina dimostrano quanto danno possa arre• care ad un popolo un naiionalismo fatuo cd imbelle, che non sappia misurare i suoi gesti sul metro delle sue fone. Ma il Giappone non poteva arrestarsi. Cib che è facile oggi sarà difficile fra dicci anni, impossibile fra trenta. Il tempo lavora per la Cina; e non solo il tempo. Nell'autunno scorso il Giappone pre~ntò una serie di domande al Governo cinese. Se questo le avesse accettate - ha scritto un giornalista americano, Peffcr, - la fine del· la Cina come n:nionc indipendente sarebbe cominciata. Il Governo cinese non le ac• ccub; e non poteva fare altrimenti, ché n.• rebbe stato subito spanato via dall'indignazione popolare, Toì:io minaccib. Ma il Governo cinese tenne rermo. Da dicdne di anni non era mai accaduto niente di simile in Estremo Oriente, Secondo il 1uo uso costante, il Giappone avrebbe dovuto reagire subito con la forza. Ma esso cap\ che solo una vera e propria guerra avrebbe costrctlo la Cina a cedere, e non volle pagare que• sto prcno. Prcrcrl lanciare un attacco sul fianco dell'avversario sotto forma di una rivolta della Mongolia interiore e di un tentativo di metter le mani sul Suiyuan. L'attacco ram. La cosl detta rivolta fu K:hiacciata e lo Stato Maggiore giapponese si 1i• tirb dal giuoco. Fu per la Cina upa vittoria morale, più che militare; ma bastò questo perché di nuovo il nazionalismo cinCJC si gonfiasse di orgoglio. PAllfflA D'Alllll RIAPERTA LO STATO MACCJORE giapponese rimandò la partita d'armi. Nel marzo .corso, i movimenti nella Mongo• lia interiore cessarono e le truppe giap• r 1 poncsi si ritirarono del Suiyuan, Seguirono f proteste giappone1i di amiciz.ia. H Ministr~ Soto dichiarò che il dCJidcrio della Cina di essere trattata su un piede di eguaglianza e dovesse essere rispettato > e che < le passate divergenze dovessero essere dimen• tic.ate,. Ma, nello stesso tempo, la Cina faceva notevoli progressi verso la unificazione, Nanehino induceva a collaborare Sung-ChehYuan, presidente del Consiglio del Hopci• Ciahar, Ciang.Kai•Scck costituiva un Consiglio della Offesa nazionale cd erano chia. mati a farne parte vart generali, fra i quali Pai•Chung-Hsi, Ministro della guerra: il quale Pai è uno dei due capi del Kwangsi, che, poco più di un anno fa, guidarono la ribellione del Sud diretta a otlcncrc la guerra contro il Giappone. Un congrcqo di 200 mila comunisti invocava la gucfl'a contro il Giappone. Alle offerte giappo11~i di collaborazione economica, la Cina rispondeva: ntssuna collaboruionc finché non siano ri• soltc tutte le divergenze politiche. F, il Govcmo di Nanchino si spingeva fino a tentare di ricuperare l'autorità che aveva perduta nel Hopci e nel Ciahar; furono inviate truppe cinesi a Tsing-Tao nello Sciantung, per impedire il contrabbando; alcuni punti dello Sciantung furono fortifi('ati ; il forte di Woosung a Sciangai fu rin,nruito; fu vietato sotto pena di morte ai c.inc,i nel Hopci e nel Ciahar di vendere terre a stra. nicri; il Governo cinese si opponeva allA istituzione di u'na linea aerea Ticntsin-Tokio, rifiutava di acconsentire alla costruzione di una ferrovia nel Hopei in collaborazione coi giapponesi; il Consiglio politico del Hopci e del Ciahar decideva di far rappresentare quelle due province ali' Assemblea nazionale del popolo cinese, <'CC. t accaduto quel che il giornalista amc• ricano Pcffcr penpicacemcntc VTevcdcva. La Cina avrebbe dovuto guadagnar tempo e prepararsi. Avrebbe dovuto sopportare qualsiasi umiliazione, pur di guadagnare tempo, Invece il succeuo l'aveva accecata, Il successo riportato tra l'autunno scorso e questa primavera l'ha indotta ad osare. Allora lo Stato Maggiore giapponese ha agito. Probabilmente esso stesso ha provo• cato gli incidenti dc11'8 luglio a Linkuchau, Il metodo è VflCChio.E la partita d'armi è stata riaperta. OMNIOUS M·NIBU SETTIMANALEDI ATTUALITÀ POLITIOAE LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12-1& PAOlNE ABBONAMENTI Italia e Oolonl11 1nno L. •51 umtllte L. 23 E.Itero I anno L. 70, um&&tl't L, 38 OOJl'I IIOJIIIER.O 011 Liii lhooaerhtl, dlaegni • fotografie, anehe •• non pabbllcatl, non Il tt1titul1«ino. Dirulon•: Roma • Via del Bo.darlo, 28 Ttlefoo.o N. ~61.83~ AmmiDlstrnloD.1: lfilano • Piu1a Carlo Erba, 8 TelefonoN. 24.,808· ~ Soo.&non.Edltrtce " OIUIBOS " • llilu•
ÀIÀrJ;.~ \T,: ;o~~nnd~;g~:.~ ~ alle mode del secolo ~ emancipatore: una si- ~.l \.. garetta fra le labbra ~ ~ era indizio di tendenze sovversive, e governanti e precettori avevano pieni poteri di repressione. Lè arciduchesse fumavano di nascosto, come Rodolfo e Giovanni Salvatore leggevano di nascosto i libri proibiti. Un giorno una delle govcmanti entrò nella stanza da letto della sua principessa e fiutò nell'aria la sottile presenza del tabacco. La giovane arciduchessa col viso rosso nascondeva le mani dietro la scfocna, imbarazzata sotto lo sguardo accigliato della governante. Ma la severità di quei due occhi stralunò in un orrore improvviso mentre un bagliore e uno spasimo avvolgevano tutta la carne della principessa. Vi furono urla di tortura; accorrer folle di gente al salvataggio impossibile. L'arciduchessa bruciava nella stanza fra i suoi nastri e i suoi veli, nell'odore dei capelli arsi. E quando finalmente con tappeti e coperte il fuoco fu spento, non rimaneva che aspettare la morte. D:11laHofburg partirono gli autografi listati a lutto ad annunciare il decesso dell'arciduchessa Matilde, figlia dell'arciduca Alberto. Fra le prime aù essere avvertite fu la Corte di Torino: fortunate trattative avevano quasi fidanzato la piccola arciduchessa al principe di Piemonte. Vittorio Emanuele fu costernato: 9uel matrimonio rappresentava per il nuovo regno, a pochi mesi da Custoza e da Lissa, un successo diplomatico, la prova che la più vecchia Corte d'Europa in fondo ammettev.1 la durata dell'Unità sotto lo scettro dei Savoia. Ora il problema del matrimonio dell'erede era di nuovo da risolvere e non era facile; troppi principi bene imparentati, spodestati dalla rivoluzione, giravano per gli alberghi e le ville d'Europa 1 e in troppe chiese, dalla Spagna alla Baviera, si leggevano Jc proteste del Papa che reclamava Bologna alla vigilia di perdere Roma. La questione fu rimandata a più tardi. La Corte passò da Torino a Firenze, e Vittorio Emanuele istallò nell'atmosfera bonariamente ovattata degli ultimi Lorena il fumo dei suoi 5igari e r.:co dei suoi « countacc! >. Era presidente del consiglio il generale conte Menabrea, aiutante di campo del Re, e nel ministero sedevano il Gran cacciatore di Corte e il prefetto di palazzo. I giorni di firma a palazzo Pitti si 5volgcvano con la rispettosa famijjarità che sorge dai rapporti personali. e E: tempo di cercare una sposa per Umberto! > disse il Re fra una firma e l'altra. « Io l'avrei già trovata, lvfaestà. Non nanca che il consenso di Vostra Mae- ,tà e quello dcl principe>, rispose il ;onte Menabrea. e E chi sarebbe? > interrogò il Re sorpreso. « ba nipote di Vostra Maestà, la principessa Margherita! >. « Margherita! Ma rè 'na masnà! ». Palazzo Chiablese Sul piano regale Vittorio Emanuele era anche lui il parente importante che appare solo nelle grandi circostanze per fare dei bei regali, e poi sparisce : la politica dei mini5tri e quella per• sonale, la caccia, la contessa di Mirafiori, l'esercito e i cavalli, qualche al. tro sfogo, assorl,ivano tutta la sua vitalità C5uberante di Enrico IV ruba.1pino. La principessa Margherita? Non la vedeva da molto tempo: com'era? li generale Menabrea e i! marchese Gualtcrio, ben preparati, ne tracciarono un ritratto seducente, variando sul tema dei capelli biondi, della figura snella, della inteJ!igenza pronta, della cultura notevole, e su quello ben più importante di dare all'Italia una prima regina italiana e Savoia. Il principe Caro! di Rumania, dissero, aveva intenzione di chiederne la mano: -.e al Re il progetto dei Jrunistri garbava, e il principe di Piemonte vi era favorevole, occorreva far presto a far la domanda ufficiale, per prevenire Caro!. Per fa politica estera italiana di quei tempi, la Rumania, i Balcani, esistevano 50ltanto perché bisognava pur tenerci qualche agente conSOlare. Sprecarci una principessa era assurdo. Il Re, mezzo persuaso, partì per Torino. Al paJa7.zo Chiablesc, tetro nella già tetra Torino, vive la duchessa di Genova, vedova di colui che « aveva preferito esser un soldato dell'Unità piuttosto che un Re di Sicilia >. La duchessa era una tedesca di Sassonia, figlia del Re Giovanni Nepomuceno, traduttore della « Divina Commedia>, un altro di quei monarchi della vecchia Germania gioconda di prima di Bi- "marck, che facevano tante cose invece di fare i re: gli oculisti, i poeti, i mecenati e gli squilibrati, senza che i sudditi se ne avessero a male. Molte dcne sue 'qualità bonarie e intelligenti di uomo moderno erano pa55atc nella nipote saltando la figlia, che invece aveva tutt'altro orientamento: conservava le distanze, osservava le forme, e aveva imperturbabile in sé il senso delle caste. Era una gran signora rigida, una di quelle dame che facevano di certi 5alotti dell'aristocrazia piemontese quasi dei parlatori di convento. E accanto alla figlia aveva messo la contessa. ~Conticelli di Qasalrosso, rigorosa come una badessa nell'osservanza delle pratiche religiose, e che aveva verso la sua allieva la severità cor, lata di una madre superiora verso le novizie. Un giorno la piccola principessa le aveva raccontato di aver sognato di veder passare un gruppo di ufficiali: « Ce n'esl paJ un rive de demoi.selle >, ave-- va interrotto la dama freddamente. Per lei l'educazione consisteva soprattutto nei modo di comportarsi, nel ~aper commisurare la temperatura di un saluto al rango e all'età del salutato, nel dir le preghiere all'ora stabilita, e nel fare ogni giorno un certo numero di fioretti. Se la piccola principessa mancava a qualcuno di questi doveri precisi, veniva castigata: senza frutta, senza dolce, senza passeggiata. Er.l del resto il sistema educativo in voga presso tutte le buone famiglie, come presso tutte le Corti, quello che formerà tante principesse pronte a fuggire con maestri di musica o con ufficiali di cavalleria. Per la principc55a Margherita e5so venne tuttavia abbandonato quando, accanto alla fanciulla decenne, la conte55a di Casalrosso venne sostituita con la signorina viennese Rosa Arbesscr, carattere dolce e affettuoso. Allora la vita diventò più Jieta a palazzo Chiablcsc e al castello d' Agliè. Intorno alla principessa 5j racco$"1ieva un gruppo di signorine della m1gliore ari5tocrazia torinese, le due figlie del generale Morozzo della Rocca, le signorine Ghisilieri, la figlia del conte San Martino. Una volta alJa settimana veniva a palazzo il maestro Carlo Desio, illustre professore di contegno e di danze moderne. Quel giorno la principessa Margherita e le sue amiche avevano il permesso di riunirsi ai compagni del principe Tommaso, e mentre il lapeur suona-va in fondo alla sala occhieggiando di sopra il piano a coda, le adolescenti con le pettinature che oggi ci ha restituito Greta Garbo e gli adolescenti con le giacche abbottonate solo sulla fontanella della gola, si inchinavano a destra e a sinistra, avanzavano e indietreggiavano, si sfioravano le falangi, attenti a non perder la misura scandita dal battere delle mani del maestro, eh:: ammoniva: «Passi vite, Momeigneur, pas si vite.1 ». Era una vita per bene, tranquilla, e nel decoro sontuoso perfino moclesu.. Vi fiorivano discreti episodi di beneficenza, di gentilez7.a, di bontà: la prin• cipcs.~a faceva del bene, leggeva, studiava. Amava la poesia, e con le amiche discuteva Lamartine e Victor Hugo. Intrecciava lei stessa graziose rime nelle quali paggi innocenti sospiravano per castellane eburnee, e dipingeva miti acquerelli : talvolta anche fiori graziosamente futili possono rivelare una fertilità più profonda e sicura. Le nozze Vittorio Emanuele conosceva bene uomini e donne,· ma poco le fanciulle, che allora vivevano in un casto harem di buone maniere e di riserbo. Tuttavia la giovane nipote gli fece buona impressione. « Se Umberto è contento! ... ». Anche il principe di Piemonte partì per Torino, e in un salotto di palazzo Chiablese la duchessa di Genova lo lasciò solo con Margherita. Colloquio misterioso di una crinolina e di una tunica col nodo ungherese, dialogo dei tempi del rossore, inimmaginabile al tempo della « tintarella :. ! Perché i biografi aulici fanno recitare ai due giovani~ queste battute da filodrammatici : « Margherita, vuoi tu essere mia moglie? »; « Tu sai come io sia orgogliosa di appartenere a Casa Savoia. Lo sarò ancora di più diventando tua moglie>? Più vera ci appare la fanciulla che poi corre ad abbracciare tutta commossa la buona signorina Arbesser, e le confida come un segreto quello che fra poco 5arà un comunicato ufficiale: « Sono fidanzata a Umberto ! >, e per calmare la sua agita7ione si mette a copiare macchinalmente non so che autografi di un an1enato. Quri pallidi diciassette anni avvezzi a.Ila penombra adesso erano trasportati in pie-no sole. Quale destino migliore poteva attenderla? Regina di Rumania, per portare su un Danubio ancora mezzo turco la sua grazia occidentale e parlare invano ai boiardi del partito agrario dcli' esilio di Ovidio? Orna• mento di una corte cattolica di Ger• mania, granduchessa o regina soltanto per diventar poi una suddita del vecchio Hohenzollern luterano? La. preparazione che ella sentiva in sé, frutto delle lunghe letture, dcli' amore del bello, del gusto innato e affinato, avrebbe dovuto perdersi nella monotonia di qualche Corte abitudinaria, dove ella si sarebbe inserita in una lunga serie di regine. E mentre tutti i principi di Savoia si dedicavano al compito di rendere italiana la dinastia piemontese, lei sola avrebbe dovuto esulare. Era troppo italiana e troppo Savoia per non sentire una commozione pro- , fonda e grave nel misurare la differenza fra quel destino probabile e quc5to che invece le offriva la domanda di Umberto: essere la prima Regina del nuovo regno; mostrare agli italiani delle antiche splendide città comunali e repubblicane, ironicamente diffidenti del Piemonte, terra di valorosi e probi filistei, che la dinastia unificatrice non suscitava nei suoi rampolli soltanto soldati e 11.ante,ma anche questo prezioso fiore di umanità femminile nel secolo borghese: una principessa del Rinascimento. N<'ll'aprile del '68 il matrimonio fu celebrato a Torino. « Il manto e la veste della fidanzata, vere nubi di merletto, erano cosparsi di m:1zzolini di rose. Una sola rosa e due stelle di di:1manti sui capelli. Al collo la magnifica collana di perle che la regina Maria Adelaide aveva lasciato come legato alla futura principessa reale d' Jtalia >. Di già traluceva intorno alla timidità della prima apparizione ufficiale e nell'ansia intima della fanciulla dinanzi all'altare, l'alone di. grazia che un giorno farà della maestà regale una visione piuttosto che uno spettacolo. La scguiv:1 Vittorio Emanuele coi pantaloni turchini lenti sui tacchi,e diceva di non aver mai veduto una principessa così bella. Fra i manti azzurroSavoia delle dame, spiccava la macchia cupa del manto rosso di Do,ia Maria Pia, Ri;~ina dall'aspetto di Imperatrice, sulla quale si posavano senza ironia i titoli fastosi e vani lasciati dalla storia ai monarchi di Portogallo. li principe Girolamo Napoleone, coi capelli sul colletto e la divisa trasandata, «César déclassé>, conservava ancora fra Sadowa e Sedan il prestigio del primato francese e napoleonico. Era molto ammirato il principe reale di Prussia, Federico Guglielmo, bello e romantico come un cavaliere errante, e le dame raccontavano che al ballo di Corte, quando un danzatore maldestro aveva lacerato un lembo dello strascico delfa principessa, egli aveva piegato il ginocchio a terra e aveva tagliato con una piccola forbice il lembo strappato, dicendo che lo avrebbe conservato in memoria di quella giornata. I torinesi in piazza acclamavano commossi, contenti perché la cerimonia era stata celebrata nell'antica ca~ pitale, contenti di vedere nelle stampe popolari Gianduja col tricorno e ),t faccia da clown presentare i due sposi alla .NaJsiOn: e i senatori e i deputati delle provincie plebiscitarie avver• tivano per la primissima volta, ricevendo dalla principessa un sorriso in cambio di un inchino, che la dinastia d'importazione non aveva tutta la sua. giustificazione e la sua fon:a soltanto nei compromessi della politica e della diplomazia. Quadriglie di cavalieri Il treno sostava nelle stazioni addobbate di ghirlande, di bandiere nazionali e municipali, di generali in alta uniforme, di sindaci con sciarpa, di ombrellini ricamati e di cori di bimbe biancovcstite. I principi di Piemonte si mostravano senza stancarsi mai d.ì sorridere e di dirsi compiaciuti. Poi il treno ripartiva, e sbuffando e ansimando i suoi trenta.cinque chilometri all'ora si perdeva nelle colline, lasciando i notabili e le loro spose a commentare prolissi la fugace apparizione, a stupirsi che la principessa fosse piU carina elle nei ritratti, a elaborare i primi elementi delle leggende familiari « di quando pa5sarono i principi >. In una berlina a otto cavalli delle scuderie del granduca di Toscana gli sposi fecero il loro ingresso in Firenze capitale, e trasformata in un giardino al quale sorrideva con tutti gli incanti una bella stagione di prim::tvera :. : tutta fiori era via Rondinelli, e piazza San Gaetano era tutta una grande aiuola. «Fiorenza», scriveva preziosamente un cronista mondano, «non smentendo il suo bel nome antico, accolse in TT;lezzoai fiori il più bel fiore d'Italia». Erano i tempi della guardia nazionale, e i militi borghesi lustri e passabilmente marziali stavano schierati in parata lungo le strade, dove fra romagnoli, emiliani, umbri, lombardi, veneti, e contingenti agita. ti dì meridionali, convenuti a quella prima festa unitaria, i fiorentini sembravano quasi una minoranza di allogeni. Tutti si mostravano la bella duchessa Massimo Doria e le forme sontuose della marchesa Lavaggi, arnmiran~ do la loro audacia di cospiratrici patriote, che per portare alla principessa un dono della cittadinanza romana avevano osato sfidare i comodi rigori riservati dalla polizia di Pio IX al pa• triziato liberale. Dietro la berlina di gala trottavano i primi corazzieri, inventati proprio per quell'occasione dal generale di Revel, allora non troppq belli, veramente, con l'elmo senza co~ da e una corazza brunita sulla quale brillava come una maniglia un sole d'ottone. Firenze ritrovò, al di là delle ultime abitudini tirchie dei Lorenesi, tutto quello che poteva rivivere della sua antica tradizione medicea : serata di gala alta Pergola, corso di carrozze, gir:tndole, corse al galoppo, e un gran ballo a Palazzo Pitti, nel qu.lle per la prima volta la corte vedovile di Vittorio Emanuele apparve ornata dell'elemento femminile che vi aveva fatto fino ad al!Clra {almeno ufficialmente) difetto: infatti entrarono quella sera in servizio le nuove dame della principessa, con l'«M» dì brillanti sulla coccarda azz.urr:i appuntata sul seno una Corsini, una Barberini, una St;ozzi. Al centro dei festeggiamenti, il grande torneo storico alle Cascine. C'erano tanti spettatori, che un buon numero occupò rumorosamente l'are~ na, dieti-o le spalle dei soldati messi in duplice fila a contenerli, Apparve nel palco reale il conte di Castcllengo scudiero del Re, e tutti lo applaudirono scambiando1o per il Sovrano, e poi lo fischiarono sonoramente quando 5j accorsero d..l..l'equivoco; apparve la divi:ia d'ammiraglio del principe di Carignano, e quindi il Re, e finalmente i principi di Piemonte : allora fu un vero delirio, e migliaia di fazzoletti sfarfallarono candidi sui visi uccaldati, sulle bocche vocianti. Poi squillarono le trombe, e le quadriglie sfilaroi-io al galoppo grave dei cavalli ingualdrappati. Il principe Amedeo rappresentava lodevolmente 1I Conte Verde: lo seguivano le quadriglie di Firenze, di Torino, di Milano, e di Napoli coi loro antichi stendardi, duecento cavalieri in costume del secolo XIV comandati dal colonnello Laugier del Genova, dal generale Adolfo Mario, dal conte Marazzani Visconti e dal principe di Moliterno. Molti saracini di pezza caddero sul campo, trafitti dalle infallibili lance dei prodi, e le evoluzioni inap1>untabili intrecciarono con le grazie barocche dell'alta scuola fuggevoli figurazioni. Si sarebbe detto che le antiche leggende ,e le dolci ballate nelle quali si era compiaciuta la fantasia adolescente di Margherita avessero mandato i loro personaggi a salutarla e a farle omaggio sulla soglia della sua vita di donn,, e di Regina. Reggia vuota La residenza dei principi fu fissata a Napoli Gran folla li accolse in Toledo, dai balconi e dalle finestre molti mazzi di fiori vennero lanciati dalle borghesi patriote, e un mazzo di fiori colpì in un occhio il sindaco conte Capitelli che stava accanto alla principessa. Poi sotto il balcone della Reggia straripò dai vicoli l'innondazione dei dimostranti. Espansività napoletana : ma sotto covava una diffusa amarcz- ::~: :U1Rs~:ad~~?o~i:téo t~r'~~~aarar~:: chessa di San Cesareo da Napoli e ci ha narrato la visita del principe Umberto. Il principe avverte la frè'ddezza del ricevimento e ne è seccato>. Napoli soffriva: di quella bella Reggia così vuota; di tutti quegli ufficiali di « ncoppa 1 0 Piemonte • a occupare i tavolini dei caffè; di tutte quelle tasse da pagare a esattori meticolosi che parlavano furasliero. Per medicare questo sottile disagio « di una capitale esiliata in provincia•>, da principio non si era trovato di meglio del generale Enrico Cialdini, e questi aveva fatto così bene le cose, che a moltissimi, anche patrioti, l'Unità finiva per apparire indistruttibile, santa, volut:1 da Dio, tutto quello che volete : ma antipatica a starCi. Lentamente Margherita riuscì a ri~ dare a questo popplo disorientato la sensazione che nel nuovo ordine fosse possibile trovare qualche cosa di più intimo dei motivi retorici sulla libertà e sul progresso serviti dai candidati. Il vecchio sentimento affettuoso di una popolazione· monarchica da sempre, che ristagna in nostalgie pericolose, tornò a poco a poco a fluire intorno alla fragile principessa bionda che passava fiduciosa e sorridente per Toledo, e accoglieva le prime dame che si facevano presentare con una grazia regale che Maria Sofia, rjcordavano quelle, non aveva mai avuto. Certo il compito non fu facile, e incidenti significativi segnarono a lungo la resistenza. Quando usciva la carrozza della principessa, molti, nei gruooi che stazionai.-ano « avanti Palazzo», noi,_'_ sn.lutavano. Non salutò il conte Enrico Statella, e un ufficiale delle Guide lo provocò e per una settimant1 Napoli non parlò che del loro duello ::\ gravi condizioni. Il duca di Bivona, presidente del Circolo « La Filannonica >, indiceva il ballo sociale esclu- " dendo dagli inviti tutta la Casa dei principi. Don Ottavio Messa.nelli duca di Castronuovo sceglieva per dare un ballo lo stesso giorno di un ballo a Palazzo, e la polizia st~zita gli chiudeva la casa e proibiva il ballo. Con un'altcra semplicità che era un'altra delle segrete risorse della sua femminilità, Margherita metteva fra sé e quelle manifestazioni ostili una insuperabile distanza. Può anche darsi che il suo cuore di principes.sa e di dama comprendesse in fondo la fe.deltà J. una causa perduta, e che questa comp.rensione le impedisse di esser raggmnta da quanto era di meschino in quelle 5Corie d'un sentimento elevato. Senza dubbio conobbe momenti pcno- -;i: aveva diciotto anni soltanto, cd era avvezia all'ossequio devoto dei torinesi, all'affetto dei contadini di Agliè. Pure non lasciò mai che l':tmarezza di uno sgarbo subìto inquinasse il sorr~- so col quale. accoglieva un omaggio offertole. 1893 • 1A Regina )hrgberlu accompagut.11 dallo ,coltore Hcnteverd• al OirtGloArti.nico di Roma Alla fine però la sua sorridente imperturbabilità e quello che le era CO'it,uo mantrnerla ebbcrq il loro premio. L'11 novembre 1869, ~rata di g:lla al San Carlo: da un palco di prima fila si affaccia la notissima. figura di
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