Valladolid, agosto, I PRIMI SOLDATI non li trovai che a Medina del Pomar. I soldati, non la guerra. La guerra languiva e i soldati languivano con essa. Erano i legionari della Divisione Fiamme Nere. Stavano accovacciati nei boschi dietro i costoni di Soncillo ed eran di pessimo umore. L'attacco contro Santandei s'era profilato giorni or sono, perfino l'ordine di operazione era giunto. Per varie notti si vegliò col fucile al piede in attesa dell'alba. Venne l'alba, ma c'era la nebbia, gli apparecchi non si potevano alzare, arrivava l'ordine di rimandare al giorno dopo. Finché sopraggiunse l'azione su ~fadrid 1 l'aviazione fu tutta risucchiata da quel settore e J'azione su Santander fu rimandata. Erano stanchi di attendere e quel vivere nei boschi con le mani in mano li rendeva più selvatici e aggressivi di sempre. Ogni tanto su quel costone pioveva una granata rossa. Un morto, un ferito, e non poter neanche rispondere. Poche ore prima che a1Tivassi, appunto, c'era stato un ferito, un legionario del 7° Gruppo :Marino. Una sdkggia l'aveva colto mentre faceva il bagno nel rio. Non aveva urlato. S'era trascinato tra gli alberi sino all'accampamento rimanendo quasi dissanguato per strada .. Gli altri, intorno, lo guardavano torvi e rabbiosi. Era un brutto morire, quello: una granata pena, come una tegola in una giornata di vento, e muori senza neanche il gusto di vedere in faccia chi ti ammazza. E questo da mesi e mesi. Il nemico è a due passi, lo si vede, quasi lo si tocca. e non potersi muovere. Anche i comandanti non facevan mistero di que- :-to stato d'animo. Ciò che li irritava di più era il non trovare un responsabile contro cui inveire. A Soncillo Ve~ sera, la medaglia d'oro Ciancabìlla e il maggiore Fioravanti ci condussero su in alto, a Soncillo, proprio al margine estremo della linea. Lì c'è un cimjtero che s'affaccia come una terrazza sul vallone. Il vallone poi risale in un promontorio carsico lungo il quale si stende la linea avanzata dei rossi che è un trincerone visibile ad occhio nudo. La lunga pausa ha consentito al nemico di sistemarsi abbastanza solidamente in difensiva. I legionari. si mordevan le mani sentendo quegli altri, di là, che zappettavano la terra e smovevano le pietre per perfc• zi ,iarc la barricata. Ogni ta.nto gli urlavano contro un'imprecazione. Quelli rispondevano con scariche di mitraglia e di fucileria : pallottole esplosive che schiantavano sulla roccia e frullavano in aria come ali di passerotti. Il Cap. Rossi, nello sporgersi per mostrare ad uno di noi una postazione r05sa, ebbe una scheggia di scancìo che gli slabbrò lo stivale destro. I legionari, a terra, mangiavano il rancio con aria stracca. I falangisti - una sessantina in tutto - giocavano a carte senza neanche alzar la testa. Soncillo, che è proprio lì addossato alla trincea, non è stato evacuato. l rossi gli tirano addosso ogni giorno qualche gra ..1ata pesante, una delle quali colpi in pieno l'orologio del campanile e un'altra il caffè sulla pÌaua. Donne e bambini continuano a circolare tranquillamente, salgono alla trin• cea e i ragazzi reclamano il diritto di fare anche loro, coi soldati, il turno di guardia. A sera si gioca alla pelota sulla piazzetta. ll parroco e l'alcalde, su una panchina in un angolo, erudiscono i bambini. La Spagna bonaria dura sino alla prima linea e vi si mescola. Colloquio col nemico Dopo cena si risalì il costone per tornare ai posti avanzati. Era parso, sul calar del sole, che dove.sse piovere. Poi Ja luna aveva trionfato e ora illu• minava una notte algida senza fremiti né brusii. Questa. volta non puntammo su SonciJlo; ci si spostò a sinistra sul settore tenuto dalla Bandera Bufalo, che faceva un saliente, quasi incuneandosi nello sbarramento nemico. Ci seguiva arrancando su per l'erta un ca• mioncino con l'altoparlante, un falangista e un prigioniero santanderino. Al rombo del motore quei di là apriron subito il fuoco. Era un fuoco stupido, alla cicca. Fra loro e noi c'era il co• stone. Sparavano, mi dissero, per paura, per prevenire. Vivevano spauriti, paventando jJ colpo di mano, inquieti di ciò che stava avvenendo alle spalle, dove la fame minava ogni giorno di più la resistenza. Quando l'altoparlante cominciò a gargarizzare, di là si levò un gran clamore. Parevano le belve di un serraglio. S'indovinavano lì nel bosco ai piè dell'altura. Fischiavano ed imprecavano. Il discorso dei nostri era breve e secco: un elenco dì fatti: tutte le vittorie riportate dai nazionali sui tre fronti, poi un appello al sentimento naz.ionale. « Arriba Espana! ». A quel grido la fucileria ricominciò, anche le armi pesanti ripresero a ritmo serrato. In una pausa di silenzio si levò una voce ben chiara: e Morte a Franco! >. Allora il prigioniero santanderino si fc. ce al microfono: « Amici, sono un prigioniero santandcrino. Appartenevo al 145° battaglione. Le truppe di Franco mi hanno preso1 ma non mi hanno ucciso. Anzi, mi hanno dato da mangiare e da vestire ... > ccc. Di colpo la fucileria cessò. Gli altri ascoltarono in silenzio. Si udi un'altra voce: « Se non ti hanno ucciso, ti uccideranno. Scappa, compagno >. E il santanderino : e Non mi hanno ucciso né mi uccide• ranno. A scappare non ci penso nemmeno; si sta bene qui, si mangia. Arriba Espaiial ». Di nuovo quei di là urlarono e spararono. Poi anche a loro giunse un altop:ulante e si misero a fare la contropropaganda. Ci ~•interrompeva a vicenda, sempre p1u i di• scorsi si tramutarono in un dialogo estemporaneo. « Fareste meglio ad arrcndeivi. Non potrete resistere, quando vi attaccheremo>. e Provatevi. Per ora non ne avete ìl coraggio>. c. Se vi arrendete ora, avrete salva la vita>. « Anche voi, se vi arrendete ora, avrete salva la vita ». c. Frjmco vince ». « Franco non vincerà». e Vince perché è la Spagna>. e Non vincerà perché è la forca e l'inquisizione ... ». E così di seguito. Durò fino alle tre del mattino. Ma, sfogati i malumori, quei di là s'ammansirono. Ci fu incro• cio di barzellette, filate nei dialetti di tre lingue; risate. Anche qualche colpo di fucile, ma raro, bonario, senza intenzione, tirato come si tira una spinta ad un amico. Volevo fermarmi qualche giorno nelle linee del fronte di Santander. L'azione era rimandata, è vero. Ma, nonostante il malumore e il pessimi~mo dilaganti tra i legionari per questa • forzata pausa, c'era nell'aria un'ansia, un'attesa mal dissimulate. Ci si sforzava a dire che non ci si credeva i ma tutti aspettavano l'ordine di attacco. Se qualcuno, timidamente, lo diceva, gli altri lo rimbeccavano subito, come se la semplice enunciazione dell'ipotesi portasse scarogna 1 o per la paura d'esser considerati troppo creduli e facili all'illusione. In fondo, tutti sentivano che prima o poi l'azione sarebbe venuta. Sarebbe venuta quando meno ci si aspettava, dall'oggi al domani, senza prologo di notizie ufficiose. Valeva la pena d'aspetta.re. A Valladolid Ma dalla retrovia cominciavano a dilagare i rumori della battaglia di Madrid. Quesd rumori s'ingigantivano per strada, riecheggiati da mille echi. Si diceva che i nazionali, dopo aver «insaccato> gli avversari, eran già pa55ati al contrattacco; che i rossi erano in fuga; che avevano perso trentamila uomini; che l'aviazione, a stormi compatti, li inseguiva senza requie. Si diceva che gli apparecchi nemici non osavano alzarsi ; che ne erano stati abbattuti oltre quaranta i che non avevano più piloti. Si diceva che il panjco oramai s'era impadronito delle truppe rosse, che Madrid era in rivolta, che l'azione era risolutiva. Non c'era tempo da perdere. Corsi difilato a Valladolid. A Burgos non mi fermai che quel tanto ncces.sario per poter dire che ci sono stato senza averla vista. e Burgos corat6n de Castilla, Casti/la corai6n de Espana~ Espan'a corat6n del mundo ». La città era tetra, raccolta intorno alla sua Cattedrale, fuori della vita e della storia. Di vivo, non c'erano che i rintocchi delle campane fesse che facevano un rumore piatto e corto. La gente, risucchiata dalle Chiese, avevan l'aria di sopravvissuti. Il compito di Burgos, in questa guerra, dev'esser quello di pre• gare per le anime di chi vi muore. Valladolid, invece, era piena di entusiasmo. La gente era tutta fuori delle case, a bivacco. Le notizie del fronte, che Queipo dc Llano scandiva all'altoparlante, suscitavano fremiti, commenti, battimani. S'inneggiava a Franco. S'inneggiava alla Spagna, una, g~ande e libera. S'inneggiava all'Italia. Ban• diere dappertutto. Una folla domenicale, variopinta, disordinata affluiva dalle strade verso il centro e qui s'aggrumava. C'era, all'aria aperta, odor di carne cd una sensualità diffusa. Soldati dovunque. Un sole peso pigiava dall'alto quest'atmosfera rendendola più greve e più densa. Ma le notizie, qui, cran diverse. Il nemico era battuto, sì, ma l'offensiva nazionale non si era ancora scatenata. Ci si limitava a respingere il disperato attacco dei rossi. Il loro slancio si andava man mano esaurendo, era già esaurito. Ancora un fremito ed uno scatto, via via, ma non eran che sobbalzi agonici, preludio d'irrigidimento. S'aveva l'impressione ehc dall'altra parte, dalla parte dei nazionali, ci fosse la fredda calma di eh.i ha oramai in mano il successo. A Valladolid mi fermai tre giorni. Andai a Palencia. Assistei, nella landa castigliana, a una esercitazione a fuoco di reclute istruite da ufficiali legionari. Battei a cavallo con l'amico Garcia la campagna lunare ed avegetale di questa gialla Castiglia. Campagna deserta, arida e senza bosco. Non una casa, per diecinc di chilometri. La regolarità del paesaggio, con le sue colline quadre e il suo ondeggiare lento come un ansare di mare in bonaccia, dà il senso dell'infinito e una strana uggia a chi guarda. Di nuovo, fuor della città, riaffiorava la Spagna che già conoscevo, immemore e sconsolata. Garcia mi faceva notare che non c'era un trattore né una rastrellatrice. Il latifondo domina incontrastato, un latifondo arcigno e miserabile, altezzoso e ignorante. Il popolo è plebe. Il signore è tiranno. Ogni tanto questo popolo si accorge che è plebe e che il signore è tiranno, e allo}a fa la rivoluzione. Ma chj fa la rivoluzione sono i plebei della città. Quelli della campagna assistono senza FREOOENEllE SUL FRONTEDI BANTANDEB partecipare, in attesa che tutto cambi. O forse non c'è neanche questa attesa. :"lon c'è nulla. C'è soltanto il sole che continua a sfarinare l'argilla, il sole di Spagna, largo e immobile nel cielo di cobalto. Non bisogna fen-:1.arsi troppo nelle città castigliane. Il tempo necessario per rendersi conto che ciò che se ne dice e se ne scrive è falso e di maniera, eppoi via. Altrimenti corri il rischio di sprofondarci. Sono città vischiose, con un ritmo indolente, dove si comincia a vivere alle undici di mattina e si smette alle tre di notte; appesantite dal molto mangiare, dal molto dormire e dal moltissimo stare al caffè. Dove, se conosci uno, conosci subito tutti, i quali tutti t'invitano a casa loro dandoti del tu e presentandoti come e mio querido amigo ». Anche le ragazze ti danno subito del tu e accettano di essere accompagnate per strada. Sono belle e vestite con un gusto pacchiano. I tipi della spagnuola, come si vedono nelle copertine a colori dei libri di viaggio e nei teatri di varietà, s'incon• trano veramente, anzi sono frequentissimi. Non che ci si diverta molto, in queste città, anzi ci si annoia. Ma è appunto la noia che costituisce il loro vischfo come quel vivere sbadigliante di provincia che, se uno ci fa l'abitudine, non se ne può più staccare. La noia e questa cordialità meridionale, che ti mette subito al corrente di tutta la vita cit:adina, ciò che si vede e ciò che non si vede, sicché in capo a poche ore ti pare di averci sempre partecipato. In questo le città castigliane differiscono dalle altre della Spagna, dove i vincoli della vita sociale sono scarsi e lenti. Qui la gente vive più accosto, abbandona le campagne - credo - appunto per vivere più accosto. Così è anche nella storia : l'idea della patria spagnola è nata in Castiglia ed è sulla Ca.stiglia che si cerca ancora di far gravitare le altre province più o meno separatiste. Anche la propaganda, in Castiglia, c'è : la propaganda come manifestazione di folla, dal saluto romano collettivo allo squillo degli inni nazionali, ai gridi di c. viva Espana » ripetuti in coro. Esistono, in queste città, dei centri : piazze, caffè, piscine, Qove ci si può ammassare, respirare l'alito altrui, urtarsi. Si parla di più, si gesticola di più. Si ascolta la musica in piazza. Si a.scolta la « charla » di Queipo dc Llano. Si partecipa a una vita collettiva. f:: immergendosi in questa vita collettiva della Ca.stiglia che si comincia a sentire il polso della Spagna. t pranzando con sconosciuti commensali, è parlando con i vicini al caffè. Questa guerra di Spagna è veramente una ·cosa molto complicata. Varia secondo da dove la guardi. Da Burgos, è una guerra per la fede; da Valladolid, è una guerra per l'unità. Dopo averla combattuta, dopo avrrla vinta, bisognerà mettersi d'accordo, domani, su ciò che questa guerra ha voluto significare. INDRO MONTANELLI PlUOIONlE.BlBASOHI0111:OIUOOJ.MOALLAOORBIDJ. COLLOQUOI OLN1lldl00 M A il Ciahar orientale >, domandai al Padre Meyer della '.\1iuione, e-non è sotto il Governo cinese? >. .- Certamente•• egli mi rispose, e e normalmente 'questo distretto è sorvegliato da truppe, che sono agli ordini di Tutung di Kalgan. Nondimeno, ecco quel che accade in questi giorni. Un personaggio dello Stato maggiore di Tutung deve fare domani una ispez.ionc alle forze cinesi di Paochang, non molte miglia lontano di qua. Come spesso accade, il comandante locale non ha abbastanza uomini per la parata, e ha chiCJto al generale manciù di prestargli un po' di uomini per l'occa1ione. Ed ecco che gli uo-- mini arrivano, come di dovere, cambiano il loro bracciale, e p~ndono posto fra le forze, con le quali ieri scambiavano atti di ostilità. Questo non è considerato come un atto di$0nesto, né come un tradimento, perché domani i cine1i faranno lo stesso per i manciù, se ne saranno richiesti >- (Blackwood' s Ma1aiine, Londra). I I,. SUL TANO di Sulu ncll'iK>la di Giava è uno dei migliori giocatori di brid1, del mondo, benché egli, in virtù della sua regia prerogativa, abbia. instaurato un nuovo sistema di gioco. Allo scopo di climi• nare la noia e la difficoltà di indovinare quali carte abbiano gli avvenari, Sua Al• teua si serve di un e a"istente > ; costui pa.sscggia intorno al tavolo dopo ogni distriburione di carte e pttnde per conto di Sua Altcua le opportune informaz.i.oni. TALLEYRAND voleva che il rango e la nascita fossero, nelle relazioni sociali, rispettati fino nei più minuti particolari. Una voha egli aveva invitato a pranzo parecchie persone. Quando la minestra fu servita, fu offerto agli ospiti del manzo. TaJlcyrand si rivolse prima di tutto a un duca, che sedeva al suo fianco, e in tono conc1e e anche reverente, gli chiese: « Vostra Gra• z.ia, pouo avere l'onore o: offrirvi del manzo?>. Poi all'ospite successivo, con un grazioso sorriso: e Marchese, posso avere il piacere di offrirvi del manzo? >. Al terzo, in tono cordiale: e Caro conte, po,so offrirvi del manzo? >. Al quarto, con bene• volenza: e Barone, gradite del manzo? •· Al quinto: e Signor Consigliere Privato, pren• dete del manzo? ». E all'ultimo, un addetto diplomatico che era in fondo alla tavola, secco: e-Manzo?>. ANATOLE FRANCE era intento a 1erivere Lu Dieux ont soif. Un amico gli chiese: iMacnro, il libro va avanti?>. e No>, rispose France, e non va avanti. Sono arenato >. e Voi! > disse l'amico stupito. e-Dite per ischcrzo? >... e Eh! no•, rispose Anatole France. e Immaginate che giungo a una situazione in cui il mio personaggio diventa eroico. A questo punto, io dico a mc nesso: devo essere nel falso>. GOFFREDO Augusto Buergcr aveva prc· so denaro in prestito da un usuraio, e non poteva restituirglielo. Un giorno l'usu• raio trovò Buergcr in un ncgoiio di par- ~ucchierc, col viso insaponato, e gli chiese davanti a tutti quando avrebbe soddisfatto il suo debito. e-Non potete aspettare, per lo meno, che mi sia rasato? > chiese irritato Buerger. e Ma con piacere >, rispose l'usuraio. e-Voi siete testimonio! > dis.se Bucrgcr al barbiere. E, togliendosi il sapone dalla faccia, se ne andò senta farsi radere. T ALLEYRAND, quando era Mini1tro sotto il Dittttorio, ebbe un alterco con Rcwbcll. Questi lo insultò grossolanamente: e: Vile emigrato! > gli diuc; e il tuo senso morale non è più diritto del tuo piede >. Passò del tempo. E un giorno Rew~II, che era terribilmente strabico, domandò a Tallcyrand come andusero le cose: e-Di traverso, signore, come voi le \·cdcte >. MENTRE s'impiccava un Carnoso ladro, (u arrestato un borsaiolo che tentava di rubare il portamonete dalla ta.sc.a di un signore che assisteva alla triste csecuiionc. « Come mai >, domandò il giudice, al processo, e voi avete osato rubare al cospetto della forca? •· so~oSir:ro: :~ :~st~~1o 1:ilY 0 ~a:i!u~:~!~at IL PITTORE Paolo R., uomo di mondo, che restò amico di Degas per lunghissimi anni, ripe1e questa conversazione: e Quando andate a letto, signor R.? ». e Tardi, signor Dcgas >. « E quando vi alzate?>. « Tardi. Ma voi, signor Degas, a quale ora vi addormentate? >. e Pttlto >. e E a che ora vi ab:,ur? >. e Presto>. E Dcga.s aggiunge, filosoficamentt : e A cias<:uno il suo mcstie1e •·
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