Collodi, luglio. • ~. IU' DI DUECENTO tradu- J zioni di Pùi&cchio sono sparse per il mondo. Questa perla della nostra letteratura è: stal..t voltata in tutte le lingue parlate e in molti dialetti. L'ultima versione è quella del professore Malhcrbc, dell'Università di Stcllcnbosch. Benché omonimo del celebre rifonnatorc della poesia francese, il professore Malhcrbc ha tradotto Pinocchio in afrikaan.s, che è la lingua dei boeri. Se gloria non è quella del nostro Collodi, ditemi voi che cos'è gloria? Ora statemi a sentire. La domenica I o luglio si u,;civa da porta a Prato, a Firenze, io e l'amico C., sovrintendente delle Belle Arti e proprietario di una « Balilla. » trimarcc. Traversata Pescia e infilata la strada di Lucca, ci fcnnammo poco appresso a un bivio. Fermo allo stesso bivio era un giovane inguainato di bianco come un topo d'albergo diurno, il quale, sollevato il còfano di una stupenda automobile da corsa, ne frugava l'intestino con mano di chirurgo. e Saprebbe indicarmi per cortesia la strada di Collodi? >. li giovane wllcvò la testa d:i. quel bude!lamc di metallo, posò su noi due magnifici occhi di velluto. «Collodi?>. e Collodi paese ... che è anche il nome dell'autore di Pinocchio>. e Pinocchio?> ripeté colui increspando la bella fronte: e non so : ,1011 sono di queste parti :t. Dove Lorenzini visse fanciullo « Collodi si deve riconoscere all'odore». dice l'amico C. L'amico C. ha ragione. Voltiamo a deistra per ispirazione olfattica 1 e poco dopo, fra cani spelacchiati, galline r!l.ndagie e monelli fermi a giocare in mezzo alla strada 1 riconosciamo il pae- -.c di Pinocchio. Collodi è sparso di sghembo sul dorso di un colle, come un mantello variopinto sopra un pouf di velluto verde. JI mantello è di pregio. La parte maggiore di Collodi è costituita dallo e storico giardino >, che apre a forma di leggìo le sue architetture vegetali, i -ghiri~ori delle sue aiuole, e quando il castellano è-di buon umore, fa galoppare le sue acque giù per una serie di terrazze a scale. Ci lasceremo sedurre da questi lussi settecenteschi? e No! no!> strilla a sinistra una vocetta puntuta 1 nella quale riconosciamo la voce del Grillo parlante. Ci voltiamo a guardare, e sulla facciata di una casa tinta col rosa dell'aurora più poverella, leggiamo: « In questa casa - nella quale visse i primi anni della fanciullezza - e fece dipoi sovente ritorno - attrattovi dai materni ricordi - Carlo Lorenzini - illustre pubblicista - milite volontario delle patrie battaglie - scrittore urh·;namente arguto - benemerito della popolare istruzione - che col pseudonimo di Collodi - rese celebrato il nome di questo paese - i collodesi - annuente e plaudente il municipio di Pescia - P. P. - Nacque il 24 novembre , 8•.26, mori il 26 ottobre 1890 ». Per i collezionisti di cimeli letterari, aggiungiamo che la lapide soprascritta è stata dettata da Rigutini, amico di Collodi e suo compagno di sbevazzate. Io domando: e Come si chiamava d1 nome Rigutini? > E l'amico C. risponde: e Fanfani >. Il barone Eckennann nutriva per Goethe un'ammirazione che sconfinava dai limiti della decenza. Altri se ne muoiono per Giovanni Pascoli : noi, più modestamente, da una salda amicizia per Omero, passiamo direttamente a un'amicizia altrettanto salda per i libri di Collodi. In punta di piedi, come nella camera di un amico che donne, entriamo nella casa in cui Carlo Lorenzini cvisse i primi anni della fanciullezza». Per molto tempo questa casa ha fatto uno sforzo di dignità. t manifesto. Poi un giorno s'è accasciata. Oggi le ragnatele fanno festone sul portoncino verde, una corda annerita dall'unto fa mancorrente ai gradini ridotti a barchette. La casa dei Lorenzini ora appartiene ai Balbani. La famiglia Balbani ci aspetta di sopra. Dai poppanti alla nonna, sono tutti parati per la fotografia. Fulminei, hanno fatto venire anche i parenti sparsi per il paese. L'amico C. mi viene dietro reggendo il trcpiedi della e Lcica >, come un venditore ·di scheletri infantili. Il sorriso dei Balbani manca di spontaneità. Lo dicono loro stessi : e Sapeste le volte che sono venuti a fotografare questa casa!>. Posiamo delicatamente l'occhio sulla mensola, sul ritratto di Umberto I, sui fiori di carta, sulle cose che e lui guardava, fanciullo>. Dal terr:17..zinosi vede la salita del paese, la villa Garzoni come una credenza bianca sulla collina a servizio di un gigante, le cartiere ove in file serrate pendono i festoni che domani saranno carta, partiranno per il mondo 1 avvolgeranno migliaia di salamini. Passiamo in cucina. t tinta di rosso come per ospitare il boia. Il focolare è a nicchia e pieno d'ombra. Le mosche volano a spirale. In un angolo, due conche di cotto murate per metà sono apprestate per il bucato. Sono la e curiosità > della casa e i Balbani ce le mostrano con orgoglio. Noi pensiamo : e Là dentro, le camiciole 1 le mutandine di Carlino Lorcnzini bollivano sotto la cenere e i gusci d'uovo ». Dalla finestra si scopre un monticello colto, un terrazzino con casse di fiori, una gor:i. formata dalle acque del Pescia che dà movimento, dice uno dei Balbani 1 il quale fuma con eleganza e non avrà aperto bocca durante tutto il sopraluogo se non per dare questa informazione di carattere industriale : e Dà movimento a un frantoio qui dietro>. « E questi mobili, questi oggetti erano di lui? :t : accenniamo i ram.i sul muro, la tavola che si direbbe scampata a un incendio. L'uomo non risponde. In sua vece l'avola squilla : e E roba mia. La Ca!a l'ho comperata io dalla mamma del Lorenzini. Vuota. Del Lorcnzini Carlo qui non è rimasto nulla>. e Forse questi>, Soggiunge una Balbani giovine, e sventaglia in così dire i battenti di un armadio a muro. L'ironia ha fissa dimora nella casa di Pinocchio, anche se Pinocchio non c'è più. Storia di un giardino Lo spirito vagante di Carlo Lorenzini, che non siamo riusciti a trovare nella casa in cui egli visse fanciullo, sarà più facile trovarlo nel giardino di Collodi? Per entrare nel giardino di Collodi, si pagano quattro lire a testa. Con queste si ha diritto di visitare il solo giardino 1 non la villa la quale è preclusa al visitatore comune. Ma siamo visitatori comuni, noi? Dichiarate le nostre rispettive qualità di collaboratore di Omnibus e di sovrintendente delle Belle Arti, il custode, che era nudo la tcsta1 sparisce di colpo dentro una specie di ripostiglio vegetale, e ne riesce il capo adorno di un impressionante berretto a visiera, sulla fronte del quale sta scritto con lettere d'oro: e Storico giardino di Collodi >. Se Bouvard e Pécuchet 1 immortali eroi di Flaubert, venissero da queste parti, troverebbero il loro ideale formato in realtà. 1n questo giardino, e similmente in altri soarsi per l'Italia, il regno vegetale è ridotto alle condizioni del barboncino tosato da leone. Coloro che non sanno, parlano di e cattivo gusto>. Come c'intenderemo? Intollerabile nella gente piccina, tra uomini di levatura .superiore il cattivo gusto diventa maestosa pazzia. La discrezione, che p.1ssa per una espressione del buon gusto, in realtà è il riparo dei deboli. Sfoggiare bisogna, quando si può. Ma pochi hanno il diritto di pratica1e il cattivo gusto. Uno di questi era il marchese Paolo Garzoni, feudatario, consigliere di stato e guerra, il quale, a metà del XVU0 secolo, ordinò l'edificazione del giardino di Collodi. I Garzoni collodcsi risalgono al Trecento. Abita\'ano una casa in altura, che, più volte restaurata 1 sopravvive alla destra del p:i.lazzo. Verso il Seicento, fecero edificare a monte del palazzo una villetta tutta festoni e cornicctte floreali, rosea e fresca come un gelato di fragola, con l'orologio in fronte che fa da occhio, e un campaniletto in testa che fa da scuffia. Per dare un autore decente al fastosissimo giardino, si suggerisce il nome di Ottaviano Diodati, patrizio lucchese. Nel mezzo dell'aiuola centrale, disegnato coi sassolini per terra come un gioco di ragazzi, gince fra i ghirigori lo stemma dei G:i.rzoni: Probus et providus esto. A destra. e a sinistra, masse di bossolo tagliate a dadi, a cubi, a conche, a sfere, fanno la figura malinconica di bestioni ammaestrati al silenzio e ;ill'immobilità. Di fronte e sopr:i.elevati, una fila di personaggi di terr~cotta fanno cucù d:i. entro i fori di una spessa parete vegetale. Si sale a una terrazza con balaustra, sulla quale tante. scim!11iettc ~i cott~ sono figurate nei van attegg1amen11 dei giocatori di pallone. Partono quin~ di e salgono fino ai « Bagnetti » le rampe delle cascate, sulle quali do· mina, gigantesca, una Fama trombcttiera ed essa pure di coccio. Timidi timidi entriamo nei e Bagnetti>. Intimità e mistero sono rimasti intatti in queste terme da bambole. Ci pcritiamo di spingere i portelli leggermente ag~raziati di pitture ornamen~ tali, al timore che dietro ribrilli la rosea nudità di una damina, attardata costì da tre secoli1 ma viva ancora nelb sua minuzia di corallo. Qui la vasca delle dame, là quella dei cavalieri e, ~pra l'assito, il tetto in comune. Chi suona? Pief,!hiamo la testa sulla spalla, come il pollo che guard:i. in alto: il palchcno della musica è pieno di cavalieri. Sono filettati d'oro e raschiano gli Amati e i Gaspare da Salò, per bagnare di musica le damine nude che, sotto, fanno glugli1 dentro l'acqua fortunata. . Chi ha detto che le nostre rubinetterie rutilanti, le nostre docce a tubo flessibile sono il nec plus ultra della civiltà idroterapica?... Leviamo di nuovo l'occhio di pollo al palchetto ... Ahimè! l'evocazione di questi strumrnti da sala di tortura ha spento le musiche, disciolto i cavalieri davanti ai leggii spogli. f>omandiamo al custode : e Lei l'ha conosciuto, l'ha visto? >. «Chi?». e Carlo Lorenzini ... Collodi .. l'autore d; Pinocchio>. « Sicuro! Chi m'ha insegnato a leggere e a scrivere è stata la sorella, Teresina Lorenzini, che faceva scuola costaggiù in paese >. « Ma lui?>. e Lui? ... eh ... sì...>. ).J'on l'ha vÌ\tO ! Ma anche la mancia, come la puntura della tarantola, fa delirare i custodi dei bei giardini d'Italia. Il castellano Ragioniere è più che una professio- ....... è ·1rio stato fisiolngi<"o Nel cast'='llano di Collodi, che ci viene incontro la mano tesa e il sorriso sulle labbra, ravvisiamo con sbalordimento uno degli esemplari più puri del tipo eragioniere >. Svanita la proprietà degli ultimi Garzoni, castello e giardino passarono circa quindici anni fa a un tale Bibi, carraresc e negoziante di legna. Dal Bibi passarono all'ingegnere Malvezzi, dal Malvezzi al commendatore Dante Giacomini, e dal Giacomini 1 nello scor• so febbraio, al signor PerverSi ragioniere Angelo1 di Roma. A considerare l'elenco dei propriet.-1.ri,lungo per uno spazio di quindici anni, nasce il sospetto che il castello di Collodi eserciti sui suoi castellani per così dire « illegittimi », un influsso simile a quello del Cullinan, il famoso diamante che non tollerava padroni. Il ragioniere fa gli onori di casa, ci dice la spesa e la fatica che gli costa rimettere in sesto il giardino e il castello, lasciati in così tristi condizioni dal suo predecessore. Passiamo per le g:i.llerie allietate di chiare nature morte a fresco, per le sale abitate questa da un letto a baldacchino, quella da una timida spinetta bionda, quell'altra da un'annatur:i. che ride con la bocca a salvadanaio. E questo? Guardiamo meglio: nell'angolo di un camerino, bianco e solitario come un cigno, un bidet! ... Un bidet del Settecento! Un bidet italiano! t. proprio vero che siamo precursori in tutto. La forma è quella solita a violino, ma la materia differisce: questo bidet è di marmo, e scavato dall'orlo alla base in un sol blocco. Bidet da regine, bidet da divinità. Rc~ta a vedere quale nome italiano ha quf'sto italianissimo strumento di ablu1.ioni. Possiamo seguire il vocabolario, che dà la voce e bidetto >? e Dimora principesca >, esclama il ritgioniere, falci:i.ndo l'aria con la mano, e ma incomoda a chi è abituato a vivere modernamente>. e Troppo giusto, ragioniere. Ma al1ora lei? >. e Mi sto facendo sistem3re un quartierino Novecento ». Apre un uscio: il lavoro degli artigiani è visibile, l'odore della vernice punge le n:i.rici. Alla finestra è affacciata una figura di donna 1 i gomiti sul davanzale. Il sole cala di là dai monti della val di Nie\'ole, accende un'aureola in quei capelli d'oro. Quando Mosè salì al Sinai per incontrarsi col Signore, questi di lontano Rii gridò: e Entra in quella grotta, .Mosè, e non guardare la mia faccia mentre passo, se non vuoi morire>. Per maggior prudenza 1 il Signore posò la mano sull'apertura della grotta, e non la ritirò se non quando fu passato. Messa fuori la testa, Mosè vide le terga enormi di Sabaoth, che si allontanava tra le saette. Temeva quella s,ignora che voltandosi, noi dietro si cadesse fulminati? 11 ca.stello e il giardino di Collodi, larghi e distesi.ssimi, separano il paese a valle dal paese a monte. Per concessione più volte secolare e a fine di abbreviare il cammino, i collodesi hanno facoltà di servirsi delle rampe e di traversare il castello sotto il portico. Arriviamo allo spiazzo davanti all'ingresso. Tre vecchine, come t.re gazCOLLODI - In alto1 lt. cua deUtautore di 11Place<:hl.o". Qui 1cprt1 le 111torlcc gtardiac 11 zc senza gri~o., stanno ap_pollaia;c sul muricciolo dmmpctto. Mira no I ubertosa vallata, ricca di acque e di ~ul; ture? Tirano il fiato dopo la sahta. Chi sa ... li ragioniere Perversi si avanza:. e Ho detto mille volte che qui si passa, ma non si sosta >. e :Ma noi ... da tanti anni ... >. e Non so di anni, io! Ho detto: non voglio!>. E a noi, dietro, che cercavamo guardare da un'altra parte: « Vedono? Una indecenza! Sembra un mercato!>. Le tre vecchine, nere e curve come tre rimorsi, si allontanano su per la salita. Le cascate e E le cascate? ... Come! non hanno visto le cascate? ... Presto1 Giovanni, le casc;ite! >. Per scendere :1 vedere le cascate, costeggiamo il labirinto di canne, passiamo davanti al teatro di verdura che ha la ribalta di mortella, 1a cu1>0la del suggeritore di bossolo1 e gli attori, allo spettacolo, sono tubi di foglie con ~ambe e braccia, che scambiano dialoghi verdi. Ai piedi delle cascate, Giovanni ha dispo~to delle poltrone di vimini, nelle quali ci sediamo per benino. A uno squillo ineffabile della Fama lassl1, che soffia nella tromba di coccio, una luce d'argento s'accende in alto, trilla, scende nel secondo bacino, si ;illarga nel terzo, nel quarto, nel quinto: compone una scala liquida e bellicosa che trarrebbe in inganno lo stesso Tobia. Contemporaneamente, due zampilli spuntano dal centro dei bacini laterali, tentano due scatti modesti come per tirar su due uova da tira.!:segno, poi dànno un gran balzo e s'immobilizzano a un'altezza decorosa. Acque che da racchiusi angusti lochi Di sotterra,tee carceri secrete Sprigionate olla luce escono liete A. festeggiar con mille scher{.i e giochi. Così candlva Francesco Sbarra ne e Le pompe di Collodi >. Ma e pompe> qui ha significato metaforico? Un orribile pensiero rompe d'un tratto il nostro godimento acquatico. Come oggi noi, così alcuni anni addietro un nostro amico era venuto a visitare il giardino di Collodi. Terminato il giro, gli domandarono se voleva vedere le cascate. e Vediamole :t. e E gli zampilli?>. e Vediamo anche gli zampilli>. e E gli scherzi d'acqua? >. «Vada pure per gli scherzi d'acqua». Alla fine, gli presentarono un conto di ottanta lire d'acqua. Il ragioniere Perversi cerca un'immagine che illustri questo splendore idrico: e Si direbbe ... ». La sua voce giovar.e e sicura ci ram.- menta a buon punto che, ospite del più liberale dei castellani, a noi scherzi di quel genere non capiteranno mai. Il ragioniere dice: .e Si direbber > tar.- te lamelle di vetro ... >. Ammiriamo in silenzio. ALBERTO SAVINIO
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