ha un bel funerale si sbornia e ruzzola le scale di casa e si fracassa sempre qualchecosa >). Così la tedesca ha saputo legare a sé il suo uomo, amico o marito o amante, come nessuna dorlna l~tina farà mai con tanto spreco di occh1 stravolti e di gesti fatali e di gelosie e di pronte lacrime e di tcm- ~stosa passione. Ogni tedesco, l'ho già scritto nel mio libro sulla Germania, è perpetuamente cucito ad una donna per cui sente affetto e terrore insieme; e da cui si scioglie, se si scioglie, solo per correre a cucirsi ad un'altra. Non c'è in Germania la consuetudine inglese del club, né quel ritegno latino che tiene la donna sempre un po' in disparte, come qualcosa di misterioso e di prezioso, da collocar magari sull'altare, ma non mescolare troppo alla nostra miseria quotidiana. Nel calendario dei tedeschi c'è uno strano ~:iorno di festa e di bisboccia, TUBIBMO FRANOESE Cdii. dl Bartoll) . ed è il giorno dell'Ascensione, sacro alle cosiddette Herrenpartien, o escursioni di signori soli; poiché è uso vetustissimo che in quel solo giorno dell'anno i mariti siano affrancati dal dolce giogo coniugale e possano andare una volta tanto a spasso $Cnza il grato codazzo della famigliola. Vanno i poveretti, con goliardica e permessa allegria, in qualche trattoria suburbana e bevono un poco e cantano qualche canzonetta vietata; ma non appena tornano a. casa da questi innocenti saturnali ecco le mogli che li attendono severe sull.l soglia, gli fanno pulire i piedi sullo stoino, gli fanno cambiare la ~iacchetta, gli negano la cena per ragioni igieniche, li cacciano a letto a smaltire l'ebbrezza. accessorio necessario della razza, gli stessi argomenti che vanno bene contro gli ebrei; e allora ci si fa della donna un'alleata, anzi la responsabile della lotta per l'integrità della razza. UN EMIDCEOPLOPOLO Dicevo più sopra che si può fare un curioso parallelo fra la paura che questi teorici hanno della donna e quella che hanno dell'ebreo. Per esempio nel c_itato Rosenberg si trovano di frequente appaiati i due concetti, Emaniipation der Juden, Emaniipation der Frauen. Altrove, facendo il processo a11a rivoluzione francese, Rosenberg scrive che « l'assurdo concetto che tutti gli uomini sono uguali ha portato all'emancipazione de~li ebrei come alla liberazione della donna dalla " 00sidetta" e schiavitù del maschio>. Si trova che gli argomenti contro il femminismo, contro l'èmancipazione della donna somigliano stranamente a quelli contro gli ebrei; si parla del pericolo per la società del concedere posti di dominio e di governo alle donne, del guasto che la mentalità femminile arreca ad ogni istituzione in cui riesca a collocarsi con funzioni direttive o anche solo consultive; ogni influenza femminile nella condotta dello stato segna l'inizio di una manifesta decadenza: alla emancipazione nel campo morale sostenuta dai vari movimenti femministi si dà una sola e semplici-\ atica interpretazione, « sfrenatezza erotica>. Si accusa la donna persino di essere troppo fa.Cile preda della bra• mosia ebraica; si deve alla odierna moda maschile della giacchetta e del colletto e dei pantaloni e a tubo >, secondo Hitler, se le donne tedesche non s'accorgevano delle ~ambe storte e dei corpi tozzi della gioventù ebraica e ad essa si concedevano (onde la necessità di riformare la moda maschile, calzoncini corti e camicia dal collo aperto, che metta in valore le qualità fisiche dei giovani e susciti la necessaria attrazione: Hitler, Mein Kamp/, pag. 457, 58). Ceno è che la donna tedesca appare in un certo senso più intelli~ente dell'uomo tedesco, o diciamo piu geniale; appunto perché lirica, sensibile, duttile, individualista, che sono anche virtù latine, e che mancano all'uomo tedesco. Se il tedesco teme che la sua donna voglia fare libero uso di queste sue capacità, ecco che s'allarma e si mettr: istintiva.mente in istato di difesa come contro l'ebreo. Naturalmente non si possono far valere contro la donna, La donna tedesca, dicevo, ha fatto ~uoi questi concetti con un entusiasmo che non può non colpire chi visiti la nuova Germania. Ed ecco che, cacciata dalla porta dalla unerbittliche miinnlir.h~ Z,u,ht, dalla spietata disciplina mal!chile che vuol riservato al maschio il guerreggiare, il giudicare, il fare le leggi, il governare, rientra dalla finestra; e sarà domani il più valido presidio, la forza più effettiva della rivoluzione per quell'oscuro dominio che essa ha sul suo uomo. Ecco che ha accolto con passione il concetto del Ja. voro obbligatorio che accomunerà nei campi con la vanga e lo sgabello per mungere tutte le ragazze del Reich. Eccola alacre e attiva nelle varie organizzazioni, irreggìmcntata con fede e con gioia. Ha fatti suoi i principii della propaganda senza tentennamenti e senza compromessi. Le sue antiche virtù, di infcrmiera,di massaia,di economa, sono eccellente co.,a oggi nella nuova dura politica economica del paese. (La donna italiana che ama un uomo ne accetta le liberalità con naturalezza, anzi le a.,petta e le provoca; la tedesca per priina cosa gli mette in ordine il guardaroba, gij r..t:opp:i le calze, gli dice come la ragazza di Barbarani, no sta spender, l'è pecà). Ha cancellato da sé con coraggio ogni dolcezza esterio-- re; ma sa che così piace al suo uomo i e marcia in parata come esso, si mette come lui un'uniforme, serve con concordia il mito. S'è messa a fare dello sport, corse campestri e tirar d'arco, con la stessa coscienza con cui andava, trent'anni fa, alle scuole di cucina e di ricamo; perché oggi importa avere un corpo sano, per creare figli sani alb. i_>atria.P., del movimento hitleriano, il he\'Ìto e il coro. Nelle cerimonie ur. ficiali ho visto sempre, sotto al palco dell'oratore, una schiera di fanciulle in uniforme che canta per tutti gli inni patriottici e dà il tempo alle varie funzioni. Così vidi quelle ragazze di Buerstadt; prima nei baraccamenti, soldatone ruvide e allegre; poi stivate negJi autocarri, nell.l nniformc grigi:l, le teste nude al vento. Poi sotto la pioggia, i piedi nel fango calzati di ~arpe grosse, allineate in parata, con occhi limpidi e duri, ed una luce ter• ribilc sul viso proteso, trasumanate quasi dal voto1 davvero conservatrici e custodi del mito. PAOLO MONELLI CON QUESTA FORMULA di sa• pore ibseniano, uno degli ultimi numeri della e: Gazzetta Lettera• ria > di Mosca ha pronuntiato una sentenza senza appello, stroncandone la carriera per sempre e condannandolo a un oscuro destino, contro uno dei più vecchi scrittori sovietici, Boris Pilniak. Infatti Pilniak, che conta attualmente quarantacinque anni, era appena ventenne allor• quando, un anno e meno dopo la rivoluzione, si rivelò il primo, in ordine di tempo, dei narratori della gio\'ane generazione, Prima di lui il campo letterario era d<r minato esclusivamente dalla lirica, per un curioso fenomeno dovuto egualmente cosl all'inflazione sentimentale del momento, come alla crisi di produzione della carta. Ai primi racconti fece ~guirc nel 1922 il romanzo L'Anno Jlud0,. In uno stile estatico e frammentario, Pilniak mette in campo il suo cont1itto prediletto, che è il fatale dissidio fra la coscienza d'uno o più intellet• tuali decadenti, e le forze cieche e brutali della musa e dell'istinto: qui la tragedia s'esprime nell'atrocità del bisogno, la e: cac- .cia al pane >. Nelle opere successive Pilniak cercò di mettere un po' d'ordine nel suo stile e un po' d'acqua nel suo vino: ma l'esperimento riu•cl m.alc, perché lo portò ad avvicinani come scrittore ad un altro poeta del caos, Ivan Bunin, che f'fA ~ tempo e:gu.ardia bianca > e caposcuola d'un classicismo narrati\'o aneien rigimt e flaubertiano. Fu in una direzione di questo gc• nere che nacquero opere come La T er{a Capitale e Il Raeeonto della Luna eh, non si 1penge, ma le conseguenze della man• cata ortodossb. della loro i•piraa:ione ii rivclaron fatali soltanto nel 1929, allor• quando, mentre Zamiatin stampava a Praga il suo libello utopistico Noi, Pilni.ak pubblicò a Berlino il suo nuovo romanzo Ma1ò1ano. Questo di Zamiatin e di Pilniak fu il primo grande scandalo politico-letterario scoppiato in Ruuia sovietica, e fu quella la prima volta che si parli\ d'un nuovo e grande peccato, il trotskismo. Non per nulla la più esatta e colorita versione di questa veridica stor,ia si deve a un trotskista americano, Max Eastman, biografo del pro· prio maestro e autore d'un libro dal pittoresco titolo dì A,1isti in Uniforme. Che c'era mai di cosi straordinario nel romanzo di• Pilniak? La solita contrappositione della vita d'un villaggio all'antica i cui abitanti vivono lavorando il lcgn~ di mogano per mobili di lusso, e la febbre costruttiva d'un cantiere industriale sorto nelle vicinanze. Quello che è strano è che non è il cantiere che contagia il villaggio col suo dinamico attivismo, ma 10no alcuni uomini, figli di quella terra antica cd oscura, a recare nel cantiere forze wtterrance cd eterne, capaci di trasformarlo e di distruggerlo. I due personaggi più in• teressanti son due cUriosi tipi di comunisti mo . IL OIROOLO PEM'.lffilILE TEDESCODEI BI&ILLI eterodossi, uno che trae la sua fede dal• l'umanitarismo utopico delle sette, .: l'altro, uno spirito d'eversore, che vorrebbe che la lancetta del tempo si fosse arrestata per sempre ai giorni fatidici della disiruzionc e della rivolta. fo queste due figure riaffiorano i vecchi motivi spirituali russi dell'anarchismo mislico, del messianismo sta. vofilo e della nostalgia per l'età d'oro della preistoria: Pilniak, come Jcssenin, si richiama sempre non .rolo alla Russia senza cemento, senza elettricità e senza strade ferrate, ma addirittura a quella arcaica cd asiatica, nomade e pagana, anteriore alla riforma di Pietro. In questa Russia ideale egli riconosce non solo una specie di pa• radiso terrestre dell'innoccna:.a, ma anche una forma di suprema civiltà. Quello libro fece sl che l'autore si guadagnauc la riprovaz.ione generale, e che fosse accusato d'agire al di fuori della e: linea generale > del partito: cd allora Pilniak cercò di redimersi cdcbrando, primo fra tutti gli scrittori sovietici, l'epopea del Piano Quinquennale. Ma anche in questo tentativo il suo estro gli prese la mano, e nel libro scritto a tale scopo, Il Vol1a si 1etta nel Ma, Caspio, non potè far a meno d'introdurre l'episodio centrale dello sconfessato romanzo precedente. Anz.i qui il solito dualismo di motivi s'allargava a \ero e prc.prio dUello spirituale, fr-a gli uomini dell'antico sobborgo moscovita di Kolomna e il K6loms1,oi, vale a dire la grande opera d'ingegneria mirante- a congiungere, con un canale e una diga, le acque della Moscova a quelle della e:gran madre Volga >. Se la logica dei fatti si concludeva in un trionfo della Russia SO· cialista e industriale, il peso dell'arte faceva inclinare la bilancia a vantaggio deUa Rus· sia arcaica e primitiva: strano e suggestivo risultato che suscitò una valanga di proteste, ma anche un subis!.O d'imitatori. Subito dopo quel libro, lo scrittore fu chiamato ad Hollywood come consigliere per alcuni film di vita russa, e ne tornò con un bellissimo riportate di vita americana, intitolato O. K., forse il suo libro più vi• vace, con degli interessanti capitoli su gli :ambienti cinematografici, criminali e pn>- lctari: poi, per un certo tempo, cercò che intorno a sé si f1,cessc il silcnùo. Ma come si sa, tutti i fulmini vengono a ciel icreno, e fu cosl che qualche mese fa, in una delle sedute dcli' Assoc.iazione degli Scrittori Sovietici a Mosca, egli fu ferocemente attaccato dall'c accusatore pub• blico > della letteratura proletaria, l'ex operaio Fadciev, autore del mediocre romanzo Lo Sfacelo. Pilniak fece onorevole ammenda, e si dichiarò pentito degli errori teorici e delle colpe politiche di Ma1ògano e di altre opere sue: e la palinodia si chiuse con un atto di contrizione e con la promessa d'emendarsi per l'avvenire. Ma l'accusa pubblica e formale della e: Gazzetta Letteraria > dimostra che non è bastata l'andata a Canossa, cd ormai c'è da attendersi un procedimento penale in piena regola, dove un povero poeta sarà giudicato per i reati ormai di prammatica, e cioè danneggiamento e sabotaggio, deviaz.ione ideologica e diversione controrivolutionaria, anarco•trotskismo e menscevismo piccoloborghcse, ccc., ccc. Troppo tragiche e trop· po pedantesche parole per il riconosci• ment01 d'un semplice dato di fatto, e cioè che in quella vera fabbrica d'uomini che è la Russia d'oggigiorno esiste ancora qualche prodotto fuori serie. R. P. ANNOI, NUl(. 18, Sl LUGLIO1997-XV IINIBU SETTIMANALEDI ATTUALITÀ POLIT!OAE LETTERARIA EBOE IL SABATO IN l'J-11 PAGINE ABBO!IAME!ITI l1t.Uae0olonlt1 UDO L.45, lei!IHtre L. 23 Eltero: anno L, 70, aerneun L, 36 oo ■ t IUMEllO VNJ. LIRA llanoacrittl 1 dlHg11i e fotGgr&fita, nche •• DOD pub;11cat1, li.OD ,1 rutitui&OOUO, Dlndo1u: Roma- Via del 811.darloi,8 Teletouo N, 661,636 .lm.aiaittrarlou: Milano- Plana Oarlo Erh 1 6 Telefono N, 24,808 &oc• .I.non.Ultrlce " OIIIJflBUI" • Jlila.D.o IL DESTl!IODELLAFRANCIA SOTTO QUESTO TITOLO, Alexander Werth ha pubblicato recentemente uno studio sulla democrazia Crance$e (The Dutiny o/ F,anee, Londra, 1937). li libro S\/Olge due temi. Primo: la Francia di fronte al pericolo esterno. Il peri· colo deriva d1ll collasso di tutti gli sforzi diretti ad assicurare la transit.ione del sistema di Versailles a un nuovo ordine in• ternu.ionale. Oggi la Francia è costretta a e vivere pericolosamente > di fronte a e: un'Europa senza legge>. Secondo tema: l'urto nel seno della società francese - cioè di una società csscntialmcntc borghese - delle dQttrinc 10ciali rivoluzionarie del FaKismo e del Comunismo. La storia re• centc delle commozioni interne derivate da questo c011fi.itto è narrato dal Wcrth sulla base di informazioni :n gran parte di prima mano: ma in modo, a nostro avviso, poco obiettivo. Dopo i giorni drammatici del 193-41 il Parlamento in Francia, secondo il Wcrth, ha riconquistato le iue posizioni. Il paese non è certamente fuori pericolo, egli dice; ma, in sostanza, la e: minaccia fascista > è nata effettivamente fronteggiata, e grarie alle immense riserve di senso politico e di cspe· ricna:a, su cui la Repubblica può contare >. Quando Doumcrgue e Tardieu cominciarono a metter mano al delicato meccanismo della Costituzione, es.si furono prontamente disarcionati dai radical-socialisti; e, successi• vamcntc, la corrente antifascista ne ha profittato. Nel frattempo, il sympathique Colonnello dc La Roquc, che tempestava con• tro i profittatori parlamentari in nome degli cx combattenti, fu lasciato in asso dalla imprevista ondata democratica, che l'« egregio > M. Lavai evocò; e il movimento delle Croci di Fuoco, impropriamente definito e fascista >, si è indebolito e si è cangiato in un asilo per conservatori timidi. Questa, in poche parole, la diagnosi della crisi interna francese· secondo il Werth. Essa basta a dimoitrarc quale specie di torre di Babele sia, ormai, diventato lo stu· dio dei fatti politici in Europa. Quale è il pericolo che mi[\.lccia la Fran• eia, secondo il Wcrth? Che si riducano i poteri del Parlamento. E le immense riserve di buon senso e di esperienza, 1u cui la Repubblica può contare, furono mobilitate per evitare una siffatta iattura. Ora vi è molta gente in Francia e all'estero che crede esattamente il contrario. Per costoro il pericolo che minaccia la Francia è il Parlamento. E fu una grande sventura che il vecchio e buon Doumcrguc la• sciasse passare il momento di compiere una riforn1a costituzionale, di cui jl paese allora aveva capito la necessità. e:Quando, il 6 febbraio >, cosl la R,vu, d" deux monde, ricord·wa recentemente quella pagina della storia della Repubblica, < i partiti, smarriti, la Francia, lacerata e dc,ola.ta, fecero appello a lui come a un salvatore e ad un padre, egli accorse dalla sua ToumcfeuiUe e prese la dire1ione degli affari; la sua dolce fermena ristabill la fiducia. Ma A 13 storia nQn di~ Cof'KJ clic egl\ lasciò passare un'occasione unica di realiz.zare le ri• forme politiche, costituzionali, sociali, morali, delle quali il paese ha bisogno per diventare una ·democrazia sana e fondare un impero rispettato? >. Come si vede, la Babele è completa: quello che per il Werth fu un pericolo mortale, per la Re111u sarebbe stata la salvèzza. t gran peccato che questo libro sia stato scritto prima del crollo dtl Ministero Blum. L'autore avrebbe tratto anche lui qualche insegnamento da quella « esperienza >: p.cr lo meno avrebbe riconosciuto meglio da quale parte dell'orizzonte l'uragano avanzi. Il 6 giugno di quest'anno, Uon Blum, al Luna Park, pronunziava le seguenti parole: e Se noi fallissimo ...• si sarebbe costretti a chiederli - e questa è una riflessione ben grave,, - se non vi sia un viz.io più profondo, un vizio congenito; se cib, che noi abbiamo creduto possibile e che continuiamo a credere possibile, non lo è; se veramente non è possibile, entro il quadrp della legalità, · .1 base delle istituzioni democratiche, di una coali2ione di partiti, senza sor'- passare un programma comune, che ri• spetti i principi della società attuale, di procurare alle m.assc di questo paese le ri• forme di progresso e di giustizia, cho esse si attendono >. Il ragionamento è chiaro: Blum annunziava la dittatura. Ma questa rivoluzione, che egli, alla vigilia della caduta, minaccia\'a, ii era già compiuta sotto il suo go\'erno. Le mane si erano accorte della loro patenta e avevano creduto di poter governare direttamente. E il Parlamento, da un giorno all'altro, si era trovato ridouo alla condizione di Camera di rcgistraz.ione. La rapidità di questa operationc, commentava un anonimo scrittore nella Revue des deux monde,, è uno dei fenomeni più singolari della storia contemporanea. Il destino ironico ha voluto che il Gabinetto Blum, il quale pretendeva di essere il più democratico dei Ministeri che la Repubblica abbia conosciuti, dirigesse la più grave impresa che sia mai stata tentata contro le istitutioni parlamentari. Es.,o aveva, fin dal suo avvento, scoperto il ministero delle masse. E sì appoggiava su di esso senza fiereua, senza aver l'aria di accorgersi che aveva trovato il suo padrone. Il Ministero di Fronte Popolare sacrificava in fretta il Parlamento, immaginando di avere un appoggio Hsai più solido. Il Parlamento restava al lavoro, se si puù dire cosl, a titolo di ornamento. Le decisioni, le leggi, la direzione politica sfuggivano ad esso. La C.G.T., i sindac.1.tì rivoluzionarf, i capi comunisti avevano il potere. Lo stesso giorno, in cui Blum parlava al Luna Park, Jouhaux proclamava: « L'era della politica è finita -.. E cioè era finito il Parla• mento, La e rivoluzione>, che il Wcrth temeva, era compiuta. Ma, dagli avvenimenti politici francesi, - cod da quelli recenti, come da quelli di tre anni fa - ci sarebbe da trarre una morale: che non si riesce a governare la Francia che unia il Parlamento o eontro di esso: non vi riesce la destra, non vi riesce la sinistra. Doumcrgue fu costretto a tentare di ridurre i poteri .del Parlamento. Blum lo ha annientato. Si csagern quando questi cpisodt vengono definiti una rivoluz.ione. Essi sono semplicemente i sintomi preannunziatori della rivoluzione. Se essa ancora non scoppia, non è già che il paese non sia maturo o che il Parlamento non sia abbastanza: fradicio; è che la minaccia esterna preme e preoccupa. li vìncolo fra la crisi esterna e la interna è intimo. Se )a Francia si persuadesse di non avere più niente da temere dalla Germania, si abbandonerebbe di corsa alle più temerarie espe7 ricnzc. La paura è ancora una scuola d1 saggezza per i popoli. ROMA"COLO!llANORDICA" I L SIG. DIETRICH KLAGGES, che è una personalità eminente nel mondo naz.ional•socialista, ha pubblicato, l'anno scorso, un libro su e l'insegnamento della storia come educazione nazionale politica> (Oietrich Klagges: GesehiehtnmteT• ,icht als nationalpolitisehe Ertiehung, Frankfurt am Main, 1936), in cui in omaggio alle idee ra:z.a:istiche ricostruisce l'evolua:ione della civiltà europea in modo molto origi• nale e che è del tutto in contrasto con le idee generalmente accolte al riguardo. li principio fondamentale del libro è che si debba ripudiare una volta per sempre l'antiquata nozione secondo la quale la civiltà sarebbe partita dal Mediterraneo e si sarebbe Jrradiata ai paesi settentrionali, fra i quali la Germania. Lungi dal riconoscersi discendenti da antenati, che sarebbero stati civilizzati rclatÌ\'amente tardi, i Germani - egli dice - devono affrettarsi ad appre%• zare il fatto che tutta la civiltà emanò da la Germania. La grande tu. della Cre• eia e di Roma fu dovuta alla colonizza• zione del sud da parte di popoli nordici, CO· Ionizzazione che ebbe successo finché i conquistatori nordici si tennero separati, come una casla superiore, dalla popolazione indigena. Ma più tardi si diffuse l'incrocio e e la colonia nordica, Roma, non fu abba• stanza Corte per portare a termine il suo -4 grande compito, cioè di fare nordico tutto il mondo: la sua vitalità rauialc non era stata con sufficiente cura preservata e, per• ciò, prematuramente 1i estinse >. Quanto, poi, all'idea, che i Germani del periodo della dccadcna:a e della caduta di Roma, Cossero dei semplici barbari, si tratterebbe di un'atroce leggenda, fabbricata dagli storici ecclesiastici. Il Ktaggcs ricorda l'eroismo dei Germani in guerra, e rimpian_gc che e: la distinzione religiosa nordica fra forze buone e malvage sia stata per sempre perduta nel sud > e che !'eroi• smo si sia corrotto in tolleranza e amt ,e di pace. · In un momento di cosl stretta collaborat.ionc italo--tedcsca, qualsiasi polemica sarebbe inopportuna. Ma ci .sembra che il modo migliore per promuovere l'amicizia fra i due popoli sia che ciascuno di essi procuri di conoscere il patrimonio morale e 11orico dcll'al1ro, lo appretti, lo ammiri, e non se ne appropri. Epper0 come noi non cercheremo mai di appropriarci dei Nibe• lunghi o di Federico il Grande, così gradiremmo che i tedeschi non cercassero di an• nettcrsi Roma o Cesare o Dante. Ed è strano che si debbano ancora ripetere questi modesti principt di probità culturale. Ciò premesso, facciamo, per semplice dovere di l italianità, alcune riserve in ordine alle tesi l storiche del Klagges. l 1) Prima di tutto, Roma non fu una <H· Ionia nordica >, anz.i,. non fu affatto « colonia >, Che in epoca preistorica l'fta. lia sia stata invasa da popolazioni di stirpe I ariana i certo; che queste popolazioni abbiano più tardi fatto la civiltà romana è del pari ctrto; ma questa non è una ragione sufficiente per annettere Roma e l'Italia al Nord. Di questo palSo e con questi criteri ogni paese finirebbe con l'essere la e colonia > di qualcuno. Cli stessi Germani non nacquero certo dall.a terra che poi ha preso il loro nome: provenivano anche essi dalla comune culla dei popoli indo-europci, che non si sa dove fosse, ma che si inclina a collocare nei pressi del Caspio, ai confini fra l'Europa e l'Asia; ma a neuuno è venuto mai in mente di dire che la Germania sia una « colonia > dell'Oriente. 2) ]n secondo luogo la missione storica . di Roma non fu di fare e nordico > il mondo, ma di farlo e mediterraneo > e più precisamente romano; e, checché ne dica il Klagges, vi riusd egregiamente, anche contro i e: nordici :t. · 3) ln terzo luogo i proto-cileni, i protoitalici, i germani sono altrettanti rami di un ceppo comune: ma né i proto•italici discendono dai germanì, né i germani discendono dai proto·italici. Momms.en descrisse con un'immagine il legame di parentela fra i vari rami della famiglia ariana: e: i Greci e gli Italioti sono fratelli i i Celti, i Germani e gli Slavi sono loro cugini>. Questi vart rami sono, dunque, dal punto di vista etnografico, su un piede di parità; natural~ mente ognuno di essi ha, poi, avuto la sua storia: ma quel che l'un ramo ha fatto non può essere attribuito all'altro ramo. E poiché una civiltà greca e una civiltà latina vi sono state, i assurdo attribuirle ai Germani, come sarebbe assurdo attribuirle agli Slavi. 4) L'affermazione che i proto•itah .. ~ 11 in• crociassero con le popolazfoni indigene sottomeuc e che perciò decadessero, è arbi• traria. Sembra, anzi, che le popoluioni esistenti in Italia prima della invasaon~ ariana - e cioè i japigi, di cui non si sa quasi niente - venissero ricacciati verso i lembi estremi della penisola: l'attuale Puglia, l'attuale Calabria. Da quali documenti desume il Klagges la storia degli incroci? Ma, in ogni caso, poiché gli avanzi delle popolaUoni aborigene scomparvero subito, si dC\'C pensare che l'innesto si verificò assai per tempo, e cioè prima della grande storia di Roma. E, allora, perché attribuire all'incrocio un'azione degenerativa, i cui risultati si sarebbero manifestati molti e molti secoli più tardi, e non già un'.arione tonica e fortificante? Perché attribuire all'incrocio la decad~nta di Roma, che venne molto più tardi, e non la grandct.ta, che venne prima? ~) Quanto poi all'c: atroce leggenda> che i Germani fossero dei barbari all'epoca della dccadcnta di Roma, ci accontentiamo di rilevare che bisognerel.bc prima intendersi sul significato della parola e: civiltà>. 11 Klaggcs, per dimostrare che i Germani erano civili, ricorda che eran valorosi in guerra. Ci sembra trattarsi di due cose diverse . E ci fermiamo qui: ché a voler segnare tutti i punti, in cui dissentiamo dal signor Klaggcs, ci sarebbe da scrivere un volume. Del resto avremo detto tutto, quando avremo ricordato che lo stesso signor Klagges, alla (?onfcrena:a degli insegnanti di storia, ;1;:ci5~m:n~e p:in~~7o :~~o q~:;t:.tl~t;i~~t vità debba essere bandita dall' insegnamento della storia. OMNIBUS
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