Omnibus - anno I - n. 18 - 31 luglio 1937

~ - - ==-. ~ - --- DI UN OTTUAGENARIO , ( A SPINA: molti a questo nome drizzeranno l'orecchio. E metto, in primo piano, i critici d'ar- .:.,.Ll ~c~o~~:c t~~' ~~ =~~~t~• ;:i~~lt~~ Ottocento. Fu, ai suoi tempi, amico e apprezzato consigliere di artisti che si chiamavano Gemito, Uga e Mancini. E scul· torc e pittore apprcz:iabilc egli stesso se un uomo come Dcgas, di cui si conosce il pun• gente spirito, rimase favorevolmente impressionato da una sua statuetta che vide, per caso, presso una famiglia amica a Portici; e paMando qualche tempo dopo da Fircnic, incaricò i fratelli Cannicci di portargli i suoi saluti con un biglietto in cui si scusava che il poco tempo non gli aveva pcrmcuo dì fare, come avrebbe desiderato, la conoscenza personale dello scultore siciliano. Ocgu, che a Parigi stupiva la gente infiorando la sua conversazione di espressioni in dialetto napoletano quando aveva in casa qualche ospite venuto dall'Italia, fa. ceva dei frequenti viaggi a Napoli. Egli aveva dei parenti installati in quella città dal tempo dell'arrivo del Generale Championnct e della rivoluzione giacobina del 1799. E fu per l'appunto durante uno di queni $0ggiorni che scoprì la statuetta di La Spina, nome a lui tutt'affatto sconosciuto, Rappruentava la statuetta un sal· taton~, tema su cui era visibile l'influenza degli artisti che La Spina frequentava a Napoli; e d'altronde egli non l'aveva neppure terminata poiché era stato costretto a ripartire in fretta e furia per la Sicilia. In uno di quegli inspiegabili e vulcanici acce"i di gelosia che rendono cosl misteriow e temibile il cuore dei siciliani, la famiglia gli aveva imposto di tornare a ca.sa, anzi, per essere più sicura che il giovanotto non frapponesse indugi e dilazioni, lo at-eva lasciato senza soldi. Partendo egli disperse le sue cose. UIIAVOCilIOIIE CONTRASTATA Ricordando questo ed altri episodi della tempestosa giovinezza, il vecchio scultore leva la patriarcale barba e, agitando nell'aria le magre dita sprunate di gesso, esclama: e: Tutta la mia esistenza fu con• trariata da quelli che più mi avrebbero f dovuto aiutare. Avevo vent'anni e volevo 1 te~~!~:rmJi a!~~e:~;ic:;ru':.,~f g;! f~~!: I sibile. Pensai allora di far l'avvocato. Peggio che andar di notte. Non feci in tempo a manifestare questo desiderio che mi si buttai;ono addosso. L'avvocato? Ma quelli ! fin~sc?in°ve~:~:o al;;j!::: 0 ~t'racconta come L.---- fo che si decise ad imbroccare una carriera t contro la quale si esercitava il fiero istinto isolano dell'ambiente in cui era allevato, I nemico delle avventure e degli incerti del mestiere. Egli ci mostra un bu,to, modellato a diciannove anni, il ritratto della madre, da lui cominciato per spasso, quando incerta era ancora, la sua vocazione, e inviato per consiglio di improvvisati ammiratori a una mostra interprovinciale d'arte. Fu tanto il chiasso che quel pcuo di scultura destò tra gli espositori che al momento di anegnare i premi i membri della giuria discussero a lungo, indecisi se dare a quell'ignoto la medaglia d'oro anzich6 al vecchio burbanzoso scultore cui spettava per diritti di anzianità e di reputazione. Vin~ naturalmente il vecchio ma la gloria fu tutta del giovanotto. A colpi di gomito lo scultore spazzola il busto che è andato a pescare in un angolo dello studio dove giaceva con altri pezzi di scultura sotto un mantello .cos! spesso di polvere che sembrano peu1 d1 scavo, e passando il dito tremolante sulla parte emena e biancheggiante della testa ci mostra come fu piegata, per istintiva virtù di pollice, la riluttante pasta del gesso a riprodurre certa screpolatura della pelle che il modello presentava sulla gota. Esso era come un segno distintivo di quel volto paltido e allungato di matriarca sicula, serrato tra le bande dei capelli come in una funebre arca. c. L'artista >, ci dice La Spina, con quel suo fortissimo accento isolano che sessant'aoni di commercio col Continente non ~:nf:~:~!~0•1/ f~ i! :,e~::~t; c~al~et~: anche il sentimento del calore >. 8EIIITO, PLUTARCOE OUOLIELMOIIE (\ Napoli La Spina si recò dalla nativa Acireale per compiere il suo noviziato artistico. Era, quella, l'epoca in cui Napoli godeva la fama di capitale artistica. Nei locali dell'antico Collegio Militare affittati agli artisti maturavano i forti ingegni ~i Gemito e di Mancini che parevano destinati ad assicurare una nuova rinascita all'Italia. e: Questo coglione di Michelangelo! > andava gridando Gemito nei 1uoi momenti di eroico furore; e Oomr-nico Mo. rclli, che lo proteggeva, scusava e perdonava lo scugnino dall'alto della sua autorità di dominatore incontrastato dr-lla vita artistica partenopea. La Spina pensa che for1e in fondo a tutta la rlclome che Domenico Morelli andava facendo allora in pro del nascente genio di Gemito c'era un motivo indipendente dall'arte, ed era un sentimento di istintiva solidarietà dovuto al fatto che tutti e due, Gemito e Morelli, erano figli naturali. Si sa che il prim~ era un trovatello e che il nome di Morclh, che era quello di un noto parlamentare di quei tempi, venne imposto al pittore della c. Preghiera nr-1dr-serto > per plebiscìto popolare. c. Allora Gemito faceva dei diseghi veramente !)(lii >, racconta La Spina. e Ma la scultura era brutta. Quando Gemito capl che si poteva raggiungere una maggio~e profondità cambib strada. Se ne infisch1b della protezione di Morelli, anzi gli voltò addirittura le spalle. Si mise a dir male di lui per tutta Napoli ; e questo, a dir la vcri1à. non mi parve da persona civile. e Gemito aveva la mania della grandezza. Si sentiva Michelangelo redl\•ivo. Non voleva sentire consigli da neuuno. Quante volte, passando dallo studio e vedendo quel• lo che faceva, io cercai di metterlo sulla buona strada. Ma egli faceva l'Archimede. e: Ricordo che avevano gli studi nello stesso palazzo, dove ora c'è l'ls1ituto frO<' bcliano. Sopra stava Mancini, e sotto, in un angolo, lavorava Gemito. e: Gemito aveva a quel tempo un certo Totonno che gli faceva da modello e da sbouatore. Era uno scultore che per lui aveva rinunciato alla professione. Gemito lo faceva spogliare e si metteva a disegnarlo; e quando lo aveva p"tew in due o tre pose gli gettava i panni e se ne andava. c. Passavano due o tre mesi senia farsi vivo, poi improvvisamente spuntava allo studio e ci mostrava le sue cose, che erano qualche volta bellissime, dicendoci che le aveva cominciate in mattinata. e Ma una volta incontro per la strada un certo Carminello con una statua sulla teua. e " Carmincllo dove vai? ,.. e:" Vado allo studio di Don Vincenzino,.. e: Ricordo che l'indomani avevo finito di lavorare e me ne andavo tranquillamente a mangiare, quando, arrivato davanti atJo studio di Gemito, mi sento chiamare. Entro e vedo Gemito, in arnese da lavoro, che andava armeggiando attorno a un pezzo di scultura. e:" Aggio cominciato mo' sta coserella ,.. e: lo guardo. Era la statua che avevo visto portare il giorno avanti da r minello allo studio. e: A Napoli c'era allora questa manla >, concluse La Spina: c.di fare tutti i genii >. Egli rammenta, per esempio, che quando il Ministro Cesare Correnti commise a Gemito una statua di Bruto ,per non so che palazzo di Milano, Gemito si lesse tutto Plutarco e fece una quantità enonne di bonetti. e: Di,graziatamente erano uno più brutto dell'altro. Plutarco gli aveva dato alla testa. Gemito aveva fatto un Bruto che si rotolava per terra e si grattava fu. riosamente la testa >. Quando La Spina lo vide cercò di fargli capire sinceramente dove stava l'errore. e Bruto era un a.risto· cratico >, egli andava dicendo a Gemilo; e: vi pare, don Vincenzino mio, che un uomo di quella educazione, se doveva esprimere i suoi dispiaceri politici, lo faceue in quel modo? >. E Gemito a gridare: e:Mo' vi faccio vedere io! Mo' vi faccio · vedere io! Voglio lavorare direttamente sul marmo>, E con quello che gli restava delle tremila lire di anticipo si fece venire allo studio un altro blocco di marmo. Si rimise al lavoro, ma non aveva fatto i conti colla sua pauia. Infatti si rìdusse all'ultimo momento senza aver combinato nulla. Col marmo appena sbozzato si imbarcò per Milano convinto di fare la statua in treno. Naturalmente lu pura illusione. 11 marmo finl poi a Fircnte dove lo acquiSlb uno scultore che se ne servl per la statua di un altro repubblicano: è la statua di Maz.. zini che si vede alla Villa Bellini di Catania. e: La follia sua era questa >, dice La Spi• na. e Perciò quandt., dicono che Gemito impaul mi fanno ridere. Ma Gemito fu sempre pazw ... >. In questo momento lo scultore scorge tra le nostre carte un vecchio numero di Omnibus, e coll'istinto dello statuario che ha lavorato molto sulle fotografie, lo prende e vi t.rova un'istantanea di Guglielmo II: e: Ah, è questo Guglielmone ! •· Si aggi11sta gli occhiali, lo osserva lungamente, nota, di quel personaggio, la fronte sfuggente. e: Ha gli occhi chiari. Quando lo vidi a Roma, gli occhi mi fecero pensare a Cc· mito. Lo dissi allora: queste mi sembra un po' matto! >. llllLLOST1Jl)lODELLOSCULTORE La conversazione di cui abbiamo riportato qualche battuta si svolge nello studio del vecchio scultore. Per trovarlo bisogna attraversare la Paueggiata Archeologica e, finalmente, camminando in piena campa• gna, appare una casetta in mattoni, completamente isolata tra gli spiazzi erbosi e nascosta da una grande casc.1.ta d'edera. E Il che Michele La Spina lavora. L'acqua e le sassate hanno capcellato il nome dell'artista pittato sulla porta con dei colorini che ricordano la tavolona della scuola na1uralista napoletana; ma, in compenso, l'intera porta è diventata un grande foglio di carta da lettere a disposiiione di chi passa, e specialmente dei vi· sitatori che non trovano lo scultore. Ap• pun1amenti, indirizzi, messaggi augurali, saluti, commìssioni di lavoro si incrociano sul nudo legno; e io mezzo a tante testimonianze di ammirazione e di affetto non manca neppure il rr .lligno creditore che si fa vivo in un angolo con un conticino scritto a lapis e consistente in fornit11ra di pane e frutta per un totale di L. 7,55· Del resto passano dei mesi senta che La Spina veda anima viva. Scarse le visite. Alcune fotografie sparse sopra una cassa ci dicono che l'ultima fu quella di un fotografo americano il quale volle fotografare lo 1cultore cosi come si trovava~ in mutande, e arrampicato alla testa d1 Garibaldi. Michele La Spina non si lascia abbat• tcrc dalla sfortuna che l'ha perseguitato per tutta la vi1a. A ottant'anni suonati egli lavora senza concedersi un solo momento di riposo e rimpiange solo di non possedere la resistenza fisica di un tempo, quando potè restare due giorni e due notti chiuso nello st11dio senza toccare cibo, tutto preso dalla febbre della creazione. Colle sue forti mani di mass.aro prepara il gesso per le statue, da se stesso provvede al nutrimento quotidiano che conaiste in una ciotola di latte acido e in due uova al burro che consuma, la sera, in una latteria del centro. Nello studio si vedono le copie di un gran numero di opere da lui eseguite in epoche varie della vita; dal tempo ormai lontano in cui modellava per divcrtimcn• to, senza. macuri né insegnamenti, all'epoca della. maturità rappresentata dai vasti e complessi progetti di monumenti pubblici di cui quello per Garibaldi è un esempio. Vasti di mole e complessi di significato, come era di moda nell'Ottocento che fu epoca di grandi e fallaci miti, per cui, in fatto d'arte, poco si salvò di quel secolo, e in .. - ~·-"' .. -~. ,:.· .... ,.., .. -. ·~. -· ....,.; ~ 't~""• ..--:,...."' . ., -\-:- • ·1: }~·~~ ..-..-= ....... !.·" .. ---·:'f....:.,,.- .f' • • 'E-._-· • • '\_.;,' ,-. , •' , ' ~, ,r •• -~~..,· .;:: -~1:. :.. ~: '' ~ ..-., ... ·' ... \; ..... •· . ~,,..,~ ..... ) - ... .. . ' .. ~-~ .. ~ ...,:·.. ·~- ·--:--~·:•. -~; ,_~:~:·:...· 1;\! • ~ ••f ♦ ✓ • .r'; '!'~/_,.♦w ',. ... • ••~~!\~~• .J. ..... • ..-. .... :;., :• ~'..\~,'t~-'>'"·~11 :' :-. \..~\~~- ''···-~·--f, . "'-.~....... ,.,tt ~\~ .. ·~ :~·- ...~ - ..... -. .,:~~:-' ) ~ ' ... ~· :."~4":~ -"{~ ...... (., ~.... Lo aonlUJN ottuagenario :C.. Splu 1 tot\o l'ooehlo di GaribaldJ quel poco difficile è sceverare quanto frutto di positive qualità 'C quanto è dovuto a fervore scatologico. Vediamo per esempio un grande $a.tiro in gesw che si slancia da una cassa come un saltaleone, e non facciamo fatica a ricollocarlo nella sua vna coriiice che è la Parigi della fine del secolo. E vediamo, in meu.o ai tanti peni e copie e frammenti che si accumulano in gran disordine intorno alle pareti, poggiati per terra o sopra mensole di legno, qualche esemplare di quella ;,latuaria cimiteriale, anch'essa tipica dell'epoca che conobbe il fasto dei cimiteri monumentali e popolò i giardini d'Italia di baffuti signori in redintole e tuba di marmo massiccio. Ma il meglio di La Spina sono alcuni ritratti, teste e busti, di un gusto ,:he non esce dall'orbita ottocentesca ma che, in quell'orbita, fanno di questo scultore un maestro. Del resto La Spina, che solo veno i quarant'anni e a contatto di altri artisti si diede alle macchinose concezioni d'assieme, cominciò con un ritratto, quello già nominato della madre; e a un ritratto dedica attualmente tutte le sue forze: la gigantesca tena di Garibaldi, da lui cominciala quarant'anni fa e rifatta tre volte. Egli ci racconta che l'idea di questa te• sta gli venne nel 1881 in occasione del concorso per il monumento a Garibaldi sul Gianicolo. La Spina vi partecipi, con quattro boueui fatti in quindici giorni di febbrile lavoro. e La mattina leggevo,, egli racconta, e e il giorno lavoravo >. Nei bozietti non c'era nulla da mutare dal punto di vista del soggetto, ma al momento di spedirli gli accadde di fare la seguente os• servazionc: che nei grandi monumenti la parte più sacrificata è sempre quella del personaggio principale. Cosl cominciò una testa di Garibaldi che ora si trova ad Acireale. Eua sbalordl la commissione. Dice• vano che si trattava di un'americanata. < La verità >, esclama La Spina, c. è che i generali d'allora non riuscivano a libc• rarsi da una punta di disprezio nel considerare Garibaldi. Per essi Garibaldi era un avventuriero. e: Chiuw il concorso mandai il busto di Garibaldi all'Esposizione di Palermo, ma i miei nemici tanto fecero che fu un mira• colo sr- esso non cadde a mare mentre lo sbarcavano. E lo e,posero dietro una tenda, perché dicevano che " uccideva il resto ,.. c. Ne fr-ci una $CConda che andò in pezzi mentre la fondevano in bronzo. Questa _che vedete la cominciai cinque anni fa>. &ARmALDIA "ORAIIDEZZASTORICA" La testa occupa metà dello studio. Essa sorge da una montagna di geuo in polvere e di detriti. Tra i boccoli della barba che affondano al Aiolo come grosse radici è collocato un piccolo sgabello ingombro di stampe e di foto~rafi.e che lo scultore consulta di tanto in tanto attraverso gli occhiali imbrattati di gesso. Dr-Ile scale sono appoggiate alla St3tua e il vecchio paua dall'una all'ahra secondo le esigenze del lavoro e dell'ispirazione. Oalla cima di quelle scale - tre, come le croci del Calvario - Michele La Spina ha vi,to colare metà 'della sua esistenz.a. A pochi pa$.Si dallo studio si innaluno le guglie meccaniche del Luna Park, ma, tutto sprofondato nel suo lavoro, il vecchio scul· tore non vede e non sente. Appollaiato in cima alla scala egli procede impertur• ~r::i;;;/};1:~~r~:t:~~~~ell: ~o:~:!~•a aJi gesso. Altro rumore non risuona all'intorno che il colpetto secco della piccozza sulla parete bianca collo sfracellare a valle dei pezzi che si staccano dal nobile e fiero volto dell'Eroe dei due Mondi e corrono per la nevosa china rimbalzando tra le statue che auistono dal basso alla lenta ascensione. Lenta? Lentiuima. Bisogna rendersi conto del modo come procede il lavoro. Fu, per esempio, dopo mesi di osservazione che lo scultore si rese conto di una ridondanza che rendcv.i. impr-rfetta la nusomiglianza dell'Eroe. Montò sulla scala e ne staccò un grosso blocco di gesso. Qualche volta il colpo ha levato più del necessa· rio, e allora è d'uopo rimpiazzar~ il vuoto con altro gesso. Con questo sistema la testa è cresciuta senza che l'artista se ne relldelSC conto. Oramai la chioma del• l'Eroe sfiora le travi della volta e più in là non è possibile andare, a meno di sfondare il wffitto e di lavorare sopra il tetto. Egli mi conduce in fondo alla stanza e mi mostra la primitiva impalcatura, visibile dietro le soprastrutture del gesso. Col tempo è stato necessario rinforzare il telaio con nuove e più solide assi per so· stenere il peso delle nuove aggiunte. t\mcricana1a? Certo, di fronte a una sta· tua cosi grande che non si riesce a capire cou,,. sarà possibile, una volta terminata, tirula fuori dallo studio senza demolirne le pareti, non si può fare a meno di pen- $3.re allr- celebri teste dei Capi dell'lndi• pendenza americana scolpite sulle cime delle Montagne Rocciose. Non si capisce soprattutto con quale miraggio l'artista ha potuto spendervi quaunt'anni. Ma questo è un segreto che lo scultore ci confida in t1n orecchio. Egli sogna un grande tempio di cui la testa di Garibaldi sarebbe il coronamento e per il quale pensa all'Isola Tiberina. Un tempio dedicato agli Eroi, a simig\ianta di quello che la Roma di Agrippa eresse intitolandolo al culto degli Dei. e: A meno che non scoppi una guerra con la Francia. Perché allora io regalerei la mia uatua alla città di Nizza. Ma vi par giusto>, egli etclama, e: che la patria dell'eroe nazionale italiano sia francese? >. A questo sogno egli ha dedicato metà della vita, sobbarcandosi a un lavoro immane, svolto nelle condizioni più disastrose, e il cui frutto egli non considera nep-- pure come opera sua. c. Di mio c'è la buona volontà, gli sfoni che ho ratto, i soldi che ho speso e quelli che mi sono prestati... E se mi sa1·à con· cesso di vedere il mio lavoro utrliziato, ebbene, morirò contento. E lascerò contenta l'anima di mia madre ... >. CARLO DADDI ~~&>a DEL VANTAGGIO AL PRINCIPIO di Via della Scrofa, dolla pa,te di Piau_a San Luiti de' Franusi, si sta demolendo da mesi un pa• tau.otto. L, demoli{ioni, quando proprio non si vuole rinuncia,, ad eut, dovrebbero ,u," fatte alla svelta. Il metodo del sasso per tiorno, finisc, t:on l'impenrierire i t:ittadini, , andie t:ol dare alla t:Ìttd un t:onsueto , ptrenn, aspetto di t:antiere. Dove maiari non sarebbe tran male, sit:t:om, i t:anti,ri di ptr si sono t:ose rispeltabiliui· m,; ma un edificio in demoli,t,ione produt:t poluert stmpre, , impaccio allo cirt:olQ.{Ìone. UN NOSTRO. ltt:o" propone ehe fra Campo de' Fiori e Palauo Farntst invet:t di giunttre, eom, potrdbe darri fMst nti pro1rammi, a d,molire, si risanino le vecchie ease eh, ora vi sono, e che vi si dispontano lot:ali per pensioni, ptt isti- '"ti d'arte, per botletht antiquarie, per pit:- t:oli ca0è. IJ,I MOLTI t:a6è romani si sttvt il ca6è in la,t,àne t:he hanno il manit:o ripieno. Il caldo di Roma, si sa, è umido; le mani di tutti diventano fat:ilmente sudate, e quel monit:o par fatto apposta ptrchl le tauin, st:iuolino , t:adano a tura. Dopo l'innovQ.{Ìone delle poltrone metalliche in luoto delle altre di vimini, questa delle ta(.- tine a manit:o pieno ei umbra fra le più balorde , sciot:t:he, e nusuno sa, d'altro t:Dnlo, t:he queste tauin, sono fabbricale in Cuoslouat:chia. MOLTI nego,t,i t:ittadini hanno adottato iscri(..ioni al «neon>. Ma st loie odo• Von, è tutt'altro t:he biasimevole, t:i preot:- t:upa lo stil, di quelle inu1ne. Non bei ca,, ,atteri t:he subito dieano a ehi 1uarda t:iò eh, intendono dirt. An(.I l'oct:hio dapprimo d(IJe ,uue stupito da geroglifiei misteriosi che poi non sono che lettere italiane. Dou, ti pare un ragno luminoso e'è seritto semplie,mente c. t:a0è >. Si t,aua s,ntaltro di pessimo gusto. E non moncano nemmeno gli « o > senta but:o. IL PROGETTO PIACENTINI pe, la Spina, moJlro t:hiaram,nte t:he era inutile abbatte,, le case di. Piaua Rusticuui e Scossacavalli. Da qutl protetto, infatti, appare t:hiaro che il grande vuoto ufuioto dalla Spina va ehiuso da un t:olonnato. E ciò è vero puchl il segreto di Piatta San Pietro è nella sorpresa, ntll'apparire come d'incanto; è un setrtto religioso. La Fede, il Tempio della Cristianitd, lo Lut:t de. uono apparire t:ome una rivela6one. DIETRO la Casa del Mutilato, vale a dirt sul Tevere, appare ora un largo sbiO(..(..Ot:Optrto di thioia, quanto mai squallido. Vi resterd sempre, oppur( dovrd t:rtsu,vi l',,baJ Non crede opportuno il Govunatot"ato piantarvi qyalche bella pian• ta ombrosa! ·MASSU.dNO ( PALCHETRTOI MAN) I LA NOSTRA [t':0~~~~ STRANO DESTINO! Le relazion tra mc e certi personaggi illustri m• un po' in margine, non si annodano se non nel punto in cui es1i per• sonaggi o sono con un piede nella tomba, o al tramon10 comunque della loro gior• nata. Conobbi Sarah Bcrnhardt con una gamba sola ed Eleonora Duse con un solo polmone; conobbi Yvette Guilbcrt nella sembianza di tartaruga più volte ccntena• ria, e ritta in posiiione verticale per uno di quegli sfoni eroicissimi, di cui le sole vecchie posseggono il segreto,; conobbi Rodio quando aveva la goccetta al naso e le sue labbra facevano c. bic bic > dentro quel suo barbone di ~osé da grand h8t,l ; conobbi Arrigo Boito allorché la cachessla senile gli faceva sostenere che il Verdi migliore era Quello dell'Otello e del Falstaff, ossia il Verdi che aveva musicato i libretti di lui, ::::~, ea d;ir=~s~e,siiner:n a:rg:~~~.at~~o~to u: rudere umano ma ancora fornito d1 qual• che movimento e di un filo di voce, un amico mi presentò l'autore della Musit:a proibita: < Vorrei baciar i tuoi capelli neri ... >. Dopo questo preambolo, sarà facile capire e la mia confusione e l'apprensione mia per gli equivoci orrendi che potranno nascere, quando avrò detto che solo alcuni giorni fa ho conosciuto Anna Fougez, per meglio dire l'ho vista in carne, e operante sul palcoscenico delle c. Quattro Fontane>. Del resto, qual è. l'anima gentile che non ama l'a11tunno, che non cede al fascino di un bel tramonto? Gli Etruschi, padri del nostro romanticismo, onoravano ncll'autun• no il nume e: naz.ionale > ; e al tempo 'tiella mia adolescenza, benché il mistero del e gran meriggio > -fosse diventato un gioco per noi, l'usan:r.a nostalgica perdurava di confidare non all'aurora, sibbene al tram01'1· to le nostre poetiche speranze; laonde noi, i capelli un po' lunghi, l'occhio sognante, la ganascia posata nella mano come a comprimere i lancinamenti di una nevralgia dentaria, guardav1mo calare il sole all'orizzonte, come si assiste all'agonia di un amico. Gratitudine eterna dunque io avrò alla signora Fauge'Z, la quale poct-e sere fa, f' sebbene involontariamente, mi ha fatto ri• vivere gli anni lontani dctJ'adolescenza, allorchl: io, seduto nella seconda fila delle poltronissime, i capelli un po' lunghi sulla nuca ma volati via dal sommo del cranio, posavo l'occhio sognante sui diffusi rossori che animavano il volto di lei, quel tanto di petto che l'abito lasciava scoperto, e al fascino di quei rossori mi abbandonavo come al più generoso, al più poetico dei tramonti. Balda e squillante la gioventi'.l, ma egoista pure e crudele. Quanto più amore, invece, quanta più bontà portano gli anni! Quanta più dedizione! La signora Fougcz io la guardavo da sotto, come si guarda un monumento: nulla mi sfuggiva della passione che le colmava il corpo bellissimo e sgorgava a fiotti, lo slancio, l'ardore, il biwgno di fare del bene, di partecipare, di favorire; e quella voce che nrappava le 1ue bende come un Tristano all'arrivo di Isotta, quell'anima che si donava a tutt'un P\.lbblico abbrntito dal caldo e da una giornata di lavoro-; e gli sforzi prodigati per tirar su quel pubblico, farlo rifiorire all'amore e alla speranza ... lo guardavo quella bocca eloquentissima e verace, che si contraeva e dilatava come un cuore aperto, che s'arroventava, che gestiva come una mano piena di carne anche fra dito e dito... Quell'occhio che brillava a scatti, con fulgore disperato tra il blu della matita grassa, come l'ultima finestra che veglia in un .paese ovt; tutti dormono oppure se ne sono andati ... Quanto alla rivista di Delta, c. Alla ... ventura>, che la Grande ·compagnia di Riviste e Spettacoli Fantasia (or.ganiuaiione Spettacoli J,.i'Usicali Epifani), Anna Fou-~ gei e René Thano hanno allestito con un senso accuratissimo della straccioneria, essa rivista si meriterebbe il wttotitolo: e: Povera ma onesta >. Infatti, questa rivista è una povera, una poverissima cosa, ma in compenw è pura dei vari bai bai, dei vari cin cin, di q11ella scemenza tra noveccn• tista e pseudamcnte anglosassone di cui fanno sfoggio compagnie di riviste più facoltose, ma si mantiene nei limiti modesti ma gentili dei nostri vecchi costumi ita• liani, che una volta trovavano la loro espressione più pura nelle figurine colorate delle scatole di ct:rini della ditta Armanino. Merito del misterioso Delta? Forse, ma anche della signora Fougez, di questa eterna guatliona, di questa magnifica rosa partenopea sbocciata dal cratere stesso del Vesuvio. E quando i signori Enzo Turchi cd Elio Trombis, in un dialogo ,pigliato, ci fanno sapere rhe i ricoverati dell'istituto dei ciechi di Milano hanno assassinato il loro direttore perché non lo potevano vedtte, noi sentiamo con profonda commozione che il vecchio spirito nazionale, cosl schietto e sanamente stupido, non è ancora morto. A. S. LEO LONGANES[ - Direttore reaponsabile S. A EDITRICE •OMNIBUS,. • MILANO Propritll ardstiu e lttttrarla ri1-erva1a. Rl7.ZOL:,1 & C .• An. per l'Arte della S1ampa • Milano RJPRODU7.IONI ESEGUITE COS MA1E:RIAU-: FOTOGRAFICO • FERR.ANI,\ •· P11bbho1d: Agentia G Rruthi • Milano. Via Sa\vlnl 10 Ttl. '<>-90; • Parigi, 56, Rue d, Faubour,: Sain1-lfonOl"6

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==