GIANNINl. IL BANCHIERE DI lll~ttnJJ)©ù> ' INTORNO a Hollywood sono fiorite e contim. -nente fioriscono un'infinità di lct,gcnde. Una dclJe più accreditate, e del resto delle più verosimili, è quella della spietata conco1Tenza fra le ditte che fabbricano film, e specialmente fra le otto maggiori, le « Eight Ma1or Comp,mies >, come sono chiamate. Dobbiamo crederci? Come tutte le organizzazioni ocrfettc, anche quella di Hollywood può rapprescntani igraficamente con una piramide. Alla base. troviamo i sensali dell'industria, i cosiddetti cmariagern. Sono i «bagarini> delle «stelle>, di quelle arrivate e di quelle che vogliono arrivare, degli scrittori, dei registi, e in50mma di almeno il cinquanta per cento dell'umanità che vive o ha qualche probabilità di vivere su Hollywood. Sono i e managus > che preparano i contr3tti e i produttori non fanno che firmarli, I loro uffici raggruppati sulla Sunsct Avenue formano quella che è chiamata la e Città del dieci per cento>. Alcuni di questi sensali a forza di dieci per cento sugli affari dei loro pupilli l-ianno accumulato fortune cnom1i. Gli E-ddinPton, i Selsnick, gli Or~tti, sono fra i più noti e ricchi e bagarini ., di Hollywood, e i qu:lttro fratelli Orsatti, haldi ~iovanoui tutti e quattro, sono considr-r:tti i pi\, bei partiti della città. Al di sopra dei < managers > ci sono i produ\tori, aristocrazia più ristretta, piu chiusa e misteriosa. Bisogna che una «stella> sia proprio arrivata per poter pretendere di essere ricevuta subito da uno di questi grandi feudatari del cinema. Generalmente essi si fanno vedere poco in giro. I loro contatti e i loro discorsi con lo stato maggiore di un film in elaborazione sono di natura napoleonica. Parlano poco, ascoltano meno. Una delle loro locuzioni preferite è: < No! >. Raramente accettano L- consigli, ancor p~ù ra~amente ne dànno; ma quando s1 decidono a darne, le rciro oarole corrono di bocca in bocca per tutta la città. Eppure una buona parte dei due o tre miliardi di lire investite annualmente nell'industria americana dellc1 pellicola, passano per le loro mani. La natura della merce non conta. Fars..· per marinai? Commedie per farmaci$ti? Romanzi per manicure? Ma dietro quelle farse e quei romanzi ci sono due miliardi di lire. Essi han_no dunque gli stessi diritti dei grandi µroduttori di cannoni e di petrol.io, al mistero e alle vite romanzate. Al di sopra, ma non molto, dei produttori {~pesso si identificano con essi), troviamo i capi delle maggiori ditte. r I.oro nomi sono popolari come quelli dei re: Zukor, Fox, Mayer, Wamer, Goldwyn. Qualche volta uno di questi re abdica o è costretto ad abdicare, e Hollywood non tarda a dimenticarlo : è il caso di Fox. Al vertice della piramide ci sono due o tre potenti della terra : uno di essi!,.e, ~nza dubbio il più potente di tutti, è 1I dottor Alberto H. Giannini. Questo emigrante italiano che, all'epoca del suo sbarco in America, non sapeva maneggiare nemmeno una macchina fotografica e probabilmente non aveva il denaro sufficiente per farsi una fotogra.fia, è oggi il più forte finanziato~e dell'industria deJla pellicola ed è chiamato cii banchiere di Hollywood». F.gli è il presidente della e Bank of America>. I suoi uffici sono a Los Angeles, in Spring Street, che è la WaJI Street del Pacifico. Sono pochi quelli che conoscono la potenza di questo ometto cordiale e arguto e pochi quelli che vanno a trovarlo quando, talvolta, egli si reca a Hollywood. Anche perché sono pochi quelli che potrebbero. Anche i produttori di grido non riescono a essere ricevuti da lui che dopo -'!!_illetentativi e sotterfugi, e i colloqui sono brevissimi. Quella macchina prodigiosa e infernale che è Hollywood agli occhi di uno spettatore qualsiasi di Ne~ York,_ di P~rigi o di Sciangai, per e 1I banchiere d1 Hollywood :. si riduce a una semplice se pur colossale partita di dare e avere. Del resto lasciamolo parlare : < Venticinque anni fa, io ero vicepre5idcnte della "Bank of Italy,, della California. Abitavo allora San Francisco. A quell'epoca i primi cineasti cominciavano a installarsi a Hollywood. Gli uomini di affari li considcr3vano come dei .saltimbanchi. Si diffidava delle loro illusioni e della loro audacia, e nessuna banca avrebbe azzardato d'accordar loro il minimo credito. C'era un non so che di losco in quei pionieri, che suscitava la diffidenza e l'ostilità delJe persone serie. L'industria del cinema ai suoi albori aveva qualcosa del circo equestre ..e della fiera, e la merce che si fabbricava a Hollywood qualcosa di troppo impalpabile per i cervelli duri e limitati dei banchieri di San Francisco. e Io, però, do?"' il primo esame, cominciai a giudicare la cosa da un altro punto di vista. Quegli avventurieri mi interessavano e feci subito la conoscenza di molti di essi. Più per spirito d'avventura che per altri motiVi, prestai loro un po' di denaro. Essi ne avevano terribilmente bisogno. Con un lavoro accanito essi furono in grado di far fronte alle scadenze. Il fatto è che erano tutti in mano di usurai ed erano lietissimi quando potevano sfuggire ;\i loro artigli e ottenere il credito e la fiducia da una banca seria. e Quando diventai presidente dcli' "East Rivcr Bank,, di NCw York, eb0i disponibilità molto più grandi, e poiché il cinema cominciava veramente a interessarmi, mi misi a sovvenzionare più largamente e più regolarmente le imprese di Hollywood. E questo mi creò da principio molti nemici. Mi si credeva pazzo. Per molto tempo le banche di sconto rifiutarono ostinatamente gli effetti dell'indwtria cinematografica. Ma forse nessuno immagina a chi deve il cinema, se riuscì infine a ottenere degli appoggi finanziari, a milioni di dollari. e A Charlic Chaplin. Quando io vidi " Il Monello", non esitai più. Chaplin aveva bisogno di 500.000 dollari. Io glieli detti. Eravamo al principio della guerra. Il governo stava lanciando il prestito di guerra, i cui titoli vennero chiamati "Liberty bonds w Un giorno io dissi scherzando ai miei colleghi : investire 500.000 dollari nel " Monello,, è più sicuro che investirli in II Liberty bonds"' Fui accusato di manca• re di patriottismo; ma in capo a un mese, ero completamente rimborsato del mio mezzo milione di dollari. Questo fece finalmente capire ai banch.ieri che l'industria del cinema era una cosa seria. Si può dire che è stato Charlot a conquistare Wall· Street. Ma ormai io avevo un vantaggio sugli al• tri e l'ho mantenuto. « Le cifre sono astronomiche, ma il conto è semplice. Hollywood produce ogni anno un milione e mezzo di metri di pellicola. Le spese di produzione oscillano fra i due miliardi e mezzo e i tre miliardi di lire all'anno. Le entrate lorde dej cinematografi in tutta l'America son~ di media di diciassette miliardi di lire. Nel 1929, hanno superato i venti miliardi. Le otto grandi ditte di Hollywood fanno esse sole circa 350 film all'anno e spendono dai due miliardi e duecento milioni di lire ai due miliardi e settecento milioni. Tirate le somme, e vedrete che in me• dia ogni film rende sei milioni di lire >. Quel che non dice il banchiere di Holly,.vood, è che per quanto stravaganti possano sembrare le cifre delle paghe e delle spese, esse sono fatte sul posto e finiscono sempre per rientrare, con gli interessi e col resto, nelle casse• forti della Banca di Spring Street a Los Angeles. E allora molte cose ci appaiono più chiare. Se tutt'e otto le grandi Compagnie di Hollywood sono finanziate dalla stessa fonte, se il regolatore dei crediti e, in definitiva, della politica produttiva delle ditte è il Napoleone di Spring Strect, la concorrenza che sembrano farsi le Case è più apparente che reale; è soltanto una necessità e un gioco pubblicitario. li più colossale gioco pubblicitario dell'industria moderna, paragonabile soltanto a quello del grande trust inglese della stampa, alla cui ombra prosperano giornali delle più diverse e opposte tendenze; organi del conservatorismo di destra e del laburismo di sini- !tra. Ecco tutto. A. D. CELLUL GLI STABILIMENTI italiani sono in grande lavoro; si spera, nell'inverno prouimo, di poter proiettare più di trenta film italiani. Con la costruz..ionc della cit1à cinema1ografica, il film ita.liano sembra deciso ad abbandonare quel suo incerto 1ono dileuantesco che lo ha distinto fino ad oggi, per auumerc un carattere industriale. Siamo quanto mai soddisfatti di eiò, Il film non tollera né impro\!'\lisazioni, né pochi quaurini, ma occorre, a parer nostro, anche un nuovo ambiente, un nuovo coHumc cinematografico: bisogna vietare uiolutamente che sulla soglia del Qua.- draro si affaccino i rifiuti del teatro, delle e filodrammatiche >, gli scar1i del giorna• lisn10, le e amichet1e > dei commendatori, i terribili e gigioni > dalle basette a punta, i bei riccioluti, quel vago mondo, insomma, che da dicci anni alimenta il nostro ci-. nernatografo. LA SUPERIORITÀ degli americani è, ancor'- oggi, evidente>, ha detto Jac.ques Feyder, l'autore di Kcrmtsu eroica. e Nonostante una certa monotonia di temi, l'America ci dà ancora del nuovo e dell'inedito, sia dal punto di vista arti• stico che da quello tecnico. Anche il CO· lore, che non ha il semplice valore di una novità o di una moda, ma ~ un vero progresso esigente un lungo periodo di preparazione, valoriua la produz..ione di Hollywood. Ma sarà soprattutto la tendcn:z.a dei grandi indunriali americani a favorire il sistema della collaboraz..ione fra il produt• 1ore, il regista e lo sceneggiatore e a lasciare la più grande autonomia possibile a ogni singola individualità artistica, che ci porterà le più gradite sorprese. Passando in rivista le condirioni del ci• nematografo nei vari paesi d'Europa, Ft'y• der ha detto che la crisi del cinema ingh:se non è che passeggera; non sarebbe che una crisi di crescenu. e Quanto ai tedeschi •• ha continualo Jacqucs Feydcr, e dopo un periodo nel quale, per rispettare le leggi dell'autarchia economica, non si sono valsi dell'esporta• zion(', ora stanno per rientrare in un periodo nel quale potranno lavorare su più larghe b:ui. Si cureranno, inoltre, più del lato artistico della produzione che di quello commerciale. < In breve, in ogni grande paese cinematografico• (per esempio in U.R.S.S. e in Italia), c'è una tenden:z.a al film bello e sano, cosa che non si notava due o tre anni fa. Anche il film francese, da due anni a questa parte, ha la sua rinascita >. R, ené Clair, il famoso regista di À nous la lib,rti e Il fantasma 1alu:1, ha dichiarato giorni or sono eh<· in fatto di cinema1ografo si sta attraversando un periodo di grave ristagno. Secondo il regista, dal 1918 al 1928 l'a.s.senza della parola aveva moho favorito gli autori dei film, i quali si trova.Tono costretti a nn• piegare le immagini invece della parola e del suono. Dopo la scoperta del film par• lato, ìl cinema non ha più fatto pusi avan-- ti; s'è anzi fermato, quui soddisfatto dt'i risuhati raggiunti. Il pubblico accoglie con• ttnto la produ~ione media offertagli dalle case cinematografiche. Un vecchio film par~ lato, come Broadway M dodies si può vedere anche oggi, nella sua prima versione, scnu. notare gran diffcren:z.a e ,en:z.a se,,. pito a paragone della se-conda. Mentre, quando si vedeva un film muto qualche anno dopo ch'era stato girato, sembrava avesse ,perso ogni efficacia. La ragioM sta nel fatto, lascia intendere Clair, che non si fanno più nuove ricetchc, come al tempo del muto, e il cinema ormai non offre possibilità. di grandi progressi. Mig1ioramenti verranno seni.a dubbio, con i ritrovati del colore e del rilievo, ma soltanto quando questi clementi serviranno a ricondurre il cinema alla sua natura, ch'è fatta di immagini. Blmoue8lmon ul II0.1)1l'l0m ''Danger-Lon1 at •ork. 11 , dell• 20th C.ntw.17·Poz
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