.... IO ZIO AGO~l'INO nac- ~T& quc il 16 ottobre 1896. La guerra non la free : era macchini,;ta delle Ferrovie 1..· non fu mobilitato. Nel '19 c;i spo'iÒ l" fu tra,frrito .i Roma. Dopo qualche ,umo di\'cntò pa-,.zo. l.,l ,ua m.,bttia apparve b('n chiara a tutti durante un via,;gio <;u}diretto di Boloj.?:na. Era partito da Roma-Termini la mattma presto e tutto ..e.mbrava in rec;ol.t. 11 ,ol<· ,aliv.t \n alto, ,;cintillava çui fiumi e 'iullr rotaie: la o;tazionc di Onc-, Firenze, l.l Porrettana con tutto il ~uo fumo 1..•, infinr, ,;opra la città, I.1 collina di San Luca. Almeno cento voltt> mio 1.io aveva percorso quella lint•a l' la cono,ccva, chilometro per chilometro, meglio di casa sua. :\fa. quando mise mano ai freni per e-ntrart.' in ,;tazionc, si accorse di un l"quivoco. Gli \cmbrava di aver s9a. gli.Ho ,trada, di non correre sul solito binario numNo sette .,,ul quale erano i.,,trad,1ti i diretti da Roma. Pensò, per prim.t co•u, a un errore della cabina di ,cambio : e Questi fessi mi manderanno a finire 'iU di un treno fermo>. di!i.'iC a ~e ~tl'sso. Fu preso da un po' di p.lura, ma tacque col suo compagno, il fuochista, un giovanotto che faceva quel viaggio per la prima volta e che si sarebbe potuto impressionare. Allora \i affacciò alla cabina e si mi\e a guardare con attenzione gli ...cambi che si aprivano sotto le mote del 'i\tO convoglio, gli edifici, i dcpoc;iti di carbone e i magazzini che sfilava'no lungo la linea. Le dolci colline non si vede-vano più : c'erano certi monti aspri e sassosi, in lonta.nanza, azzurri e sfumati in una pianura irrigata e piena di orti hcn recintati. Un errore era accaduto, ,ituramentc; gli sembrava, però, dì conoscere quei luoghi che attra- •.:ersava ,\ velocità ridotta. Finalmente 'iul!a parete grigia di una cisterna vide scritto in lettere bianche: Pisa Centrale. ~on c'era nessun dubbio. Era a Pi'la. Adc~'iO riconosceva tutto; ecco la tettoia, il capo,.taziont:, col berretto ro~'-o e oro, che !ìc.chia per far :lrrcc.t:1re il treno nel punto gimto, il ristorarne deserto. Mario, il fuochi'ita, non 'iCmbrava esSi'ni accorto di niente. « Allora ci vediamo ver.o le nove al deposito>, disse quando il treno fu fermo. Tirò fuori una c;igarctta e e.e ne andò. Zio Agostino non gli rispose neppure; il cervello gli girava a vuoto e la paura lo aveva intontito. Piantò la locomotiva in mezzo alla stazione, 'iCappò via di corsa ~nza fare il rapporto e senza vedere nessuno. U<icì, tutto ~porco com'era, sul Piazzale della c.tazione; non riu«<:Ì a mcttcni l'animo in pace: era a Pisa, non si poteva sbagliare. Soltanto quel luogo gli sembrava più largo e più vuoto di mmori. C'erano, sotto i platani, gli autob~s degli alberghi, con le loro scritte in bei caratteri eleganti : « Nettuno >, e Vittoria>, « Leon d'Oro>. La gente a pas!-Cggio, erano le sette di una sera d'estate. ~i spinq:eva fino alla piazza per vedere un po' di gente nuova. Non poteva cc.SC"rcBologna, quella città, con la piazza alberata, col palazzo delle poste in ,;tilc medievale, il corso pieno di gente che sfilava in bell'ordine, su due colonne, come soldati. Eppure, fino a cinque minuti prima, mio zio aveva percorso la 'itrada per Bologna. Poi, in fondo al corso, trovò il ponte sull'Arno, il monumento a Garibaldi, i palazzi trascurati e polverosi. Viveva in uno strano sogno, in cui tutto era bello, calmo e senza profondità, in un contrasto stranissimo con la sua paura e ron il 'iUOstato d'ani1111 febbricitante cd esaltato. Pensò, allora, che si trattasse di un malessere, di un'allucinazione, e decise di fare un bagno. A trovarsi fra i corridoi di mattonelle bianche, fra l'odore di sapone e di panni lavati dell'albergo diurno nel quale era sceso, si sentì ancora peggio. La paura gli era au• mcntata e non sapeva risolversi a parlare con qualcuno per la vergogna e il terrore di sentirsi dare del n?atto. Ma, quando fu dentro la vasca, gli venne in mente che a Pisa abitava Serena. Si senti rinfrancato: quella sarebbe stata una buona e decisiva prova. Con lei avrebbe potuto parlare, raccontare la sua storia e ritrovare la realtà. Cosi Agostino uscì dal bagno e andò a trovare la sua amica. Teneva costei una piccola cartoleria, in una strada larga ed antica. Era una ragazza di venticinque anni, piccolina, magra, con la pelle rinsecchita come di una vecchina. Sembrava più anziana di quel che in realtà non fosse appunto per la sua magrezza e per quell'aria presuntuosa e difensiva che gli appuntiva i lineamenti. Ma era una buona ragazza, in fondo; credeva alle idee moderne sulla donna e alla sua indipendenza. r~ Il 1( :J:l•w·i• ·1~ ·~ ,... •t -~-- / . ,. / I/ ·"' O ■ NIBUS ;lffollata di popolani giapponesi, riuniti per O\'\ervarc i barbari. D.1 bordo del « Susquehanna > venne dato allora il segnale di1barco. Quindici 'iCialuppe, con la bandiera americana, si staccarono dalle navi; i loro equipaggi 'ibarcarono e si allinearono sulla riva. Poi segui una brigata di duecen• to marinai e due bande musicali che chiudevano la 'ifilata. Marinai e soldati erano uomini grandi e robusti, scelti con cura per stupire i piccoli Giapponesi . Venne dato l'ordine di presentare le armi. La barca con la bandiera ammiraglia si avvicinò al molo; una figura solitaria -;i levò a poppa e discese a riva. Perry era sbarcato in Giappone. Sotto il baldacchino del Padiglione di Stato, ~edevano due figure impassibili, gra\"i e immobili. Erano il principe Toda e il suo collega Ido, principe [wani. Come il Commodoro apparve, i due dignitari si alzarono cerimoniosamente; quindi si sedettero per non più muoversi né parlare, durante tutto l'inC'Ontro. Il Commodoro, offrendo con solennità la lettera, annunziò la sua intenzione di partire presto per ~acao e di tornare la primavera seguente per riceVt're la risp05ta. I Gi:1pponesi chiesero se tutte e quattro le navi sarebbero tornate. e Fom ...nchc di più "'· fu la rispo,:;ta, e pnchl:: queste quattro non sono che una parte della squadra>. L'informazione venne accolta nel più grave silenzio. Partito Perry, il Giappone non cade di nuovo nel suo wnno. Le grandi navi, <;e hanno recato spavento, hanno anche fatto comprendere a tutti come di là dal mare ci deve essere qualche cosa di nuovo, c-ui è impo~sibile' opporsi. La • lotta fra i liberali e i conservatori, che già cominciava a sorgere debolmente, si apre rafforzata dagli avvenimenti. N<'I frattempo, lo Shogun Eyeyoshi muore e gli succede il figlio Iesada, tredicesimo dei Tokuga\"'a ed ultimo Sho- ,un del Giappone. Costui par che comprenda il biwgno di iniziare una nuo- "X.. don111drt.gone",legge11darla6&11rgaiapponeu,ln -a11 r,ulul di Tot.lo va politica, e già stava di~utendo certe possibili riforme, quando arriva la notizia che gli Americani tornano. I prepar-ativi vanno all'aria e l'Impero ripiomba nella confusione. Inutilmente, Con il suo negozio manteneva la ma. dre e una c;orella più giovane. Dunque Agostino uscì dal bagno e si dirc~se verso il negozio di Serena. La trovò sulla soglia in atto di chiudere la "'aracincsca. Si sorrisero, poi, senza par1.irt·, ... 1 .w\•iarono, uno su di un marc•apiedi e uno sull'altro per non dare ;;candalo, verso la casa di lei. Ecco la triste piazza circondata dai platani, la chiesa che sorregge la casa di Serena, le ~cale strette, il g0<;ciolìo del!' ,·qua in un lavatoio del cortile. Agostino non 'ebbe bisogno di suonare, ché la donna lo aveva preceduto sul pianerottolo e, appena udito il suo pa.s- .so, aveva tirato cautamente il catenaccio per aprirgli. Gli buttò le braccia al collo e la baciò per la prima. Lui 'ii sentì mancare il coraggio per parlare,· ricambiò in fretta il saluto e "i buttò a sedere sul letto. Poi, forse pensava ancora di <::ognare,si alzò e guardò fuori dalla finestra. Si era messo a piovere e la gente andava frettolosa sotto i portici male illuminati. Sullo sfondo del cielo '\i vedeva la cupola a mattoni rossi di una chiesa abbandonata; c'era un giardinetto umido di pioggia dietro l'angolo della ,;trada. Agostino era di nuovo a Bologna, affacciato a.Ila finestra centrale del ristorante dei ferrovieri. Era a Bologna; cominciò ad urlare e si scoperse la sua pazzia. Mario, il fuochista che lo aveva accompagnato in quel disgraziato viaggio, fu il primo a saltargli addosso. Lo tempestarono di pugni, lui e gli altri ferrovieri che stavano mangiando tranquilli quando mio zio era entrato nel locai~. F~ portato all'ospedale e poi al man1com10. Naturalmente perse il suo posto di macchinista e fu liquidato con una piccola pensione. Stette rinchiuso sette me- 'ii, poi fu dichiarato guarito e sua moJ,;Ìic-$C lo riprese in casa. Avevano trovato un portierato in un palazzo nuovo, a Roma, fuori porta San Giovanni, e lì rimasero fino alla morte di mio zio. Morì a causa della sua pazzia. Diceva che non poteva sognare, seduto su quella seggiolina in fondo alle scale. Non vedeva la strada, da.I suo posto; non poteva far altro che guardare eter. namentc la lucentezza di quel!' atrio freddissimo e geometrico, la porta automatica dell'ascensore e una rampa di scale in finto marmo nero. Provava una gran nostalgia della sua cella al manicomio e mi raccontava della polvere che c'era e del giardino che vedeva dalla finestra. Con me si confidava: mi diceva che gli angeli cantavano in cima alle scale e che lo chiamavano vicino al capostazione di Pisa. Gli angeli, secondo JUi, per distinguersi l'uno dall'altro, portavano dei numeri rossi appiccicati sulla schiena. Un giorno, per seguire un arcangelo azzurro, scese per la strada e mori sotto uno di quei camioncini tintinnanti e chiassosi che portano ai rivenditori le bottiglie di gazosa. MARCO CESARINl FINEDELFAVOLOSO ~~dì1-.?J)~!Z Al I E Ql'A.TTRO d1•l m,11,:.n,1 dcll'8 luglio 1853, !.l squadr. del Commodoro americano Perry arrivava davanti a Tokio. A terra si vedevano soldati; l" fortezze si armavano. Tuttavia il Com. modoro Perry non perse il suo sangu"' freddo. A un tratto, da una scialuppa giapponese, una voce gridò che il loro comandante voleva salire a bordo. Perry fece annunciare che non poteva essere avvicinato da un Giapponese qua• lunque : occorreva uno dei più alti dignitari dell'Impero. Passò un po' di tempo, poi un messo venne ad annunciare che il Vicegovernatore di Saboroskc voleva parlare con gli Ameri cani. Era la prima volta che i Giapponesi si adattavano a trattare con gli stranieri. Perry fece sapere al Vicegovernatore di avere una lettera del Presidente degli Stati Uniti. Il Giapponese rispo5C che niente da parte degli stranieri poteva essere accettato se non nel porto di Nagasaki. Perry annuncia che non si muoverà. Viene il Governatore in persona. Anch'egli ripete le stesse cose, poi all'improvviso domanda che gli sia mostrata la lettera che dovrebbe essere inoltrata fino all'Imperatore. Il Commodoro Pcrry gli fa vedere una scatola finemente lavorata, dove si conserva la lettera. A quella vista, i modi del Giapponese mutarono. Si avvide di non avere a che fare coi barbari, <', per mostrarsi amico, offrì acq1;1ae vettovaglie. Poi tornò a terra. li giorno seguente, tre magnifid,e barche si avvicinarono al cSusquehanna:., la nave del Commodoro. Yezamen veniva con la fatale decisione di Tokio. Pieno di riverenza, presentò un grosso documento avvolto nel velluto e chiuso in una scatola di legno di sandalo. Erano le credenziali del messaggero dell'Imperatore, mandato per conferire con Perry. Il messaggero1 si apprese, era il principe Toda di Idsu, primo consigliere del!' Imperatore. L'incontro fu fissato per il giorno dopo. Al sorgere del sole, gli Americani videro uno spettacolo fantasmagorico. La intera riva era ricoperta di paraventi ornamentali di stoffa, sui quali spiccavano tre enormi fiori rossi : lo stemma dell'Imperatore. Nel mezzo di questi paraventi, si scorgevano i tre tetti del Padiglione dello Stato, costruito durante la notte. Allineati sulla sponda, cinquemìla soldati giapponesi erano schierati per reggimento, immobili nelle loro uniformi dai colori vivaci e nelle brillanti armature. Davanti ad essi, si allineavano non meno di cento battelli governativi. Ogni collina intorno era i Giapoonesi tentano di differire il momento delle trattative; ormai la discu,;- sione non è più che una formalità diplomatica. 8 Marzo 1854. La flotta americana 1... ri::0!1 1~!">:- i:-r:-pr<'nta. A. bordr:- regn:1.- va una cerca eccitazione: era il giorno dello sbarco. Il Commodoro fu ricevuto in pompa magna da un gruppo di nobili, e, dopo molte cerimonie, il Commissario Hayashi gli porse la risposta alla lettera del Presìdcntf:!. La risposta era nebulosa e in termini evasivi. l Giapponesi volevano, in$0mma, che gli Americani ~ ne anda~scro lasciando le cose come erano St<\te fino allora. Intanto, tutta la baia di Tokio era in agitazione per lo sbarco dei doni. Prima di tutto gli Americani costruirono un~l ferrovia in miniatura, con locomotiva, carri e vagoni. Il popolo giapponese considerava il treno un prodotto del demonio, ma i nobili furono subito avifii di sperimentare la novità. Uno dopo l'altro, salirono sul piccolo treno, e1 con gli occhi chiusi, si lasciarono porta.re, attaccati dispera.tamente, alla velocità di venti chilometri all'ora in e;iro per la rotaia circolare. Venne costruito anche un telegrafo e inviati dispacci. Altri doni vennero offerti dagli Americani, come macchine ae-ricole, armi da fuoco, orologi, profumi ecc. I Giapponesi c'?minciarono fin da quello sbarco a prendere note e a disegnare gli oggetti sui loro taccuini. • Il 4 aprile, il « Saratoga > partì per Wac;hington con il trattato, per la ra.tific.izione1oc! Congresso e la finna del Presidente. Uno dopo l'altro, i bastimenti furono mandati ad esplorare il nuovo porto aperto da.I trattato: Shimoda. Il g, vennero fatti i preparativi per uscire dalla baia. Ma il Commodoro era decic.o a gettare uno sguardo sulla sacra città di Tokio, che allora si chiamava Yeddo. Appena il suo proposito fu palese, gh interpreti giapponesi vçnnero a bordo. I loro volti rivelavano il più profondo dolore. Erano tutti nobili della casta militare e sapevano quale era il loro dovere nel caso non fossero riusciti ad impedire ai barbari di violare le sacre acque davanti alla città. Infatti, come la nave ammiraglia si avvicinava ai porti di Yeddo, tranquillamente gli interpreti si prepararono a fare harakiri in presenza. dello stupefatto Commodoro. Le navi fecero allora ma.cchina indietro; e questa volta, sul scrio, salparono verso l'alto mare. Così finirono i negoziati che doveva. no sconvolgere le $Orti di tutto l'Oriente. Quattro anni più tardi, il trattato si rivelò lo strumento di morte dello Shogunato. Esso preparò la via ad altri simili trattati con altre potenze europee, e diede inizio a tutte quelle complicazioni che da allora si sono continuamente verificate in E'itremo Oriente. L'11pp11recchio peril dilettante esige11te col luminoso anastigmatico Apot.ar Agfa f: 4,S adatto per ogni genere di fotografie a cominciare dalLi pou hno .n. pres. del movimento più veloce. 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Ahhonamento alle 4 6 dt sprnse rirca ddl'orer,1 rompleta (Ire vo111"11) Ure 6o. Abbon,imen/o limltaro al secondo <' Ur:o i'Olrm1elire ~5 . A/111prim11JirprHJ"; 11 1/r!f"I"m,'rlr,(11"tr oprrti,,,p,rr /" rt1uolt" ;,, wlmttt! it'l!e 'VllrÙiisprHU, R.IZZOLIE C. EDITOR.I PIAZZACAI\LO ERBA 6 - MILANO
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