IL SOFM DELLE musE IB~~CB®~ IliMALAPARTE CURZIO >1ALAPARTE ha scritto, e sta scrivendo, racconti crudeli. I lettori dei giornali cui collabora lo sanno; e seguendolo restano come in atte1a, Attesa di qualche prodigio che Malaparte promette, e che sia tanto ccccz.ionalc e orrendo da produrre sbigottimenti. Si è detto che Curzio Malaparte vuol scntini ndla storia, cd è una definizione vecchia, un luogo comune ormai, visto che s'è diffuia; eppure c'è del \ero. Almeno se si intende che 11:alapartc vuole sentirsi negli avvenimenti, e non da giornalista, che allora sarebbe bravo nel fare cronache quotidianamente sui giornali. Al contrario, Malaparte non è cronista, in quanto gli avvenimenti non si cont~nta di attenderli. Gli avvenimenti di oggi lo turbano meno di quelli di ieri e di domani, sia pun:: un ieri trascorso ap-, pena d'un attimo, e un domani imminente. Ani.i Malaparte è tuuo Il: i fatti ormai lontani lo inducono sptsso a finet.U !et• terarie che non sono da lui; quelli apptna scorsi, o che stanno per accadere, lo csal• tano. Malaparte non si cura della cronaca che è sempre umile cd umana attenzione di fatti. 1\llora sarebbe uno scrittore di mestiere e di razza diversa. Di cronisti ce ne M)no di grandi e di piccoli; di quelli che si sperdono via via col passar d'un giorno; e altri che incidono le loro parole. Intanto Malaparte non ~ dei loro. E: stato detto con molta giustezza· che Malaparte riprende una tradir.ione lasciata andare. I contemporanei, almeno a parole, e al• meno nella letteratura, hanno voluto rompere i ponti con d'Annunzio ; e magari poi si trattò di un distacco app..rt-nlc, come tutti quelli accaduti con Smania e con fo~ua. Chi volle staccarsi da d' Annunrio è ormai chiaro come spesso ~li resti vicino. :Malaparte no, non rup?(" i ponti; forse ignorò, e perseguendo un certo suo ideale di vita oltre che di leueratur.-, si è ritrovato sulle spalle un'eredità, non sap• piamo se desiderata o no. Eredità lont,1,0a, in ogni senso; e merita notarla solo in quanto definisce bene il posto che questo scrittore ha fra i suoi colleghi contempo• ranei. La storia di. Malaparte ~ un po' quella della sua prosa. Dopo lo stile ora popo• lare, ora aulico, speuo oratorio, e non di rado prossimo alle invetti'Ve, Malaparte pare che voglia esprimeni con maggior p<'rsuasione, con meno colore, e forse con più raffinatezz.a. Sempre scrisse secondo una certa musi<:a, e ieri era quella popolaresca toscana, ora l'altra che rivela tante letture. Letture di classici e anche di con• tetnporand: anzi quasi sembra che le pri• me siano avvenute nell'aria delle seconde. Malaparte sempre sprecò aggettivi, che era come una picca di essere espreuivo. Aggettivi, ieri e oggi, a coppia: quelli ch_e definiscono e coloriscono anche troppo, pn· ma; altri che svelano un certo gusto da esteta, oggi. Se Malaparte scrive: < Mi ri- \'edo na,1costo dietro un cespuglio, curvo, con gli occhi opachi e fiuj >, non spreca aggettivi. Ci sarà. un tanto di troppo, ma non qualcosa che miri al di là della reale apprescntar.ione. Quando, invece, si legge di sé: « Ero attonito e felice >, oppure « Appariva la carne rosea e (erma >, i secondi as:-gettivi non aggiungono niente di più: sono semplicemente come un oma· mento, come il segno d'un certo gusto: segni che si ritrovano anche altrove. Una e brena verde > va sul mare: definizioni a~ui discoste dalle altre più crude e più vcre di cui Malaparte è capace. :Ma intanto si vede cosa sono questi racconti riuniti in un volume che l'autore ha intitolato San11u (Vall~chi, Fireriz.e, 193 7). Sono un po' come le Stampe del• l' '800 di Malaparte. A Palaueschi pn::• meva raccontare la sua infanzia, e quel tempo lo inquadrò nella cornice di un se• colo che era poi un finire di secolo. Tut• ta\ria niente in Palazzesehi che documenti di un'epoca, se non indirettamente e alla lontana. A Malaparte, invece, non si sa Sf' prema narrare la sua infanzia: gli in• teres\a rintracciare programmaticamente certi suoi moti che ora st:mbra vorrebbe e studi:ne >, più che raffigurare. < Ho or• ron:: del sangue. Un orrore che nasce da un'es~rienza che non è soltanto mia pro• pria, ma quetla di tutta la mia genera• 7.i()ne. E ~rciò solo ha valore. Di questa espt'rienza son frutto i racconti qui raccolti in volume: e son la storia delle mie prime mtuizioni. > Insomma, quando uno Krittorc cerca in K certe esperienze e afft"rma esplicitamente che hanno valore solo perché non sono sue soltanto ma di tutti, ~. più che narratore, saggista. Al• meno cosi parrebbe. '.\falaparte, in fondo, attraverso alcuni ricordi dell'infan:z.ia e attraver(O altre sue pro,e fra fantastiche e narrative, scrive un saggio sulla Vlolen:za. E mcglio comunque sono in questo volume i racconti dell'infanzia. Sono cin• que, e in essi resta una discreta poesia e verità. Altri poi sono narrai.ioni d'esilio, do\·e l'c1pcrienia diretta è nascosta dietro un penonag-gio autobiografico. Altri ancora sono favole e miti come e Fedra>, che è la tragedia di una povera capra. Poi c'è un Malaparte facile alla melanconia; un '.\fai.a.parte del tutto lon1ano dall'immagine che si ha naturalmente di lui, attraverso quanto ,i è lelto di suo, e attraverso qucl1'aria che ha $apulo farsi intorno. t quello ~~~o s:_rivJ/1 cir:i~:fo c~=e~erc:n: 1 ;~~taba:: , tpOsizione al poemetto in prosa, alla pit• tura idilliaca e delicata, ad un'aura poetica che, piò. forte che in Malaparte, la conosciamo in altri scrittori contempora· nei. Malaparte si accosta a loro, quasi at• tirato dalla diversità. che ci vede ; o come pt"r temperare certe sue crudezze; o eum" pt"r soddisfare certi suoi desideri di pace e di ~reno. Il Malaparte vero pare ormai che sia a mena strada. In fondo, quell'accostani a scrittori lontani, se dapprima ti sembra casuale, poi ti avvedi che ha le sue ~rcci«- ragion.i. Malaparte, se come saggista ama la violenu e il a.angue, come poeta lo ritrovi in cose più povere, per C~t"mpio, nei primi cinque racconti di questo vo• lume. Vuole rintracciare nell'infanz.ia certe intuizioni, certo manifestarsi dcli' istinto? Poi resta soltanto la verità con cui rievoca l'infan:z.ia. e Non apptna mi volto e mi rivedo bambino, laggiù 1 in fondo agli. anni tristi dell'infanzia, mi prende un senso di sgomento e di umiliazione. Ho paura e ribreuo di me bambino. > Malaparte ha voluto scrivere 1Jn saggio sul e sangue >, ma infine il sangue non resta che argomento di piacevole ragionamento nella prefazione. In molti capitoli del volume, si potrebbe anche non discorrerne; reuercb~ tutt'al più un sottinteso. In e Città come me > Malaparte vorrebbe tante cose nella sua città. Perfino un bordello: e Ma quel che proprio ci vorrtbbc, e non se ne può fare a meno, è una macchia di sangue sul lastrico ... Una goccia di sangue, che nessuno sa· pene come e'~ piovuta, chi c'è morto e perché ... Che ro~se come una macchia sulla coscienz.a della città: poiché una ragione di rimorso e di paura ci dev'essere, in una città, se si vuole che sia perfetta.> A questo punto ormai non si clC'\'ono prendere abbagli. Queste prnsc hanno, sl, apparenz.a di contenere certa moralità; ma in fon4<> il sangue in Malaparte non rivela una moralità. Svela il suo gusto verso eerte situazioni. e. un fatto fantanico, di una fantasia biuarra e piacevole. ARRIGO 08NEDETTI (LETTURE ITALitNE) C1 ~~~el 1 a,~~n~:~:zi~:!n!u-:~o ~; 0 c~1:r:: 1ioni degli abitanti (Otto la luna LJ. E.vola: Il mitQ del san11u-, Ho<'pli). E accade anche che, h,\ ()11:\ndo que• sti popoli non hanno ragg111mo un minimo di cultura, finché non si •n11l• costruiti una tradizione spirituale r: Wn«J pu· rissimi di razza, non si preoccupano d<'"i problemi razziali. Proprio quando la r,u,~1 ha perduto la sua pureua e per via di vari miscugli è riuscita ad elaborare una civiltà., allora sorge il problema della di• fesa del sangue primigenio: una curiosa specie d'ingratitudine verso gli incroci. Ora non si ,a bt-ne se la purità ddla rana, che ha dipendenti idee di dominio e su• premazia, avrebbe generato, mantenendosi pura, quella <'ivihi, in nome della quale i diritti egcmonici ,i proclamano. Qui ci perdiamo nel campo stt"rminato delle congetture, navighiamo in un mare d'inccrtezu-. I ranisti, inventori di una delle più strane ideologie che siano .. Vi; t"sistite, non si spav"ntar,o dc-Ile contraddn.ioni o ddl.,. incerteu.e che sono il loro pane quoti• diano. Il Widney, per esempio, che afferma predominante il celtico dolicocefalo bion• do, in Francia, define11dolo i1requietc,, anarchico, litigioso, incoerente, è in con• traddizione col Pittard che ritiene il francese una sintesi razziai<" dell'Europa p("r cui il prodotto distillato di milioni di cnvt:lli avrebbe trovato opportuna sede, mettiamo, nella mente di Pierre Cot o di Casimfro La Rocque. Ma ci son le leggi di Mendel che intervengono a dare una pSCu• do correttezza scientifica alle idee nuziali ; con quellr: cadiamo in pic-no matrrialismo determini.stico Il ~•it:ndel incrocia"·a cavie e fiori e ne otteneva ibridi con regolarità matematica o quasi, e per indur.ione ap• plicava i risultati agli uomini, rammaricandosi di non poter provare le sue affcr• mai.ioni, pcrch~ la vita umana è breve, e solo Matusalemme avrebbe potuto controllare la legge dtlla mistovariarione attra• verso i suoi discendenti. '.\{a non tutto, nel mito della razza, è deterministico: il determinismo si arre.sta qui, alla base. Per il retto le teorie razziali che sono tutte imperialistiche e antintemaz.ionalistiche, predicano una ener· getiea esaltazione di tutte le doti dell'1"· dividuo e del gruppo etnico, spingono i credenti nel mito, all'affermazione evidente del destino della raz.za. C'è contraddizione ; ma la storia è fatta di contraddizioni: ogni idea conta sul terreno della storia per quel tanto di passione incontrollata che vi cir• cola dentro e che la fa vivente. I paradigmi della logica sono sempre inefficaci o sono tratto di congiunzione di due errori che danno la balta al mondo. [F. 7oV1ne] f~~N~;~~o cJe~~~n~,1-: J~a v!;:~='~ !CÌOCchene icritte in uno stile da l"'.0m• messo viaggiatore. (< La signorina Lisctta vuole una quarta e definitiva tazzina di tè >. «-Sappiamcelo, ha mano pulcherri• ma, la signorina: lunga e sottile a mo' di fuso. Di lei ci piace meno il viso prognato ... > pag. 1 7). Nel volantino che illustra l'opera del• l'autore, si apprende che il ,ignor Francesco Prandi < dottore in lettere e filosofia > è anche Grand"Ufficiale e da quindici anni è tra gli esponenti di uno dei Gruppi fon• damentali ~ più importanti della siderurgia e metallurgia italiana. Membro del Diret• torio Centrale del Comitato Nazionale per l'lndipendcnz.a Economica, prepara, in funrioni di Consigliere delegato della A.s• sociuione Nazionale Faxista Inventori, la II Mostra Nar.ionale delle Jnven:z.ioni e dcli' Indipendenza Economica che avrà luogo in Milano, al Pala.:z.zo della Trien• nale al Parco, nel settembre e nell'ottobre 1937. Se il Crand'Ufficiale organi:z.:r.erà la '.\.io. stra con lo stesso spirito con cui scrive, sarà. un bel guaio. SJD~~;~;o, ~~vo~i)~ScC:ve q1~:~!r;{c/<>;5i elevava di fronte a se stessa: occupandosi di opere auistenziali, di beneficenze, frequentando concerti, salotti artistici, curava di valoriu.arl." meglio che poteva la riccheit.."" avuta in '"'~bio della sua giovane vit.1 rinchiusa e soff(l('.-ta in una campana luminosa e falsa, in carnhio della dedizione a un uomo cinico e v,rchio >. L'autrice ha diciotto anni e ha (ià pub• blicato La vttri"a delle illu.sfo,11. Prouimamente sarà datoJ alle stampe il voh,me e acus<> il fuoco. Di questo passo quanu libri avrà scritto la giovan<'" e ';idt"~a >, quando tra dieci anni ci toccherà fors,- parlare ancora di lcj? TORINO. No11 li in.tu, dl u.• d♦formuion1 dell'obbietti•o, 1:aa di UD rule errore prt■pettfoo d■l a.coudo holato di Tla Y!on.l, Yilto d■ p1uu. Ou"Uo ( a ~l!~ta~lr·ij t!.~\rttt!là~t)ltt\ MORAVIA ALLSOPECCHIO Quando incominciò a scrivere? A DOMANDA si potrebbe modificare in e: quando mcom.111ciò a raccontare? >: perché fin dall'età di ~ne o ouo anni p1(',1 un gran gusto a raccontare a mc ste,;;"°certe lunghe e imbrogliate vi<.·e1ìde di personaggi immaginari. Soprattutto durante le villeggiature mr ne andavo per i campi oppure m1 ,tendevo sopra un divano coi piedi in aria e la testa in bil"SO, in una st,mza della villa estiva e parlavo da \OIO; non ricordo bene l'argomento di queste solitarie n!rrazionj, mi pare che fo~scro avventure, pericoli, cose violente e inverosimili; ricordo però benissimo che ogni giorno riprendevo il racconto al [Junto prc ciso in cui il giorno avanti l'avevo lasciato. Comunque, a scrivcrr matenal mente cominciai vc"o i dodici anni. Fin'allora avevo letto soltanto i pochi autori che mi era riu~ito di trovare in cas.1; ed erano per la maurrior partc.· classici, se si eccettua qualche opera <lelJ'ottoccnto france~. Del Salgari 110:1 lessi che un libro; ma la notte "dopo me lo ~gnai con fenomeni di vero e proprio sonnambulismo. I miei gennori allora mc lo proibirono insieme con tutti gli altri ~crittori di avventure. U'ssi cosl il Goldoni di cui avevamo le opere complete, .Molièrc, la traduzione di Shakespeare del Ru~oni, l'Ariosto con le illustr~ioni di Doré, il Don Cliisciottt) i 1\listrabili, qualche libro di Dum:u e di Zola e sopratutto Carducci. Carducci in quegli anni era il mio autore, di d'Annunzio conoscevo l'azionç politica, ma ne ignoravo completamente le opere. A scuola, avevo un professore carducciano a nome Tambroni che mi fece imparare a memoria tutto il ça ira. Diventai repubblicano e scrissi molte poesie sulla falsariga del Carduc• ci; ne ricordo unaJ lunghissima, sui metri barbari che aveva per argomento la battaglia del Piave. Intanto andavo a scuola senza combinar molto. Di poesie poi, ora imitando un autore e ora un altro, continuai a scriverne fino ai sedici anni; erano tutte brutti.~ime, ma quell'c~rcizio di versificazione mi fu molto utile perché scrvl a darmi il senso preciso d;-lla parola. Che lesse poi durante l'adolescenza? Tn quell'epoca mi ammalai e stetti a più riprt:~ pou, meno di cinque anni a lrtto. Gli ultimi due anni li passai jn un sanatorio di alta montagna e fu in qudl'occai.ione che mi abbonai alla biblioteca Vieu<;.'ieuxdi Firenze. Ogni 'iCt• timana. ricevevo un pacco di libri <li ogni argomento, italiani, francesi, inglt·"i. A causa di que~ta malattia, abbandonai completamc-nte gli studi, che non oltrepassarono mai la quinta ginna- ~ialc, di modo che tutto il mio tempo lo dedicavo alla lettura. Soprattutto lcggL·vo romanzi e· sfori:1. Ero sistemati• co, e drgli autori leggevo tutte le opere che si trovavano nel catalogo, persino quelle minori e meno interessanti. Mi è impossibile enumerare tutti gli autori che lessi in quel tempo. Che pensava della letteratura italiana e.Bora? Mi pareva molto severa; d'altra par• te siccome" leggevo per pa<1sionee non per dovere di studio, mi "alvai da que{ disgusti che en~ono così spc'lso a chi abbia frcquf'ntato le ~cuole. Gli autori che preferivo erano quelli che maggiormente rispondevano al mio gucao, fatto sui moderni e sugli 'ltranicri : quelli cioè che descrivevano casi drammatici o roniamcschi, e-on fatti, personaggi e dialoghi: Boccaccio, Manzoni, Goldoni e Ariosto. Questi due ultimi erano i miei prt:diletti. Provavo un gran piacere a le~gere le commedie del vene• ziano, la pcrfezion~ del dialogo sette• ccntcsco mi dava un senso di giuoco metafisico. Dcli' Ariosto prendevo sul serio anche le situazioni più inverosimili e lo stile limpido mi incantava. Che vita faceva in quel tempo? La più monotona e solitaria che si possa immaginare. Stavo sempre solo in una stanza che aveva un gran balcone; non vedendo altro che il medi. co e l'infermiera. Alle nove del mattino il mio letto veniva spinto sulla terrazza e rimanevo nudo al sole fino al tramonto. DoJX>di che venivo trasportato in casa e cosl finiva la mia giornata. Mi ero fatto un motto che mi pareva si attagliasse benissimo a quc~ta situazione: e: Solo col sole>. Comprensibile che con questa vita abbia letto e riflettuto molto. Quando incominciò a scrivere veramente? Al sanatorio smisi di scrivere poesie e, cntu,iasmato dalla lettura delle Anime morte di Gogol, mi diedi a buttar giù tentativi romanzeschi. che però non ebbero ne~sun risultato. Fu verso il 1925, anno in cui lasciai il sanatorio, che incomincai a scrivere veramente. Nell'otn•~ tobrc di quell'anno cominciai Gli indifferenti, intorno a cui dovevo lavorare per i tre anni successivi. Intanto, con~ tinuaso a vivere in montagna e non conoscevo un solo letterato. Poi tornai a Roma con una lettera di presentazione per Corrado Alvaro che allora era ~grctario di redazione di « '900 >, diretto da MaMimo Bontempelli, e deb· bo a loro se dopo tanta a,ttività a vuoto, finalmente pubblicai qualche cosa. Scrissi infatti una novella intitolata Cortigiana stanca) la quale uscì nel terzo numero di « '900 >, in francese come tutte le coo;cdi quella rivista. Fu que!>tO il mio primo passo nella lettera• tura. Intanto Bontempelli aveva proclamato che tutti i novecentisti dovevano scri\'cre un romanzo; ed io, fedelmente, nel 1928, portai il manoscritto degli lndifftrenti all'editore Lironcurti che pubblicava e '900 >. Costui lesse il Ji. bro, e dopo avermi detto che la moda era per le avventure (si era ai tempi del « Raduno :. di Bcltramelli e della campagna per Salgari} lo rifiutò giudicandolo « una nebbia di parole>. Allora :i.ndai a ).1ilano e Cesare Giardini l'acceuò per la casa editrice Alpes. Ma dovetti pagare la prima edizione, inte• ~ralmcnte, ossia cinquemila lirr. Il libro u\Cl l'anno dopo, nel 1929 : e subito incominciai la collaborazione a varie riviste e giornali. @VE SI DESIDERI In esposiz.ione di un caso che dimostri come e quando gli animali sappiano. in• ~r~sc;~:•è eda~~:~i7: d~;eisc~t=~~ dal'e a vedere - se non faceue pietà e schifo - come si scannano, dai macellai, i maiali. Che pensa di Rom&? \ Roma ~no nato e vissuto sempre, l>t'rciò è ~upcrOuo dire che sono oltremodo attaccato a questa città, amandone non solo le parti belle e antiche, ma anche quelle moderne e mediocri. In Roma, non wlo i monumenti, ma anche il clim~,, il variare della luce, gli aspetti pili banali, hanno per me un valore che non esito a chiamare poe• t1co e autobiografico. Questo chiamo amare e conoscere veramente Roma; anche ~e non si accompagni con dichiarazioni altrettanto deliranti chs_.retoriche, come fanno tanti bravi gio- \"anotti che non la. conoscono affatto e la.,ciati alle loro vere inclinazioni la darebbero tutta intera per un pezzetto di Nuova York. Roma l'ho conquistata t.: capita lentamente e nella maniera migliorc1 cioè vivendoci la mia vita di tutti i t'iorni; di modo che R"lma è una delle esperienze dalla mia vita. Ciò, del resto. è palese dal fatto che molto spes- 'iOin tutti i miei libri de.'iCrivopae,aggi e monumenti romani, a cominciare dai quartieri alti negli bJdiRercnti e dai Lungotevere nelle Amb~ioni sbagliate, fino alle ultime novelle dcli' Imbroglio, in cui metto a sfondo Piazza del Popolo e la Mole Adriana; ciò che dai tempi di d'Annunzio non era stato più tentato nel romanzo italiano. Che pensa dei mutamenti e delle demolizioni intraprese e. Roma in questi ultimi anni? Alcuni di questi cambiamenti mi paiono molto belli e utili, come per esempio la Via dcli' I mpcro. Ma mi di• spiace che sia stata distrutta la piazza Traiana; la quale ora, così s<Opt-rta, con il paragone schiacciant<' del monumc-nt9 a Vittorio Emanuc-le rr pare né più né meno che una collezione di candelotti (,moz.zic:it.i. \nchc la Spina ~ bene che ~ia stata tolta; ma piazza d'Ara Ccrli e piazza Campitelli non andavano a parer mio sfondate. Certo Rom.i., negli ultimi anni, si è imbellita e trasformata oltremodo, pur sempre restando, immen'iO vantaggio, una gran città senza sobborghi industri;.di, a due passi dalla campagna. Questo è il gran merito di Roma, oltre a m0lti altri, in confronto con le capitali straniere. Roma ormai è una delle grandi città del mondo, soprattutto per la sua ampia ossatura e per il gran numero di centri diversi che la rendono più vasta di tafi.te altre città oiù popol~ ma raggruppate come villaggi intomo un solo punto centrale. Cosa ste. prepare.ndo? Debbo finire una serie di venti arti~ coli sulla Cina dove sono stato per conto della Ga.aetta del Popolo. Poi avrei intenzione di scrivere un romanzo. Il viaggio in Cina, come tutti gli altri miei viaggi in Europa e in America, l'ho fatto soprattutto per abituarmi a non soggiacere all'inclinazione verso l'e• sotismo, che mi pare sia un tratto di provincialità. Vogho dire che con due o tre di que'iti viaggi uno può arrivare ad emanciparsi dalle più facili suggestioni d'oltre frontiera; e cosl togliersi dalla mente certt· preoccupazioni troppo favorevoli o troppo contrarie alle cost' dell'estero, le quali sono le più <lannmc ai fini di una cultura veramcn• te seri<\. J.)' ,1ltra parte allontana~i d.tl proprio p;,u.•,1·permette di farsene un'idea più giusta e più profonda di quella di chi non ha il coraggio di distaccar.ene. ALBERTO MORA VIA Nei piccoli paesi di montagna, dove lo scannatoio pubblico è situato in paese, fra le estreme catapecchie, veno le mura da bora che non ricevono mai sole, là si scan• na alla vista dei passanti. En pldn air si vedono rosseggiare chiazze di sangue, fomar tinozze e mastelle cariche di rono. S1 vedono pacche di maiali scal\nati pendere bianche da sopra le spalle del macellatore. Altre stanno già in fila appese ai ramponi lungo i muri. Gran fumo sale da una caldaia dove vengoo gettati prima di essere spelati i maiali morti. Quattro contadini sospingono intanto un recalcitrante - ché tocca a lui morire - maiale biondo e color di rosa A lui tocca andare sotto il coltello dello scannatore. Non si tratterà. che di un piccolo segno ~:,~• abui:nine~ 0:l,lo~i en~~e:~~~e q:°:~~ si spilla una botte di mosto fermentato e il rosso spriua fuori, schizz.a, pisciola, rivoleggia tanto quanto rosso si vuole (~r sortir fuori. Da s6tto la grassa barbaglia il sangue d'un altro maialr- sta intanto sgorgando. L'animale ferito ha già fievole il suo grugnito, sl che gli ultimi gru-gru sem• brano pro\'enire non dalla sua vicina gola, ma dalla lontana involata anima '.\<folti sorrideranno all'udire come io attribuisca un'anima - l'at\ima - anche ai porcelli, ma io la attribuisco anche ai topi, anche alle mosche, anche alle piccole pulci, e beate loro che possono saltare dove vogliono cd ;nche fra le mutande di una gio• vane abbadeS!-a o di una preziosa dama. Anzi: oh! beate le pulci Cht" hanno sì minimo corpo ed anima c~uale alla nostra. Beate loro, e non il pesante ippopo!amo o l'elefante e, peggio ancora, un antJCo ontosauro, dino~auro. Al maialino roseo, che dianz.i cercava grufolando, scappava dallr grosse mani dc\ villano, che però lo teneva per la coda . e per le orecchie per non farlo l(:appa.re, già lo stiletto dello scanuatore ha tagliate le corde vocali e già sorte fuori aria e non vote. li sani;p.1esprun.a, scintilla. E cosi via, si vedono attorno ai maiali che muoiono altri che già tremano per la certa paura di morire, ossia pf'r la. ctrta coscienza di ciò che vedono ~ capiscono. E se: tu oS!<:r\·erai bene, li vedrai, a mano a mano che essi si avvi<'inano al coltello, invasi da tremito nervoso. L'iroso maialino, garrulo quando grufola e scarta, fra la brOtia dt"I troguolo, i tubuì troppo duri, ora lo vedrai aver paura di morire-: giacché di morire han paura tutti• anche gli eroi, specie gli eroi, se qualcuno c'è al mondo che di essi crede diverso. E ~ ne vedono presso gli scannatoi, di maiali, che stanno muti e distesi lun~o le tavole del barroccio: immoti stanno, quali sacchi di grano· fin!(ono di dormire, a chiusi occhi; ma n~n dormono: comeché il far finta di donnire loro giovi ad illudersi di non dove~~ ~:n t:r~~n;;o~ir~~rse- ritornano, con i pensieri migliori della loro memori.i, alle grasse brode, alle mele rosa, alle ~hiande O\'Oidali: pentendosi d'averne mangu.to poche per aver colpa di dover morir~, troppe per euersi ingrusati fino a pe\are tanto quanto occorreva affinchC $<'ann-itrli tornasse utile al m:usaio e alla ma-,)Cria. LUIGI BARTOLI~l ( PICCOLA POSTA Oblf& (Lago lhggioN) 2-7-XV Q/t:o cal-o ¼?'J7«u.~J1,~ a proponto d, u11 meuhi,10 ign,,~il, trafdttlo (lanto muchino t tanto 11nobil, rht vi sarà ,funit<>) c<>mparso nd N 14 di < Omnibus > 1u una mia optra edila d~ L'Eroica, in bel c<>ntrasto co" l'arin1m• c1Q p"bblicitario di altrQ mio uo1um~ edito da Corbauio (sptlSIQJa toinc1d,rn~a). «-L'i"i,idia, an<'ht: se povuiuima, solta"to è nociva quand<> tau livida di stoltiòa >, ebbi a 1.:rit1trt alforchl la •Jampu t.·uuaria marciavo di conurvo con il re• ,:;ime tio1,o•J<>àal•n,0SJ<>ni,·o. /r, atlc1a che i: Fauismo nioraliu.i, oltre il resto, anche quella parte dtll~ stampa ltttuaria la quale mostro cotidianamente di overnt ,,an bisoino (nessun<> paduà Il suo pu tanta atteso!), vì prttO di prtndtr 11010: I • Tit<>fo dello traiedia, su l'etica della hu,<>lu(.ionr, dalr anonimo diffam11ta 1n '""'i righ, di non m<>tivate insolen{.t, è: Il Titano liberato e n<>n Il Titano; li. - IJ lt"Jf() di dut d1llt trt citoiioo:i dell'anonimo diQamal<>re (tratlt dalle pa• 1foe :,4 t !16 della prefazione e dalla patina 40 dell' lnil.iad<>ne: e più non ler• .(emmo avanh ddle residue 305 Patine!) è errot<>; teigasi: •I. Il genio dello latinìtil mai ceuò di 1ermo1liort, a"che nei periodi tetri della carne gor101liante >, e n<>n e ma.i ceMa di germogliare anche nei J)<'riodi delfa carne gorgogliante ••; t a_ncòra le11aJi: e Vito sento Amore, Vita sem:o Dolore: fiori Jtr.ta pr<>fum<>pu quo"ti miran<> l'i"conto dell'atteso p,imavrra > e no" err<>neamente t umpliumentt: e Vita senza Amore, Vi1a st:nza Dolore: fiore sen:z.a profumo>. Cert<>, son codeJte quisquilie per l'analfabeiismo pontificante dalla caltedra dell'imp<>ttnta: ma v'l un limite ,mc/te nell'tuer vittime dell'it"orantn. Quanto me deprecando l'accaduto, voi n<>n ma11cherett di inserire integralmente la prruntt lettera di rettifica, a pagina 1 di e Omnibus•• c<>m'J mi<> diritto, stnta cht io rin costrdto a portare dat•nr•ti la Dìreifone Generale per la StamJ•a Italiana il succitato deplorevole eumriir, ;.,dice di 'uno mtntalità onì ins<>pportabilt e che pereiò s11pera il fotto personale Abbiat,vi, mio caro LongantJÌ, rin(ralÌamenti e cordiali Jt.'t'"'; (a1cisti GUIDO STACCHINI
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